Per Napoli è cultura e tradizione.Per gli amanti dello street food è un prodotto iconico. Per i cinefili l’immagine di riferimento è quella di Sophia Loren nel celebre film di Vittorio De Sica, “L’oro di Napoli” (film a episodi del 1954). Per molti pizzaioli è banco di sperimentazione e una valida alternativa alla pizza. Parliamo di Pizza Fritta che per AVPN (Associazione Verace Pizza Napoletana) non poteva non trovare spazio nell’ambito del disciplinare.
La pizza fritta per lungo tempo, nonostante la sua popolarità e gradimento, è rimasta ai margini di quel grande movimento di ricerca e sperimentazione, ancora in gran voga, che ha visto la Pizza con occhi nuovi e favorito il suo sviluppo sopra e sotto, fuori e dentro. Oltre i voli pindarci di dischi lievitati, è sempre da Napoli che parte una nuova piccola rivoluzione.
La sua antenata è di certo la “zeppola di pasta cresciuta”, ma la Pizza Fritta, figlia legittima di povertà e ingegno troverà la sua “fortuna” dopo la seconda guerra mondiale e i bombardamenti su Napoli. A favorire la sua diffusione, ironia della sorte, fu proprio la scarsità di forni a legna a disposizione, così per i napoletani l’alternativa divenne quella di friggere l’impasto (di grammatura inferiore a quello della pizza) nell’olio bollente, dando luogo a una pizza rigonfia, dorata e ripiena di quel pò che c’era a disposizione, e che appagava soprattutto la vista.
Così, da quella celebre “arte di arrangiarsi” partenopea, dal folclore teatrale dei “vasci” ( o “bassi”, ovvero abitazioni poste al piano terra con accesso diretto sulla strada), dalla tradizione popolare delle “pizze di strada” impastate, farcite e fritte dalle donne di casa “per arrotondare”, da quella pratica di “a ogge a otto” (che consisteva nel comprarla a credito e pagarla dopo otto giorni) insomma da quella storia intensa di profumi e semplicità, di umanità solidale, passione e genialità, la Pizza Fritta trova finalmente nel 2021 grazie a AVPN la sua nuova e riconosciuta dignità in qualità di fumante capolavoro dalle irresistibili e dorate nuances.
“Da anni l’Associazione è impegnata nella promozione e nella valorizzazione della Vera Pizza Napoletana – ha spiegato Antonio Pace, Presidente AVPN – E dopo tanti anni di successi e riconoscimenti era necessario, da parte nostra, procedere alla tutela di un’altra eccellenza del food partenopeo: la pizza fritta. Abbiamo pertanto voluto aggiungere un’appendice al Disciplinare Internazionale della Vera Pizza Napoletana dedicata alla pizza fritta, descritta nelle sue due varianti di forma tonda e a mezzaluna (calzone), nei suoi ingredienti di base, nella tipicità della stesura e della chiusura ed infine nella tecnica e nelle caratteristiche di frittura”.
In occasione del Vera Pizza Day (17 gennaio 2021), sono state consegnate le prime 8 tabelle di certificazione alle friggitorie che hanno fatto la storia della pizza fritta, alle realtà che negli ultimi anni hanno spinto con l’apertura di nuovi locali alla diffusione di questo prodotto e alle pizzerie che hanno riservato alla pizza fritta un ruolo di pari livello, se non superiore, rispetto a quella al forno.
La scelta del numero di tabelle assegnate non è casuale ma dovuta ad un numero si collega alla pizza fritta, storicamente venduta nei bassi con la formula di “oggi a 8”, ossia la mangio oggi e la pago tra otto giorni. In ordine alfabetico le tabelle sono state assegnate a: Antica Friggitoria Masardona, Antica Pizza Fritta da Zia Esterina Sorbillo, Guglielmo Vuolo, Isabella De Cham Pizza Fritta, La Figlia del Presidente, Pizza Fritta Famiglia Surace da più di 100 anni, Pizzeria De’ Figliole e Starita a Materdei.
Preziosa, nell’appendice che AVPN ha dedicato alla pizza fritta, la collaborazione tra l’Associazione e il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli.
Pochi i consigli ma da seguire con attenzione: immergere l’alimento in olio extravergine di oliva o in olio di semi (preferibilmente quello di girasole ad alto contenuto di acido oleico o arachidi) ad una temperatura che non raggiunga mai il punto di fumo, applicando un ricambio frequente dell’olio.
Queste semplici regole oltre a garantire proprietà sensoriali come la croccantezza e flavour caratteristici, migliorano gli aspetti nutrizionali del prodotto perché riducono la quantità di olio assorbiti dall’alimento e la formazione di sostanze indesiderate che possono derivare dall’ossidazione dei grassi.
“Questa certificazione si inserisce in un contesto di rivalutazione, dal punto di vista scientifico e nutrizionale, della frittura – ha dichiarato la Professoressa Paola Vitaglione, ordinario di Fisiologia del Dipartimento – Il cibo fritto non fa male alla salute se preparato in maniera corretta, se non se ne abusa e se il suo consumo si accompagna ad un pattern alimentare sano e un adeguato livello di attività fisica. A queste condizioni anche due volte a settimana si può cedere al piacere di un buon fritto!”.
Un elegante Caffè con pasticceria, di cui godere dalla prima colazione al dopocena. Un prezioso salotto nel centro storico di Roma, nel quale concedersi raffinate pause di gusto tra contemporaneità e classicismo.
Contraddistinto da una Cucina giovane e dinamica, il Caffè Doria è meta perfetta anche per gli amanti della Mixology, che qui troveranno un “Gin Trolley” con oltre 80 Premium Gin provenienti da tutto il mondo per miscelare inedite alchimie.
Un Bistrot unico nel suo genere, al piano strada di Palazzo Doria Pamphilj – concentrato di arte e di storia tra via del Corso e via della Gatta – che veste una nuova accoglienza negli ambienti che un tempo ospitavano nobili scuderie. Al suo interno, una monumentale fontana del ‘600 che serviva proprio ad abbeverare i cavalli. Poi, le importanti altezze, le imponenti colonne, il bancone bar, il banco pasticceria e il drink trolley tra boiserie in legno massello, poltroncine e divani ocra.
Alle pareti quadri, stucchi, marmi, disegnano i contorni di una regale cornice per godere in ogni momento della giornata di una ricca proposta che spazia dalla caffetteria al bistrot, dall’alta pasticceria moderna alla gelateria gastronomica, sino al cocktail bar serale.
L’ingresso ufficiale di Caffè Doria è al civico 1/a di Via della Gatta, posizione strategica per staccare o riposarsi dallo shopping delle feste nel Centro storico di Roma; ma può essere raggiunto anche dall’interno del Palazzo Doria Pamphilj, tramite un accesso riservato agli ospiti in visita alla Galleria d’Arte, collezione privata di inestimabile valore, che si trova al piano superiore.
Dalla Colazione al Dopocena
Sia nella ristrutturazione che negli arredi, la priorità è stata quella di rispettare la storicità e la natura dei luoghi che ospitano il Caffè Doria. Ma la riprogettazione non si è limitata a coinvolgere gli ambienti, ha completamente rinnovato anche l’offerta Food & Drink forte della dinamica cucina del Bistrot che è attiva e in continuo fermento durante l’intero arco della giornata.
La Colazione di Doria
“Accettate inviti a colazione!” è il Mantra del Caffè Doria. Perché qui la colazione vuole essere promossa e comunicata come un rito, un momento di aggregazione, da vivere comodamente al tavolo così come tradizionalmente lo sono il pranzo, la cena e l’aperitivo.
Infatti, se il momento del pranzo è quello che affonda maggiormente le proprie radici nelle abitudini dei romani, della clientela Vip e business che frequenta il locale, quello della Colazione non è da meno.
Croque-monsieur con prosciutto cotto arrosto, Emmental e fonduta di taleggio
Avocado toast al salmone con uovo poche
Calamari, cacio, pepe e lime
Lo Chef ha ideato una carta che parla internazionale con spunti tradizionale: pane di segale con burro e marmellata; croque-monsieur con prosciutto cotto arrosto, Emmental e fonduta di taleggio; avocado toast al salmone con uovo poche; club sandwich con tacchino, pomodoro, lattuga e bacon; croissant; tagliata di frutta fresca di stagione; porridge con frutti di bosco e sciroppo d’acero; yogurt bio con muesli e molto altro ancora.
Il caffè, con miscele a rotazione provenienti da tutto il mondo, è quello di Lavazza, i lievitati quelli dell’Antico Forno Roscioli e i dolci sono quelli di LeLevain, che ha dedicato al Caffè Doria anche una proposta personalizzata. Altre eccellenze provengono dal territorio, come alcune specialità dolci dai vicini Castelli Romani, o il gelato dolce e gastronomico del maestro Marco Radicioni di Otaleg.
Il pranzo del Bistrot
A guidare la cucina del Bistrot c’è Massimiliano Mazzotta, giovane chef classe ’87, che unisce il gusto artistico alla voglia di sapore. Il suo menu è in continua evoluzione, agile e di poche portate, che ben si presta alle diverse esigenze di chi sapientemente decide di fermarsi qui nutrendosi di bellezza nel segno delle citazioni tradizionali e twist creativi.
Qualche suggestione da Menù: Calamari, cacio, pepe e lime; Ravioli di carbonara; Tonnarelli barbabietola e caprino; Filetto di maiale CBT, funghi carboncelli e salsa bernese; Misticanza erbe e fiori da permacultura con vinaigrette al miele e passion fruit.
Maiale CBT, funghi carboncelli
Tartare di Fassona, topinambur e bottarga d’uovo
Chef Massimiliano Mazzotta & Pulpo a la Gallega
Se l’offerta per il pranzo rimane più ‘classica’, è l’Aperitivo che vuole uscire dagli schemi, con una proposta che ruota intorno a vini e alla mixology: dalla cucina, infatti, arrivano amuse-bouches ed una particolare selezione di piccole ricette espresse appositamente studiate e selezionate per accompagnare i drinks.
L’aperitivo della Chef
Il Pulpo a la Gallega (polpo CBT, patata tornita, maionese alla paprika, erba cipollina), il Crispy Chicken (filetto di pollo marinato con una panatura croccante) con salsa honey mustard, Spigola Croccante (in alga nori, panko, maionese al wasabi), Tre Maritozzetti salati e tanti altri in continua rotazione.
L’aperitivo (15€), consumato al tavolo in pieno stile Caffè Doria, con formula prevede in abbinamento ad ogni drink una selezione di tre amuse bouches più un piatto special in omaggio, mentre per la cena si può liberamente scegliere di assaggiare una o più ricette proposte in carta dallo Chef.
La Mixology e il Gin Trolley
Il Gin Trolley, elegantissimo elemento di design realizzato appositamente per il locale nello stesso stile degli altri arredi, ospita a bordo oltre 80 Premium Gin provenienti da tutto il mondo, un’ampia selezione di acque toniche e garnish, e tutto ciò che serve per preparare un grande Gin Tonic, ogni volta diverso a seconda delle preferenze, proprio davanti al cliente comodamente seduto al tavolo.
Il motto è:“Accomodati, scegli il tuo Gin, mixa una tonica, abbina una garnish e goditi il tuo Gin Tonic”. Ogni ospite che sceglierà di vivere l’esperienza del Gin Trolley, riceverà insieme al proprio Gin Tonic, anche un tag dove sono indicati il Gin, la Tonica e la Garnish scelti.
Accanto ai grandi classici, come Negroni, Martini Cocktail, French 75, in carta anche i Signature Cocktails liberamente ispirati ai celebri pittori e scultori, come il Beernini (cognac VSOP, succo di limone, sciroppo di tamarindo, Mancino Chinato, birra Noam) o il Tiziano la pianti?! (vodka, american picon, sciropppo di barbabietole e noci, succo di limone, maraschino). Ma la vera perla è senza dubbio il Gin Trolley. Ispirato ai grandi cocktail-bar anglosassoni, rappresenta una proposta esclusiva a Roma, con il Bartender di casa che arriva direttamente al tavolo con il carrello dei gin.
Gin Trolley
Coravin
Pane caldo al sesamo e burro di Vacche Rosse montato con colatura di alici
Il Vino e il Coravin
Mentre la carta dei vini prevede una selezione di importanti etichette nazionali ed alcune eccellenze internazionali, la mescita non è da meno, grazie all’utilizzo della tecnologia Coravin – Coravin Wine Preservation Opener – testata e amat dai professionisti dell’enologia CHE versa il vino senza rimuovere il tappo dalla bottiglia, offre agli ospiti la possibilità accompagnare il pasto o la propria pausa, degustando un grande bianco della Borgogna o un Super Tuscan.
Eventi & Catering
Il Caffè Doria si propone come location per l’organizzazione di eventi, di tipo privato o business, affiancando il cliente nella scelta di ogni dettaglio, e mette a disposizione la propria professionalità ed esperienza per tutto ciò che riguarda il Food & Beverage, servizi di accoglienza, allestimenti floreali, ed ogni altra specifica esigenza. Tutti i servizi sono disponibili anche presso location esterne. Le proposte culinarie, oltre a quelle già delineate dallo Chef, sono interamente personalizzabili insieme al cliente.
CAFFE’ DORIA Palazzo Doria Pamphilj Via della Gatta 1/a – 1/b Orari: 8.00-21.00
Martedì – Domenica / T. +39.066793805 caffedoria.it
Il Natale è uno è molteplice, un pò come la cucina italiana, una e infinita. Ogni regione d’Italia ha le proprie ricette natalizie e il menù del pranzo di Natale offre specialità sempre diverse da Nord a Sud.
Di seguito una carrellata italiana di ricette regionali, quelle che a Natale vengono sfoggiate con orgoglio,e vanno a impreziosire le tavole natalizie dello stivale.
Dalla Valle d’Aosta fino a Cagliari, l’Italia è una miniera d’oro di ricette tradizionali natalizie, con una vastissima scelta di piatti che permettono di gustare le prelibatezze tipiche di ogni regione (ma anche di qualche città in particolare), che rendono unica e preziosa l’identità culinaria del Bel Paese.
Di seguito quindi troverete tutte le ricette regionali natalizie più famose, così da assaporare davvero i sapori della vostra terra, o da stupire qualche ospite con il piatto tipico della sua regione di provenienza.
Natale in Italia: Valle d’Aosta Sulle tavole valdostane a Natale non possono mancare la mocetta in crostini al miele e la carbonata Valdostana con Polenta (sottili strisce di carne macerate nel vino rosso con aromi). È famosa anche lazuppa alla Valpellinentze, a base di cavolo, verza, fontina, brodo, cannella, con fette di pane raffermo. La zuppa nasce nel piccolo paese di Valpelline e da lì ha viaggiato conquistando i palatidi tutta Europa. Tra i dolci, è rinomato il dolce di sciroppo di pere.
Zuppa alla Valpellinenze
Agnolotti del plin
Gran Bollito Misto piemontese
Natale in Italia: Piemonte In Piemonte per le feste si mangiano agnolotti al plin, ripieni di carne arrosto e serviti con burro e parmigiano o ancora con sugo d’arrosto. Il “plin” è proprio quel pizzicotto con cui si chiude l’agnolotto stringendo la sfoglia di pasta ripiegata con indice, pollice e medio. Piatto gustosissimo ma dalla laboriosa lavorazione, devono essere piccolissimi e irregolari. La tradizione vuole che si possano servire anche sconditi, su un tovagliolo di candida stoffa, mangiati “asciutti”, oppure in una scodella, affogati nel vino rosso. Sulla tavola segue il bollito misto di carne (link ricetta easy e photocredits) o il Cappone.
La tradizionale ricetta del “Gran bollito misto alla piemontese”, detta anche del “Bollito storico risorgimentale piemontese” perché particolarmente gradita a re VittorioEmanuele II, comprende sette tagli principali di manzo, cotti insieme nella pentola più grande, sette “ammennicoli” (ovvero tagli di carne da cuocersi in pentole separate), sette bagnèt (salse), un “richiamo” (lonza di maiale) e quattro contorni (patate lesse, spinaci al burro, funghi trifolati e cipolle in agrodolce). Al termine è consigliata una tazza di brodo ben caldo per riprendersi dalla fatica che sarà però ampiamente ripagata!
Natale in Italia: Lombardia
“Lucanica, a lucanis populi a quibus romani milites primum didicerunt“: così Varrone indica l’origine del nome di questa salsiccia di suino, diffusa (probabilmente dai soldati romani) con diverse etimologie nel Nord Italia (luganica, luganeca, luganga) sebbene originaria della Basilicata.
La sua associazione con il riso realizza un piatto gustoso e completo. Nell’area brianzola il consumo di luganega era un tempo oltremodo diffuso, per la presenza del maiale grasso in quasi ogni famiglia: molto famosa era quella di Monza (già citata nel 1500), più magra e ricca.
In Lombardia, anche il giorno di Natale, regnano i risotti: il più natalizio è quello allo zafferano con salsiccia luganega. L’arrosto di tacchino o il Cappone ripieno con mostarda dominano le tavole dei milanesi. E ovviamente chiude il pranzo il Panettone, accompagnato dalla frutta secca.
Natale in Italia: Veneto In Veneto il pranzo di Natale ha inizio con un antipasto di salumi, come soppressa e la salsiccia luganega, seguito da gnocchi al sugo d’anatra, e, tra i secondi, polenta e baccalà o lesso di manzo “al cren” (ovvero con salsa di rafano). Il dolce tipico è chiaramente il Pandoro di Verona.
Cappone ripieno alla Meneghina
Panettone
Pandoro
Polenta e Baccalà
Natale in Italia: Trentino Alto AdigeTra i primi piatti tipici del Trentino non possono mancare i Canederli, grossi gnocchi a base di pane raffermo, speck, pancetta e salame, gustati con burro e parmigiano o anche in brodo. Seguono salsicce e crauti e, tra i dolci, lo Strudel e lo Zelten, dolce a base di frutta secca e canditi.
Natale in Italia: Friuli Venezia Giulia In Friuli Venezia Giulia il pranzo di Natale ha invece per protagonista i “cjarsons”, dei ravioli di grano tenero tipici della Carnia, un’area montana della Regione, che colpiscono per il ripieno classicamente dolce. Sono preparati con ingredienti che variano di famiglia in famiglia, tra cui bietoline, uva passa, pinoli, cioccolato fondente, erbe selvatiche, spinaci, cannella. Serviti caldi, vengono conditi con una grattugiata di ricotta affumicata, la “scuete”. Un’alternativa dal sapore non troppo distante è quella degli gnocchi di patate ripieni di susine, tipici anche della Venezia Giulia.
Il maiale è protagonista del secondo nel menù tipico del Natale friulano. Tra le ricette preparate con più frequenza troviamo la trippa, o anche le costine di maiale, ma il secondo più tradizionale è senza ombra di dubbio “brovade e muset”. La brovada si ottiene facendo macerare delle rape nelle vinacce e tagliandole poi in tante listarelle sottili, che vengono cotte e insaporite con le erbe aromatiche. Sono il contorno perfetto per il musetto, una sorta di cotechino tipico che viene fatto lessare, tagliato a fette e infine servito su una base di brovada.
Il dolce tipico di Natale è la Gubana, un dolce cotto al forno a base di pasta dolce lievitata e con un ripieno di noci, uvetta, pinoli, zucchero, liquore.
Natale in Italia: Emilia Romagna In Emilia Romagna non possono mancare, tra gli antipasti, culatello di Zibello o il Fiocchetto, e, tra i primi, i tortellini ripieni di carne o le tagliatelle al ragù. Come secondi invece in Emilia Romagna troverete bolliti di gallina, ma è famoso anche il cotechino di Modena. Il dolce tipico è il Pane di Natale che viene preparato tritando la frutta secca, i fichi ed il cioccolato.
Canederli
Zampone e Cotechino
Cjarsons
Natale in Italia: Liguria In Liguria troviamo di nuovo pasta fresca, come i ravioli alla genovese con “u tuccu” (il tocco); si tratta di un ragù molto più intenso di quello tradizionale. Di secondo stecchi fritti (spiedini di rigaglie di pollo con funghi freschi, besciamellae parmigiano). Il dessert ligure a Natale è il pandolce (un impasto di farina, uvetta, zucca candita a pezzetti essenza di fiori d’arancio i pinoli pistacchi semi di finocchio latte e marsala).
Natale in Italia: Toscana Arriviamo in Toscana dove non si può rinunciare ad un bel tagliere di salumi con toscanaccio, puntarella o finocchiara. Per i fan del genere ottimi sono i fegatelli di maiale allo spiedo, un piatto molto antico della tradizione toscana: se ne ha traccia già in un libro del XIV secolo.
Di solito vengono accompagnati con delle rape, bietole e spinaci insaporiti con il grasso ottenuto dalla cottura della carne. Una volta preparati per bene con tutti gli aromi necessari, i fegatelli vengono cotti in padella con olio di oliva e due spicchi d’aglio.
Ma non è Natale in Toscana se non c’è la ribollita. Si prepara con i fagioli, il cavolo verza e il cavolo nero, che sono gli ingredienti principali, ma si possono aggiungere altre verdure come patate, carote, sedano e pomodori. La procedura è lunga e si chiama ribollita proprio perché viene bollita più volte, ma il risultato è strepitoso. Un altro primo tipico, sono le crespelle alla fiorentina ripiene di ricotta e spinaci. C’è poi l‘anatra all’arancia prima di approdare al Castagnaccio.
Natale in Italia: Lazio
Si comincia ad indicare le regioni dove il vero e proprio festeggiamento natalizio avviene la sera del 24: il cenone della Vigilia è infatti tipico delle regioni centro meridionali. In questa occasione il pasto è di magro, quindi sulla tavola si troverà pesce, prevalentemente fritto. Si comincia quindi con un fritto misto di verdure (broccoli e carciofi), per proseguire con baccalà fritto. Per il giorno di Natale invece si prepareranno lasagnee di secondo l’abbacchio al forno con patate. Il dolce è il panpepato oppure il pangiallo (frutta secca e canditi con farina, miele e cioccolato).
Natale in Italia: Umbria Anche in Umbria il Cappone è il piatto privilegiato da gustare sia come ripieno dei cappelleti, sia bollito. I dolci tipici dell’Umbria a Natale sono le pinoccate, dolci fatti di zucchero e pinoli e il torciglione serpentello, fatto di pasta dolce con le mandorle.
Stecchi alla genovese
Abbacchio al forno con patate
Ribollita
Natale In Italia: Marche
Pietanze ricche e tradizionali, come i cappelletti in brodo di cappone, ripieni di carne arrosto di tacchino e maiale e vincisgrassi abbondano sulle tavole. Il cappone e tacchino arrosto sono un piatti saporito e di facile realizzazione. Tra i dolci ricordiamo la pizza de Nata’, un impasto a base di pane con frutta secca, uvetta, cioccolato in polvere e fichi.
Natale in Italia: Abruzzo In Abruzzo la tradizione culinaria natalizia prevede come primo piatto la minestra di cardi o la zuppa di castagne e ceci. Tra i secondi agnello arrosto e bollito di manzo. I dolci tradizionali sono i calcionetti fritti (panzerottini dolci con marmellata d’uva nera, ceci, noci tritate, mandorle triturate, mosto e cacao).
Natale in Italia: Molise I piatti tipici del Natale molisano sono la pizza di Franz in brodo caldo (pezzettini di pizza a base di uova parmigiano grattugiato e prezzemolo al forno); il baccalà al forno con verza, prezzemolo, mollica di pane, uvetta e gherigli di noci; e come dolce i Calciuni a base di farina, vino, castagne lessate, rhum, cioccolato, miele, mandorle, cedro candito, cannella, uova e vaniglia.
Anche in Campania il festeggiamento la sera del 24 è molto sentito. Il cenone della Vigilia sarà interamente a base di pesce e frutti di mare, con spaghetti allo scoglio, o alle vongole (in alcuni casi anche spaghetti all’astice); di secondo capitone, baccalà fritto o fritto misto di calamari e gamberi. Il 25 invece in Campania si prepareranno la minestra maritata, il Cappone ripieno e l’insalata di rinforzo, accompagnata dalle immancabili “friselle”. Sulle tavole di Natale di Napoli non mancheranno gli struffoli, piccole palline di pasta dolce, fritte e poi immerse nel miele e decorate con confettini colorati e frutta candita.
Natale in Italia: Puglia Il pranzo di Natale si apre con un’infinita (o quasi) varietà di antipasti, dai tradizionali salumi e formaggi ai fragranti panzerotti fritti o cotti al forno ripieni con pomodoro e mozzarella. Si prosegue con la focaccia barese tagliata e fette e le pettole, delle sfiziose palline di pasta lievitata fritte e servite ancora calde. Dimenticate la pasta in brodo tipica del Centro e Nord Italia: in Puglia il primo piatto natalizio per eccellenza sono le gustose orecchiette con cime di rapa o cavatelli con le cozze. come secondo anguilla allo spiedo con alloro o l’agnello al forno. Chiudono i dolci tipici, le le cartellate, fritti e glassate con miele o mosto.
Natale in Italia: Sicilia
In Sicilia, anzi a Catania, immancabili nel cenone natalizio sono le crispelle: farina e lievito di birra, ripiene di acciughe o di ricotta fresca. Tra i primi, la pasta con le sarde, il timballo di riso e l’opulenta, ricca “ncaciata“, con ragù, uova sode, melanzane e ovviamente cacio in quantità per il piatto che rappresenta al meglio il gusto della cucina delle nonne siciliane. Nel gelese e ad Agrigento viene aggiunto il cavolfiore, nel catanese le melanzane. Poi c’è il FalsoMagro, carne disposta a rotolo e legata con lo spago farcita con mortadella, salsiccia, cipollotto, formaggi vari, prezzemolo. La farcia varia da città a città. i tanti dolci, tra i quali i buccellati di Enna (dolci tipici ripieni di fichi secchi), cassate e cannoli.
Natale in Italia: Sardegna In Sardegna la tradizione natalizia ritrova i sapori decisi e gustosi tipici dell’isola: ravioliripieni di pecorino fresco, bietola, noce moscata e zafferano, conditi con sugo di pomodoro e pecorino grattugiato, gnocchetti sardi al sugo di salsiccia, agnello con patate al forno, “porceddu” al mirto.
Dopo il successo delle due aperture a Milano apre a Roma il primo store Kebhouze, la catena di Kebab di Gianlica Vacchi all’interno del Centro Commerciale Euroma2.
I primi store milanese, quello di via Paolo Sarpi e corso Buenos Aires, hanno fatto rumore e generato lunghe code. Parliamo di Kebhouze, la catena di kebab di Gianluca Vacchi – noto imprenditore con la passione per fitness, bella vita e coreografie, con oltre 41 milioni di followers tra Instagram e TikTok – che approda a Roma con il suo format gastronomico e inaugura così, mercoledì 22 Dicembre partire dalle ore 1200, il primo store della Capitale presso il Centro Commerciale Euroma2 in Viale dell’Oceano Pacifico, 83, con tanto di Mascotte di nome Keb.
Le aperture di Kebhouze non si fermeranno di certo qui. Il format è pronto a sbarcare in altre tre regioni sin dal primo trimestre del 2022: Piemonte, Sicilia, Liguria oltre all’apertura di altri store a Roma e Milano.
“Non esiste un food brand di kebab al mondo come Kebhouze, sarà un’esperienza del tutto nuova – dichiara Gianluca Vacchi in merito alla scelta di intraprendere questa avventura imprenditoriale.
C’è un problema di diffidenza verso il kebab. Lo avevo anche io. Dopo aver assaggiato il kebab per la prima volta in vita mia alle nostre prove food, mi sono reso conto che in realtà non c’è un piatto più semplice di questo: piadina, carne e qualche condimento a scelta. Ovviamente ho richiesto che ogni ingrediente e materia prima utilizzata siano di massima qualità
MENU
Il menù prevede kebab di pollo 100% italiano e una versione premium e inedita nel mondo del kebab: da Kebhouze sarà possibile ordinare anche il kebab di carne di black angus. Inoltre c’è una grande novità per vegetariani, vegani e non solo: Kebhouze ha siglato una partnership con Planted, azienda svizzera che nel nome della sostenibilità ambientale produce kebab 100% vegetale da proteine di piselli, che sarà disponibile in menù sin dall’apertura.
Oltre a essere servito nella classica piadina, da Kebhouze sarà possibile gustare la carne kebab nella versione Burger. Una sezione a parte è dedicata al pollo fritto in versione nuggets e dintorni: “chicken popcorn”, vegan, patatine fritte e onion rings.
Una menzione speciale per le salse presenti in menu: oltre all’originale Keb Sauce, il colosso mondiale delle salse Heinz è partner ufficiale di Kebhouze, motivo per cui sarà possibile provare una grande varietà di salse all’interno degli store.
Gianluca Vacchi ha colto in un attimo il potenziale dietro l’idea che gli abbiamo proposto” dichiara Oliver Zon – uno dei giovani soci di Kebhouze – è un piacere lavorare con lui perché ha una visione imprenditoriale all’americana, di grande dirompenza e profonda fiducia nei confronti del nostro team operativo: due caratteristiche fondamentali per permetterci di lavorare al massimo delle possibilità senza perdite di tempo.
Packaging eco-friendly & Produttori Locali
Un’attenzione particolare è inoltre stata dedicata in fase di costruzione del progetto e di selezione dei prodotti al tema della sostenibilità ambientale: il food packaging è completamente eco-friendly, comprese le acque naturali in tetrapack brandizzate Kebhouze.
Anche sotto il profilo della sostenibilità economica locale, la catena di Gianluca Vacchi ha optato per una valorizzazione delle aziende italiane, da cui viene fornita tutta la carne, e dei produttori locali, con cui ad esempio si è instaurata una collaborazione sulla produzione di due diverse birre artigianali che saranno presenti in store a marchio Kebhouze.
Nel frattempo Kebhouze continua a spopolare sui social, dove prima dell’apertura sono già collegati 50.000 follower tra Instagram e TikTok. A fare da padrone di casa sui canali digitali, e non solo, è proprio Keb, la mascotte di Kebhouze e “socio” dispettoso di Gianluca Vacchi che ogni giorno utilizza gli account aziendali come fossero i propri, facendo immergere i follower nella sua quotidianità di vita imprenditoriale e non solo.
Oltre al servizio in store o take away, Kebhouze sarà presente su tutte le piattaforme di delivery come Glovo, Deliveroo, Just Eat e Uber Eats. Tutto il packaging brandizzato per il delivery e take away è eco-friendly, a partire dall’acqua Kebwater in Tetrapak.
Per la prima volta Acqua San Pellegrino e Acqua Panna, con Immersive Collection – special edition 2021, si sono unite in un progetto multisensoriale mostrando nuova forma e nuovi contenuti.
Oltre il Design tattile, il tour in 5 tappe italiane è stato un modo per rendere ancora più incisivi i momenti della tavola attraverso un viaggio virtuale nel paesaggio toscano che genera le due celebri Acque del Fine Dining.
E’ un’edizione limitata quella di Acqua Panna e di S.Pellegrino che ha scelto uno dei più raffinati indirizzi gastronomici della Capitale per celebrare la conclusione del ciclo di cene ideato per offrire al pubblico l’occasione di vivere un’esperienza coinvolgente a tema Acqua & Design.
Infatti, dopo aver fatto tappa a Milano al ristorante Vòce in Giardino, a Firenze al ristorante Ora d’Aria, a Bologna al bistrot Fourghetti e a Scorrano alla Trattoria Roots, si è conclusa al ristorante All’Oro di Roma il viaggio della Immersive Collection, l’edizione speciale di Acqua Panna e S.Pellegrino.
Riccardo Di Giacinto
BonBon di Porchetta & Riassunto di Carbonara
Un’operazione di Food design, ovvero di quell’universo dei processi progettuali e di ricerca che portano alla nascita di nuovi prodotti legati al cibo con una particolare attenzione alla sfera sensoriale e ai suoi significati.
Su questa via le Acque del Fine Dining hanno pensato ad un modo nuovo per far conoscere al pubblico il paesaggio toscano che le genera, invitando gli ospiti a vivere un’esperienza immersiva alla scoperta del mondo e dei valori di Acqua Panna e Acqua S.Pellegrino, protagoniste sulle migliori tavole in oltre 150 paesi nel mondo.
La cena è andata in scena alla bella corte dello chef Riccardo Di Giacinto, alla guida di All’Oro insieme alla moglie Ramona Anello, che ha immaginato un menu per esaltare il gusto unico di Acqua Panna e l’inconfondibile perlage di S.Pellegrino.
Il menu ha proposto un cocktail di benvenuto accompagnato da un’entrée di 5 portate chiuso dal Riassunto di Carbonara, sempre impeccabile e godurioso; a seguire l’antipasto atipico: “Flan di pane, beurre blanc, peperoni alla brace”, un modo diverso per iniziare, una citazione alla Colazione – tra l’altro fiore all’occhiello dell’hotel 5 Stelle The H’All Tailor Suite in cui All’Oro è inserito – a briglie sciolte sulla scala delle sapidità.
Il primo piatto, “Cappelletti in “brodo asciutto” con Parmigiano, Zafferano e Limone” è una ormai celebre ricetta di Di Giacinto che inverte la tradizione emiliana e mette il brodo dentro al cappelletto con un twist di limone che ravviva con freschezza l’intensità del parmigiano. Un gioco altresì sottolineato dal cucchiaio forato a ricordare che il brodo non c’è e che il cappelletto va, per questo, mangiato nella sua interezza per permetterne l’esplosione.
Proposto in abbinamento alle bollicine analcoliche di S.Pellegrino, il secondo, ovvero la “Faraona, “Panna” e fieno”, è stato ideato dallo chef per sposarsi al gusto unico e delicato di Acqua Panna, e presenta la buona gallina selvatica in forme e declinazioni varie.
Dettaglio – Faraona, panna e fieno
Cappelletti in “brodo asciutto” con Parmigiano, Zafferano e Limone”
Dopo il pre-dessert, è tempo del “Tiramisù All’Oro”, una semisfera di meringa che nasconde gli ingredienti classici di tiramisù ed è ornato da una foglia di cioccolato richiama il logo del ristorante, design l’impatto e tradizionale nel gusto anticipa, per concludere, una selezione di piccola pasticceria servita tra carillon e giochi.
La degustazione è stata impreziosita da un’esperienza immersiva in due momenti: il viaggio virtuale nel mondo di Acqua Panna e S.Pellegrino, reso possibile grazie alla realtà aumentata, resa possibile da codice QR presente sull’etichetta dell’Immersive Collection.
Mentre il nuovo elegante design elegante stimola i sensi e le emozioni tattili, ogni bottiglia è la chiave di accesso a un’esperienza unica resa possibile dalla magia di una realtà condivisa che arricchisce la percezione sensoriale umana.
All’insegna di questi valori, la promozione della Immersive Collection è parte integrante delle iniziative messe in campo da S.Pellegrino a supporto del mondo della ristorazione attraverso il movimento #SupportRestaurants.
Nato nel 2020, il progetto si è amplificato nel 2021 con la campagna di comunicazione “Social Menu per #SupportRestaurants”, con l’obiettivo di coinvolgere attivamente il pubblico in una azione di condivisione collettiva e di partecipazione sui canali digitali per promuovere il talento, l’esperienza e il capitale umano, elementi imprescindibili del successo di ogni ristorante.
Tiramisù All’Oro
All’Oro
S.PELLEGRINO E ACQUA PANNA
S.Pellegrino, Acqua Panna e Bibite Sanpellegrino sono marchi internazionali di parte del Gruppo Sanpellegrino, che ha sede a Milano, in Italia. Distribuiti in oltre 150 paesi, questi prodotti rappresentano l’eccellenza qualitativa in virtù delle loro origini e interpretano perfettamente lo stile italiano nel mondo come una sintesi di piacere, salute e benessere. Fondata nel 1899, Sanpellegrino S.p.A. è un’azienda di riferimento nel settore delle bevande in Italia con la sua gamma di acque minerali, aperitivi non alcolici e bevande. Come produttore di acque minerali, è da sempre impegnata nella valorizzazione di questo bene primario, per le persone e per il pianeta, lavorando con passione e responsabilità così da garantirne un futuro di qualità.
Il mare non ha stagione. Molteplici sono i suoi volti, le sue letture, così come gli occhi e le emozioni di chi lo osserva. Da qui, da L’Arcade di Nikita Sergeev, baciato dalle acque adriatiche e dalla Stella Michelin, da questo tratto di lungomare di costa marchigiana, il Saggio blu appare nitido come dipinto su tela da un’unica pennellata di colore mentre il sole di una mattina d’inverno richiama, come una sirena, sognatori e navigatori di città in cerca orizzonti, nuovi terre e nuove tavole da scoprire.
La nostra casa si sposta al mare. E’ un vero e proprio trapianto di cuore, ma l’anima rimarrà sempre la stessa.
Queste le parole di Nikita Sergeev, Chef e Patron de L’Arcade, scritte nell’intro al suo Menu. Siamo a Porto San Giorgio, affacciato sul Mar Adriatico, nella provincia di Fermo, nelle Marche di costa costellate da Stelle Michelin. In questa raccolta località balneare dalla spiaggia sabbiosa e ordinati caseggiati e ombrelloni, Nikita, da circa 6 mesi, ha trasferito il suo “L’Arcade” in quello che era lo “storico” Chalet Damiani e Rossi – nota tavola della zona – portando al civico 315 del Lungomare Antonio Gramsci il suo stile, la sua personale idea di cucina.
Sarà la vicinanza con il mare, sarà l’eterogeneità del paesaggio marchigiano, sarà la poliedricità della tradizione, sarà la possibilità di un orto a disposizione dall’azienda agricola Edulis; sarà la vicinanza del mare o il lascito di Aurelio Damiani misto all’evoluzione di un percorso professionale di grinta e tenacia, ma qui il rapporto di Nikita con il territorio intrecciato alla propria storia, si è fatto stretto quanto concettuale, caratterizzato da interpretazioni di salsedine e di terra, con forte matrice vegetale.
Questa sorta di mia evoluzione l’ho condensata in una proposta di sei piatti che si chiama proprio Confronto con il Territorio. Anche perché, in fondo, la mia ispirazione in cucina nasce sempre dalla materia prima: dagli ingredienti che incontro nei miei viaggi, ma anche ai banchi del mercato o nelle aziende che vado a conoscere”.
Dal Menu tre tipologie di approccio: il confronto con il territorio – 7 portate; il Percorso NIKITA – 11 portate a mano libero dello chef; il Percorso NIKITA SMART – 6 portate; con relativi abbinamenti.
Varcata la soglia si spalanca un luogo affascinante, accogliente, raffinato in ogni dettaglio. Salottini, arredi di design, pregiate ceramiche, tavole rotonde, poltroncine antracite e il grande protagonista blu sullo sfondo, ad un passo.
La sala di ampie vetrate, parquet e sabbia, è dominata dalla fotografia provocatoria di un gallo danzate, senza piume, fermato in uno scatto al microsecondo da Tim Flach. Oltre la bella nitidezza e soluzione coreografica dello scatto, di cui esistono 5 copie al mondo la riflessione (che inevitabilmente cade come interrogativo sulle selezioni genetiche) viene smorzata dal Mickey Mouse in bronzo firmato da Jorn van Hoorn e dal coniglio – sempre in bronzo – di Marcel Wanders disegnato per la collezione Starbucks Italia e di cui esistono 40 copie; così come da altri piacevoli dettagli d’arte.
Insalata russa
Ma oltre alla ricerca del luogo, oltre la forma, è il contenuto ciò che è importante. Si inizia infatti con il rituale Aperitivo di Benvenuto tra giochi di sapore e consistenze. L’ispirazione nasce sempre dalla materia prima, di grande qualità, che Sergeev, Chef Russo-Marchigano, lavora con tocco gentile e chiarezza di visione.
Idee, citazioni, letture del territorio e riadattamenti slegati e liberi, come cime senza nodi. A volte diretti, a volte più concettuali. Oltre la pulizia e rigore nell’impiattamento traspare quel bel retaggio di opulenza tipica della cucina russa, lì dove i piatti di pesce stupiscono per varietà sin dai tempi di Pietro I e dal Mar Bianco in inverno le slitte portavano storione in quantità unitamente alle sue uova, che veniva consumato in quantità a prescindere dalla possibilità economica.
Sono sempre stato affascinato dalla cucina italiana, ma ho comunque voluto indagare le mie origini, leggendo libri e scomodando direttamente mia nonna. Ad esempio per approfondire la tecnica della fermentazione degli ortaggi e del latte, che da noi è assai comune a causa delle lunghe stagioni fredde.
Qui Nikita si confronta con il Mare Adriatico e si pone nel mezzo. Grande la sua abilità con i crostacei così per le Mazzancolle cotte nel siero di latte e ornate da quinoa fritta che da ritmo alla gessosa morbidezza del gambero imperiale con note intense di dragoncello e che, con i suoi aromi di pepe, anice e prezzemolo, ritorna in un altro piatto sempre a “tema crostaceo”: Gambero rosso, il suo estratto e dragoncello.
Mazzancolle cotte nel siero, quinoa fritta e dragoncello
Risotto alla Ruta
Gambero rosso, il suo estratto e dragoncello
Razza in pil pil, té affumicato ed insalata aromatica
Il tema vegetale viene celebrato dal Risotto, cotto alla perfezione e che diventa palco per l’aroma balsamico e pungente per la Ruta, con quel twist di amaro, piacevole e ben calibrato. La Razza pil pil, té affumicato ed insalata aromatica si pone a metà strada tra tecnica e citazioni.
Il pesce viene cotto in una soluzione di olio, acqua e vino. In cottura rilascia collagene che si lega perfettamente con i liquidi in riduzione, creando quasi la consistenza di una salsa bernese, acida, sapida e ricca di profumi di mare. Le carni della razza in una maniera impeccabile raccontano il nostro mare.
Mentre il pil-pil viene potenziato dall’aroma provenzale dell’olio EVO al rosmarino, il Tè nero affumicato regala suggestioni, profondità gustative e motivo decorativo al piatto che chiude con la freschezza di un’insalata dell’orto dedicato a Torre di Palme.
Passando per la croccantezza del Tacos si arriva al dolce i Trellatti, dolce iconico dello Chef, un trionfo di bianco che arriva su un cuscino di ceramica e che unisce varietà e sapori del latte con marshmallow di latte caprino, meringa, quenelle di latte di bufala affumicato e spuma di latte vaccino al cardamomo. Chiude la minuziosa Piccola Pasticceria.
Taco di capasanta e olivello spinoso
Trelatti
Piccola pasticceria
La sua prima Stella è arrivata da una manciata di giorni ad arricchire la Costellazione marchigiana Michelin. a coronare il sogno sognato in un lungo percorso di affermazione del sè e di definizione della propria identità di cucina. Questa la sua dichiarazione a caldo.
Esprimere in poche parole le emozioni che mi riempiono in questo momento è quasi impossibile.
Oggi 23 novembre 2021 L’Arcade riceve la sua prima stella Michelin. È stato un percorso lungo e parecchio tortuoso. Pieno di ostacoli e pregiudizi. Ma ricco e colorato per quella passione che ci mettiamo ogni giorno. Per me la stella è una soddisfazione ovviamente, me la porterò cucita sulla giacca. Ma l’obbiettivo di avere una stella Michelin non deve diventare mai una nuda ed egoistica ossessione. La stella è un ringraziamento ed uno stimolo ulteriore per i ragazzi che lavorano con me. Sono stati tanti in questi anni e ognuno di loro ha aggiunto un tassello al mosaico che oggi si è completato. Ma già da domani, e lo sappiamo bene, ci accorgeremo che il campo si è allargato e ci sarà da aggiungere altri pezzi e completare il puzzle nuovo.
Sullo Chef
Nikita Sergeev nasce a Mosca nel 1989. Dopo il trasferimento in Italia nelle Marche per amore di questa terra, il disegno diventa subito chiaro: diventare chef patron di un proprio ristorante e arrivare alle stelle.
Dopo l’Alma di Gualtiero, stages prestigiosi in Italia e all’estero, nel 2014 il sogno si realizza, Nikita apre il suo ristorante L’Arcade a Porto San Giorgio. La crescita è veloce e viene subito notato dalla critica per la sua cucina contemporanea e istintiva. Il recente lock down non lo abbatte anzi, diventa stimolo per nuovi progetti: un nuovo locale che potesse esprimere al meglio la cifra stilistica di una cucina pulita, diretta, elegante e istintiva. Si trasferisce così nella bella “scatola sul mare” di Damiani e Rossi.
Oltre la Stella Michelin, negli ultimi anni Chef Nikita Sergeev ha conquistato premi e riconoscimenti tra cui 2 Cappelli Guida de l’Espresso “Ristoranti d’Italia”, 2 Forchette Gambero Rosso, 1 Forchetta Cucina Creativa dalla Michelin. E ancora, la Corona radiosa il Golosario, Cucina d’autore Touring Club e, dal 2018, tra soli sei chef in Italia, è entrato a far parte di Jeunes Restarauteurs – JRE.
L’ARCADE in breve
Cucina di idee, materia prima e ispirazioni italiane e citazioni russe. Il pescato è il grande protagonista interpretato con tecniche e cotture, fermentazioni e affumicature, contaminazione e ricordi di casa.
35 coperti per 8 tavoli, incluso il tavolo dello chef in veranda, con molte possibilità dall’aperitivo al dopo cena nel dehor dedicato. Il pranzo prevede un menu easy di tre portate a pranzo, tre percorsi con la possibilità di abbinamento vini, e proposte alla carta. La Cantina annovera circa 200 pregiate etichette per tutte le voglie e tasche. Staff giovane, dinamico e preparato. Un indirizzo marchigiano da tenere a cuore, per sottolineare l’importanza di ogni giorno o per trascorrere le prossime festività natalizie con vista sul mare.
Ha aperto da poco più di una settimana. Si chiama PROXIMA. E’ il nuovo concept firmato Franco Pepe dedicato a raccontare i sapori del territorio lucano e quelli della sua ricerca sopra e dentro la tela alveolata.
PROXIMA è “la prossima tappa” di un lungo ed approfondito percorso di tradizione, degustazione e abbinamenti con vini e bollicine, che ha portato la maestria di Franco Pepe ad aggiungere un nuovo sapore alle 5 Stelle Lusso del San Barbato Resort, Spa e Golf di Lavello
Proxima è il prossimo passo. Proxima è il contenitore che porterà il mio prodotto, la mia filosofia altrove, con un progetto completo.
Un insieme di professionalità eterogenee che lavorano per determinare la continuità di tutto ciò che è stato, presentando ai clienti un’esperienza da vivere nella sua interezza attraverso un design riconoscibile, attraverso i profumi, i sapori e le storie che si celano dietro la nascita di ogni singola creazione.
Franco Pepe
Franco Pepe
Margherita sbagliata
La terra, il fuoco, l’uomo. Quella voglia di imprimere al proprio impasto la propria identità, e quel bisogno di fare ricerca, di approfondire concetti, di orientare la pizza verso nuove derive di racconto, benessere e digeribilità.
Franco Pepe è un artigiano moderno con l’antica passione per la pizza. Un’arte che ha nutrito di passione e di competenza. Una visione ampia di arte bianca sviluppata dalle radici ai sogni concreti.
Maestro lievitista, panificatore, pianificatore, instancabile ricercatore, grande formatore, per Pepe la pizza è una tela alveolata da conoscere fino in fondo, per valorizzare le espressioni gastronomiche del proprio territorio. Un approccio che estende anche a terre diverse, mantenendo intatte le proprie cifre stilistiche.
Nasce così PROXIMA che è il suo “progetto in trasferta”, il suo “prossimo passo”. Perchè la sua Pizza, somma di ricerca e sapore, come un polo di attrazione, è capace di attirare genti e appassionati accumunati dalla stessa passione (teorema che ha già ampiamente dimostrato a Caiazzo, città natale di Pepe in grani, che ha fatto costruire un nuovo parcheggio per accogliere fan da tutto il mondo).
Qui a Lavello, così come nel piccolo centro in provincia di Caserta, mentre la sua lievitazione e digeribilità rimangono da manuale, i suoi condimenti, le sue ricette, raccontate in un menu fedele alla Casa Madre, sono capaci di attivare sensazioni e saranno capaci di attirare nuovi entusiasti della Pizza.
La location
Accanto alla struttura centrale del San Barbato Resort, unico 5 stelle lusso in tutto il territorio lucano – che rappresenta un concentrato di eccellenze con ampi spazi, raffinata SPA, campi da golf, terrazze, suite dal design innovativo e ricercato e un parco di oltre sei ettari con piante provenienti da tutto il mondo – la Pizza è la nuova protagonista mentre PROXIMA respira in uno stabile edificato in suo onore nel bel progetto dell’architetto Beniamino Di Fusco di Eoss Architettura.
Varcandone la soglia tutto è giocato sui toni del grigio e sulle sfumature dell’oro del grano. Un’evoluzione quindi non solo di un progetto di formazione su ampia scala – che ha coinvolto e promosso alcuni dei suoi migliori allievi – ma anche il passo esteso del design di Athentica con nuove finestre (e terrazze) sul mondo.
“Non ho progettato una pizzeria ma un laboratorio per l’artigiano Franco Pepe – ha raccontato l’architetto Beniamino Di Fusco – o almeno come io l’ho vissuto, che con la sua ricerca ha caricato man mano ciò che faceva di ulteriori valori, da Pepe in Grani, diventato santuario della pizza, da cui è nato Autentica ed ora Proxima, sempre con gli stessi ingredienti”.
Le ampie vetrate a parete, che caratterizzano molti degli ambienti del Resort, offrono una vista panoramica sullo scenario naturalistico circostante. Strategicamente posizionato in prossimità delle più belle ed apprezzate località turistiche della Basilicata quali Matera, Melfi, Venosa, Lagopesole, le Terme di Rapolla e lo stesso Monte Vulture con i bellissimi laghi di Monticchio, il Resort rappresenta il luogo ideale per diverse tipologie per soggiorni ed esperienze di lusso.
La Pizza di Franco Pepe
Tra terra, design e 2 forni al centro della sala. 80 fortunati posti l’unica vera protagonista di colore è ciò che arriva dal forno e cucina sulla tavola.
Mangiare la Pizza di Pepe e un “non mangiare”. Ci si alza leggeri, ci si chiede dove siano finita quella ruota di sapore che poco prima era nel piatto, e quel cono fritto, goloso, dalla trasparente texture, che capeggiava dal cilindro in rame.
La qualità delle materie prime e delle preparazioni si unisce alla ricerca incessante, alla riflessione sul prodotto, allo studio di ricette, alla voglia di un’accoglienza ricercata in linea nel suo stile che potenzia le tante sfaccettature del San Barbato, che già vanta una ristorazione gourmet di assoluto pregio con il ristorante Don Alfonso 1890 San Barbato e la Terrazza Bellavista Franciacorta.
Al San Barbato tutto è stato pensato in ogni minimo dettaglio. La fruizione degli spazi, la diversificazione dei servizi, il livello e la completezza dell’offerta. La pizza di Pepe arriva per aggiungere un nuovo sapore e completare l’offerta diversificata di un soggiorno davvero multi-sensoriale.
A partire da una cantina che concede ben più di una soddisfazione a chi ha voglia di giocare un po’. Pizze che hanno una storia, altre guardano al guardano al futuro, altre tracciano una linea immaginaria ed evolutiva tra quella al portafoglio fino al “cornicione funzionale”, ma tutte puntano sulle materie prime prime del territorio, sul coinvolgimento attivo (e umano) dei piccoli grandi produttori, su una ricerca incessante del concetto di benessere e sull’accoglienza dell’ospite.
Da Pepe in Grani a PROXIMA
“Proxima è un progetto dovuto per garantire tutto ciò che è la continuità”, dice Franco Pepe, “in Proxima c’è l’evoluzione di Pepe in Grani, ci sono i miei figli e lo sviluppo di quell’idea nata nel 2012 grazie alla quale ho potuto approfondire e sperimentare il mio format. Una sperimentazione che lega con la tradizione e che si fortifica con essa”.
La Ritrovata (che vale il viaggio)
Tre sono i punti focali che hanno contribuito ad una crescita metodica e costante degli standard qualitativi prefissati, tramutando una finestra sul territorio dell’Alto Casertano in un vero e proprio catalizzatore di sviluppo economico e d’attenzione di rilievo internazionale.
Con il progetto Proxima, l’intento è quello di replicare l’intero know-how accumulato in anni di esperienza attraverso la grande ricerca gastronomica, un servizio di sala professionale, un design definito, riconoscibile, un sistema narrativo e visivo coerente, pensato in modo da far sentire i clienti a proprio agio gli ospiti.
E’ nata così la di PROXIMA a Lavello in Basilicata, all’interno del San Barbato Resort Spa&Golf, per forte volontà del Patron Antonio Liseno che ha creduto da subito nel progetto e che, in sinergia con Franco Pepe e il suo staff.
Abbiamo lavorato con l’architetto Beniamino Di Fusco sul design e sui colori, con Francesco Palladino sulla comunicazione, per raccontare Pepe in Grani, perché la mia pizza è racconto”, prosegue il maestro.
“Le domande che mi sono posto in questi 8 anni di attività”, continua Franco Pepe, “sono sempre state le stesse: quale sarà l’evoluzione? Quanto posso spingere oltre? Dove voglio arrivare?
Il lavoro determinante è stato quello sul team, a partire dai ragazzi, che grazie ad un lavoro metodico oggi riescono a trasferire la mia idea gastronomica nel piatto. Nel momento in cui decidi di trasferire i saperi devi farlo nel modo giusto, con un lavoro che non vede solo la figura dell’artigiano pizzaiolo o l’imprenditore, ma che deve anche spaziare dall’architettura alla comunicazione. Una squadra per lavorare ad un progetto diverso, garantendo la continuità con tutto ciò che c’è stato dietro. Oggi ci sono tutti i presupposti per portare il mio prodotto, la mia filosofia altrove, con un progetto completo”.
In copertina Antonio Liseno, Franco Pepe, Beniamino di Fusco
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