Sara De Bellis

Anno: 2022

This is our archive page

Un percorso nuovo quello dell’Elegance Cafè, Jazz Club di Roma, pensato per coinvolgere gli ospiti con una proposta Musicale di qualità pensata da Daria Venuto, direttrice artistica, quella della Mixology supervisionata da Remo Proietto e quella di Cucina dello chef Marco Roselli che omaggia le ricette delle terre del jazz.

Cos’è il jazz e da dove nasce? Secondo alcuni, sarebbe l’americanizzazione di un’espressione francese in voga a New Orleans a cavallo tra XIX e XX secolo, secondo la quale “jass” deriverebbe dalla parola “jaser”, che significa chiacchierare, fare rumore. Nata nei campi e dai canti di lavoro degli schiavi, il jazz diventa presto musica da convidere e ballare per strada o nelle balere, per sfogare, sorridere, per evadere pur rimanendo nello stesso posto. Una musica di liberazione dal rigore classico, un richiamo alle sincopazioni della musica nera, basata sulla poliritmia africana e sull’autonomia espressiva. Il fatto che il termine per designare questa musica sia stato coniato a New Orleans è significativo, visto che è proprio nella città della Louisiana, crogiolo di razze e di culture.

Filosofia artistica e musicale che ricerca nella massima libertà espressiva la propria ragion d’essere, parte sempre da una melodia di fondo da cui, progressivamente, il musicista si distacca per creare, con ogni sua interpretazione, un universo armonico nuovo, ogni volta diverso.

L’Elegance Cafè Jazz Club imposta così le nuove coordinate del sapore tra musica live di alta qualità e una cucina che è un viaggio nelle terre del jazz.

Il jazz, mai uguale a se stesso, continua così a evolversi, “contaminandosi” con la musica etnica di tutto il mondo.

Proprio nel solco di questa caratteristica si aprono le infinite possibilità delle connessioni e dei parallelismi tra jazz e cucina. Nasce da qui il nuovo percorso dell’Elegance Cafè, Jazz Clu di Roma, pensato per coinvolgere i sensi con la proposta musicale di Daria Venuto, direttrice artistica, quella di Mixology supervisionata da Remo Proietto e il menu dello chef Marco Roselli che omaggia le ricette del jazz tra luci soffuse e atmosfere newyorkesi.

Nel Jazz Club di via Francesco Carletti 5, traversa di via Ostiense “all’ombra” della Piramide Cestia, potrete quindi sperimentare l’emozione di una serata all’insegna del live jazz caratterizzata da un contrappunto gastronomico che porta a Roma un mood davvero internazionale.

Parola chiave “contaminazione”, viaggio e scoperta, nella musica così come nella cucina he valica i confini nazionali, trasferendosi di continente negli Stati Uniti, nei paesi del Caribe, in Francia, includendo suggestioni della cultura creola e di quella africana,.

La proposta gastronomica dell’Elegance si divide in due formule:Drink e concerto” o “Cena e concerto”. La prima prevede una consumazione obbligatoria per assistere al concerto live, l’altra include eil costo del biglietto e permette di scegliere dalla carta, con ordine minimo di due pietanze.

LA CUCINA

Si entra così nel vivo della cucina a suon di musica, dal Torcione di foie gras, gel di ananas su clada di Pan Brioche, al French toast speziato, ricotta, albicocche, miele e bresaola di pesce spada passando per il Crab in green, un’insalata di granchio con cetriolo, mela verde e jalapeño, con alla base un gazpacho verde; o ancora il Clam chowder, uno stufato di fasolari con crumble di prosciutto di Parma, bacon e jalapeño: una zuppa che, nella sua formulazione originale, in passato veniva preparata dai pescatori del New England per affrontare i lunghi viaggi in mare.

Nel gioco di contaminazioni non mancano gli omaggi all’italianità, come nel Risotto gamberi rossi e spezie, preparato con speciali salse all’aglio nero e allo zenzero, Capesante, mandorle e purea di cavolfiore alla vaniglia. Si conclude in dolcezza, con una Peach pie, una torta con base di pasta frolla sabbiata con farina di mandorle fatta in casa e all’interno uno strato di curd al lime e pesche sciroppate e marinate con vino Porto, cannella e basilico; viene servita con uno sciroppo al Porto e pepe rosa e panna montata alla cannella.

Festività & Capodanno 2023

Fino all’8 gennaio 2023, l’Elegance Cafè Jazz Club, propone uno speciale menu degustazione dedicato alle festività natalizie (70 euro bevande escluse o 90 euro con degustazione di vini inclusa), per trascorre le sere di dicembre e gennaio tra piatti e suoni che riaccendono la magia del periodo.

Dopo l’entrée dello chef, si inizia dagli antipasti, con il Torcione di foie gras alla creola con gel di ananas e pan brioche e il Carpaccio di manzo con chimichurri e gel di zucca. Il primo piatto è una Lasagnetta di pulled pork, seguita dal Petto di faraona ripieno con salsa ai mirtilli rossi e purea di castagne. In chiusura dolce e rassicurante la Pumpkin an pecan nuts pie accompagnata da una selezione di Petit four.

Capodanno 2023

Per Capodanno 2023 Elegance Cafè abbina i ritmi dello swing alla cucina sofisticata con lo “S(w)inging the New Year”, titolo della serata che il 31 dicembre vedrà sul palco la formazione di Giulia Lorenzoni 4et e le sonorità tipiche della Golden Age del jazz.

Marco Roselli ha ideato due speciali menu associando la tradizione delle terre natie del jazz alla ritualità delle Feste natalizie.

Il primo, “All that jazz”, dopo l’entrée di benvenuto, prevede Ostriche gratinate, Tartare di manzo su osso e midollo e zabaione al whiskey, French toast speziato, foiegras e chutney di albicocche, Prosciutto di tonno al cajun – rigorosamente fatto in casa dallo Chef – e ancora, Tortelli di patate dolci, bacon e sciroppo d’acero e Filetto alla Wellington con salsa Périgueux a base di tartufo e marsala. Il secondo menu, pensato per i vegetariani e disponibile su richiesta anche in versione vegana – prende il nome di “Blue in green”: dopo l’entrée, insalata di mele, barbabietole noci e caprino, seguita dalla Patata al cartoccio, panna acida e tartufo nero. Si prosegue con Funghi selvatici alla creola in tempura e maionese allo champagne, per poi assaporare il caldo abbraccio di una Vellutata di topinambur, nocciole e taleggio. Nella versione vegetariana, i Tortelli di patate dolci, sono abbinati alle noci pecan e sciroppo d’acero e si conclude con il Cavolfiore arrosto cajun.

Entrambi i menu chiudono in dolcezza con il Panettone al cucchiaio, una variazione del tipico dolce natalizio proposto in due consistenze, spuma e crumble, abbinato a un gel allo zabaione e canditi.

Cena e spettacolo di Capodanno 2023 – “S(w)inging the New Year”. Costo: 170 euro con acqua + brindisi di mezzanotte (vino e drink esclusi).

IL COCKTAIL BAR E I CICCHETTI

Con il suo lungo bancone e gli scaffali ricchi di miscele homemade, il laboratorio di Remo Proietto è il palcoscenico in cui la mixology è protagonista. Il patron ha studiato una drink list eclettica, dal Mr. Negroni al Pink Provence – alcolico al punto giusto- dal goloso Haiti con cachaça, sciroppo alla cannella, ananas e passion fruit alla fresca intensità del Tiki Guana con rum chiaro e scuro, falernum alla nocciola, orange bowl, pompelmo rosa e maracuja. Non mancano oltre 300 etichette selezionate, di gin, whiskey e rum, tequila, vodka e mezcal, oltre agli amari, ai liquori, ai vermouth e perfino ai sakè. Tutto abbinato ai cicchetti, ovvero degli sfizi da gustare prima di cena o per spizzicare durante il concerto, come i Nachos con brandade di baccalà e paprika o l’Hummus di ceci al latte di cocco, curry madras e pane guttiao. A proposito, volete conoscere la programmazione musicale? Cliccate QUI!

Elegance Cafè Jazz Club
Via Francesco Carletti, 5 – Roma

tel. 06 57284458www.elegancecafe.it

Orario: aperto tutte le sere a cena, dalle ore 20. Inizio spettacoli ore 21.30.

Read more

Si è chiuso ieri il grande evento del Gambero Rosso “Top Italian Food&Wine” in collaborazione con l’Assessorato ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale, Regione Lazio, Lazio Innova e Eur S.p.A.

Negli spazi d’avanguardia del Nuovo Centro Congressi di Roma, più comunemente conosciuto come “Nuvola di Fuksas”, un’intera giornata è stata dedicata alle eccellenze agroalimentari del nostro Paese con numerosi momenti di approfondimento tra cui la presentazione delle tre guide firmate Gambero Rosso Top Italian Food & Wine,Grandi Salumi e Berebene 2023, varie masterclass e una grande degustazione aperta al pubblico all’insegna del TOP del Made in Italy.

Prima dei Premi e delle Degustazioni, un Dibattito al quale hanno preso parte Esperti di questo nostro vasto settore e le Istituzioni politiche collegate, tra cui Francesco Lollobrigida il nuovo Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, che abbiamo intervistato.

Grande è stata l’affluenza del pubblico. Un pubblico sempre più interessato ad approfondire i contenuti dietro a un brand, più attento aleggere le etichette, più consapevole del valore della qualità del cibo e orgoglioso di scoprire le eccellenze del proprio Paese. 

Perché “Food&Wine” sono si due parole entrate nel linguaggio comune, ma sono anche due elementi essenziali per valorizzare l’identità territoriale e la biodiversità che rendono unica l’Italia. Proprio in merito a questo tema, nella mattinata di ieri, si è tenuto il Convegno “Roma e il suo territorio. Qualità dell’ospitalità e dell’offerta enogastronomica” un dibattito costruttivo sullo stato dell’arte del turismo della Capitale e su quanto l’offerta enogastronomica, che è diventata simbolo in tutto il mondo di italianità, possa fare leva e possa essere un volano per la promozione di prodotti e territori. 

Al convegno hanno preso parola Paolo Cuccia, Presidente Gambero Rosso; Luigi Salerno, Amministratore Delegato Gambero Rosso; Angelo Sajeva, Vice Presidente Gambero Rosso; Francesco Lollobrigida, Ministro Dell’agricoltura, Della Sovranità Alimentare e Delle Foreste; Alessandro Onorato, Assessore Grandi Eventi Sport Turismo e Moda Roma Capitale, Paolo Orneli, Assessore Sviluppo Economico, Commercio Artigianato, Università, Ricerca, Start Up e Innovazione Regione Lazio; Enrica Onorati, Assessora Agricoltura, Foreste, Promozione Della Filiera E Della Cultura Del Cibo; Pari Opportunità Regione Lazio; Alfredo Tesio, Presidente Gruppo Del Gusto Associazione Stampa Estera In Italia; Antonello De Medici, Group Director Of Operations  Rocco Forte Hotels; Onorio Rebecchini, General Manager Sheraton Parco de Medici Rome Hotel; Antonella Ferro, General Manager Courtyard Rome Central Park by Marriot; Francesca Tozzi, General Manager SIX SENSES; Stefano Di Niola, Segretario Generale CNA di Roma; Daniele Brocchi, Direttore Turismo e Cultura Assoturismo Confesercenti Roma e Lazio; Giuseppe Roscioli, Presidente Federalberghi Roma e Sergio Paolantoni, Presidente FIPE Confcommercio Roma.

Tra gli Esperti di questo nostro vasto settore e le Istituzioni politiche collegate, abbiamo intervistato Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare.

“È una manifestazione di successo durante la quale il cibo italiano si mette in mostra grazie al Gambero Rosso che mette insieme le eccellenze enogastronomiche del nostro territorio. Spesso sono piccoli produttori che hanno valorizzato un prodotto, o addirittura inventato, e sono stati capaci metterlo sul mercato e renderlo concorrenziale. Questa capacità italiana è quella che ci rende forti. Raramente l’Italia è competitiva per quantità ma siamo una super potenza della qualità. Questo dobbiamo difenderlo come valore, sia sul mercato interno, aiutando le nostre aziende a crescere e a essere promosse, sia nel mondo.

Arrivare nei mercati significa esportare di piu, significa far crescere la nostra economia, la nostra ricchezza per redistribuirla tra i piu deboli. Si cresce attraverso il sostegno all’impresa. Da piccole diventano medie e, a volte, grandi e grandissime. I prodotti nazionali vanno però anche difesi dalle tante aggressioni e pressioni di normative che tendono a standardizzare i prodotti allo scopo di abbassare il costo di produzione e accentrare il guadagno nelle mani di poche multinazionali. Dobbiamo batterci contro questo modello.

Dobbiamo scegliere strade che valorizzino le filiere corte, della qualità, dell’attaccamento a quei processi ai quali siamo abituati: rapporto forte tra uomo, ambiente e buon cibo che arriva sulle nostre tavole.

Cosa Pensa del Nutri-score, ovvero del sistema di etichettatura nutrizionale che usa a colori dal rosso al verde e una scala A-E per promuovere o bocciare gli alimenti?

Sulla vicenda del Nutriscore per fortuna, per ora, abbiamo fermato il problema. Tirammo fuori questa battaglia quanto Fratelli d’Italia era una piccola forza di opposizione. Portammo il Parlamento ad avere consapevolezza su ciò che stava accadendo. Si voleva, e si vuole, creare uno strumento che è simile a quello spettro colorato che si trova sulle lavatrici. Solo che l’uomo non ha il contatore. E non non possiamo calcolare l’effetto dei cibi sulle persone. Lo sa la scienza e lo sa la politica. E allora qual è l’elemento che si vuole inserire? L’elemento che con la scusa di alcuni caratteri che vengono applicati decide che il parmigiano fa piu male della diet coke, che le barrette proteiche fanno meglio all’organismo rispetto all’olio d’oliva. Delle frottole. Questioni che non c’entrano niente con l’informazione al consumatore. Dobbiamo spiegare cosa c’è nei prodotti poi è certo che gli eccessi fanno male di ogni cosa. Di parmigiano non ne puoi mangiare una forma intera ma la giusta quantità fa bene all’organismo. Basta guardare gli italiani quanto stanno in forma rispetto alle altre popolazioni che vorrebbero imporci un metodo per sapere come dobbiamo diventare migliori e crescere nel benessere fisico.

L’altra è la questione dell’etichettatura del vino. Il vino c’è da sempre. L’hanno cantato i poeti. Socrate diceva che se bevi con temperanza in piccoli sorsi, il vino stilla la stessa piacevolezza della rugiada al mattino. Lo diceva in un’epoca in cui il vino era conosciuto come un elemento che dava allegria ai convivi. Ecco oggi qualcuno vorrebbe scrivere sui vini “nuoce gravemente alla salute”.

Forse quelli che lo hanno scritto sono talmente astemi e talmente nemici di un prodotto così importante che le loro menti sono così obnubilate dalla voglia di aggredire la produzione tipica che non è delocalizzabile.

Certo tu fai diventare il vino una cosa che nuoce alla salute e magari fai bere bevande iper gassate come fanno in alcune nazioni specie nelle aree piu povere di quelle nazioni. Perché la verità è che se c’è una standardizzazione del cibo, chi ha soldi potrebbe permettersi produzioni di nicchia e d’elite, non come abbiamo ora. Mentre i poveri mangeranno schifezze. Questo è l’obiettivo di alcuni. Che le schifezze costino poco e facciano guadagnare le multinazionali. Lo vediamo negli Stati Uniti. Nei quartieri popolari trovi un tasso di obesità devastante. Noi non vogliamo avere una società che divide il mondo in ricchi e poveri. Per farlo dobbiamo dare sostegno alle imprese e proteggere i beni preziosi come quelli enogastronomici che abbiamo sotto ogni campanile. Il nostro è il territorio del Mondo che non per dimensione ma per numero di prodotti non è secondo a nessuno.

Cosa si può fare di concreto? Quali iniziative si possono mettere in campo per contrastare la contraffazione a livello mondiale?

Bisogna lavorare su ispezioni, lo fa il nostro ispettorato della qualità. Lo fa attivamente sul piano nazionale per evitare le sofisticazioni che danneggiano con una concorrenza sleale le nostre produzioni di qualità. Va fatto all’estero con normative che riconoscano i nostri prodotti a livello Europeo. Va fatto sulle piattaforme internazionali. Anche lì è stato attivato dal nostro ministero una collaborazione con i soggetti che immettevano sul mercato prodotti che richiamavano ai prodotti italiani ma che invece erano contraffazioni. Garantire la qualità fa bene all’impresa ma fa bene anche al consumatore finale.

Che ruolo hanno le Ambasciate e i centri culturali all’estero per la promozione del Made in Italy?

Noi abbiamo già attivato un necessario rapporto con gli altri ministeri come quello della sanità per contrastare l’arrivo in Italia della carne sintetica che, secondo noi, di carne non ha niente, e il latte sintetico. Quando parli con un allevatore di bovini o di ovini e ti dice “quello che mangia l’animale è il sapore del formaggio che assaggi”, ti spiega una filiera che non puoi riprodurre in un laboratorio o in un bio reattore in maniera pericolosa per l’ambiente e per la produzione ma anche per la nostra economia. Perché evidentemente un bio reattore lo metti dove è magari il costo del lavoro è inferiore o dove non hai bisogno di difendere l’ambiente. Le ambasciate e i consolati sono una grande occasione per la protezione dei cibi perché possono spiegare le particolarità dei nostri prodotti e magari farli assaggiare. All’estero ricercano il buon cibo italiano e riuscirlo a valorizzare è una buona occasione per tutti, soprattutto per i giovani che decidono di investire su questo settore.

I Prodotti con il bollino della Settima edizione di TOP ITALIAN FOOD 2023

VALLE D’AOSTA

Composta di fragole ALPENZU; Salsa Barbecue ALPENZU; Salsa Ketchup ALPENZU

PIEMONTE

Kefir biologico di capra BIOBRUNI; Burro di capra biologico BIOBRUNI; Uova biologiche CASCINA MANA; Ketchup classico biologico CEREAL TERRA; Grissini H2O  IL PANATÈ MARIO FONGO; Grissini stirati classici IL PANATÈ MARIO FONGO; Composta di fragole con zucchero di canna MARIANGELA PRUNOTTO; Grissini piemontesi classici stirati a mano MASTRO CESARE ANTICO FORNO PIEMONTESE; Passata di pomodoro NIASCA PORTOFINO; Sua Eccellenza la Nocciola CAFFAREL

LIGURIA

Pesto genovese classico ARTIGIANA GENOVESE; Grana Padano Dop Riserva CASEIFICIO ALBERTI; Pesto Genovese Classico PESTO ROSSI 1947; Lardo con basilico genovese Dop SALUMIFICIO ALBINO CHIESA

LOMBARDIA

Gelato alla crema CASCINA BIRAGA; Burrata  CASEIFICIO PUGLIESE – MOZZARELLA MIA; Aceto di vino rosso GALLETTI; Bresaola Zero® GIÒ PORRO; Bresaola primitiva bio PAGANONI; Carnaroli Classico RISO POZZI; Salame di Varzi Dop Filzettone  VECCHIO VARZI

VENETO

Riso Carnaroli “Pila Vecia” ANTICA E RINOMATA RISERIA FERRON; Speck di Asiago FIOR DI MASO 1887 – CA.FORM; Blu ’61 LA CASEARIA CARPENEDO; Prosciutto Cotto “L’Arroganza” MEGGIOLARO; Panettone Classico OLIVIERI 1882; Coscia Cotta OPIFICIO 1899 VERONA

TRENTINO – ALTO ADIGE

Speck puro MACELLERIA CIS

FRIULI -VENZIA GIULIA

Panettone classico DALL’AVA BAKERY; Grissini stirati a mano DALL’AVA BAKERY; Biscotti alla mandorla DALL’AVA BAKERY; Prosciutto Fumato DOK DALL’AVA; La Regina di San Daniele FRIULTROTA; Prosciutto cotto nazionale il Praga con osso MORGANTE

EMILIA – ROMAGNA

Miele di acacia APICOLTURA CAZZOLA; Miele di girasole APICOLTURA PANCALDI LARA; mascarpone artigianale Valsamoggia CASEIFICIO VALSAMOGGIA; tortellini  Valsamoggia CASEIFICIO VALSAMOGGIA; SALAME FELINO IGP CAVALIER UMBERTO BOSCHI; Carciofini interi sott’olio CONAD; Taralli pugliesi con olio extravergine di oliva – SAPORI E DINTORNI CONAD; Nocciole Piemonte IGP tostate – SAPORI E DINTORNI CONAD; Prosciutto cotto “San Giovanni” COTTO CAPITELLI; Prosciutto di Parma Dop Galloni 24 mesi Etichetta Oro GALLONI; Coppa Piacentina DOP GIORDANO; Tortellini bolognesi GRATIFICO L’ ARTE DELLA PASTA DI BOLOGNA; Prosciutto di Parma DOP 24 mesi PIO TOSINI; Canossello – Culatta di Canossa  SALUMIFICIO GIANFERRARI – I SALUMI DI CANOSSA; Prosciutto di Parma Dop 24 mesi Gran Tanara TANARA GIANCARLO

TOSCANA

Crema Nocciola Fondente AMEDEI; Ragù di carne chianina BOSCOVIVO – LE RICETTE DI CATERINA; Pecorino Romano 9 mesi “Deroma” CASEAREA AGRI IN; Stracchino “Deroma” CASEAREA AGRI IN; Panettone Premium Classico CORSINI BISCOTTI; Cantucci Toscani IGP alle mandorle CORSINI BISCOTTI; Fette Biscottate senza zucchero aggiunto CORSINI BISCOTTI; Pepe 4 stagioni in grani DROGHERIA E ALIMENTARI S.P.A.; Panforte di Siena Igp Margherita FIORE 1827; Prosciutto da cinta senese Dop Maestà 24-30 mesi RENIERI DIGAR

MARCHE

Confettura del Cardinale – Visciole LE CANTINE DEL CARDINALE

UMBRIA

Prosciutto di Norcia IGP PATRIZI

LAZIO

Pralina Terra del Meridione BELLANTONI; Ketchup classico CALVE’; Ketchup -50% zuccheri CALVE’; Corallina San Rocco CIBARIA; Patatine “stile fatte a mano” CRIK CROK; Yogurt compatto bianco da latte nobile FATTORIA LA FRISONA; Guanciale FIORUCCI; Crema di Grom GROM; Gelato Grom GROM; Biscotti cioccolato mandorle e uvetta I BISCOTTI DI BELE; Pepy-Ta biscotto al cioccolato con sale rosa dell’Himalaya MONDO DI LAURA; Porchetta di Ariccia Igp Tronchetto LEONI ISABELLA; Cedrata LIMORI BEVANDE; Spuma LIMORI BEVANDE

ABRUZZO

Miele Di Agrumi Bio Linea Gourmet ADI APICOLTURA; Passata di pomodoro artigianale CIRO FLAGELLA

MOLISE

Carciofini in olio evo OROMINERVA; Passata di pomodoro artigianale OROMINERVA

CAMPANIA

Linguine 28 PASTAI; Colomba “Venus” al gusto pistacchio e amarene GRAN CAFFE ROMANO; Zamponero MACELLERIA CILLO; Würstel Il Marchigianotto MACELLERIA CILLO; Ragù della nonna MACELLERIA CILLO; Mozzarella di bufala MINICASEIFICIO COSTANZO; Paccheri di Gragnano Igp PASTIFICIO DEI CAMPI; Fusillo Avellinese Pastificio Graziano srl; Carciofini RAIMO; Yogurt della dispensa di San Salvatore SAN SALVATORE 1988 – LA DISPENSA; Pelato San Marzano Dop SOLANIA

PUGLIA

Burrata Di Andria Igp CASEIFICIO SIMONE; Mozzarella CASEIFICIO SIMONE; Taralli artigianali fatti a mano DANIELI IL FORNO DELLE PUGLIE SRL; capocollo di Martina Franca di suino nero pugliese SALUMI MARTINA FRANCA

CALABRIA

Nduja di Nero di Calabria NERO DI CALABRIA

SICILIA

Filetti di tonno rosso del Mediterraneo ANTICA TONNARA DI FAVIGNANA DI ANTONIO TAMMARO; Filetti di Ventresca di tonno rosso del Mediterraneo ANTICA TONNARA DI FAVIGNANA DI ANTONIO TAMMARO; Colomba al pistacchio BONFISSUTO; Il panettone alla ciliegia e fragolina FIASCONARO; Porchetta di suino nero dei Nebrodi IL VECCHIO CARRO; Chinotto Bio TOMARCHIO BIBITE

SARDEGNA

Giglio Sardo Extra ARGIOLAS FORMAGGI; Miele di corbezzolo: dimòniu AZIENDA APISTICA ROBERTO ARRU; Granduca Di Mandas CASEIFICIO ANTONIO GARAU DAL 1880; Reginette ESCA DOLCIARIA; Riso Carnaroli Classico RISO PASSIU; Riso Gange RISO PASSIU; Riso Thai Aromatico RISORISTANO; Savoiardone di Sardegna TIPICO – LA BUONA SARDEGNA

Read more

Un singolo QR code come strumento di informazione su indicazioni nutrizionali, lista degli ingredienti e gestione degli imballaggi. E’ la nuova iniziativa di U-Label – piattaforma europea per vini e spirits . che collabora con Giunko e fornisce digitalmente anche le informazioni sullo smaltimento degli imballaggi in Italia.

Dal 1° gennaio 2023 sarà obbligatorio. I vini e gli spirits immessi sul mercato italiano avranno l’obbligo di informare i consumatori sull’identificazione e la classificazione degli imballaggi ovvero sulla natura dei materiali di imballaggio utilizzati e sul loro smaltimento. Le autorità italiane consentono ai produttori di fornire queste informazioni digitalmente attraverso un’etichetta elettronica, accessibile scansionando un QR code sulla bottiglia.

Ed ecco la novità. Grazie alla collaborazione tra U-Label e Giunko, software house specializzata nei big data che ha creato la prima ETICHETTA AMBIENTALE DIGITALE dei prodotti di consumo, il QR code conterrà sia la dichiarazione nutrizionale e l'elenco degli ingredienti (forniti dalla piattaforma U-label) sia le informazioni sullo smaltimento di tutti i componenti dell'imballaggio (fornite da Giunko). Poiché in Italia le regole sulla raccolta differenziata cambiano da città a città, il QR code fornirà informazioni geo-localizzate per ogni prodotto, in modo da trasmettere le informazioni corrette, ovunque. 

Vittorio Cino, Direttore Generale Federvini, sottolinea: “La partnership tra U-label e Giunko incarna l’impegno del settore per una comunicazione corretta e trasparente, ponendolo all’avanguardia nell’industria agroalimentare. Siamo impegnati a sostenere questa straordinaria iniziativa di innovazione e sostenibilità che rappresenta una pietra miliare nella trasparenza alimentare ed è motivo di grande orgoglio per la nostra filiera. Infine, una maggiore trasparenza favorisce il dialogo e la fiducia tra produttore e consumatore, una maggiore conoscenza dei prodotti e una maggiore consapevolezza nelle scelte personali.”

“La digitalizzazione dell’informazione è una straordinaria opportunità e un gioco a somma positiva per i mondo produttivo e consumatori – ha rimarcato il Segretario Generale di Unione Italiana Vini Paolo Castelletti  – Fin dall’attuazione della norma sull’etichettatura ambientale abbiamo chiesto alle autorità nazionali di aprire a questa innovazione per semplificare la vita alle imprese e abbiamo ritenuto utile offrire un strumento digitale unico alle imprese, mediante U-Label, per rispondere a due importanti cambiamenti normativi attraverso un singolo QR Code. Siamo ottimisti che questa best practise possa continuare a livello europeo per la sfida al futuro della comunicazione al consumatore dei prodotti vitivinicoli”.     

Commentando il progetto U-Label & Giunko, Ignacio Sanchez Recarte, Segretario Generale del CEEV, ha dichiarato: “Si tratta di un passo importante per l’espansione e il potenziamento della nostra offerta di e-label. Per la prima volta, i consumatori possono beneficiare di una soluzione di etichettatura digitale integrata che fornisce sia informazioni sul contenuto nutrizionale e sugli ingredienti di un prodotto, sia informazioni personalizzate sul contenuto riciclato, sul corretto smaltimento e sul potenziale riutilizzo dei materiali di imballaggio utilizzati.”

Ulrich Adam – Direttore generale di spiritsEUROPE – ha aggiunto: “Le norme europee e la legislazione italiana sull’etichettatura digitale dei vini e delle bevande spiritose dimostrano che le etichette elettroniche funzionano e sono destinate a rimanere. Chiediamo alla Commissione europea di autorizzare e regolamentare le etichette digitali per tutti i prodotti alimentari e le bevande nella prossima proposta di regolamento sulle informazioni alimentari ai consumatori. Inoltre, chiediamo agli Stati membri dell’UE di seguire l’esempio italiano e di consentire l’uso di soluzioni di etichettatura digitale per fornire ai consumatori informazioni specifiche sul packaging e sul corretto smaltimento degli imballaggi.”

Read more

Da NAKAI a Roma, ristorante d’Oriente all’ombra della Cupola di San Pietro, il Capodanno Giapponese si festeggia seguendo un rituale antico e di grande fascino. 7 portate, 7 pietanze, 7 ingredienti portafortuna, ognuno per i primi 7 giorni dell’anno, i più importanti per conquistare i favori della fortuna per una lunga vita, un 2023 fecondo e ricco di soddisfazioni.

A mezzanotte del 31 dicembre, i templi buddisti di tutto il Giappone suonano la campana 108 volte per simboleggiare i 108 peccati umani, nella credenza buddista, e per liberare quindi i giapponesi dai 108 desideri terreni che impediscono loro di raggiungere la felicità.

Dopo i rintocchi, i primi momenti tra 31 dicembre e 1 gennaio sono da celebrare con grande cura. Perchè il Capodanno è una delle feste più importanti per il Giappone, un passaggio importante che contiene in sè una grande energia da sprigionare e da distribuire su l’intero Anno Nuovo brindando con l’“otoso” (un tipo di sake).

Se anche Voi siete affascinati da questa atmosfera di carica di suggestioni e buone speranze, da Nakai, giovane ristorante giapponese all’ombra della Cupola di San Pietro, il Capodanno si festeggerà così, seguendo un rituale antico e di grande fascino.

Cominciamo dalle basi. L’Osechi Ryori (お せ ち 料理 ) è il termine che raggruppa tutti i cibi tradizionali che si gustano durante le feste del Capodanno in Giappone. Generalmente vengono serviti una scatola di forma quadrata, jubako, simile ad un bento box, che contieni cibi che hanno un significato di buona fortuna in un aspetto della vita.

Da Nakai il rituale prevede 7 scatole di legno laccato nero (jubako) di varia grandezza, impilate una sull’altra, nelle quali scoprire di volta in volta sorprese e sapori.

Sono cibi di varia consistenza, fragranza e temperatura, perché la cucina non è solo sushi e sashimi, tutt’altro.

Ma quale l’origine di questa tradizione antichissima?

La storia nnara che le donne giapponesi arrivassero a fine dicembre spossate dalla stanchezza. Per riservarsi degli scampoli di riposo per i primi giorni dell’anno, iniziavano per tempo a preparare 7 portate simboliche, cucinate e pronte da consumare in famiglia durante la settimana successiva, conservate in bellissime scatole in lacca nera, le cosiddette oju o jubako.

Nulla era riservato però al caso. Ogni piatto doveva contenere un ingrediente propiziatorio, buon viatico per i 365 giorni a venire.

A riproporre il suggestivo rituale nel suo locale, ideato insieme ai soci Luca Salari e Cristina Longobucco, ci pensa oggi Koji Nakai, 38enne quanto brillante chef giapponese che si sente “romano al 100%”.

La sera del 31 dicembre – primo Capodanno del nuovo ristorante – ha ben pensato di festeggiare l’importante passaggio riportando a Roma la bella e affascinanet ritualità delle Terre d’Oriente, pensando ogni pietanza attorno ad ingrediente kou un (portafortuna).

Quali sono gli ingredienti del Buon Auspicio e Cosa rappresentano?

Sono 7 e sono il gambero, con la sua forma ricurva ricorda la gobba portata dalla vecchiaia e per questo emblema di lunga vita; le uova di pesce sono auspicio di fecondità e numerosa discendenza; i fagioli sono simbolo di salute e ricchezza; la ricciola, pesce prezioso, assicura promozioni e successo professionale così come il pesce fritto in generale – poiché i pesci venivano usati storicamente per fertilizzare il campo di riso – e diviene quindi simbolo di un raccolto abbondante; il kumquat, con il suo colore carico di energia augurio di una “fortuna d’oro”; il baccalà, pesce disidratato che una volta bagnato raddoppia dil suo peso, incarna l’abbondanza; e il granchio, che con le sue grandi chele muovendosi su e giù, sblocca le energie positive.

Il Menu di Capodanno

VERSO IL MARE
Scampi crudi con caviale nero
Tartare di tonno con tartufo nero
Ceviche di ricciola con edamame e kumquat
Salmone marinato e uova di salmone
VERSO IL FUOCO
Fritto cremoso di baccalà ricoperto di panko
Armonia – fiori di zucca in tempura ripieni di cacio e pepe
Capesante avvolte con pasta kataifi
Petto d’anatra
VERSO L’ORIENTE
Bao – pane cotto al vapore con tonno in panko, astice e insalata di cavolo
Sushi mix
Nigiri misti – Uramaki
Black cod saikyou yaki
DOLCE
Banana avvolta in pasta kataifi con gelato di mandorle e cioccolato
al caramello


Ad accompagnare i piatti una vasta scelta di saké, da abbinare di volta in volta, come tradizione vuole. Il tutto all’insegna dell’armonia, principio cardine nella filosofia orientale e del locale.

Il 2023 secondo il calendario d’Oriente sarà anche l’anno del Coniglio d’Acqua. Non mancheranno le sfide. L’importante è non perdere mai la pazienza e soprattutto imparare a vedere ogni ostacolo come un’opportunità. L’elemento di questo prossimo anno, l’Acqua, dovrà essere d’ispirazione: in cinese c’è un proverbio preso dal “Libro del Dao” (il Daodejing) che recita 上善若水 (shàng shàn ruò shuǐ) e significa “l’ideale è essere come l’acqua”…che è vitale per tutte le cose del mondo e che trova sempre un modo per scivolare tra le cose delle vita.

Koji Nakai, un giapponese-romano e viceversa

Autore di questo Capodanno Extra-ordinario è lo chef Nakai, rispettoso dello stile e delle consuetudini del Sol Levante (Washoku, la cucina nipponica, è Patrimonio Unesco) e che, fonde con destrezza elemnti di Gappone din puezza con quelli più nostrani, ma non chiamatela fusion.

Lo chef e la sua brigata trattano gli alimenti, in special modo il pesce, con pratiche tutte orientali, purificandoli con soluzioni saline a seconda della loro provenienza. Tutti i piatti sono costruiti sul pentagono del gusto – sapiente miscela di amaro, dolce, salato, acido e umami (il quinto gusto saporito) – così tipico della cucina giapponese, di cui il sushi è solo una delle espressioni più note.

Il vivere in Italia mi ha dato più libertà, slegandomi dallo stretto rigore giapponese, spiega chef Nakai.

Pur rispettando la tradizione, mi piace utilizzare anche ingredienti italiani che a casa non esistono, come ad esempio il formaggio, le olive e le acciughe… per non parlare del pomodoro, un umami naturale al 100%. Come mi considero? Un romano-giapponese a tutti gli effetti. E infatti i noodles all’amatriciana mi vengono benissimo.

Ben lontano dai “sushi pasticciati”, Koji Nakai ha trovato la sua strada di sapore, “affascinato dal relazionarsi amichevole e caldo dei romani”. Ecco quindi apparire in carta, accanto ai classici ravioli giapponesi niku gyoza, alla tartare di tonno rosso maguro e a una infinita varietà di nigiri sushi, anche una carbonara japanese style, polpette ripiene di ragù di polpo e uramaki con top di burrata, pomodori secchi e pesto di olive, tempura di fiori di zucca con ripieno di cacio e pepe, preparazione quest’ultima talmente riuscita da essere stata battezzata “Armonia” e che ritroverete nel Menu di Capodanno.

NAKAI
via di Santa Maria alle Fornaci, 14 – Roma
06 5133215
nakairoma.com @nakairoma – anche sushi bar e delivery

Read more

Siamo nel centro di Roma, protetti dalla possenza del Colosseo, dove la cosiddetta “cucina per turisti” diviene trappola per alcuni e freno alla conoscenza di nuovi luoghi per altri. Nel dedalo di strade del rione Celio Giancarlo Pragliola, ex-farmacista romano appassionato di ristorazione, patron de “il Bocconcino”, cambia rotta decidendo di puntare sulle antiche ricette romane e laziali da custodire, e su due “menu storici” ogni giorno a disposizione degli ospiti; perché la cucina è soprattutto cultura collettiva e racconto del nostro passato. Scopriamo di più.

Un insieme di ricette semplici, spesso preparate con ingredienti di recupero, che nascono dal popolo per il popolo. Perchè Roma è stata per molti secoli un crocevia di civiltà e culture di ogni genere che si sono intrecciate a quella capitolina dentro e fuori la cucina. Ogni piatto, quindi, è il risultato di un melting-pot che ha portato a tavola piatti dai sapori intensi e genuini delineando i confini di una cucina ricca e povera al contempo.

Il Bocconcino, tra le tante (tutte) le strade che portano a Roma, decide di percorrere fedelmente la via della “Cucina di un tempo”, tra rotonde di ricette popolari e bivi inattesi di pietanze poco note ma non meno accattivanti. 

Siamo nel centro di Roma, all’ombra del Colosseo, qui dove la cosiddetta “cucina per turisti” diviene trappola per alcuni e freno alla conoscenza di nuovi luoghi per altri. Giancarlo Pragliola, ex-farmacista romano appassionato di ristorazione, decide di fare la differenza e di puntare tutto sulla antiche tradizioni gastronomiche da riscoprire e preservare, perché la cucina è, prima di tutto, cultura e racconto del nostro passato.


Qui è nato il “KM buono”, ovvero il nostro personale e unico concetto di cucina. Quando il “km zero” e il “km buono” coincidono, allora abbiamo il “km perfetto”, cioè un piatto dove storia, cultura, eccellenza della materia prima e freschezza coincidono; racconta Giancarlo.

Il nome è già tutta una promessa: il “Bocconcino” è anche lui una specialità della cucina romana – una pallina di ricotta infarinata e fritta – e anticipa ciò che troverete in menu. Ovvero una selezione stagionale di ricette casalinghe di cucina romana e laziale recuperate dagli antichi testi culinari che riempiono le case e gli scaffali degli amanti della Cucina: Ada Boni (Il Talismano della Felicità, in copertina), Pellegrino Artusi (La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene), Livio Jannattoni (La cucina romana e del Lazio in 400 ricette tradizionali).

Ngozzomoddi, tordo matto, fettuccine con ragù di rigaglie di pollo, anatra alla Cesanese e animelle al Marsala, sono infatti i protagonisti delle tavole di questo locale che abita le mura storiche di una vecchia stazione di posta per i pellegrini della Basilica di SS. Quattro nel rione Celio a Roma.

Aperto dal 2004, nel 2022 “Il Bocconcino” a Via Ostilia, 23 ha optato per un look più moderno, più coperti, “piatti introvabili” quanto generosi, un forno per sfornare pizze di alta qualità tra specchi antichi e il grande bancone in legno che ricorda le osterie di una volta, inclusa la grande lavagna per i piatti del giorno.

Il Menu Calendario de “Il Bocconcino”

Nelle vecchie osterie e trattorie di Roma le cose erano (molto) diverse. Ad esempio non esisteva il menu. Semplicemente perché non ce n’era bisogno. I clienti sapevano perfettamente cosa si serviva a seconda del giorno della settimana: nasceva così il famoso ‘menu calendario’ e ovviamente la proposta corrispondeva a quello che il mercato offriva in quel giorno.


Massaie e cuochi cucinavano gli stessi piatti negli stessi giorni canonici e i clienti si aspettavano di trovare in osteria esattamente i sapori che gustavano a casa.

Il Bocconcino, amante della storia gastronomica di Roma, propone una carta strutturata in due parti: una classica stagionale e una costruita secondo il concetto del menu calendario, con dei fuori menu a rotazione giornaliera (basta consultare la lavagna appesa all’interno del locale).

Martedì e il venerdì il baccalà con i ceci e i pesce azzurro; il giovedì gli gnocchi (piatto sostanzioso ed economico per affrontare al meglio il venerdì ‘di magro’); il sabato la trippa (come da tradizione testaccina); la domenica arrosti e lasagne per celebrare il giorno di riposo; per poi ricominciare la settimana il lunedì, giorno di avanzi, con ricette come il bollito alla picchiapò o le polpette.

L’altra parte del menu comprende sempre piatti della tradizione romana e laziale: sia i grandi classici – come carbonara, amatriciana e cacio e pepe qui interpretate con le materie prime eccellenti del territorio – sia i cosiddetti piatti introvabili della cucina laziale dimenticata, quelli costruiti attraverso un lungo lavoro di ricerca fatto sulle ricette romane tradizionali di testi culinari di grandi autori sopra citati. In questo modo le ricette romane vengono presentate nella loro veste ‘primordiale’ e originale, non in quella modificata negli anni.

Qualche esempio? Animelle al Marsala, la Coratella alla moda umbro-laziale, le Polpette di bollito e mortadella con salsa verde, Supplì ‘storico’ con le rigaglie di pollo e Tagliolini con ragù di anatra e timo.

In ogni piatto, grande è l’attenzione riservata alle materie prime e alla carne, proveniente solo da allevamenti coscienziosi.

La carta dei vini è realizzata in collaborazione con Trimani con prevalenza di vini laziali – come il Cesanese DOC di Damiano Ciolli – con una predilezione per le piccole cantine. Non manca una selezione di etichette da tutta Italia.


Il Bocconcino: Colazione e Aperitivo

Dalla prima colazione – fino alle ore 12.00, con torte, crostate fatte in casa e i famosi croissant di Casa Manfredi realizzati dalla pastry chef Giorgia Proia – passando per il pranzo e proseguendo con l’aperitivo – composto da calice di vino, bollicine, cocktail, tagliere di salumi e formaggi del territorio DOL – fino alla cena, l’offerta de Il Bocconcino è pensata per tutti e per tutte le piacevoli ore della tavola.

Il Bocconcino

via Ostilia 23 – 00184 Roma
lun – dom 8.30/23.00
chiuso il mercoledì
T. +39.0677079175

Read more

Senza dover arrivare in Inghilterra, a Roma esiste un luogo esclusivo dove il rito del tè torna in auge in un Salotto di Alta Pasticceria, rifugio privilegiato per chi non smette di cercare angoli di sofisticata tranquillità, lontani dai ritmi metropolitani.

A pochi passi da Piazza del Popolo, nel boutique hotel del Gruppo The Pavillons Hotels & Resort, primo in Italia ad ospitare un Dessert Restaurant & Bar, “Velo” e il suo nuovo Pastry Chef Andrea Cingottini ci svelano la loro Dolce Rivoluzione all day long.

“E’ sempre l’ora del tè” ricordava il Cappellaio Matto ad Alice seduta alla colorata tavola moltiplicata da tazze, alzatine e teiere fumanti nell’enigmatica trasposizione cinematografica di Walt Disney del celebre romanzo del 1865 di Lewis CarrollAlice in Wonderland“. E non aveva tutti i torti, a patto che si tratti di un buon tè, meglio ancora se servito in una luxury lounge accompagnato da ricercati bon bon.

Regalo al mondo della civiltà cinese, l’uso e i cerimoniali del tè sono legati a tradizioni d’Estremo Oriente rielaborate da diversi Paesi e divenuti simboli di identità nazionale per alcuni di loro. Noto l’esempio di India, Turchia, Giappone, Marocco e, chiaramente, del Regno Unito e dell’Inghilterra, dove il tè pomeridiano, l’afternoon tea vittoriano, diviene un cerimoniale aristocratico servito in preziose porcellane, tra posaterie d’argento, torte, scones e mini-sandwiches.

Senza dover arrivare in Inghilterra, a Roma esiste un luogo dove il rito del tè torna in auge; un salotto di alta pasticceria che diventa un rifugio privilegiato per chi non ha smesso di cercare la tranquillità di una pausa lontana dai ritmi metropolitani, sempre più concitati.

Su Via del Corso infatti, sul tracciato di una delle strade più iconiche della città, traPiazza del Popolo, Piazza di Spagna e Ara Pacis, al primo piano di un palazzo ottocentesco – realizzato dal famoso Architetto Giuseppe Valadier – le sale di Velo, del The First Roma Dolce del circuito The Pavilions Hotels & Resorts (ne avevamo parlato qui al suo esordio) offrono un gentile rifugio agli ospiti dell’hotel, a viaggiatori e romani alla ricerca di qualcosa di esclusivo.

Le stagioni di Velo e la sua offerta all day long

Tra marmi ricercati, materiali di design e arredi color caramello, il menu all day accoglie gli ospiti dalle 7:00 alle 11:00 con una colazione (solo su prenotazione per chi non soggiorna in una delle sue 29 camere e suite) ampia e colorata, che accontenta tutti i palati spaziando dalle gioie del breakfast continentale a quelle della classica colazione italiana avvalorata da una carta di uova pochè, omelettes, pancakes e waffles, spremute, caffè, selezioni di eccellenze casearie – come i formaggi dei Fratelli Pira, quelli di Radichino, il burro Manteca pugliese (cuore di burro avvolto da scamorza) e ricotta di bufala del Caseificio Costanzo – oltre ai salumi nostrani, porridge con cereali, confetture extra i meravigliosi mieli e polline di Giorgio Poeta.

A partire dalle 13:00 fino alle 22:00 è il momento della pasticceria salata e dei piatti del ristorante che spaziano dal club sandwich alla pizza passando per gli omaggi alla romanità, come Cacio e Pepe e Pollo alla cacciatora accompagnati dalla carta dei vini curata dalla Cantina del ristorante bistellato Michelin “Acquolina”, con una proposta dedicata anche agli Champagne e ai vini dolci.

L’Afternoon Tea di Velo, Salotto di Alta Pasticceria a Roma

Ma, la stagione invernale da Velo ci parla soprattutto delle gioie dell’Afternoon Tea, servito “classico” con finger sandwich, piccola pasticceria e biscotteria, o “personalizzato”, ovvero con la possibilità, oltre alla scelta di un pregiato tè, di comporre un’alzatina con biscotteria secca, selezione di mignon, pasticceria salata e monoporzione a scelta.

Mentre la “Carta dei tè” comprende 22 infusi – tra cui “Tè bianco e petali di rosa”, Karkadè o Matcha -ampia e golosa è anche “la Carta delle cioccolate” che annovera cioccolati al rum, nocciola o al caffè (esclusivamente con cioccolato peruviano lavorato in un’azienda locale) incluse praline al tè jasmine o tè verde.

Ma Velo, Salotto di Alta Pasticceria, propone anche un’innovativa drink list a cura di Luigi Traettino, Restaurant Manager e Direttore di Sala il quale, esperto di miscelazione, ha realizzato dei signature cocktails fondendo il mondo degli infusi con quello dei drink. Ne sono esempio il “tè jasmine miscelato con vodka, sciroppo di zucchero e succo di limone” e il “Gin tonic e Karkadè”.

Pensati per risvegliare l’inizio della serata, i signature by Velo sono la colonna portante dell’aperitivo che ogni giorno, dalle 18:00 alle 20:00, attende gli ospiti interni ed esterni alla struttura con giochi di palato tra dolce e salato.

La Dolce Rivoluzione di Andrea Cingottini, Resident Pastry Chef

Tante le novità a cura del Resident Pastry Chef Andrea Cingottini. 26 anni, importanti esperienze alle spalle – Accademia di Pasticceria, Acquolina (ristorante 2 stelle Michelin del gruppo The First) – idee chiare, colore, nuova energia e tanta voglia di fare bene: conosciamolo meglio.

Sereno, sicuro di te stesso e delle tue capacità, Andrea, cosa c’è dietro di te e cosa vedi davanti a te?

Dietro di me ci sono 3 anni di Acquolina. Da otto mesi sono qui e abbiamo cercato di azzerare tutto per dare una nuova impostazione e una nuova continuità a questo bellissimo progetto.

In cosa si caratterizza la proposta di Velo?

Velo è un Salotto di Alta Pasticceria che aggiorna il menu con le stagioni, uan grande differenza con la linea di Acquolina, che è a sè, ed è una linea di pasticceria che si lega ai concetti portati avanti dalla filosofia di cucina dello Chef Daniele Lippi. Da Velo abbiamo una maggiore autonomia espressiva, che ci consente di creare, di sperimentare.

La nostra proposta infatti è ridotta ma di grande qualità. Vista l’esclusività del luogo, puntiamo tanto sulle idee, sugli abbinamenti, sulle materie prime.

Ti riferisci al menu come fosse un ristorante, in verità si parla di pasticceria…

Si, è vero. Sarà perchè questo luogo è diverso, perchè abbiamo dolci al piatto e un’attenzione per i diversi momenti della giornata che sono la nostra esclusiva e che cerchiamo di valorizzare con un tocco di zucchero cercando di mitigare quel confine tra dolce e salato.

26 anni e Pastry Chef di una struttura prestigiosa. Nel tuo cassetto, oltre a misurini, spatole e sac à poche, ci sono altri sogni?

Il mio sogno nel cassetto cambia, si aggiorna. Adesso è quello di prendere saldamente le redini di questo posto. Velo era il mio obiettivo ed essere qui è il mio traguardo, la soddisfazione sarà elevarlo e dargli quello sprint che gli mancava.

Quali sono le proposte del menu della stagione Autunno-Inverno?

Tra le proposte d’autunno il “Finto Maritozzo”, ovvero il Maritozzo al contrario. Abbiamo messo il maritozzo nella panna realizzando una mousse di maritozzi con un vero maritozzo, piccolissimo, all’interno. Mi piace giocare con i simboli di Roma creando mix tra elementi legati alla romanità riletti in chiave moderna.

Come chiami i tuoi dolci?

Io non do nomi ai dolci.

Mi limito ad elencare gli ingredienti. Solo in due casi ho fatto un’eccezione: per il “maritozzo moderno” – per sottolineare la differenza con quello classico – e per la “Bocca della verità”.

Al romano serve per capire la differenza e l’evoluzione, al viaggiatore per mantenere il contatto con la tradizione e con i simboli della città.

Tra dolci più identificativi in carta infatti troviamo: la Bocca della verità (crostatina di frolla con confettura di visciole, mousse di ricotta di pecora), il Maritozzo moderno, una rielaborazione al contrario del classico dolce romano (mini maritozzo di 7 g bagnato da una mousse a base di infusione di maritozzi tostati, con uva passa e arancia candita, ricoperto da glassa al caramello), Classico Montblanc; Millefoglie XL; Tarte Tatin; Cheesecake al Tè Matcha e mandarino; la Monoporzione con cuore di mele a dadini, gel di mela e mousse con infusione alla camomilla; Miele, ananas e zenzero; mousse con miele millefiori e polline, direttamente dalla prestigiosa azienda di Giorgio Poeta.

Come hai pensato di celebrare il Natale 2022?

Faremo il nostro panettone, classico. E una monoporzione a tema, mignon e biscotti alla cannella, mousse ispirate al Natale e praline.

Quello di Velo è un panettone in cui qualità e artigianalità vanno di pari passo in ogni fase della lavorazione. Un prodotto di tradizione che richiede fino a 72 h di lavoro, lievito madre, ma che si presenta in versione mandorlata. Il formato standard di 750 g (50 €) è acquistabile direttamente in negozio a partire da ieri 1 dicembre, previa prenotazione vista la produzione limitata, ma verrà anche proposto in assaggio nei weekend delle Feste, per una golosa merenda natalizia firmata Velo tra dolci come mousse all’aroma di abete con ripieno di frutta secca, biscotti alla cannella, torrone bianco classico, selezioni di cioccolatini e praline a tema.

Sarà possibile confezionare anche dolcissime idee regalo grazie ai cofanetti personalizzabili (disponibili anche su Cosaporto) in cui poter abbinare al Panettone una buona bottiglia di Champagne, nonchè una selezione dei deliziosi mieli biologici, sempre opera del bravissimo Giorgio Poeta apicoltore illuminato.


CONTATTI
VELO PASTICCERIA
The First Roma Dolce

Via del Corso 63, 00187 Roma
T. +39.0645427861

Read more

Apre oggi “Frezza – Cucina de Coccio”, la trattoria contemporanea nel centro di Roma che, alle spalle dell’Ara Pacis, porta in tavola i “sapori de na vorta” con un menu studiato con lo chef Davide Cianetti e che mette nel coccio la passione di Claudio Amendola per la Cucina autentica.

Dietro c’è passione, c’è amore per questa cucina, per questo mestiere. Perchè ricevere la persone, falle stare bene, a me è sempre piaciuto.

Queste sono le prime parole con cui Claudio Amendola – notissimo attore romano, conduttore televisivo, regista, sceneggiatore, star de I Cesaroni e già avvezzo alla ristorazione (Osteria del Parco, Valmontone), definisce il proprio rapporto con il concetto di ospitalità centrato sulla tavola. E prosegue,

a me piace la tavola, mi piace soprattutto rimanere a tavola dopo aver mangiato perchè la convivialità è una delle caratteristiche della nostra cucina, che è per natura solare, colorata, allegra, povera si, ma ricca di contenuti. Sembra un clichè, ma è così.

Il locale

Stampe di quadri di Magritte e Mark Rothko alle pareti grigie antracite, insegne di latta, targhe da osteria, cornici di legno per specchi che riflettono il tempo che passa e stampe di Roma bella. In via della Frezza, al civico 64-66, il ristorante da oggi è pronto ad accogliere la clientela in due ampie sale per un totale di 150 mq e 50 posti interni, cui si andranno ad aggiungere quelli esterni.

E ancora, tavoli di legno e piani di marmo, panche, piastrelle bianche e cocci colorati che abbelliscono alcuni angoli e l’atmosfera che si fa informale, calorosa, conviviale definendo il mood di una la sala giocata sui toni dell’ocra, curata e piacevolmente attenta ai dettagli.

Il menu, studiato con lo Chef Davide Cianetti – Executive chef di “Numa al Circo” e, ancora prima, dei ristoranti Pierluigi e Dal Bolognese – è costruito attorno ai piatti della tradizione. Acquisisce un’accezione moderna senza voler essere rivoluzionaria, lì dove studio, memoria e ricerca pongono una particolare attenzione alla riscoperta del quinto quarto, dei fritti, degli umidi e delle minestre, dei sapori che “ristorano” con quel tocco di modernità che rimane, volutamente, solo formale.

Davide mi è stato presentato da un mio socio e mi è subito piaciuta la sua idea di cucina romana tradizionale e vera. Il menu di Frezza è un inno alla romanità, ai suoi piatti più classici e alla pizza romana” precisa Amendola.

Mi è piauto perchè non era un Divo. Era uno chef al quale piaceva parlare “de cucina”.

La romanità: una vocazione imprescindibile

Una location essenziale e curata, che esprime il desiderio di creare un ambiente informale in cui i clienti “possono sentirsi a loro agio e mangiar bene”. Entrando nella prima sala si scorge il bancone del bar e una vetrata che si protrae nella sala accanto, dove si trova la cucina a vista e il forno.

La bella sfida è proprio quella di portare un luogo autentico di Roma. Dopo settimane di test alla fine ha vinto la pura semplicità, senza l’ansia del palato gourmet che non vuole troppo pepe nella carbonara.

Ricerca vera e tradizione, questa è la cucina che voglio portare in tavola. Forse meno delicata, ma sicuramente più autentica.

Frezza riflette il profondo legame di Amendola con la sua città natale e che ha fatto della romanità la propria idendità, appartenenza, cifra stilistica e fierezza. “La romanità mi ha sempre accompagnato nella carriera, sono identificato con questa città e, anche in cucina, tutto sarà centrato sulla romanità”.

Oltre al menu romano, anche la carta delle bevande focalizza l’attenzione sui vini laziali con oltre cento referenze e pone in risalto le eccellenze del nostro paese dalla Sardegna al Piemonte. La selezione, realizzata dal restaurant manager Riccardo Bonanni, per far sì che le etichette possano essere apprezzate trasversalmente, annovera una drink list dell’aperitivo con grandi classici come Spritz, Negroni, Mojito e Gin Tonic sulle variazioni della Peroni, la birra che intesse con Roma una storia antica datata 1864, data di apertura del primo stabilimento capitolino.

Il menu: la Cucina de Coccio e le Pizze Romane

Bruschetta Cicoria e Guanciale, la Burrata e i carciofi alla Cafona e il Tagliere di salumi e formaggi del territorio selezione Dol. Nella sezione Fritti non mancano Supplì, Filetto di baccalà, Fiore di zucca, Mozzarella in carrozza e le gustose Bombe salate, ovvero un impasto lievitato che accoglie all’interno sughi di coda alla vaccinara, la trippa alla romana con mentuccia e pecorino, le melanzane alla norma e la cacio e pepe con carciofi.

E poi Tonnarelli Cacio e Pepe, Rigatoni all’amatriciana (uno dei piatti preferiti di Claudio Amendola), Spaghetti falla carbonara e Linguine alla Puttanesca, Polpettine al sugo, Involtini alla Romana (fettine di manzo con mentuccia e pecorino cotte alla pizzaiola), Pollo alla cacciatora, Coda alla vaccinara, Broccoletti affogati con salsiccia e Baccalà alla romana da accompagnare alle verdure di stagione e tipiche del territorio laziale. Per concludere in dolcezza Zuppa inglese, Dolci della Nonna, Crostate fatte in casa, Ciambelline al vino.

Nel mio frigorifero c’è sempre un sugo. E quando non ho troppo tempo da dedicare alla tavola gli spaghetti al pomodoro sono quelli che preferisco.

Ci saranno anche qui, assieme all’offerta di menu del giorno che porterà in tavola anche le minestre, da “pasta e patate” alle “zuppe con i legumi”, appena il freddo ce lo consentirà.

Protagonista del menu di Frezza è anche la pizza rigorosamente romana, realizzata dallo chef Cianetti con farine macinate a pietra e impasto sottile steso a mano, per dare vita a una tonda bassa e scrocchiarella. Suddivise in Rosse, Bianche e D’autore, le pizze di Frezza vanno dalla semplicità della marinara alla Margherita, Fiori di zucca, Quattro Stagioni fino alla Porchetta e broccoletti, alla Puntarella con mozzarella fior di latte, alici, burrata e puntarelle, passando per la Fichi con mozzarella fior di latte, spinaci, fichi secchi e prosciutto d’oca, un omaggio alla cucina kosher.

La sfida sarà vinta quando qui si siedereanno i romani, quelli del quartiere, quelli che sanno riconoscere la differenza tra una pancetta e un guanciale, tra un parmigiano e un pecorino, quelli che riconoscono se nel “pollo coi peperoni” hai sfumato cò l’aceto o hai fatto finta!

Claudio Amendola

Frezza – Cucina de Coccio

ORARI

Aperto dal martedì alla domenica dalle 12.00 alle 23.30. Chiuso il lunedì.

Contatti

Frezza

Via della Frezza, 64-66

00186 Roma

Tel: 06 70452605

Read more

Succede a Firenze, dove “Insolita Trattoria” decide di ribellarsi alla maleducata abitudine definita “No Show”, ovvero quella di prenotare e non avvisare in caso di cambio di programma. Debutta così nella scena ristorativa “la prenotazione con caparra obbligatoria”. Capiamo meglio.

“Danni per 64mila euro in sei mesi, vogliamo essere assimilati all’acquisto di viaggi o concerti. Rimborso totale per disdette entro 48 ore”. Sono queste le parole dello Chef Patron di Insolita Trattoria a Firenze Lorenzo Romano, in foto.

Facciamo qualche passo indietro. In gergo tecnico, il No Show, è un fenomeno attraverso cui un cliente prenota un determinato servizio e, senza preavviso, non si presenta al momento di usufruirne. L’origine di questo termine è da attribuirsi al settore aeronautico, dove la mancata presentazione all’imbarco, ha portato le compagnie aeree a dotarsi delle cosiddette “no show rule”: una serie di regole con cui i vettori disincentivano questo comportamento.

Ma il fenomeno del No Show non affligge solo i voli aerei, anzi. Sempre più spesso, e con importanti ripercussioni economiche, la mancata presentazione è una pratica purtroppo comune quanto diffusa del settore ristorativo e che ha toccato negli ultimi anni vette del 34% aggravando una situazione già molto compromessa da pandemia e restrizioni, mancanza di personale e speculazioni varie.

Alla maleducata abitudine che, senza adeguate contromisure, espone il ristoratore a nuovi danni economici, l’Insolita Trattoria di Firenze risponde con “la prenotazione con caparra obbligatoria di 55 euro a persona“.

La decisione è di Lorenzo Romano, chef patron del ristorante in viale D’Annunzio, che ha così voluto invertire una tendenza potenzialmente deleteria per la sopravvivenza stessa del ristorante, considerato che il danno derivante dalle mancate prenotazioni è arrivato a 64mila euro in sei mesi.

“Tra chi prenotava per poi non presentarsi e chi veniva con oltre un’ora di ritardo – racconta Lorenzo Romano – il fenomeno c’è sempre stato, ne ho memoria sin da quando ho iniziato a lavorare, quindici anni fa. Negli ultimi anni però è aumentato parecchio, perché il vizio che finora era soprattutto dei turisti esteri adesso ha contagiato anche la clientela italiana. I rumors dicono che nelle città turistiche è ormai prassi prenotare più locali insieme per poi presentarsi in quello più comodo, in base al resto degli impegni della giornata. Per ristoranti che hanno pochi coperti come noi – aggiunge – il danno è doppio: all’attività, che resta con un tavolo vuoto, e agli altri clienti che prenotano e magari trovano tutto completo perché il tavolo è stato bloccato da personaggi irriguardosi”.

All’origine della scelta di Lorenzo Romano non c’è solo evitare le perdite economiche ma anche il desiderio di incentivare questi comportamenti.

Ho un ristorante con pochi posti – insiste Lorenzo Romano – e ho bisogno che chi prenota mi garantisca la sua presenza. In fondo è un accordo reciproco, un ‘patto’ col cliente: io mi impegno a riservargli uno dei miei pochi tavoli e a offrirgli i miei servizi, ma lui deve impegnarsi a presentarsi il giorno e l’ora a cui ha riservato il tavolo.

Come funziona la disincentivazione del “No Show”

Una caparra obbligatoria di 55 euro con garanzia di rimborso totale in qualsiasi momento, seppur con diverse motivazioni: fino a 48 ore è previsto il rimborso della cifra, oltre quella scadenza il ristorante dà al cliente che disdice un voucher da utilizzare entro 3-6 mesi.

Ma esiste anche un pacchetto premium per chi prenota e paga l’esperienza in anticipo: in omaggio un aperitivo (controvalore 40 euro), più acqua e caffè. Mentre, chi all’Insolita Trattoria vorrà festeggiare una propria ricorrenza, sarà omaggiato di una targhetta adesiva in oro e grafite, che potrà essere incisa con un chiodo e riempita con i propri pensieri.

Come è stata accolta finora la Caparra?

Bene, direi. Da quando siamo partiti – conferma lo chef dell’Insolita Trattoria – pensavo peggio. I ‘no-show’ sono stati praticamente eliminati, mentre le disdette non superano il 20%. Finora abbiamo rimborsato la cifra solo in due casi, a persone che avevano cancellato in anticipo per questioni legate al Covid. Solo a un paio di clienti la caparra non è piaciuta perché giudicata troppo impegnativa: abbiamo notato che è più sostenibile per cene di coppia, più difficile da gestire nel caso di gruppi più grandi perché è difficile che chi prenota possa anticipare una somma, ad esempio, di 220 o 330 euro. Ancora il settore non è regolato in maniera chiara, la caparra è prevista per le strutture ricettive come alberghi o campeggi, ma non ancora per i ristoranti. Vogliamo essere equiparati a ciò che accade quando si acquista un biglietto aereo o quello di un concerto: lo si compra con largo anticipo, senza polemiche.

Ad essere fuori dagli schemi e lontano dall’ordinario non è quindi solo la cucina dell’Insolita Trattoria incentrata sulla ricerca dello stupore e sulla sfida alla vista, ma una filosofia concreta che anima tutte le cose. Prenotare (e non disdire senza avvisare) il proprio tavolo in questo ristorante segnalato in guida Michelin Italia 2023 significa cimentarsi col concetto di deception gastronomica, ossia preparazioni e accostamenti inusuali che inducono il commensale a rivedere le proprie certezze, in tema di percezioni sensoriali, più varie ed eventuali.

Insolita Trattoria
viale Gabriele D’Annunzio 4r, Firenze
tel.055 679366

Read more

Ha aperto da una manciata di giorni, ma già fa parlare di sè questa Osteria con Brace che porta a Roma la Galizia con i sapori distintivi della “vaca vieja” e infiamma i cuori dei MeatLovers di San Lorenzo e oltre.

Qui una volta c’era il Barrocciaio, insegna di quartiere in via dei Salentini 12 a Roma, a ridosso delle mura Aureliane, sulla sponda (Far) West della monumentale Porta Tiburtina che attraverso questo varco, usciva dalla città.

Oggi si chiama Rovente ed è la nuova Osteria con Brace che fa capo Diego Beretta e Rosa Di Pierro: lui in cucina tra griglia e fornelli, lei in sala tra tavoli nudi e poltroncine di velluto.

Nel dedalo di locali e architetture industriali, vecchie fabbriche e murales, sospeso tra rilievo storico e aspirazioni di nuovo polo culturale, tra romanità verace e multiculturalità, l’offerta gastronomica di qualità di San Lorenzo viene potenziata da una scelta (e selezione) personale.

L’idea “di carne” che Diego porta in tavola è infatti basata quasi esclusivamente su tagli pregiati di Vaca Vieja Gallega, ovvero la Vacca Vecchia Galiziana, tra le carni più apprezzate e ricercate al mondo.

Allevata nel pieno rispetto della libertà animale e alimentata in modo assolutamente genuino, con il termine Vaca Veia Gallega ci si riferisce a un mosaico di razze fatte crescere tra boschi, corsi d’acqua e verdi terre con filosofie contrarie alle lunghe frollature in maturatore e più inclini a quelle che seguono il corso di naturale maturazione della vita.

La vaca vieja è ricca di sapore e sa veramente di carne! – spiega Diego – È anche molto marezzata, risultato della lunga vita che l’animale ha vissuto prima di essere sacrificato.

Il suo pregio sta nella muscolatura che ha sviluppato, pascolando allo stato brado e nutrendosi sempre genuinamente, con vegetali spontanei.

Gli umori del clima della Galizia (comunità autonoma della Spagna situata a nord-ovest della penisola iberica) trasferiscono alla carne la salinità dell’oceano, l’acidità delle piogge donandole un sapore unico e riconoscibile.

Questa volontà di portare dalla terra alla tavola passando per la brace i sapori galiziani, parte dall’esperienza diretta che Diego ha fatto tra gli animali allevati allo stato brado. Da lì è cominciata la sua ricerca della carne perfetta da proporre ai suoi clienti, culminata nella scelta del gusto intenso e nell’etica d’allevamento della vaca vieja spagnola, che arriva a vivere 12/14 anni e non è l’unica sorprea in menu.

La vaca vieja è un prodotto d’eccellenza e assieme a questa carne abbiamo selezionato degli affettati altrettanto di qualità e dei primi di cacciagione.

L’ambizione è quella di creare un vero e proprio ristorante di carne dove si sentono ancora i sapori di una volta e il gusto vero che appartiene al mondo della carne stessa.

Il Menu

Da lombardo, o anche non-romano (come scherzosamente si definisce), Diego cucina piatti romani con la voglia di mostrare nuove intrepretazioni sul testo originale sia nella scelta delle materie prime, come la pasta di Pastificio dei Campi o il burro francese di prima qualità che arriva colorare la tavola assieme alla selezione dei buoni pani.

Si inizia con un “Tagliere Rovente” che propone una selezione di affettati come Jamon de Vaca, salume tipico della penisola iberica, Speck Riserva Oro, Salame di Montisola, Culaccia di Soragna, Porchetta di Oca, Mortadella La Favola, accompagnati da gnocco fritto e perle di aceto balsamico di Modena.


Il gioco con la tradizione romana per Diego si fa forte di un’equidistanza dal peso delle regole tramandate negli usi e nei gusti delle ricette di famiglia. Per lui “il triangolo delle bermuda dei primi romani – come chiama i grandi classici della città – è un campo di sperimentazione in cui mi muovo con la disinvoltura di chi guardava la nonna preparare il risotto al verde e mai una cacio e pepe o una carbonara”.

La carbonara, giustappunto, Diego l’ha trasformata in Carbonera, lasciando invariati i fondamentali uova, formaggio e guanciale, giocando sul tema del “nero” con una pasta al carbone vegetale. Il nesso dietro al nome del piatto fa riferimento a una delle teorie dietro la nascita della celebre ricetta e gioca con l’immaginazione di una terza via ipotizzata da Diego, nella quale la pasta veniva preparata con le mani sporche dei carbonai, così come il Tortellone Carbonaro ossia un grande tortello di pasta all’uovo sempre al carbone vegetale, ripieno di crema alla carbonara con sopra crumble di guanciale, spuma di pecorino romano, aria al pepe nero e bottarga di uovo.


Sull’onda delle rielaborazioni romane, si può trovare inoltre la Quasi Gricia con Trottole di Gragnano del Pastificio dei Campi, cacio, pepe e petali di filetto di cinta senese semiessiccato e il Ricordo di Lasagna alla Picchiapò, Risotto Verde della nonna di Diego con Riso vialone nano Riserva Cascina Musella, vellutata di spinacino e erbe di campo e le Fettucce di Gragnano del Pastificio Dei Campi condite con ragoût (ragù) di colombaccio, briciole di castagne e zeste di bergamotto.

Dalla griglia che impera: Fiorentina Style ossia la Bistecca T-Bon composta da filetto e controfiletto con vertebra intera e uno spessore indicativo di 4 centimetri, la Ribeye o bistecca di manzo Vaca Vieja Clandestina senza osso e la Tataki di Vieja ovvero tagliata di Entrecôte di Vaca Vieja spagnola scottata in griglia al carbone, servita con cremoso al pane, dadi di zucca e cedro candito.

Oltre la Griglia, il Galletto intero nostrano in doppia cottura, dorato in forno e scottato alla griglia con paglia di porro e portulaca o le Costolette di agnello St. George a carré panate alla camomilla, mentre, come contorni verdure in foglia ripassate, chips o classiche patate al forno.

Chiudono i dolci, dal Tiramisù con Bignè ripieno di Crema al mascarpone, con glassa al coulis di caffè e filamenti di caramello o croquembouche, alla Pinolata Flambé e al Mont Blanc con semisfera di meringa, crema pasticciera, lampone e pasta di marron glacé.


Rosa, compagna di vita e professionale di Diego, completa e arricchisce l’esperienza gastronomica con il suo sorriso rassicurante, il suo servizio sicuro e delicato al contempo. È lei a occuparsi anche della carta dei vini tra etichette di fascia alta e vini giusti per ogni tavolo.

Rovente – Osteria con Brace
Via dei Salentini, 12 – 00185 San Lorenzo Roma
www.roventeosteria.it – info@roventeosteria.it
Tel: 06 490408
Orari di apertura: martedì/sabato 19:30-23:00; domenica 12:30-15:30

Read more

C’è tempo fino a lunedì 5 dicembre 2022 per partecipare alla quarta edizione dell’unico contest che vede in giuria e sul podio i pizzaioli delle pizzerie Veraci del mondo che hanno aderito.

La Premiazione, prevista a Napoli mercoledì 7 dicembre e che cade in occasione del 5° anniversario del riconoscimento Unesco dell’Arte del Pizzaiuolo Napoletano, incoronerà la “Best AVPN Pizzeria 2022”: il modo migliore per AVPN – Associazione Verace Pizza Napoletana – per chiudere in bellezza un 2022 ricco di iniziative e per inaugurare un 2023 altrettanto intenso.

Qualità della pizza, selezione delle materie prime, abbinamenti, servizio di sala e design del locale sono gli aspetti che valuteranno i Maestri Pizzaioli affiliati AVPN iscritti alla quarta edizione di Best AVPN Pizzeria, il contest a cura di Associazione Verace Pizza Napoletana basato sulla sfida delle pizzerie Veraci da tutti i continenti.

Le edizioni precedenti hanno visto trionfare alcuni nomi illustri dell’arte bianca come Enzo Coccia di “La Notizia” nel 2014, Ciro Salvo di “50 Kalò” nel 2019 e Attilio Bachetti di “Pizzeria da Attilio” nel 2021, e ora l’Associazione Verace Pizza Napoletana ha deciso di riproporre il format di Best AVPN Pizzeria anche nel 2022, divenuto ormai un appuntamento fisso.

“Best AVPN Pizzeria nell’edizione 2022 promette di essere un appuntamento assolutamente unico nel suo genere – dichiara Antonio Pace, Presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana – perché a decretare il vincitore sarà una giuria composta esclusivamente da pizzaioli.

Senza nulla togliere agli altri contest, che rappresentano dei momenti importanti di confronto per i protagonisti del nostro settore, credo che un premio assegnato dai colleghi rappresenti qualcosa di speciale e di non facilmente replicabile”.

Come funziona AVPN 2022?

La pizzeria vincitrice del Best AVPN Pizzeria 2022 sarà quindi la prima a essere decretata da una giuria di colleghi affiliati presenti in ogni angolo del mondo. Il titolare di ogni pizzeria Verace avrà diritto ad un voto personale per ogni pizzeria in suo possesso e, ovviamente, non sarà possibile votare per la propria attività. Alla fine dello spoglio, la pizzeria più votata sarà proclamata Best AVPN Pizzeria 2022, con premiazione prevista mercoledì 7 dicembre, giorno in cui ricorre il 5° anniversario del riconoscimento Unesco dell’Arte del Pizzaiuolo Napoletano come patrimonio immateriale dell’umanità.

“Un premio particolare sia per quello che concerne la giuria, sia per i criteri di scelta nella valutazione – conclude Antonio Pace – perché non tiene conto soltanto della qualità della pizza, dell’impasto e della cottura, ma anche di tutti gli altri aspetti che rendono le pizzerie affiliate AVPN dei locali unici. Bisogna ricordare che un maestro pizzaiolo non solo è un artista della Vera Pizza Napoletana, ma è anche un appassionato ristoratore che fa dell’ospitalità uno dei valori fondanti all’interno del suo locale. Come associazione, desideriamo infatti che le pizzerie che esibiscono orgogliosamente la nostra certificazione abbiano a cuore la cura di tutto ciò che sta intorno alla pizza, dal servizio alla cura estetica del locale”.

Read more