Una sfida imperdibile per gli appassionati della PIZZA e per chi ama mettere le mani in pasta. E’ l’appuntamento con il “Vera Pizza Contest” organizzato da AVPN (Associazione Verace Pizza Napoletana), ovvero il campionato mondiale della pizza fatta in casa, sempre più seguito, sempre più coinvolgente, sempre più premiante.
Dal 24 febbraio 2022 al 24 Marzo 2022 i concorrenti dovranno seguire il profilo Facebook @verapizzanapoletana ed inviare tramite Messenger la foto della propria pizza per totalizzare il maggior numero di consensi e vincere la partecipazione alle Olimpiadi della Vera Pizza a Napoli. Di seguito il link per tutto il regolamento.
Le scorse edizioni hanno visto partecipare più di 2.000 pizze da oltre 50 Nazioni del Mondo, e il seguito social raccolto, ha sancito ora più che mai, quanto la pizza sia uno dei grandi amori italiani e “topic” (argomenti più in voga) tra i #foodlovers.
L’incredibile successo delle passate edizioni ci ha spinto ad organizzarne una terza – spiega Antonio Pace, Presidente di AVPN – il Vera Pizza Contest riparte, sempre con il disciplinare AVPN a fare da pilastro, ma quest’anno introduce alcune novità come la possibilità di preparare la Vera Pizza Fritta o quella di utilizzare forni domestici a gas e a legna.
Inoltre i primi classificati del contest saranno direttamente qualificati alle finali delle Olimpiadi della Vera Pizza Napoletana, in programma a Napoli dal 3 al 6 luglio, che sarà la prima competizione a vedere concorrere insieme professionista e amatori.
Il contest è gratuito e aperto a tutti, amatori e professionisti.
La base sarà ciò che è riportato nel disciplinare internazionale AVPN e i partecipanti saranno liberi di sceglierne la tipologia di Pizza da realizzare tra Vera pizza napoletana o Vera pizza fritta, unitamente al topping.
Che sia quindi Margherita, Capricciosa o una variante creativa, l’unico requisito inderogabile, oltre alla passione per la pizza, sarà l’utilizzo di un forno di tipo domestico che sia elettrico, a gas o a legna e per la frittura in padella o in friggitrice.
La sfida si dividerà in due fasi. La prima, dalle 12.00 (GMT+1) del 24 febbraio fino alla medesima ora del 24 marzo 2022. I concorrenti dovranno seguire il profilo Facebook @verapizzanapoletana ed inviare tramite Messenger la foto della pizza proposta, del forno o friggitrice in cui è stata cotta, oltre naturalmente, le generalità per poter essere iscritti.
Le foto delle pizze saranno pubblicate sulla pagina Facebook e votate dagli utenti tramite like. Nella seconda fase, subito successiva, le 50 foto con il maggior numero di voti saranno giudicate da una giuria internazionale composta da 10 maestri pizzaiuoli provenienti da diverse nazioni che deciderà, a suo insindacabile giudizio, la classifica finale entro il 30 marzo.
Nella valutazione terremo conto di diversi aspetti che vanno dalla forma alla cottura, dall’appetibilità alla farcitura. – dichiara Paolo Surace, presidente della giuria e consigliere direttivo AVPN – Il Vera Pizza Contest è per noi un modo per promuovere la pizza nel mondo con l’utilizzo di tecniche e prodotti di alta qualità come da disciplinare AVPN.
I PREMI
La votazione determinerà il podio con i 3 vincitori che, oltre a ricevere una madia ed una fornitura di farina Caputo, un kit di attrezzature Gi.Metal, una selezione di birre KBirr, una selezione di prodotti tipici La Fiammante e della Latteria Sorrentina potranno usufruire, a seconda della loro posizione:
Il 1° classificato vincerà un corso professionale base di 9 giorni da svolgere presso l’AVPN School, oltre al volo e soggiorno a Napoli, dal 3 a 6 luglio, per partecipare alle finali delle Olimpiadi della Vera Pizza Napoletana 2022 nella categoria ‘’Amatori’’. Tra i premi ci saranno poi un forno per pizza Ooni Karu 16 e la nuova impastatrice M7 Massima di Mecnosud.
Il 2° avrà diritto a un corso professionale avanzato di 3 giorni da svolgere presso l’AVPN School oltre al volo a Napoli dal 3 a 6 luglio per partecipare alle finali delle Olimpiadi della Vera Pizza Napoletana 2022.
Al 3° classificato andrà un corso amatoriale di 4 ore da svolgere presso l’AVPN School, oltre soggiorno a Napoli dal 3 a 6 luglio per partecipare alle finali delle Olimpiadi della Vera Pizza Napoletana 2022.
I classificati dal 4° al 10° posto saranno direttamente qualificati alle finali della categoria “Amatori” delle Olimpiadi della Vera Pizza Napoletana 2022 mentre tutti i primi 50 classificati vinceranno l’iscrizione gratuita al Club della Vera Pizza Napoletana.
Domani, Venerdì 25 febbraio, alle ore 20,00 alla PizzAria La Notizia 94 di Napoli appuntamento con “KPizz & KBirr”, percorso di degustazione con le pizze del maestro Enzo Coccia e il dolce del Caffè Delisa abbinati alle birre KBirr.
Classe 1962 e una passione contagiosa iniziata quando, ancora ragazzino, aiutava il padre, Antonio, nella pizzeria di famiglia.
“Non sono un’artista. I musicisti, gli scultori, i pittori lo sono. Sono un artigiano al servizio di una delle attività più antiche di Napoli, un pizzajuolo. Un pizzaiolo con un’identità, un cervello e un’anima”.
Anni dopo decise di affrontare una sfida in prima persona aprendo la sua pizzeria, o meglio pizzAria, alla maniera antica, La Notizia.
Tutto cominciò nel lontano 1994 con un film, quello del famoso regista Orson Welles, Quarto Potere, che un giorno vide e gli fornì ispirazione: Charles Foster Kane diceva che “se il titolo è grande, la notizia diventa subito importante”, allo stesso modo se la pizza è grande, La Notizia diventa subito importante.
Imponendosi sin dall’inizio della sua carriera come vero e proprio imperativo categorico l’impiego assoluto dei migliori ingredienti che la Campania offre, il maestro pizzaiolo ha saputo trasformare il prodotto popolare, conosciuto ormai anche negli angoli più remoti del globo, in autentica eccellenza gastronomica.
Difensore accanito della qualità e tra i redattori del disciplinare. Enzo Coccia si è battuto nel processo di certificazione della “regina” napoletana come Specialità Tradizionale Garantita, riconosciuta dall’Unione Europea nel 2009.
La sua storia riempie di inchiostro le pagine di giornali a tiratura mondiale, dal New York Times al Daily Telegraph, dal Wall Street Journal a Le Monde, che raccomandano la sua come migliore pizzeria d’Italia.
Ricorso esclusivo a prodotti di qualità, conoscenza profonda della tradizione e del territorio, ma, soprattutto, passione per il proprio lavoro: questi sono gli ingredienti del suo grande successo.
Nell’ambito di questa dedizione e continuo approfondimento dedicato alla PIZZA, la serata di venerdì 25 febbraio, rappresenterà un momento di incontro tra l’arte della pizza e la storia della birra nella città di Napoli grazie agli interventi di Fabio Ditto, CEO di Kbirr, Tommaso Luongo, sommelier della birra, e Lejla Mancusi Sorrentino, autrice del libro “La Birra”, moderati dalla giornalista enogastronomica Laura Gambacorta.
Menu
Margherita Fior di latte, pomodoro San Marzano Dop, parmigiano, basilico e olio evo Natavota – Kbirr
Pizza con scarola, acciughe, mozzarella di bufala campana Dop, ‘nduja di Spilinga e olio evo
Natavota Red- Kbirr
Pizza procidana
Scamorzetta di bufala, pomodorini alla brace, aglio, origano, prezzemolo, basilico e olio evo
Jattura – Kbirr
Pizza con mozzarella di bufala campana Dop, pomodori datterini, zucchine e bottarga
Cuore di Napoli – Kbirr
Dolce al caffè by Delisa Paliata – Kbirr
Ticket: 30 euro (birre incluse)
Ingresso solo su prenotazione / PizzAria La Notizia 94 – Via Michelangelo da Caravaggio, 94
9 settimane di votazioni per eleggere il 14° “Personaggio dell’anno dell’enogastronomia e dell’accoglienza – Premio Italia a Tavola”. Vincono, ciascuno nella propria categoria: Giuseppe Di Iorio per i “Cuochi”, Gino Sorbillo per i “Pizzaioli e Panificatori”, Sal De Riso per i “Pasticceri”, Ezio Indiani per “Sala e Hotel”, Tony Berry per i “Barman”, Jerry Bortolan per gli “Opinion leader”.
Si è concluso poche ore fa il sondaggio online targato Italia a Tavola che premia i Personaggi dell’Anno 2021 e il loro impegno nella valorizzazione del Made in Italy a tavola. A sbaragliare la concorrenza sono stati, rispettivamente nelle categorie Cuochi e Opinion Leader, Giuseppe Di Iorio, executive chef del ristorante stellato Aroma, e Jerry Bortolan, giornalista e critico enogastronomico, con un vero e proprio boom di consensi. Un Boom che ha travolto anche Gino Sorbillo per i “Pizzaioli e Panificatori”, Sal De Riso per i “Pasticceri”, Ezio Indiani per “Sala e Hotel” e Tony Berry per i “Barman.
Sei categorie, tre manche e oltre 190 mila voti complessivi solo all’ultimo turno. La quattordicesima edizione del contest Personaggio dell’Anno promosso dal magazine online Italia a Tavola è stato un vero trionfo per tutto il gotha dell’enogastronomia italiana. I nomi più prestigiosi del settore si sono battuti a colpi di click in una gara all’ultimo voto per aggiudicarsi un posto al vertice della classifica della propria categoria a riprova del proprio impegno nella valorizzazione del Made in Italy a tavola.
Incredibile è stata la partecipazione attiva del pubblico che nel primo turno ha fatto registrare un totale di ben 266.678 votanti, il secondo turno 185.550 votanti, e la fine dell’ultimo turno 192.618 votanti.
Cifre davvero significative considerando per la prima volta l’introduzione di una misura per garantire in tutte le fasi del gioco la massima sicurezza delle operazioni di voto tramite i propri username e password (previa registrazione sul sito di Italia a Tavola) oppure attraverso le credenziali del proprio account Google o Facebook.
Sul web e in particolare sui social il passaparola ha fatto sì che anche quest’anno dal sondaggio abbia premiato i candidati più apprezzati e sostenuti dal pubblico, che li ha voluti premiare per il loro impegno nel 2021 nella valorizzazione delle varie professionalità, del Made in Italy a tavola, del turismo e di tutte le eccellenze enogastronomiche che fanno grande il nome dell’Italia nel mondo. Unico rammarico, la mancanza di donne tra i vincitori del sondaggio, presenti però in larga misura sui podi delle varie categorie.
Sul gradino più alto nella categoria dei cuochi, con ben 7753 preferenze, è stato Giuseppe Di Iorio, executive chef del prestigioso ristorante Aroma situato all’interno di Palazzo Manfredi di Roma, dal 2014 insignito della prestigiosa Stella Michelin. È stato lui, infatti, a ottenere il più alto numero di consensi in tutte le manche della gara, iniziata lo scorso 21 dicembre.
“Sono felicissimo, sia per me che per Jerry perché siamo grandi amici. – dichiara Di Iorio – Vincere con lui mi fa ancora più piacere. In gara c’erano veri e proprio mostri sacri della ristorazione, quindi sono ancora più contento. Soprattutto dopo questo brutto momento della pandemia. Questo è infatti il primo riconoscimento importante dopo il Covid e voglio condividerlo con tutto il mio team. I componenti della mia squadra sono stati i miei primi sostenitori e li ringrazio tantissimo. Spero che questo premio sia di buon auspicio per i mesi futuri. In questi anni di pandemia ci è mancata la continuità, il rapporto con i clienti e l’adrenalina del servizio. Vorrei che questo fosse il primo passo per un ritorno alla normalità. In queste ore sto ricevendo molti messaggi di sostegno e congratulazioni che mi riempiono d’orgoglio e gioia. Vincere è stata dura. È stato un costante testa a testa ma ora voglio tenere questo riconoscimento stretto”.
Cuochi
La categoria dei professionisti dei fornelli ha totalizzato 36.960 votanti nel turno finale. Giuseppe Di Iorio del ristorante Aroma di Roma si è aggiudicato il primo posto in classifica con 7.753 preferenze ed è risultato il 2° nome più cliccato in termini assoluti (dopo quello di Jerry Bortolan negli “Opinion leader”). Medaglia d’argento per Alessandro Buffolino del ristorante Acanto dell’Hotel Principe di Savoia di Milano con pochi voti in meno, 7.692. Terza posizione per Alessia Uccellini del Ristorante Fiorentino di Sansepolcro (Ar) con 6.274 preferenze. Non hanno raggiunto il podio Antonino Cannavacciuolo del ristorante Villa Crespi di Orta San Giulio (No), 4° con 5.955 preferenze, Rosanna Marziale de Le Colonne Marziale di Caserta, 5ª con 5.540 preferenze, e Moreno Cedroni del ristorante Madonnina del Pescatore di Senigallia (An), membro Euro-Toques Italia, 6° classificato con 3.823 preferenze.
Pizzaioli e Panificatori
I professionisti dell’arte bianca specializzati in pane e pizza hanno registrato complessivamente 32.076 votanti nel 3° turno di gioco. Medaglia d’oro per Gino Sorbillo dell’omonima pizzeria di Napoli, che ha ricevuto 7.030 preferenze (3° candidato più votato in assoluto). Dietro di lui Gabriele Bonci di Pizzarium a Roma, già vincitore della scorsa edizione del sondaggio, che stavolta ha ottenuto 6.846 preferenze fermandosi alla 2ª posizione. Terzo posto per Franco Pepe di Pepe in Grani a Caiazzo (Ce) con 5.684 preferenze. A seguire, 4° classificato Matteo Cunsolo de La Panetteria di Parabiago (Mi), segretario dell’associazione di panificatori Richemont Club, con 4.938 preferenze; 5° posto per Renato Bosco dell’omonima pizzeria a San Martino Buon Albergo (Vr) con 3.857 preferenze; chiude la classifica in 6ª posizione Tiziano Casillo, consulente per la pizza e testimonial Italmill, con 3.778 preferenze.
Pasticceri
La categoria degli specialisti del dolce ha chiuso il terzo turno con la partecipazione di 30.985 votanti. La vittoria è andata a Sal De Riso dell’omonima pasticceria di Minori (Sa), nonché presidente AMPI-Accademia Maestri Pasticceri Italiani, che ha totalizzato 6.953 preferenze. Medaglia d’argento per Melissa Dolci di CoCo Bistrot a Roma, che di voti ne ha ricevuti 5.824. Sul terzo gradino del podio Iginio Massari della Pasticceria Veneto di Brescia con 5.627 preferenze. A seguire Maicol Vitellozzi, pastry chef del Ristorante Del Cambio di Torino, 4° con 5.292 preferenze, Angelo Musolino della Pasticceria La Mimosa di Reggio Calabria, presidente Conpait-Confederazione pasticceri italiani, 5° con 3.827 preferenze, e infine Vetulio Bondi de “I Gelati del Bondi” di Firenze, 6° con 3.516 preferenze.
Sala e Hotel
I professionisti dell’accoglienza e dell’hotellerie hanno terminato il sondaggio con 26.583 votanti nell’ultimo turno. Il titolo è andato a Ezio Indiani, general manager dell’Hotel Principe di Savoia di Milano e presidente di Ehma-European hotel managers association, che ha ricevuto 5.317 preferenze. In seconda posizione Livia Iaccarino, direttrice del ristorante Don Alfonso 1890 a Sant’Agata sui Due Golfi (Na) con 4.480 preferenze. Bronzo per Gaia Serafini, sommelier del Noïr di Ponzano Veneto (Tv), che ha ottenuto 4.333 voti. Fuori dal podio troviamo Maria Carmela Colaiacovo, presidente di Confindustria Alberghi, 4ª con 4.272 preferenze, Alessandro Scorsone, sommelier e maestro di cerimonie a Palazzo Chigi, 5° con 4.263 preferenze, e Salvatore Castano, Miglior sommelier d’Europa & Africa Asi 2021, 6° con 3.963 preferenze.
Barman
In totale 26.294 i votanti che hanno partecipato all’ultimo turno e hanno espresso almeno una preferenza nella sezione dedicata ai professionisti del bere miscelato. La vittoria è andata all’unico uomo della categoria, Tony Berry, star di TikTok e barman del Porto di Ripetta di Roma, che ha totalizzato 5.352 preferenze. Secondo posto per Patrizia Bevilacqua di Bevande Futuriste a Treviso con 4.955 preferenze. Terzo gradino del podio per Vanessa Vialardi del D.One di Torino, che di voti ne ha ricevuti 4.679. In 4ª posizione troviamo Chiara Marsili del Botà Spirits & More di Catanzaro con 3.882 preferenze, seguita da Rachele Bottino dell’Almaranto Relais di Calamandrana (At), 5ª con 3.764 preferenze, e Carola Abrate del Dry Milano, 6ª con 3.702 preferenze.
Opinion leader
La sezione dedicata ai comunicatori, produttori e rappresentati delle istituzioni ha totalizzato il numero più alto di votanti nell’ultimo turno: ben 41.073. Qui troviamo anche il candidato che in termini assoluti ha ricevuto più clic da parte del pubblico: Jerry Bortolan, giornalista e critico enogastronomico, che si è aggiudicato la vittoria di categoria con la bellezza di 9.146 preferenze. Pioggia di voti anche per la seconda classificata, Nerina Di Nunzio, fondatrice di Food Confidential, che ha raggiunto quota 8.855. Medaglia di bronzo per Gian Marco Centinaio, ex ministro e attuale sottosegretario alle Politiche agricole, alimentari e forestali, che ha ricevuto 6.398 voti. Sono rimasti esclusi dal podio Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti, 4° con 5.759 preferenze, Francesca Romana Barberini, voce di “Segreti in Tavola”, programma radiofonico in onda su Dimensione Suono Soft, 5ª con 5.541 preferenze, e Chef Hiro, star dei social nonché Ambasciatore della cucina giapponese in Italia, 6° con 5.460 preferenze.
Con oltre 9mila preferenze, è stato Jerry Bortolan ad aggiudicarsi il primo posto nella categoria di Opinion Leader, riservata a comunicatori, produttori e rappresentanti delle istituzioni, alla quattordicesima edizione del contest di Italia a Tavola. Un vero e proprio boom di consenso calcolando che, in termini assoluti, è stato il candidato a ricevere più click da parte del pubblico. Lui, noto giornalista e critico enogastronomico, reporter instancabile e globe trotter del gusto, ha alle spalle una ricca carriera fatta di interviste ai grandi chef e a volti noti della cucina e dello spettacolo, italiani e internazionali. La sua infinita curiosità e voglia di conoscere lo hanno infatti portato a girare il mondo alla scoperta di profumi, sapori e tradizioni diverse e lontane. Da New York a Miami, da Las Vegas a Los Angeles, da Vancouver a Toronto fino ad Acapulco e ai Caraibi, dal Brasile al Nepal. La sua penna ha raggiunto gli angoli più remoti del Globo per riportare a noi il racconto degli aspetti più veri ed entusiasmanti delle culture gastronomiche internazionali.
“La competizione è stata dura. Tre manche al cardiopalma. – racconta Bortolan – È stato ovviamente un gioco ma sono stato davvero felice di ricevere tanto supporto. Sono onorato della stima dimostrata in queste settimane da amici e colleghi, italiani e internazionali. Un riconoscimento importante, soprattutto dopo 40 anni di carriera attraverso le cucine di tutto il mondo. Con il mio lavoro ho avuto il piacere di incontrare chef e grandi personaggi dell’enogastronomia, padroni di tecniche e conoscenze straordinarie. Sono entrato in contatto con culture e tradizioni diverse che mi hanno portato ad aprire la mente e il palato a nuove esperienze. E questo, probabilmente, mi ha portato a ottenere questo importante premio. Sono contento poi che al secondo posto sia arrivata Nerina, una grande professionista e conoscitrice di questo settore”.
La catena Starbucks, accolta con febbrile entusiasmo dai giovani e i giovanissimi in Italia, nonostante le riserve degli amanti del tradizionale espresso, prende posto sul suolo Italiano, chiude due punti vendita a Milano e cambia strategia. Scopriamo insieme quale e quali sono state le motivazioni della chiusura.
Nonostante il colosso mondiale del caffè americano abbia già chiuso due punti vendita a Milano, per quella che inizialmente è sembrata una ritirata dalla Penisola, ha invece annunciato un piano di investimenti per aprire 26 nuovi negozi entro la fine del 2023, creando circa 300 nuovi posti di lavoro in due anni e riaffermando l’impegno a lungo termine dell’azienda che mira a una crescita continua in tutto il Belpaese.
Nel dettaglio, entro la fine del 2021 apriranno tre nuovi store, due in Lombardia e un secondo negozio a Torino. Altre 11 aperture sono previste nel 2022, e poi ancora ulteriori 12 opening nel 2023, in tutto il centro e nord Italia.
Fondata nel 1971, Starbucks Coffee Company approdava in Italia con la consapevolezza di affrontare un mercato complesso e molto particolare. Al di là del confronto con un Paese dove la cultura del caffè è legata a tradizioni antiche – a casa come al bar – sembrava che la sfida fosse già vinta in partenza nell’universo dei teenager.
Appassionati del brand più che del caffè, curiosi di scoprire le brew che verranno servite a Milano, i giovanissimi e le giovanissime sono erano già pronti ad assicurarsi il merchandising Starbucks. Di fronte alla Pandemia è caduto invece anche il mito del caffè americano. O almeno quello della modalità di consumare il frappuccino come nelle serie tv, seduti al tavolo e impegnati a scrivere sul proprio laptop.
Cosa ha determinato le chiusure milanesi?
Due i punti vendita chiusi, quello di via Turati e di Porta Romana. La causa? Un’inflessione di fatturato di circa il 50% dovuta alla pandemia e due impensabili fronti cui dover far fronte. Da una parte lo smart working e le limitazioni di movimento che hanno portato un drastico calo delle vendite tra i milanesi; dall’altra il calo dei turisti e della clientela cosmopolita sul nostro territorio, considerando la notorietà di Starbucks tra gli stranieri che avrebbero assicurato un indotto decisamente differente.
Starbucks in crisi? Cambia i format per Italia.
Non è nello stile americano ritirarsi di buon grado. Piuttosto si rilancia. Ma qual è il piano strategico previsto colosso del Frappuccino Take Away per attecchire sul suolo italiano?
La Sirena verde non ha di certo intenzione di lasciare Milano, né tantomeno di perdere il terreno conquistato fin qui, quindi per l’Italia, si modella, si reinventa. Perché se cambiano flussi e le coordinate di mercato, è necessario ripensare il format cercando di attirare una clientela italiana pensando a modalità di consumo diverse, più vicine e adatte al nostro rito del caffè.
A tre anni dallo sbarco in Italia l’azienda infatti sta già pensando a tre nuove tipologie di vendita, menu e relativi Layout. Gli store classici potrebbero lasciare dunque il posto al drive through, allo short store e al kiosk.
Tutti pensati per un tipo di clientela che non ama perdere tempo, e che è abituata all’espresso veloce, o alla bibita da sorseggiare passeggiando per scaldarsi nelle giornate fredde e trovare ristoro in quelle più afose.
Il Programma Espansionistico
Starbucks ha in progetto di arrivare a 40 negozi creando circa 300 nuovi posti di lavoro. In tutto il mondo infatti, tra Stati Uniti, Europa e Cina, nonostante il drammatico calo di fatturato nel 2020, il gruppo dovrebbe aprire nel prossimo periodo ben 2 mila negozi.
Nel settembre 2021, in occasione del terzo anniversario dell’apertura della Starbucks Reserve Roastery a Milano, il colosso ha annunciato l’intenzione di aprire altri 26 negozi entro il 2023. Ad aprile 2021 è stato inaugurato il primo negozio a Campi Bisenzio (Firenze) all’interno del Centro Commerciale I Gigli, e all’inizio di gennaio 2022 è stato aperto il primo drive-through a Erbusco (Brescia).
“Come per tutti i rivenditori di store fisici – spiega in una nota ufficiale Starbucks – il Covid ha avuto un impatto nei periodi di chiusura obbligatoria e di limitazione nei servizi. Continuiamo tuttavia a portare in Italia l’esperienza sicura, familiare e comoda di Starbucks nel lungo periodo e ad evolvere i format e le location dei nuovi negozi per rendere ancora migliore l’esperienza dei nostri clienti italiani”.
La notizia dell’apertura di Starbucks in Italia aveva già scatenato le proteste del Codacons a causa degli alti prezzi del caffè, cifre che, putroppo, ora sembrano nella norma a causa del caro caffè, con prezzi record in tutta Italia, come spiegato qui. Decisamente una magra consolazione, senza zucchero e senza panna.
A Roma, a due passi da Fontana di Trevi, debutta DON PASQUALE Restaurant & Bar del Boutique Hotel Maalot. Un salotto del gusto ricercato e contemporaneo, sensuale ed eccentrico, con un menu che inneggia alla cucina romana, pensato come fosse un programma d’opera teatrale di musica e balletto, inclusi i “colpi di scena”.
Sono diverse e tutte degne di nota le cifre stilistiche che definiscono l’offerta “all day dining”che fa preso forma nel salotto a “tinte forti” di Via delle Muratte, tra velluti e bon bon di tradizione romana.
Deve il suo nome all’opera buffa che Gaetano Donizetti compose nel 1842.
Parliamo del Don Pasquale Restaurant & Bar, pancia e cuore pulsante del Boutique Hotel Maalot a Fontana di Trevi, ultimo nato del Gruppo Shider che ci riserverà a breve altre novità .
Perchè “Don Pasquale”?
Perchè proprio qui, in questo palazzo del rione Trevi, quando tutto intorno era il rumore delle carrozze e l’ininterrotta musica dell’acqua della splendida fontana, Donizetti abitò dal 1828 al 1837 (così come ricorda l’incisione sulla parete esterna) e furono gli anni che si rivelarono i più prolifici della sua produzione.
Oggi, in questo palazzetto dell’ottocento, si accende di nuova energia e vibrante voglia di nutrirsi di buono nel bello.
Concedersi un pausa tra queste poltrone, rilassarsi nell’azzurro pavone o nel rosso intenso dei lunghi sofà tra pareti affollati da quadri, è un piacere da concedersi il più spesso possibile e per sfuggire al caos subito fuori.
Location
Oltre la veranda esterna che incornicia l’ingresso, la grande cura per gli arredi accoglie e accompagna gli ospiti per il corridoio che conduce nella corte centrale dal sapore deciso e “teatrale” con i dipinti disposti fittamente fino al soffitto per ricordare la “vocazione delle Muratte”, un tempo la via degli artisti con botteghe e atelier.
Infatti, il progetto architettonico dell’intero palazzetto dove oggi abita l’Hotel Maalot (sviluppato su 4 piani per circa 3000 mq), è firmato dall’Architetto Roberto Antobenedetto di RPM Proget e rispecchia appieno la volontà di mantenere l’heritage del luogo proiettandola in una visione contemporanea, sontuosa e ribelle al tempo stesso.
La Collezione “Almost Classic”
C’è più di un motivo per tornare al Don Pasquale. Si perchè tra la sala-studiolo, tappezzerie animalier, cuscini, tendaggi, imponenti lampadari e parquet di rovere e particolari coloniali, la vera emblematica, suggestiva, protagonista della scena (seppur sulle pareti) è la galleria di apparenti capolavori storici, una collezione di quadri “Almost Classic”, ovvero geniali dipinti irriverenti firmati dall’argentino Stanley Gonczanski che si è divertito nel “ridipingere” Fiamminghi tatuati con lo sguardo ammiccante, Maria Antonietta che mangia il gelato o Napoleone sul Cavalluccio a Dondolo.
Stanley Gonczanski, regista, direttore creativo e illustratore argentino appassionato dei Maestri classici. I suoi collage di arte digitale sono densi di ironia che a tratti si trasforma in satira, per dare un messaggio moderno e irriverente, contemporaneo, suggerendo un nuovo modo di godersi l’arte classica, o quasi.
“Cosa Mangia Don Pasquale”?
Gli ambienti del Maalot sono aperti all’ospitalità e convivialità. Al Don Pasquale cono circa 60 i coperti tra veranda e salotto, divani e tavoli-teca con rare maioliche portoghesi verde intenso.
Alla regia Domenico Boschi, Executive Chef, orgogliosamente romano, che abbina con decisione i sapori tradizionali della sua città natale alla sua creatività e alle tecniche contemporanee apprese negli anni. Arrivano così, all’aperitivo, piccoli maritozzi con le polpette al sugo, i Mini burger, i supplì, le melanzane alla parmigiana: piccoli bon bon di sapori di tradizione per accompagnare piacevolmente vini, cocktail o “giocare la Carta” degli Champagne.
Maritozzo con polpettine al sugo
Chef Domenico Boschi
Linguine Ajo Ojo e Scorfano
Oltre i grandi classici della cucina capitolina, che vuole rimanere tale con convinzione e per offrire ai turisti, viaggiatori e clientela locale, i sapori autentici di Roma più autentici, il menu annovera piatti come Carciofo alla Romana, Baccalà mantecato e Bottarga d’Uovo; Linguine ajo, ojo e scorfano; Baccalà fritto con i carciofi; Agnello con la sua salsiccia e cicoria, vitello alla fornara e broccoli; unitamente a scelte più cosmopolite come Club sandwich o Avocado toast.
Proposte che vengono tutte realizzate con ingredienti e materie prime del vasto e rigoglioso territorio laziale, poi presentate con garbo e grande cura.
“Il nuovo Maalot Roma e il suo ristorante Don Pasquale – racconta il General Manager Edoardo Officioso – si propone di diventare, nel cuore della Roma più autentica, il punto di riferimento per una clientela anticonformista, giovanile, amante del bello e della buona cucina. I nostri ospiti saranno avvolti da un’atmosfera vibrante fatta di colori, di arte, di gusto e da un servizio attento, amichevole ma discreto”.
Qui ovunque si può bere un caffè, fare colazione, fermarsi a pranzo o sorseggiare un tè nel pomeriggio, prendere un aperitivo, cenare in grande stile o sorseggiare un cocktail dopo teatro.
Grano, materie prime, energia elettrica spingono i costi alle stelle, problemi che, sommati ai due anni di restrizioni legate alla pandemia, disegnano un quadro ai limiti della decantata “sostenibilità”. Quali le cause degli aumenti, quali le prospettive, quale l’impatto sui consumatori? Cercheremo di capirlo insieme.
La pandemia di Covid-19 ha rappresentato uno shock non solo a livello sanitario, ma anche socioeconomico, riconfigurando le nostre abitudini, i nostri consumi, il lavoro e il nostro stesso modo di vivere.
Cambiamenti repentini, impensabili, che non lasciano molto spazio alle prospettive perchè impongono una “navigazione a vista” mentre i costi delle utenze e delle materie prime continuano ad aumentare.
Dal punto di vista economico infatti, lo scorso anno e mezzo ha visto un aumento generalizzato del costo delle materie prime, soprattutto quello del grano duro, che sta mantenendo prezzi altissimi.
Le cause dell’aumento del prezzo del grano duro
Partendo dall’assunto che l’economia mondiale è ormai globalizzata, interconnessa e interdipendente – e che la determinazione del prezzo di un prodotto dipende dalla domanda e dell’ offerta– il settore cerealicolo non fa di certo eccezione.
Lo scossone subito dai prezzi del grano duro, con picchi che hanno raggiunto e superato nel 2021 incrementi in percentuale pari al 60%, è dovuto alla diminuzione della produzione di grano a livello mondiale.
In questo caso, a determinare la scarsità di grano sul mercato mondiale sono state in primo luogo le inondazioni in Europa, che hanno fatto calare la produzione del 15%.
Ma il fattore principale è stato indubbiamente la siccità in Canada. Il Paese nord-americano è infatti il primo produttore al mondo di grano: è evidente che il passaggio da una media di 6,5 milioni di tonnellate prodotte alle 3,5 di quest’ultimo anno non può che impattare negativamente sul mercato internazionale.
Europa e Italia
In Europa si registrano livelli molto simili. In Italia vale lo stesso discorso, sebbene le rilevazioni dell’Ismea al 29 settembre 2021 ci hanno mostrato un quadro di maggiore stabilità, seppure su valori sempre molto elevati.
Il problema riguarda il nostro Paese molto da vicino. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, visto il clima mediterraneo e la nostra tradizione enogastronomica, l’Italia non è autosufficiente dal punto di vista della produzione di grano, data anche la grande richiesta interna di pasta, pane e prodotti simili.
Il nostro settore cerealicolo riesce a soddisfare il 70% della domanda interna, una quota certo rilevante, ma che lascia scoperto un 30%, che influenza naturalmente l’andamento dei costi e per il quale siamo costretti a importare dall’estero.
L’impatto su Consumatori, Artigiani e Ristoratori
Ma quale potrà essere l’impatto dell’aumento del prezzo del grano duro sui consumatori? È una domanda che si pongono molte organizzazioni e associazioni del settore, ma anche aziende produttrici.
Partiamo col dire che l’aumento sta interessando tutte le materie prime in generale, con evidenti ripercussioni sui prodotti derivati. Per quel che riguarda il comparto cerealicolo, non fanno eccezione la semola, con un balzo ancora più netto del +6% tra giugno e luglio, né le farine tenere. I dati riferiti a luglio 2021 evidenziano un aumento rispetto a dodici mesi prima del 9,9% per il grano duro e del 17,7% di quello tenero.
Il calcolo effettuato a luglio scorso da Confesercenti sulle ricadute sui consumatori prevede un aumento dei prezzi all’origine intorno al 10% rispetto al 2020 per il grano duro, e del 17,7% per quello tenero.
A confermarlo è stato anche Vincenzo Divella, amministratore delegato del gruppo pugliese, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore: «I primi 30 centesimi li abbiamo dovuti chiedere dopo l’estate, per far fronte all’aumento vertiginoso del costo della nostra principale materia prima, cioè il grano. Tra giugno e oggi, il prezzo del grano alla borsa di Foggia è cresciuto del 90%. Un rincaro che non avremmo mai potuto ammortizzare da soli, basta pensare che per noi la semola rappresenta il 60% di tutto il costo di produzione della pasta».
L’aumento interessa einteresserà quindi probabilmente anche i prodotti derivati dai cereali, come il pane e la pasta (che in realtà ha già visto rialzarsi il prezzo al dettaglio).
Durante la pandemia, in particolare nei primi mesi di lockdown, questo tipo di alimenti aveva registrato una rapida ed esponenziale crescita della domanda interna e delle vendite, intorno al 3,7% complessivo, con un vero e proprio boom delle farine, che nel 2020 avevano toccato un +38%.
Materie Prime & Co.
L’effetto domino dei rincari è giunto fino alle tasche dei consumatori, colpendole profondamente. I dati delle tabelle si sono riversati inesorabilmente sugli scaffali dei negozi generando pesanti conseguenze sugli esborsi di produttori, venditori e acquirenti.
I rincari energeticihanno condizionato tutte le fasi del ciclo produttivo degli imprenditori agricoli, passando pesantemente per l'imballaggio. Hanno intercettato e variato il costo della plastica, dell’acciaio, del vetro, del legno, della carta, del riscaldamento delle serre, dell’essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei loro pezzi di ricambio.
Con l’arrivo dell’autunno, ci si sono messi tutti gli altri rincari: il costo del cellophane è aumentato del 25%, il gas del 300%, l’elettricità anche. Per questo a gennaio abbiamo chiesto alla grande distribuzione altri 12 centesimi al chilo.
Oltre il Grano, c’è infatti molta incertezza per lo zucchero e per il caffè a causa dei rischi meteorologici di La Niña in Brasile. Perciò, è probabile che i prezzi del caffè rimarranno elevati fino a quando il mercato non avrà le idee più chiare su quanto sarà grande il prossimo raccolto in Brasile.
Sembra quindi che anche i consumatori finali e tutto il comparto enogastronomico e ristorativo, dovranno imparare a fare nuovi conti. Le vera domanda restano sempre le stesse, ovvero: come? Con quali risorse e soprattutto, fino a quando?
Gli esperti non hanno dubbi: la “bevanda di patate” ha tutte le carte in regola per competere con avena, soia e mandorle, tanto che Waitrose – catena britannica di supermercati – ha previsto che a febbraio i consumatori potranno aggiungerlo al carrello della spesa o richiederlo nelle caffetterie.
Scopriamo insieme cos’è “la bevanda di Patate” e perchè, oltre alle “ragioni di marketing”, non può/potrebbe chiamarsi “latte”.
La bevanda di patate è l’ultima novità nel mercato dairy-free e, secondo gli esperti, sarà uno dei maggiori trend alimentari del 2022, che abbiamo cominciato a raccontare QUI.
Messo a punto dalla società Veg of Lund in collaborazione con la professoressa Eva Tornberg dell’Università di Lund, si tratta di un’alternativa vegetale che ben si adatta a tutti gli usi, esattamente come altre bevande vegetali già in commercio, ma con il vantaggio di una maggiore sostenibilità: le patate richiedono la metà del terreno necessario per la coltivazione della stessa quantità di avena, 56 volte meno acqua della coltivazione delle mandorle e, a differenza della soia, non hanno una cattiva reputazione legata alla deforestazione illegale per far fronte alle richieste di mercato.
Ma non è tutto, perché la bevanda di patate vanta anche la totale assenza di allergeni: senza lattosio, soia, glutine e frutta a guscio, è diverso dalla maggior parte del latte vegetale sul mercato. Secondo l’azienda che lo produce, il suo sapore è neutro e per questo può essere bevuto da solo, utilizzato per cucinare e perfino per creare la schiuma per il latte macchiato.
“Abbiamo creato un prodotto di cui siamo orgogliosi” – dichiara Thomas Olander, CEO di Veg of Lund – La nostra scelta di utilizzare le patate come base ci ha portato a ottenere una bevanda super sostenibile. Le patate non hanno bisogno di molto per crescere, il che le rende migliori rispetto a soia, mandorle o avena. Per non parlare dei latticini“.
Fermo restando che a questa opzione sostenibile, gli studiosi di ingegneria ambientale avvertono:
dove e come viene confezionato il latte vegetale, può avere un impatto maggiore sull’ambiente rispetto alla sua produzione.
Queste bevande a base vegetale sono in realtà per lo più acqua, il che significa che non c’è molta della pianta nel latte, sostengono. Quindi l’impatto ambientale di spedizione e imballaggio, sono fattori piuttosto importanti a cui pensare.
Proprietà, Benefici e del Drink di Patate.
La bevanda di patate è la creazione di Eva Tornberg, professoressa e ricercatrice presso l’Università di Lund. Nel 2017 ha trovato il modo per trasformare delle normalissime patate in un drink vegetale. La bevanda è stata commercializza per la prima volta col nome DUG in una formula che contiene anche proteine di piselli, maltodestrine, fibra di cicoria e aromi naturali oltre all’aggiunta di vitamine D, B12 e acido folico.
È anche addizionato di altri nutrienti essenziali come vitamine e minerali, tra cui vitamine A, C, E e K. È stato anche riscontrato che il contenuto di calcio e ferro del latte di patate commercializzato, è equivalente al latte vaccino.
Inoltre, è senza lattosio, senza glutine, senza caseina, senza grassi, senza colesterolo, senza soia e senza frutti a guscio, quindi vanta la totale assenza di allergeni diversamente dalla maggior parte del latte vegetale sul mercato.
Quando sugli scaffali?
Come ha riportato il Guardian, a febbraio 2022 la catena britannica di supermercati Waitrose metterà in vendita sui suoi scaffali. Mentre per ora, e per il resto del mondo incuriosito dalla novità, rimane disponibile su Amazon nei gusti “Original”, “Unsweetened” e “Barista”, al momento solo nel Regno Unito.
Secondo l’azienda che lo produce, il suo sapore è neutro e per questo può essere bevuto da solo, utilizzato per cucinare e perfino per creare la schiuma per il latte macchiato.
Il mercato delle bevande vegetali
Con l’aumento del veganesimo e delle intolleranze – in particolare al lattosio – la vendita del latte di origine animale ha subito un’inflessione rispetto alla costante crescita sul mercato delle alternative vegetali.
Secondo le stime diffuse dal sito The Vegan Society, infatti, il settore delle bevande vegetali in Europa nel 2019 ha prodotto un giro d’affari complessivo di oltre 1,7 miliardi di euro che si traduce con il 14% sul settore totale. A preferire il latte vegetale sono i soggetti allergici o intolleranti al latte vaccino, in aumento costante, ma anche coloro che lo scelgono rispetto al latte vaccino, per ragioni etiche o personali. Il latte vegetale è solitamente meno calorico, senza grassi saturi e ricco di proteine e vitamine. Tutti elementi che lo rendono un valido sostituto del latte di mucca.
Perchè non si può chiamare “LATTE”?
Il Parlamento europeo in sessione plenaria ha approvato un rafforzamento della tutela per le denominazioni lattiero-casearie. Le bevande vegetali, come quelle a base di soia, mandorla, avena, ecc, non si potranno chiamare “latte”. Diversi nella composizione e nell’origine stessa della materia prima, le bevande veg e il latte di origine animale sono due prodotti che differiscono soprattutto dal punto di vista nutrizionale.
Da tempo nell’Unione europea non è possibile usare la parola “latte” per definire alcune bevande vegetali, come per esempio, una su tutte, quelle di soia. Il voto dell’Europarlamento però va oltre, in quanto non si limita a confermare le norme in vigore già dal 2017, che vietano l’uso improprio dei nomi tipici dei prodotti lattiero caseari come: burro, formaggio, yogurt o la stessa parola “latte”. Con questo voto, il Parlamento ha deciso di vietare anche le evocazioni e le imitazioni: per esempio, l’uso di espressioni quali “bevanda tipo latte” o “succedaneo del latte”. Così come il tofu non potrà più essere definito un “formaggio vegetale”, o una bevanda di riso o di soia non potrà recare in etichetta diciture quali “succedaneo del latte”. Si tratta di una tutela delle denominazioni lattiere simile a quella prevista per le Dop e le Igp.
Chi è stato il Maestro del Maestro Luca Maroni? Degustatori si Nasce o si Diventa? Il palato si può allenare? Tutti abbiamo una chance? Quali sono i parametri del Metodo di Analisi Sensoriale? Quali sono stati i cambiamenti più significativi del 2021 nel mondo dell’Enologia?
E i Vini Naturali? E l’enoturismo? E la sostenibilità? E quali sono le previsioni di Maroni per “l’annata 2022”? Questo e molto altro nell’intervista a Luca Maroni, importante analista sensoriale del vino, anche definito “teorico del vino-frutto”, celebre per aver ideato un metodo di degustazione matematico che misura l’indice di piacevolezza del vino.
Luca Maroni è una delle maggiori firme dell’enologia italiana. A lui, tra le tante attività di analisi enologica di alto rango, si devono l’Annuario dei Vini Italiani (prima edizione firmata 2015) e un Manuale di teoria e pratica per l’assaggio consapevole di ogni tipo di vino (Degustare il Vino, 1995) che racchiude un metodo di degustazione da lui stesso perfezionato, semplice quanto severo, sensoriale quanto matematico:un metodo di degustazione del vino che ne misura l’indice di piacevolezza attraverso precisi parametri e punteggi.
Mai stanco di raccontare il nettare di vite, di trovare nuove parole, sfumature, suggestioni e analogie per farlo, Luca Maroni continua a esplorare l’appassionante e multisfaccettato mondo dell’enologia con l’entusiasmo di un ragazzo. Sempre attente le Sue descrizioni, prendono il via dall’attenzione, dalla tensione proattiva di sentori e pensiero sono necessari, anzi fondamentali, per approcciarsi nel modo corretto ad un vino perché, come dice lui stesso, “analizzare le sensazioni vuol dire pensare”.
Chi è stato il Maestro del Maestro Luca Maroni?
Da un punto di vista tecnico, ovvero come analista sensoriale sono un autodidatta, ma chi mi ha aperto le porte del vino è stato Luigi Veronelli.
Com’è iniziata la vita professionale nel vino?
Appena laureatomi in Economia e Commercio, e appassionatomi al vino dal 1984, scrissi a Veronelli una lettera nel 1987 e pochi giorni dopo mi telefonò chiedendo di andarlo a trovare a casa sua a Bergamo. Quando arrivai da lui mi disse: “D’ora in poi scriverai di vino” e io gli chiesi: “Ma cosa devo scrivere?”. “Quello che senti assaggiandolo”. Così cominciai la mia attività professionale di analista sensoriale-degustatore di vino analizzando, valutando, raccontando le sensazioni che provavo entrando in contatto con questo.
Da dove si parte per analizzare un vino?
Si parte dalle analisi delle sensazioni che occhi, naso e bocca percepiscono entrando in contatto con un dato vino. Ma queste sensazioni vanno immediatamente pensate, ovvero analizzate e giudicate con molta attenzione. Analizzare le sensazioni, ovvero pensare a ciò che si è visto, odorato e gustato. Non esistono persone incapaci di sentire, ma la maggior parte delle persone non pensa, non elabora intellettivamente il portato dei sensi.
Quali sono i parametri del suo Metodo di Analisi Sensoriale?
Consistenza (quanto un vino è ricco di sostante estrattive e non acquose); equilibrio (il rapporto gustativo fra morbidezza, acidità ed amaro del gusto del vino); integrità (assenza di difetti enologici di trasformazione e dell’ossidazione). Tanto più un vino è consistente, equilibrato e integro, tanto migliore la sua composizione chimico-fisica, tanto più piacevole il suo gusto-aroma all’assaggio. Tanto più vero e puro il suo richiamo al frutto compositivo: la stupenda uva di cui ogni vino è fatto.
Degustatori si Nasce o si Diventa? Il palato si può allenare? Tutti abbiamo una chance?
Degustatori si nasce e si diventa. Si nasce perché ciascuno di noi ha un apparato sensoriale meraviglioso in grado di percepire perfettamente le qualità organolettiche del vino in esame. Si diventa nel momento che si comincia sistematicamente a valutare intellettivamente ciò che sì è sentito, come detto in precedenza.
Per far questo in modo utile occorre analizzare e giudicare le sensazioni impiegando sempre lo stesso metodo, ovvero valutando dei tanti diversi vini sempre gli stessi parametri qualitativi fondamentali indicati in precedenza. Se di ogni diverso vino valuto differenti e non omologhi parametri, non posso valutare in modo significativo la sua qualità e non si amplia la memoria organolettica del degustatore. Abbiamo quindi tutti le stesse capacità valutative che possono essere però differentemente applicate e sviluppate.
Dalla Riscoperta degli autoctoni ai Packaging passando per l’impennata delle Bollicine, il settore Wine è in continuo fermento: quali sono stati i cambiamenti più significativi del 2021?
Sono ulteriormente migliorati i vini di base, i più economici della linea di ciascun produttore. Quando ho cominciato il mio mestiere di analista sensoriale applicato al vino, per bere un vino di alta qualità organolettica occorreva spendere almeno l’equivalente odierno di 50 Euro; oggi, vini che è possibile acquistare nella fascia fra 5 e 10 Euro presentano caratteristiche compositive-organolettiche eccellenti.
Il “vino sostenibile” è passato dall’essere un piccolo movimento di nicchia a un fenomeno globale, cosa ne pensa?
Ottimo e importante produrre vino nel modo più sostenibile possibile, ma è opportuno che i vini “sostenibili” siano anche di alta qualità sensoriale, ovvero piacevoli all’assaggio e privi di difetti di produzione e trasformazione. L’uva e i residui di lavorazione del frutto sono poi ricchi di sostanze che recuperate possono dar luogo a prodotti di alta utilità come bio-carburanti, alcol, cosmetici, ecc.
In Italia siamo all’avanguardia anche in questo settore come dimostra il caso di Caviro, leader mondiale nella valorizzazione dei sotto-prodotti delle filiere agroindustriali. Grazie all’innovazione tecnologica e di processo, Caviro è il fornitore di riferimento di semilavorati e materia prima per aziende leader dei comparti farmaceutico, cosmesi e food&beverage, il secondo produttore di alcol in Italia e il terzo produttore di acido tartarico naturale nel mondo.
Quanto e perchè è importante incentivare l’enoturismo?
Perché l’enoturismo porta ricchezza e valorizzazione del territorio di produzione del vino, porta notorietà e pubblico nelle nostre meravigliose colline vitate e induce i residenti a migliorare la bellezza e le capacità ricettive dei diversi distretti produttivi.
Cosa pensa dei Vini Naturali?
Vale quanto osservato per il vino sostenibile, ovvero che la naturalità del processo ha come limite di applicabilità la qualità sensoriale del vino prodotto. Un vino “naturale” ma non pulito e ossidato non verrà mai preferito sensorialmente ad un vino buono ottenuto con tecniche di lavorazione convenzionali.
Quali sono Sue le previsioni per il 2022?
Il vino italiano crescerà ancora, conquisterà e penetrerà in nuovo mercati forte della sua qualità assoluta e del suo eccezionale rapporto qualità/prezzo.
Per Saperne di Più: IL METODO MARONI
La qualità del vino è la piacevolezza del suo sapore, effetto della sua composizione analitica assolutamente virtuosa. Tre i parametri che determinano detta qualità: la consistenza, l’equilibrio, l’integrità del gusto aroma del vino.
La consistenza è il volume espressivo del vino, determinato dalla sua ricchezza in estratto secco; l’aspetto quantitativo della qualità, la persistenza e la longevità potenziale del vino.
L’equilibrio è l’armonia fra i componenti, l’opportuno dosaggio fra le sostanze compositive tale che il gusto del vino risulti all’assaggio tanto morbido quanto acido+amaro. L’integrità è l’assenza nel gusto-aroma del vino di difetti di trasformazione enologica (sulfureo, acetoso, lattoso, svanito, legnoso) e di ossidazione.
La qualità, la purezza, la fragranza dei componenti del vino esprimono la caratura tecnica e la longevità potenziale del vino. Tanto più consistente, equilibrato e integro il gusto del vino in esame, tanta più piacevole il suo gusto-aroma, tanto più alta la sua qualità organolettica e compositiva.
La valutazione dell’Indice di Piacevolezza (IP) di qualsiasi vino si ottiene allora assegnando un punteggio da 1 a 33 ad ognuno dei 3 parametri determinanti la qualità: consistenza, equilibrio, integrità: per questo il massimo è 99.
Applicando tale metodo, facile da apprendere, diretto e immediato eppure di rigorosa impostazione scientifica, ogni individuo è in grado di decodificare le sensazioni olfattive e gustative suscitate da un vino valutando la qualità della sua analitica essenza.Infatti secondo Luca Maroni
“Se un vino non genera piacevolezza all’assaggio, la colpa non è di chi lo assaggia perché non sa degustare, la colpa è del vino giacché qualitativamente, analiticamente carente. Qualsiasi individuo infatti, valutando la piacevolezza del sapore di qualsiasi bevanda o alimento, di esso valuta la sua qualità analitica pura. Volendo esprimerlo con una proporzione eccola qui:
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