Sara De Bellis

Mese: Ottobre 2022

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Si è aperto un nuovo capitolo per Taki Off sulle sponde di Piazza Cavour a Roma. Onorio e Yukari Vitti, creatori del sofisticato doppio polo nipponico (Taki + Taki Off), hanno affidato alla creatività di Andrea Fusco, chef romano di lungo corso, la stesura della nuova storia “oltre la tradizione d’Oriente”.

Nel tratto dell’unione culinaria tra Giappone e Italia 3 menu degustazione raccontano sua la complementaria, e sempre giocosa, visione gastronomica che ripercorre tappe del passato e include nuove esotiche prospettive.

Non chiamatela cucina Fusion, preferisce decisamente “Union”. Così Andrea Fusco, chef romano di lungo corso, definisce la nuova prospettiva culinaria con la quale rilegge dettami interculturali e il concetto stesso di “fusione” a favore di un incontro, di un’unione tra culture tradotte in sapori. Trascrive così nel piatto una cucina in cui le identità dei cibi rimangono vicine senza sovrapporsi, nè confondersi, nè perdersi troppo l’una dentro l’altra.

Quando si parla di “cucina Fusion”, per me ha un’accezione negativa. E’ una parola che ormai rimanda ad altro. Non perchè la mia cucina non sia fusion nella sua essenza, ma perchè ho paura che venga etichettata così.

Troppo spesso in nome del fusion i sapori sono talmente fusi tra loro che perdono la propria identità, e non si capisce più quali siano i confini tra un sapore e un altro.

Lui è romano, ma ha girato il mondo. La sua, di base, è una cucina italiana, sulla quale, come per nuovi frutti, si innestano, nuove gemme. Già nel 2010 ebbe la forza gastronomica di illuminare con una stella Michelin le derive tuscolane ancora in ombra con il suo “Giuda Ballerino!”, oggi Fusco aggiorna il suo stile e lo porta a Piazza Cavour mettendoci dentro la voglia e l’energia di una nuova sfida in un locale di sofisticata atmosfera nipponica.

Trattiene piatti in carta piatti intramontabili come il “gamberone in pasta fillo e spuma di mortadella”, inserisce citazioni aggiornate del passato come il “Bun con porchetta di Ariccia e crudo di gambero rosso di Anzio con mayo allo zenzero” che, anche qui come allora, nel giro di Valzer delle entrées, sicuro del proprio appeal da una parte testimonia il talento di Andrea nell’arte della panificazione, dall’altra quella capacità di prendere un ingrediente popolare e di elevarlo all’aristocrazia.

Sulla tavola, pane a lievitazione naturale con farro e miele, focaccina al timo, burro francese e olio EVO di cultivar pregiate, che cambia una volta al mese, accompagnano una festa di cromie e gusti. Tra queste “alga rossa, yuzu e soia”, “stracciatella di burrata con uova di salmone, salsa giapponese al sesamo bianco e aceto di riso”. E poi, ancora, un “macaron farcito con fois gras ricoperto da polvere di tè verde matcha” e una rivisitazione del tipico raviolo giapponese, il gyoza, ripieno di coppa di testa, patate, rosmarino e riduzione di aceto balsamico.

Il mio menù ha al suo interno un gioco di sapori, una miscelazione tra tradizione Italiana e Giapponese volta a stupire ma anche ad appagare il palato. Nella mia cucina infatti l’elemento della sorpresa c’è ma non è mai qualcosa che lascia perplessi, ci sono soprattutto risposte e mai incognite o domande che restano in sospeso. Gli ingredienti sono tutti o quasi riconoscibili e uniti da una piacevolezza e riconoscibilità di fondo: il resto è divertimento!.

Su questa scia davvero interessante è la “Fake Carbonara”, un predessert spiazzante in cui Fusco trasforma i sapori, le temperature e l’opuleza della nota Carbonara, Regina dei primi di Roma, in “Spaghetti di soba, yuzo e lampone disidratato” dove il caldo diventa freddo, la sapidità dolcezza, la ricchezza del sapore, freschezza.

Io mi diverto molto e sono molto presente in sala, mi piace accompagnare i miei patti, presentarli, raccontarli.

Ci sono tanti clienti che escono con un grande sorriso e incuriuositi, ti chiedono spiegazioni minuziose. Io sono felice di potergli spiegare anche il dettaglio di un fondo bruno.

e’ tutta un’altra percezione A sproprio agio, una bella sfida, fmolta fifducia, i numeri lo hanno già premitao e continuaa sulla scia delle soddisfazioni.

I 3 Menu Degustazione

Nei tre menù degustazione di Taki Off passato e presente dello chef convivono e si armonizzano: nel percorso denominato “I classici” (5 portate a 90 euro), vengono proposti i piatti che hanno fatto la storia dello chef, mentre le nuove creazioni sono racchiuse sia nel menu “Dedicato al mio amore” (5 portate a 110 euro) sia in “Quello che mangerei io” (5 portate a 120 euro). Da questi si possono poi anche scegliere i piatti in modo incrociato componendo il proprio personale menù.

Qualche esempio. Negli antipasti del menù i “Classici” troviamo l’articolato Giochiamo con i crudi che prevede un gambero rosso leggermente marinato nella soia, polvere di pesto e gelato al wasabi; uno scampo marinato nello yuzu e granita al cetriolo; una mazzancolla siciliana con un gel di sakè; la capasanta marinata nella salsa teriyaki e tartufo nero; l’ostrica con alghe e fermentazione di cavolo rosso e un nigiri rivisitato con tonno, crema di scalogno nero e licheni essiccati, e che include il suo signature, lo Spiedino di gambero in pasta fillo con spuma tiepida di mortadella, già citato.

Nel menù “Dedicato al mio amore” si trovano piatti come Capasanta scottata con foie gras, umoboshi e caviale; Fettuccina di castagne con farina di castagne, ragù di polpo, polveri di capperi disidratati e olive, bottarga di muggine, Risotto agli scampi, cavolfiore, anguilla e fondo di manzo.

In “Quello che mangerei io” Fusco rimarca il tratto della nuova esperienza che passa per la romanità, arriva in Oriente e ritorna a casa come per le Ostriche in tempura, cotechino e prugne caramellate al sakè. Tra i dolci il Babà rivisitato con bagna al sakè e yuzu accompagnato da gelato al wasabi.

La mia ricerca di uno chef che guidasse con amore e sensibilità il ristorante Taki Off in questa seconda fase, si è diretta verso uno chef di esperienza che però avesse l’energia e l’entusiasmo di un ragazzo –racconta Onorio Vitti – e Andrea Fusco ha conquistato da subito sia me che Yukari.

Il suo rigoroso rispetto delle materie prime ci ha fatto capire come fossela persona ideale perraccontare un mondo in equilibrio tra occidente e oriente.

Gioco, colore e ricercatezza. Incrocio di due o più mondi. Combinzioni, concretezze e suggestioni di luoghi lontani che tornano a casa per ripartire ancora. Continua voglia di sperimentare cotture, techiche e contaminazioni, mantenendo ben definiti i confini delineano il nuovo slancio di Fusco verso nuovi mondi.

Tra toni scuri, poltroncine in velluto, grande gusto nell’arredamento, nella mise en place nuda e traslucide soluzioni di design, Fusco porta in sala, la sua cucina, la sua personalità variopinta, e la voglia di dialogare con l’ospite, di essere presente in sala, di affermare a più voci che “Fusco in back”.

Chef Andrea Fusco

Il nuovo inizio dello chef Andrea Fusco avviene dopo anni in cui la sua storia personale e professionale si è completamente trasformata diventando, come nei racconti più belli e memorabili, completamente un’altra. La sua prima vita si svolge al Giuda Ballerino! di Largo Appio Claudio, dove nel 2010 riceve il riconoscimento della stella Michelin e definisce il suo stile di cucina. Nel 2015 si trasferisce poi in una delle terrazze più belle della città, e cioè all’ottavo piano dell’hotel al Bernini Bristol di Piazza Barberini. Conclusa nel 2019, il capitolo fondamentale del Giuda Ballerino! Nello stesso anno viene coinvolto, in una nuova avventura che lo vuole alla guida del Diana’s Place di AG Foodies, progetto d’ospitalità capitolino giovane e intraprendente. Negli stessi anni consulenze e viaggi animano il suo quotidiano, si muove sia per il mondo che nella geografia interiore della propria identità, rinnovandosi e continuando a sviluppare pensiero creativo di cucina.

TAKI OFF
Via Marianna Dionigi, 62 -Roma
06 320 1750
http://www.taki.it/takioff/

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l’Italia è una e centomila, così come i grani, così come la pasta. Strette da un legame profondo, antico come il grano, l’Italia e la pasta condividono spesso un luogo comune che lega la sua qualità alla regione di provenienza. Ma ciò che proverò a descrivere è certamente un luogo non-comune per la sua produzione.

Qui siamo sulle Dolomiti, nel Pastificio più a Nord della Penisola, e questa è la storia della Famiglia Felicetti che ha fatto della Val di Fiemme la culla di una nuova visione pastaia. Con tenacia e prospettiva ha saputo sfidare i diktat in materia facendo leva sui valori vincenti della montagna, sulla premura artigianale e sulle avanguardie tecnologiche che guardano, insieme, fiduciose al futuro.

Pasta, Appartenenza e Prospettiva. Tre parole chiave per inquadrare una storia di “pasta anticonformista”, un’impresa cresciuta sulle Dolomiti nel 1908 e che continua a rigenerarsi forte di un’ottica limpida e coraggiosa, come l’acqua e l’aria d’alta quota.

Sempre orientata dal saggio sviluppo, a sua volta guidato dall’amore e rispetto per questi eroici regni, la famiglia Felicetti ha guardato alla pasta con un grandangolo visuale ampissimo, capace di superare i limiti imposti dalla natura stessa delle cose e di scardinare l’asse di quel luogo comune che vuole la produzione di pasta di qualità ad esclusivo appannaggio del sud Italia.

Contro ogni previsione, oggi il Pastificio Felicetti è tra le realtà di settore più affermate, apprezzate, dinamiche e saldamente ancorate al concetto di qualità senza compromessi; una qualità che contribuisce a rafforzare l’immagine di un’Italia tenace, capace, produttiva e sfidante.

La Storia

Non tutti sanno che un tempo, quando la Val di Fiemme in Trentino faceva parte dell’Impero Austro Ungarico, ogni valle custodiva il proprio pastificio con un preciso intento: quello di garantire autosufficienza alla comunità in caso di guerre, carestie o autonomia quando la neve avesse reso impossibile la comunicazione tra le valli.

Per la semola si utilizzavano i cereali a disposizione come orzo, segale, grano saraceno, dei blend cui si aggiungeva quel po’ di grano tenero che arrivava dall’Austria. Ne derivava una pasta diversa da quella del nostro Sud Italia – di grano duro, sole e vento – ma che racconta comunque una tradizione e storia italiana.

È all’interno di questo scenario dolomitico che Valentino Felicetti, imprenditore edile al servizio dell’Impero Austro-Ungarico – che tra le tante imprese aveva realizzato anche l’acquedotto di Vienna – alla nascita del quarto figlio decide di fermarsi a Predazzo, cuore della Val de Flém (in dialetto predazzano).

E’ il 1908 e Valentino rileva una segheria ben avviata che aveva un piccolo pasticifio annesso al primo piano. Da quella data, lunga e tortuosa è stata la storia della Prima Fabbrica Fiemmese di Paste Alimentari. Uno slalom gigante tra difficoltà e grandi soddisfazioni, feroci incendi (1945), maniche rimboccate, cadute e risalite, entusiasmi da ritrovare ogni volta ed energie da mettere in moto con quella tenacia che caratterizza gli uomini di montagna che puntano la vetta e non temono la fatica per raggiungerla.

Sono anni attivi e produttivi. I Pastifici delle valli sono 11. Ma è nel 1974 che l’azienda compie il primo passo decisivo: l’acquisto del Pastificio Cielo di Rovereto, tra i più importanti della zona, con una produzione cinque volte superiore rispetto a quella dei Felicetti.

Valentino fa trasferire a Predazzo i suoi moderni macchinari e proietta l’azienda verso un’attività produttiva notevolmente superiore. Poi arrivano gli anni ’80, i ’90, le innovazioni informatiche, le nuove linee di pasta lunga, i cambi generazionali che portano i tre cugini Riccardo, Paolo e Stefano al vertice del management aziendale, mentre Valentino, nipote del fondatore, diventa il Presidente del Pastificio.

Lavoro, ricerca e sperimentazione si traducono in un processo continuo di innovazione

Nel 2016 lo stabilimento di Predazzo viene rinnovato, la facciata assume un aspetto moderno, colorato, sempre integrato con l’ambiente e la bella parola PASTA bene in evidenza. Tra traguardi, esportazioni, mercati internazionali, ristoranti stellati, grandi interpretazioni di pasta, formati e semole monovarietali, nel 2022, dopo 3 anni di cantiere, Pastificio Felicetti inaugura a Castello Molina di Fiemme la nuova struttura produttiva: un ulteriore esempio di architettura industriale sostenibile e integrata nel paesaggio.

Se non posso avere i campi, posso puntare sui migliori grani, lavorare la semola migliore con un sistema di controllo e produzione ai massimi vertici.

Riccardo Felicetti

LA PASTA e la Produzione del MONOGRANO

Il 2004 è un anno davvero significativo. Monograno Felicetti punta sulle produzioni monovarietali e lancia una linea di grani puri: i Monograni Felicetti. Pasta di alta qualità, realizzata con grani lavorati in purezza.

Matt, Khorasan KAMUT®, Farro e Senatore Cappelli, varietà pregiate interpretate a regola d’arte dal mastro pastaio, che restituiscono tutta l’armonia e il sapore del grano, espressione del carattere di ogni territorio che lo ha generato.

La nostra produzione ed è ottenuta da semole biologiche monorigine coltivate su terreni ben precisi: riusciamo così a trasmettere con la nostra pasta il carattere spiccato e la verità di questi semplici ma fragili ingredienti. Il nostro Matt è prodotto in Puglia e della terra d’origine conserva il calore e la sferza primordiale, mentre è dal lontano Saskatchewan – in Canada – che proviene l’antico ed insieme moderno Kamut® Khorasan. Tutto umbro è il timbro del nostro Farro dicocco, rustico e sincero, e nelle Murge si coltiva l’ultimo giunto – ma non per questo meno importante – “Il Cappelli”, ottenuto dalla varietà di grano duro Cappelli italianissima e vigorosa, densa di sensazioni schiette e appaganti allo stesso tempo.

Sono anche gli anni in cui l’attenzione dell’Alta Ristorazione si rivolge nuovamente alla Pasta di Grano Duro di Alta qualità.

Molti le collaborazioni e molti gli Chef che scelgono Monograni Felicetti per le proprie interpretazioni di Cucina Italiana. La pasta diventa prodotto griffato, da esibire sulle tavole, si moltiplica in parole per nuove pagine di racconti scritti da Chef del calibro di Massimo Bottura, Carlo Cracco, Davide Scabin, Luca Fantin, Norbert Niederkofler.

“Il biologico per Monograno Felicetti è un prerequisito. Dall’inizio abbiamo scelto di collaborare con agricoltori che consideravano il metodo di coltivazione biologica come base imprescindibile per raggiungere un risultato agricolo di assoluta eccellenza. Dalla coltivazione alla produzione nello stabilimento tutto rispetta la nostra vocazione a fare le cose per bene.

Le Regole della Pasta e il Metodo Felicetti

Semola di grano duro, Acqua, Aria. Sono queste le 3 componenti imprescindibili per la costruzione di una buona pasta in ogni luogo, oltre chiaramente all’abilità di un pastaio.


La semola, di questi elementi è l’unica che può essere trasportata con maggiore facilità da un luogo all’altro, a prescindere da dove venga coltivato il grano duro. Questo è ciò che accade da Felicetti, dove la semola arriva tra i monti del Lagorai e Latemar, qui dove si estende la rigogliosa Val di Fiemme, una delle principali valli dolomitiche.

Le fasi della produzione della pasta sono quattro: la prima è l’impasto. La semola si mescola all’acqua, si ottiene e un composto omogeneo. L’impasto viene spinto nelle trafile con fori sagomati che determinano la forma della pasta e ne caratterizzeranno la superficie rugosa. Poi c’è l’essiccamento e il raffreddamento.

Matt, Khorasan KAMUT®, Farro e Senatore Cappelli sono i Fantastici 4, nati per essere grandi, ma ciascun grano impone un modo diverso di fare pasta in base alle caratteristiche di ognuno, ma tutti vengono impastati entro e non oltre 48 ore dal loro arrivo con l’acqua pura del Latemar, a più di 2000 metri di altitudine.

Più pura è l’acqua, migliore sarà la qualità della pasta, più ricco di profumi integri il suo carattere distintivo.

Ogni lotto di Semola che arriva da Felicetti viene scrupolosamente controllato, analizzato nelle sue componenti di umidità, proteine, glutine e colore; gli impanti vengono adattati in base ai risultati. Oltre l’impasto con l’acqua pura è l’aria che fa l’altra grande differenza. La fase di essiccazione è stata pensata su modello gragnanese: la pasta appena trafilata, ancora morbida, raggiunge con l’aria riscaldata e filtrata di Predazzo il proprio grado di umidità. Poi, un diagramma di essiccazione, che tiene conto della Natura e delle condizioni del tempo, farà il resto.

Prodotto agricolo, di territorio e di design, la pasta di Monograno Felicetti oggi viaggia in tutto il mondo e abita le credenze di gourmand di ogni bandiera. Un’ impresa di famiglia in continua evoluzione, un’azienda vincente, un progetto solido e anticonformista reso concreto dalla passione, dalla tenacia e dalla natura incontamita di questo regno d’alta quota; e dal fatto che, come ha scritto William Blake, “quando uomini e montagne si incontrano, grandi cose accadono.”

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“Osteria Francescana” di Massimo Bottura al vertice per la guida 50 Top Italy per la categoria Grandi Ristoranti e “Zia Restaurant” di Antonio Ziantoni nella categoria Cucina d’Autore. Il podio dei Grandi Ristoranti è completato da “Uliassi” di Mauro Uliassi al secondo posto, e da” D’O” di Davide Oldani in terza posizione. Per la categoria Cucina d’Autore, sul secondo gradino del podio da Gorini e Marotta Ristorante al terzo posto.

Cos’è 50 Top Italy?

È un network per comunicare lo straordinario movimento della cucina italiana nel mondo: una mappa del mangiare bene in Italia e nel mondo; una guida pensata per gli italiani e per i turisti che in milioni frequentano il nostro Paese o, che in generale, cercano la cucina italiana.

150 esperti gastronomi, con particolare sensibilità verso il mondo della ristorazione italiana, fanno parte del “panel” italiano. Si tratta di esperti a cui è chiesto, con il vincolo di riservatezza e anonimato, di compilare un sondaggio inziale per stilare una classifica provvisoria.

Dopo aver effettuato le visite, si procede ad un nuovo sondaggio di aggiornamento che porta alla classifica definitiva.

Cosa indica la classifica

Le insegne presenti in 50 Top Italy sono suddivise in categorie, in base alla fascia di prezzo, con una sezione dedicata alle tipologie di locali più ricercati dal grande pubblico. Sono esclusi i ristoranti che si trovano all’interno di Hotel, Relais, Residenze di Charme, in quanto ad essi è destinata una classifica apposita: 50 Top Italy Luxury.

Il network 50 Top Italy è completamente gratuito e fruibile per tutti i naviganti, tradotto completamente in inglese e integrato ad un servizio di geolocalizzazione.

L’edizione 2023

Il migliore ristorante d’Italia si conferma l’Osteria Francescana a Modena, di Massimo Bottura, per la categoria Grandi Ristoranti; per la categoria Cucina d’Autore si impone Zia Restaurant di Antonio Ziantoni, a Roma. Il podio, per i Grandi Ristoranti, è completato al secondo posto da Uliassi a Senigallia, di Mauro Uliassi, e da D’O di Davide Oldani, a Cornaredo, in terza posizione.

Il podio, per la Cucina d’Autore, vede al secondo posto da Gorini di Gianluca Gorini, a San Piero In Bagno, e Marotta Ristorante di Domenico Marotta, a Squille, al terzo posto.

Abbiamo suddiviso i migliori ristoranti della Penisola – dichiarano i tre curatori della guida, Barbara Guerra, Luciano Pignataro e Albert Sapere – secondo tipologia di locale e fascia di prezzo, in tre classifiche contenenti 50 nomi ciascuna: Grandi Ristoranti, Cucina d’Autore e Luxury.

I Grandi Ristoranti senza limite di spesa e la Cucina d’Autore con un limite di spesa intorno ai 100 euro; la categoria Luxury, che presenteremo il 5 dicembre, comprende quei ristoranti di alto livello e con un servizio di standard elevato, presenti all’interno di Hotel, Relais, Residenze di Charme. Il tutto per avere, sempre di più, un occhio attento alla spesa e alla tipologia di locale che si vuole scegliere, e per essere quanto più chiari e diretti verso i consumatori.

La top ten dei Grandi Ristoranti vede al quarto posto Enrico Bartolini MUDEC, a Milano, quinto Le Calandre, a Rubano, sesto Danì Maison, a Ischia, settimo Duomo a Ragusa, all’ottavo posto Enoteca Pinchiorri, a Firenze, nono Il Pagliaccio, a Roma, e alla decima posizione Taverna Estia, a Brusciano.

Per la Cucina d’Autore al quarto posto Dina, a Gussago, quinto Condividere, a Torino, sesto l’Argine a Vencò, a Dolegna del Collio, settimo Ristorante Villa Maiella, a Guardiagrele, ottavo posto per Antica Osteria Nonna Rosa, a Vico Equense, nona posizione per Gambero Rosso, a Marina di Gioiosa Ionica, e decima posizione per Colline Ciociare ad Acuto.

Una ristorazione italiana che soffre – continuano Barbara Guerra, Luciano Pignataro e Albert Sapere – che non ha perso creatività e smalto, ma che affronta dei costi di lavoro, energia e materie prime che sono più che raddoppiati negli ultimi mesi.

Quest’anno abbiamo scelto di presentare la guida in varie fasi, dando tanto spazio al web e ai social per raggiungere un pubblico più vasto. Concluderemo la presentazione il 13 dicembre al Teatro San Babila di Milano, consegnando tutti i premi, compresi quelli speciali, che metteranno un punto d’attenzione su quei professionisti che si sono distinti in qualche maniera nell’ultimo anno; scopriremo poi quali saranno i 50 Migliori Ristoranti Italiani nel Mondo, fuori dai confini nazionali. Siamo una guida giovane, che si adatta alle esigenze dei consumatori.

Appuntamento con il Gran Galà della Cucina Italiana, al Teatro San Babila di Milano, il 13 dicembre alle ore 18.00, per scoprire i 50 Migliori Ristoranti Italiani nel Mondo, per premiare i top delle classifiche Italia e per consegnare i tanto attesi premi speciali.

La Classifica Completa di Cucina d’Autore di 50 Top Italy – Guida ai Migliori Ristoranti Italiani 2023

1 Zia Restaurant – Roma, Lazio

2 daGorini – San Piero in Bagno (FC), Emilia-Romagna

3 Marotta Ristorante – Squille (CE), Campania

4 Dina – Gussago (BS), Lombardia

5 Condividere – Torino, Piemonte

6 L’Argine a Vencò – Dolegna del Collio (GO), Friuli-Venezia Giulia

7 Ristorante Villa Maiella – Guardiagrele (CH), Abruzzo

8 Antica Osteria Nonna Rosa – Vico Equense (NA), Campania

9 Gambero Rosso – Marina di Gioiosa Ionica (RC), Calabria

10 Colline Ciociare – Acuto (FR), Lazio

11 Abocar Due Cucine – Rimini, Emilia-Romagna

12 Re Santi e Leoni – Nola (NA), Campania

13 Oasis Sapori Antichi – Vallesaccarda (AV), Campania

14 Dalla Gioconda – Gabicce Monte (PU), Marche

15 L’Asinello – Castelnuovo Berardenga (SI), Toscana

16 Il Povero Diavolo – Poggio Torriana (RN), Emilia-Romagna

17 al Metrò – San Salvo Marina (CH), Abruzzo

18 Trattoria Al Cacciatore – La Subida – Cormons (GO), Friuli-Venezia Giulia

19 Casa Rapisarda – Numana (AN), Marche

20 Casa Sgarra – Trani (BT), Puglia

21 Modì – Torregrotta (ME), Sicilia

22 Hostaria Ducale – Genova, Liguria

23 Acqua Pazza – Ponza (LT), Lazio

24 Ristorante Giglio – Lucca, Toscana

25 L’Acciuga – Perugia, Umbria

26 Antica Corte Pallavicina – Polesine Parmense (PR), Emilia-Romagna

27 Quintessenza Ristorante – Trani (BT), Puglia

28 L’Alchimia – Milano, Lombardia

29 Octavin – Arezzo, Toscana

30 Essenza – Terracina (LT), Lazio

31 Cannavacciuolo Bistrot Torino – Torino, Piemonte

32 Gagini Restaurant – Palermo, Sicilia

33 Mater1apr1ma – Pontinia (LT), Lazio

34 Atelier Restaurant – Domodossola (VB), Piemonte

35 La Favellina – Malo (VI), Veneto

36 Somu – Baja Sardinia (SS), Sardegna

37 Lazzaro 1915 – Pontelongo (PD), Veneto

38 æde – Roma, Lazio

39 Luigi Lepore – Lamezia Terme (CZ), Calabria

40 La Bandiera – Civitella Casanova (PE), Abruzzo

41 L’Arcade – Porto San Giorgio (FM), Marche

42 Il Marin – Genova, Liguria

43 Contaminazioni Restaurant – Somma Vesuviana (NA), Campania

44 Fradis Minoris – Pula (CA), Sardegna

45 Gianni D’Amato – Miranda – Tellaro (SP), Liguria

46 Coria – Caltagirone (CT), Sicilia

47 Gardenia – Caluso (TO), Piemonte

48 SanBrite – Cortina d’Ampezzo (BL), Veneto

49 Zum Löwen – Tesimo (BZ), Trentino-Alto Adige

50 Locanda Mammì – Agnone (IS), Molise

La Classifica Completa di Grandi Ristoranti di 50 Top Italy – Guida ai Migliori Ristoranti Italiani 2023

1 Osteria Francescana – Modena, Emilia-Romagna

2 Uliassi – Senigallia (AN), Marche

3 D’O – Cornaredo (MI), Lombardia

4 Enrico Bartolini MUDEC – Milano, Lombardia

5 Le Calandre – Rubano (PD), Veneto

6 Daní Maison – Ischia (NA), Campania

7 Duomo – Ragusa, Sicilia

8 Enoteca Pinchiorri – Firenze, Toscana

9 Il Pagliaccio – Roma, Lazio

10 Taverna Estia – Brusciano (NA), Campania

11 Madonnina del Pescatore – Senigallia (AN), Marche

12 Del Cambio – Torino, Piemonte

13 Andrea Aprea – Milano, Lombardia

14 Piazza Duomo – Alba (CN), Piemonte

15 Krèsios – Telese (BN), Campania

16 Dal Pescatore – Canneto sull’Oglio (MN), Lombardia

17 La Tana Gourmet – Asiago (VI), Veneto

18 Lido 84 – Gardone Riviera (BS), Lombardia

19 Angelo Sabatelli Ristorante – Putignano (BA), Puglia

20 Casa Perbellini – Verona, Veneto

21 Agli Amici – Udine, Friuli-Venezia Giulia

22 La Peca – Lonigo (VI), Veneto

23 Il Luogo di Aimo e Nadia – Milano, Lombardia

24 Pascucci al Porticciolo – Fiumicino (RM), Lazio

25 La Torre del Saracino – Vico Equense (NA), Campania

26 La Madia – Licata (AG), Sicilia

27 AALTO – Milano, Lombardia

28 El Molin – Cavalese (TN), Trentino-Alto Adige

29 Ristorante Andreina – Loreto (AN), Marche

30 Ristorante Berton – Milano, Lombardia

31 Laite – Sappada (UD), Friuli-Venezia Giulia

32 Aqua Crua – Barbarano Vicentino (VI), Veneto

33 Qafiz – Santa Cristina d’Aspromonte (RC), Calabria

34 Piazzetta Milù – Castellammare di Stabia (NA), Campania

35 Caino – Montemerano (GR), Toscana

36 Antica Osteria Cera – Campagna Lupia (VE), Veneto

37 Ristorante Romano – Viareggio (LU), Toscana

38 Materia – Cernobbio (CO), Lombardia

39 Damini Macelleria & Affini – Arzignano (VI), Veneto

40 Il Faro di Capo d’Orso – Andrea Aprea – Maiori (SA), Campania

41 Virtuoso Gourmet – Tenuta Le Tre Virtù – Scarperia e San Piero (FI), Toscana

42 Pashà – Conversano (BA), Puglia

43 Palazzo Petrucci – Napoli, Campania

44 Retroscena – Porto San Giorgio (FM), Marche

45 Impronta d’Acqua – Lavagna (GE), Liguria

46 Ristorante Dattilo – Strongoli (KR), Calabria

47 Senso Alfio Ghezzi Mart – Rovereto (TN), Trentino-Alto Adige

48 Peter Brunel Ristorante Gourmet – Arco (TN), Trentino-Alto Adige

49 Volta del Fuenti by Michele De Blasio – Vietri sul Mare (SA), Campania

50 Dimora Ulmo – Matera, Basilicata

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Lunedì 24 ottobre 2022, alle ore 11.00, al Mercato Centrale Roma – ingresso Via Giolitti 36 – gli chef Antonio Ziantoni, Bernard Fournier e Daniele Reponi si esibiranno in uno Show Cooking dedicando la loro creatività a tre diverse interpretazioni della Mortadella Bologna IGP. A seguire, una Masterclass d’eccezione di Sonia Peronaci dedicata a 20 food influencers per un grande Mortedella Day!

Lunedì 24 ottobre, al Mercato Centrale Roma, si festeggia il Mortadella Day. Giunto alla sua X edizione e nato per celebrare l’anniversario del 24 ottobre 1661, data in cui il Cardinal Farnese emise il Bando che metteva nero su bianco le regole per la produzione della Mortadella Bologna: un vero e proprio antesignano dell’odierno Disciplinare di produzione IGP. 

Per il celebre accadimento, tre firme della cucina d’autore si cimenteranno in uno show-cooking dove la “Regina Rosa” sarà protagonista di 3 ricette in versione regionale: quella laziale rappresentata dallo chef Antonio Ziantoni (Ristorante Zia, 1 stella Michelin); quella emiliana con Daniele Reponi e quella francese, con lo chef Bernard Fournier.


La Mortadella, infatti, oltre ad essere la Bologna per eccellenza, è un ingrediente tipico della tradizione gastronomica romana e, all’estero, piace soprattutto ai francesi. L’iniziativa si inserisce nell’ambito della campagna europea DELI M.E.A.T che vede Italia e Francia unite nella promozione dei salumi italiani tutelati. Giudici d’eccezione per gli showcooking: il campione olimpionico Massimiliano Rosolino e l’attrice e conduttrice Flora Canto.

A guidare il Contest tra i tre chef sarà la giornalista e conduttrice televisiva Federica De Denaro che dal 2016 a Linea Verde, gira in lungo e in largo il Paese per far conoscere le meraviglie della nuova cucina urbana. Infine, nel primo pomeriggio si terrà l’esclusiva Masterclass di Sonia Peronaci, cuoca, scrittrice, conduttrice televisiva e blogger, che proporrà a una platea di 20 influencer una ricetta speciale a base di Mortadella Bologna IGP.

LA LOCATION

La scelta della location, a pochi passi dalla stazione di Roma Termini, non è casuale: al pari della Bouquerìa di Barcellona e del Borough Market di Londra, rappresenta un ottimo esempio di recupero di edificio in disuso per ospitare un raffinato mercato gastronomico dove, oltre a fare la spesa, è possibile degustare cibi locali e delicatessen degne dei ristoranti stellati. In altri termini, il Mercato Centrale, con i suoi 2.500 mq, risulta essere il luogo ideale dove il cibo viene vissuto, raccontato e preparato da artigiani che lo rispettano e conoscono profondamente.
In occasione del Mortadella Day, una modella in abito lungo – ovviamente rosa – “La Sposa Perfetta”, girerà tra i corner del Mercato Centrale, dove gli artigiani proporranno le loro originali interpretazioni della Mortadella Bologna IGP, realizzando un vero e proprio percorso gastronomico dedicato a tutti coloro che prenderanno parte all’evento o passeranno per il mercato.

LE REGIONI

Il Lazio, con 2 milioni e mezzo di kg venduti, risulta essere la seconda Regione per consumo di Mortadella Bologna – dopo la Lombardia e prima dell’Emilia-Romagna – che è comunque apprezzata in tutta Italia senza distinzione di età o di genere. Sul fronte export, invece, la Francia rappresenta il principale mercato di riferimento, con una quota del 30%

GLI CHEF

Lo Show Cooking Contest vedrà confrontarsi il giovane e talentuoso chef stellato romano Antonio Ziantoni. Per tre anni e mezzo al servizio di Anthony Genovese e del suo Ristorante il Pagliaccio, unico chef bi-stellato della capitale, Ziantoni ha ottenuto, a sua volta, la stella Michelin e la menzione d’onore come Giovane Chef Stellato 2021 per il suo ZiaRestaurant, aperto nella zona più tranquilla e appartata di Trastevere in Piazza San Cosimato, ed è da poche ore salito sul podio de “I Migliori Ristoranti Italiani 2023 – Cucina D’Autore” per la guida 50 Top Italy. Il suo stile si può riassumere in una cucina creativa e tecnicamente impeccabile che oscilla armoniosamente tra complessità e pienezza.

Il secondo protagonista scelto per il contest è lo chef francese Bernard Fournier che, dopo aver ricoperto la direzione dell’Hilton di Parigi, arriva in Italia dove incontra la moglie Adriana Berti. Insieme, nel 1984, prendono in gestione l’Orso Grigio a Trento, dove iniziano a far conoscere la cultura del Fois Gras. Da vent’anni gestisce il Ristorante “Da Candida” a Campione d’Italia. Nel suo menù, Fournier mescola sapientemente la tradizione culinaria francese con gli ingredienti e le eccellenze dei prodotti agroalimentari italiani.

Infine, il terzo protagonista è l’emiliano Daniele Reponi “un po’ oste un po’ salumiere” creatore di panini gourmet, animato da una passione con la quale li realizza e li racconta. Anche in quest’occasione, la sua originale interpretazione del Panino con la Mortadella Bologna sarà un piatto creato e condito del racconto dei prodotti, dei produttori e delle storie vere che vi sono dietro.

La comunicazione del Mortadella Day è un’iniziativa che rientra nel programma di “DELI.M.E.A.T. Delicious Moments European Authentic Taste”, il progetto promozionale e informativo che unisce tre consorzi agroalimentari per la tutela dei salumi DOP e IGP, cofinanziato dall’Unione Europea e rivolto al mercato italiano e francese. La campagna prevede la promozione delle seguenti eccellenze alimentari: Mortadella Bologna IGP, Salamini Italiani alla Cacciatora DOP, Zampone Modena IGP e Cotechino Modena IGP con l’obiettivo di contribuire ad aumentarne il livello di conoscenza e riconoscimento e la competitività e il consumo consapevole in Italia e in Francia.
 

Consorzio italiano tutela Mortadella Bologna

Il Consorzio Mortadella Bologna si è costituito nel 2001, a seguito del riconoscimento dell’IGP alla Mortadella Bologna – avvenuto nel 1998 – e al conseguente avvio della certificazione da parte dei produttori. Il Consorzio, che ha come scopo la tutela e la valorizzazione della Mortadella Bologna IGP, in collaborazione con il Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali promuove la Mortadella Bologna IGP e svolge attività di difesa del marchio e della Denominazione dalle imitazioni e dalle contraffazioni. Il Consorzio garantisce un’alta qualità di base che ogni produttore migliora secondo la propria esperienza e professionalità. Un’attività costante che ha come unico obiettivo, che è anche la finalità di tutte le aziende, con i loro marchi, di garantire ai consumatori un prodotto dalle caratteristiche uniche per qualità e gusto, un prodotto ad alto valore nutrizionale, con una composizione di proteine nobili, minerali e grassi insaturi perfettamente in linea con le tendenze della moderna scienza nutrizionale.

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Sabato 22 ottobre la degustazione d’Autunno al Mercato Trionfale di Roma ai Box dei produttori virtuosi; il 22 e 23 ottobre a Jesolo la 18esima edizione della Festa di Stagione recupera la tradizione degli “spaventapasseri” e, negli stessi giorni, a Melfi si festeggia il “Marroncino del Vulture” per un Weekend italiano di intrattenimento, laboratori, enogastronomia e produzioni locali.

La Festa d’Autunno al Mercato Trionfale

Sabato 22 Ottobre al Mercato Trionfale di Roma 5 artigiani e produttori etici hanno deciso di organizzare LA FESTA d’AUTUNNO per farsi conoscere al grande pubblico che frequenta lo storico mercato di Prati i propri prodotti.

Dalle 11.30 alle 13.30 è possibile assaggiare le proposte di Beppe e i suoi Formaggi, Bottega Gamberoni, Piccola Bottega Merenda, Fattoria Pulicaro e Fattoria Faraoni in una degustazione dinamica e divertente aperta a tutti e gratuita.

I banchi in questione saranno:

  • Box 242 – Bottega Gamberoni e Piccola Bottega Merenda
  • Box 227/228 – Giovale Formaggi / Beppe e i suoi formaggi
  • Box 197 – Fattoria Pulicaro e Fattoria Faraoni – che per l’occasione inaugurano i loro spazi al mercato rionale in Via Andrea Doria.

Ogni Box presenta assaggi legati all’autunno, per dare risalto all’etica, alle stagioni e alla qualità del proprio lavoro: dai formaggi a latte crudo di Giovale Formaggi per Beppe e i suoi formaggi, alle carni di Fattoria Pulicaro e Faraoni, passando per le paste ripiene di Bottega Gamberoni e ai sidri e ai succhi selezionati da Piccola Bottega Merenda.


Tutti produttori e artigiani dislocati in zone diverse che si incontrano al Mercato Trionfale per dare risalto alle proprie peculiarità e alla voglia di fare qualità in modo sostenibile ed etico.

JESOLO e l’Autunno in Festa sempre più Green

Sabato 22 e domenica 23 ottobre 2022 il centro storico di Jesolo,  Paese, spiaggia e laguna a Nord di Venezia, verrà avvolto dai caldi colori e profumi con Autunno in Festa, evento tanto atteso da grandi e piccini, alla sua 18^ edizione.

La festa tradizionale con mercatini, musica, enogastronomia, sfuma nel “green” e si arricchisce di proposte legate alla salvaguardia dell’ambiente: sostenibilità, prodotti a km zero, risparmio energetico e riutilizzo dei materiali. Sono numerose le iniziative proposte nei due giorni che vedono protagoniste le aziende agricole del territorio, le scuole e tutti inegozianti e le associazioni del centro storico.

Ma la novità più importante è l’Autunno degli spaventapasseri: l’iniziativa, promossa dalla città di Jesolo, rientra nel programma di educazione ambientale Eco-Schools e celebra l’appuntamento con Autunno in festa: simpatici spaventapasseri, creati con materiali di recupero dai bambini delle scuole primarie dei due istituti comprensivi jesolani, rallegreranno le vie del Centro insieme ad altri spaventapasseri creati dalle associazioni e dai negozianti.
L’ iniziativa, a cura di Luciana Carta, si propone di veicolare un messaggio importante rivolgendosi ai piccoli cittadini, ai commercianti e a tutti coloro che operano nell’ambito del mantenimento delle tradizioni e delle culture locali.

Programma
Laboratori
In piazza I Maggio, largo alla creatività con i laboratori per grandi e piccini, a cura di esperti creativi.
Per partecipare è richiesta la prenotazione al numero 0421 359144o all’indirizzo serviziculturali@comune.jesolo.ve.it

Intrattenimento
Lungo le vie, nelle piazze del Centro e nell’area giardino del Municipio appuntamento con numerose iniziative: mercatino con prodotti agricoli delle aziende del territorio, musica Live con Dj, giostre, intaglio di zucche, e un’ area local food.

MELFI e il suo “Marroncino del Vulture”

La Sagra della Varola si festeggia a Melfi nei giorni di Sabato 22 e Domenica 23 ottobre, overro come ogni anno il penultimo finesettimana di ottobre. La festa è organizzata dalla Pro Loco cittadina per celebrare i sapori e la bontà del marroncino del Vulture, dal sapore delizioso, che si appresta a ricevere il marchio I.G.P. per la sua ottima qualità.

Il Vulture che domina la cittadina Melfitana è quasi tutta ricoperta di piante di castagne, alcuni sostengono che siano state importate dall’Imperatore Federico II dalla Turchia.

Melfi ospita questa festa nella centralissima Piazza Umberto I e lungo tutte le strade del centro storico. Nei giorni della sagra la piazza si trasforma in un grande bosco, con stand dalla forma di tipici rifugi montani, dove vengono esposti tantissimi alimenti prodotti con questo frutto: il castagnaccio, i dolci e il gelato di marroni, la birra di Castagne, le tavolate con pasta ottenuta dalla farina di castagne e la carne condita con crema di marroni e perfino la pizza al marroncino il tutto innaffiato dal rigoglioso vino rosso doc della zona, l’Aglianico del Vulture.

Questa manifestazione riunisce migliaia di turisti e curiosi, che invadono Melfi per gustare la famose caldarroste allietati da numerosi gruppi musicali e popolari che si esibiscono lungo strade e piazzette all’interno dell’itinerario della sagra.

Ogni anno almeno 30.000 persone visitano Melfi nelle due giornate di festa giungendo da tutte le parti d’Italia con gruppi organizzati , che oltre a gustare la classica “varola” (nome dato alle caldarroste e anche al recipiente pieno di fori in cui vengono arrostite) girano tra i mercatini, mostre e sopratutto visitano i tanti monumenti che sono il richiamo turistico di una città ricca di storia di cultura e sopratutto di ospitalità.

Per tutte le informazioni e aggiornamenti consultare il sito: www.prolocomelfi.it

Promosso da: Pro Loco Federico II di Melfi
Indirizzo: Piazza Umberto I, n.1, 85025 Melfi PZ
Tel: 0972 239751
Email: prolocofederico2@tiscali.it
Sitoweb: www.prolocomelfi.it

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Accadrà giovedì 20 ottobre. Nel Salotto di Adelaide – lounge bar del Vilòn di Roma. Dalle 18.30 alle 22.00 Federico Graziani, ex Ru.De. Centocelle, nuovo resident bartender presenta una drink list ispirata a Henri Rousseau e al suo mondo onirico. Special Guest Oscar Quagliarini per la serata inaugurale aperta al pubblico.

Fermento innovativo, fragranze sperimentali, avanguardie. Si annuncia così il viaggio da bere, reale e immaginario tra sperimentazione e alchimia di gradazioni, sentori e sapori.

E’ cio che si respira lungo via dell’Arancio, tra le strade del centro di Roma bella. La contemporaneità sofisticata di 5 Stelle lusso – Small Luxury Hotel apre le porte del suo Salotto Adelaide a Federico Graziani per divenire una sorta di speakeasy.

Si suona un campanello sotto quel piccolo lampione dalla luce sommessa sul muro di cinta dell’ala est di Palazzo Borghese e la sorpresa è immediata. Uno spazio diverso, uno charme sussurrato e un feeling vibrante, dettagli raffinati, eppure informale. La serata del 20 ottobre 2022 aperta al pubblico sarà un evento a 4 mani con un ospite d’eccezione, OSCAR QUAGLIARINI, affermato bartender internazionale, sperimentatore di connesioni tra profumeria e miscelazione, affiancherà Federico Graziani, new entry al lounge bar, con tre signature cocktail a base di essenze, fiori, spezie, distillati, prodotti artigianalmente.

Sono tre drink che rispecchiano la mia filosofia di lavoro, ‘less is more’, che seguo ormai da più di 15 anni e cioè pochi ingredienti, ghiaccio, garnish quasi inesistente, tutto incentrato su gusto e abbinamenti. I tre drink che presento giovedì – racconta Quagliarini

Soil+Orange, Winter+Sun e Yellow+Bitter, hanno tutti e tre forti rimandi alla terra e usano ingredienti che arrivano da varie parti del mondo, riportati dai miei viaggi. Un mood cosmopolita, un po’ come il Vilòn che è un mix di stili e caratteri.

Piccole frivolezze, luci calde e discrete, libri e riviste, divani, specchi, lampade déco, qualche pezzo dal sapore etnico. Si sta al bancone o sui divani, si condivide il piacere di fare salotto.

In compagnia di una Carta Light qui si mangia a tutte le ore. Ad accompagnare i drink per l’aperitivo dalla cucina arrivano sides ogni volta diversi a scelta dell’Executive Chef del Ristorante Adelaide Gabriele Muro.

Commistioni intriganti tra fine dining e fine drinking anche in un nuovo menu allo studio con un food pairing tutto nuovo e alcuni piatti liquidi e cocktail solidi, anticipa Federico Graziani.

Federico Graziani Head Bartender

Con l’arrivo del nuovo bartender, drink fuori dagli schemi classici sì, ma anche grandi classici, dal Negroni al Martini, in un bar d’hotel dal respiro internazionale. La tradizione, mai abbandonata, diventa un viatico per esplorare nuove angolature del gusto: sperimentazione, alchimia, gradazioni di sapori.

Bottigliera da ammirare, un bancone in rovere e ottone dietro al quale dosare, pestare, shakerare: Federico Graziani, ex Ru.De. Centocelle, porta al Vilòn la sua chiave interpretativa e di sperimentazione.

Classe 1997, grande estro nel bere miscelato, la sua è una mixology di ricerca che si contraddistingueper ingredienti e tecniche all’avanguardia, drink puliti e minimal, abbinamenti inusuali, che talvolta prendono a braccetto la cucina.

Nella nuova drink list molte le preparazioni homemade, abbinamenti come “BBQ e pesca”, “nocciola e sedano al tabasco”, “gin all’olio EVO e vermouth bianco”, “banana e popcorn”, “burro di arachidi, banana e acero”.

16 cocktail, tra cui anche un alcol free e un vegan i cui nomi, a parte Viròsa e Gi.No, si ispirano a Henri Rousseau, l’artista “naif” di fine ottocento più noto come Rousseau il Doganiere, alle immagini primitive e visioni magiche, oniriche tradotte in purea di frutta e liquori.

Quasi che Adelaide Borghese de la Rochefoucauld, che abitò questi spazi, ben prima di conoscere le opere di Rousseau, non abbia anche lei sognato quel tripudio di natura esotica che ritroviamo nel piccolo giardino segreto del Vilòn. Angolo dall’atmosfera coloniale, effetto jungle tra banani e kenzie, ficus e gelsomino orientale da fascinoso piccolo riad marocchino, anch’esso un segreto custodito in uno dei palazzi tardo rinascimentali più belli di Roma.

Adelaide Ristorante e Salotto, Hotel VILÒN Roma – Via dell’Arancio 69 – 00186 Roma – tel. 06/878187www.hotelvilon.com

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Inaugurata oggi a Senigallia la 35ma Conferenza annuale AEHT delle scuole alberghiere. L’Istituto di Istruzione Superiore ‘Alfredo Panzini’ di Senigallia ospiterà dal 17 al 22 ottobre il Forum internazionale dell’innovazione della biodiversità e della ripartenza.

E’ qui che si terranno anche le competizioni internazionali della 35a Annual Conference Aeht, Association Europèenne des Ecoles d’Hotellerie et de Tourisme.

Ripartire dopo l’alluvione

Ad aprire la cerimonia inaugurale davanti agli spalti del Palapanzini gremiti di studenti è stato il preside dell’istituto Panzini Alessandro Impoco: “Siamo agli inizi di un percorso importante perché riunire giovani da più parti d’Europa e del mondo è fondamentale e ci dà la possibilità di investire le nostre energie nel modo giusto”.

La nostra è una città ricca di iniziative e questo evento servirà a far conoscere Senigallia e le sue bellezze in tutto il mondo

ha detto Massimo Olivetti, sindaco di Senigallia, che ha anche messo in risalto il lavoro che è stato fatto a sole tre settimane dall’alluvione: “Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questo evento perché non era semplice organizzare una cosa del genere in queste condizioni”.

Sarà infatti la prima sperimentazione degli “Stati generali giovanili del Turismo dell’Istruzione e dell’Innovazione e della transizione Ecologica” che vede la partecipazione attiva, insieme alla Regione Marche, delle Associazioni di categoria regionali Cna, Confartigianato, Confcommercio, Coldiretti e delle principali aziende produttrici locali.

Decine gli eventi aperti al pubblico e gratuiti dal 17 al 22 ottobre presso l’Istituto di istruzione superiore Alfredo Panzini di Senigallia, che apre le sue porte alla città e a tutti gli appassionati di cucina, enogastronomia e turismo per una settimana di grandi eventi che si terranno in occasione della trentacinquesima Conferenza annuale dell’AEHT, l’Associazione internazionale che riunisce le Scuole Alberghiere di tutta Europa.

In questa occasione ci saranno non solo le “Olimpiadi”, competizione in cui gareggeranno gli studenti da tutta Europa, ma largo spazio anche a “Open”, il Forum dell’innovazione, della biodiversità e della ripartenza.

Cos’è l’AEHT: ‘olimpiadi’ eno-gastronomiche come occasione di scambio internazionale


L’AEHT, Association Européenne des Ecoles d’Hôtellerie et de Tourisme, è un’organizzazione internazionale non governativa (ONG): mira a facilitare la comunicazione tra le scuole alberghiere e turistiche, favorendo
gli scambi tra studenti e insegnanti, rinsaldando i rapporti di collaborazione tra scuole e imprese e mettendo in comune metodi e materiali didattici, conoscenze e abilità. L’Annual Conference AEHT viene ospitato di volta in volta da una città europea diversa.

Sette giorni che uniscono turismo, cultura ed enogastronomia: competizioni internazionali, convegni, momenti di scambio culturale e gemellaggi. Ci saranno 776 tra dirigenti scolastici e professionisti del settore
provenienti da tutta l’Europa, e 434 studenti (numeri ancora provvisori data la richiesta record di prenotazioni). Le scuole che parteciperanno alle competizioni della 35a edizione dell’Annual Conference ad
oggi sono 110 e rappresenteranno Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Islanda, Italia, Kosovo, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia e Svizzera.

22 nazioni e 115 scuole d’Italia e d’Europa, impegnate in gare professionalizzanti e convegni.
Tutte le 11 competizioni verranno ospitate nei locali dell’IIS Panzini. Sul sito è già possibile esplorare virtualmente i campi di gara e visualizzare gli strumenti utilizzabili. Inoltre, l’interazione virtuale permetterà di studiare i prodotti e i produttori e di conoscere il tessuto eno-gastronomico turistico ed industriale marchigiano.

Il tema della gara di quest’anno è “Ripartire dopo la pandemia da Covid 19” e gettare le basi di una nuova sensibilità globale, con la valorizzazione delle materie prime e della biodiversità come fondamenta per lo sviluppo di interi distretti territoriali.

Show e Conferenze

Cucinando con le stelle

Dopo la cerimonia, è decollato anche Open, il Forum dell’innovazione, della biodiversità e della ripartenza, allestito presso il Palazzetto dello Sport dell’Istituto Panzini dall’azienda Cancelloni Food service Spa e sotto la regia della testata di riferimento di settore, Italia a Tavola, diretta da Alberto Lupini: preziosi eventi formativi con protagonisti chef stellati, scuole, università e opinion leader di settore.
A salire sul palco in mattinata sono stati lo chef Errico Recanati, del ristorante Andreina di Loreto, da 10 anni detentore della Stella Michelin durante l’evento organizzato da Confcommercio Marche – FIPE. Alle 11 è stata la volta di Nikita Sergeev, chef del ristorante L’Arcade di Porto San Giorgio (per lui la prima stella Michelin è arrivata nel 2021). Terzo appuntamento con Lady Chef, della Federazione Italiana Cuochi. Cooking show totalmente al femminile: protagoniste Barbara Settembri, chef de La Locanda dei Matteri di Sant’Elpidio a Mare, e Angela Di Crescenzo, chef del ristorante Villa Maiella di Guardiagrele, in provincia di Chieti, premiato con una stella Michelin.

Conferenze, tavole rotonde, opinion leader di settore si confronteranno su temi di attualità, partendo proprio dal tema centrale dalla biodiversità.

Sono previsti diversi eventi formativi con chef stellati dal 17 al 20 ottobre: saranno presenti in tutto 22 stelle Michelin tra cui gli ambasciatori del territorio, Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore e Mario Uliassi del Ristorante “Uliassi”, 3 Stelle Michelin.

Venerdì 21 ottobre la PSB Consulting, ente di formazione accreditato, modererà la giornata interamente dedicata al mondo della scuola, compresi i temi caldi che ne guidano il Futuro, favorendo un dialogo di approfondimento con le più alte cariche del Ministero dell’Istruzione sul tema “FUTURA, transizione digitale e gemellaggi Europei”.

Le istituzioni e la robotica: uno sguardo rivolto al futuro

Nella giornata di venerdì 21 ottobre il programma prevede la presenza anche di formatori e famosi esperti per parlare di robotica e innovazione. Prendendo spunto dalle recenti linee guida ministeriali in materia, verranno dimostrate le potenzialità di sviluppo di cui godono gli arredi funzionali e la robotica applicata al mondo dell’educazione e saranno formati Dirigenti scolastici, Dsga, docenti e studenti sulle nuove linee di finanziamento Europee a queste dedicate.

Presso il Panzini Biodiversity Garden, la Pagoda, si terranno poi incontri e tavole rotonde sui temi legati alla biodiversità e alla valorizzazione dei prodotti del territorio con diverse associazioni di categoria, come la Cna e la Confartigianato, e l’Università Politecnica delle Marche. Gli eventi sono aperti a tutti e l’entrata è gratuita: l’elenco di tutti gli appuntamenti è consultabile sul sito, dove c’è anche la possibilità di prenotarsi un posto.

A completare il già ricco quadro dell’Evento la struttura scolastica dell’I.I.S. Panzini ospiterà fisicamente e virtualmente la “Marche Expo Experience”, la prima mostra didattica che certifica le eccellenze della regione, curata dall’azienda leader di settore Etic srl e visibile anche online, nell’apposita sezione dedicata del sito.

Gli Istituti alberghieri delle Marche hanno selezionato le migliori aziende e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative della regione, nonché le migliori Scuole di Formazione nazionali e internazionali alle quali hanno assegnato un vero e proprio certificato di qualità e sostenibilità.

TUTTO IL PROGRAMMA QUI

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“La situazione è tragica, produciamo cibo per 12 miliardi di persone, siamo circa 7 miliardi e mezzo sul pianeta, di cui 860 milioni di persone soffrono la fame. Sprechiamo il 33% di quello che produciamo, circa 1.3 bilioni di tonnellate di cibo e questa è una cosa inaccettabile oggi”.

Parole di Massimo Bottura, ospite su Rai3 del programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio in occasione del World Food Day, la Giornata mondiale dell’alimentazione e che, con il suo progetto Food For Soul, è riuscito a salvare 670 tonnellate di cibo dalle discariche, trasformandolo in pasti per 850mila persone. Scopriamo come prendere parte al cambiamento.

“Food for Soul” è il progetto culturale fondato dalla Massimo Bottura e Lara Gilmore, potentissima coppia proattiva della ristorazione mondiale, fortemente voluto per illuminare l’invisibile potenziale di persone, luoghi e cibi.

Investendo nella loro più ottimistica trasformazione, “Food for Soul” mira a riprogettare ambienti, ripensare pietanze e atmosfere di benessere per far accomodare a tavola la dignità attraverso un approccio olistico di arte, design e bellezza.

Ma facciamo qualche passo indietro. Nato nel 1962 a Modena, Massimo Bottura è uno degli chef e ristoratori più famosi al mondo. Nel 1986, dopo aver abbandonato la facoltà di giurisprudenza, Bottura apre la sua prima trattoria in un paese dell’Emilia-Romagna. Alain Ducasse si è fermato per un pasto e ha finito per offrire a Bottura uno stage nel suo ristorante a Monaco. Da lì, Bottura vola a New York, dove conosce la sua futura moglie, Laura Gilmore. Nel 1995 torna a Modena e apre l’Osteria Francescana. Il Ristorante ha ricevuto la sua terza stella Michelin nel 2011 ed è stato in cima alla lista dei 50 migliori ristoranti del mondo nel 2016 e nel 2018. Nel 2019, Time Magazine ha nominato Bottura una delle 100 persone più influenti al mondo.

L’Osteria Francesca è come una bottega rinascimentale dove facciamo cultura, siamo ambasciatori dell’agricoltura, siamo agenti di turismo, facciamo formazione e adesso anche il sociale.

Massimo Bottura

“Food for Soul” è soprattutto un’organizzazione no-profit nata per incoraggiare le comunità a combattere lo spreco alimentare nell’interesse dell’inclusione sociale e del benessere individuale. Durante Expo Milano 2015, l’associazione ha costruito il Refettorio Ambrosiano, una mensa per i poveri in un teatro abbandonato, e ha portato più di 60 chef internazionali a cucinare dalle eccedenze alimentari risultanti dall’esposizione globale.  

Consentendo la trasformazione di persone, luoghi e cibo, Food For Soul costruisce una nuova cultura del valore tesa a rafforzare la resilienza della comunità, aprendo nuove propspettive e opportunità di mobilità sociale, economica per la costruzione di sistemi alimentari più sani ed equi.

Massimo Bottura, ospite ieri sera su Rai3 nel programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio in occasione del World Food Day, la Giornata mondiale dell’alimentazione ha tuonato così:

La situazione è tragica, produciamo cibo per 12 miliardi di persone, siamo circa 7 miliardi e mezzo sul pianeta, di cui 860 milioni di persone soffrono la fame. Sprechiamo il 33% di quello che produciamo, circa 1.3 bilioni di tonnellate di cibo e questa è una cosa inaccettabile oggi.

Con il suo progetto Food For Soul, è riuscito a salvare 670 tonnellate di cibo dalle discariche, trasformandolo in pasti per 850mila persone.

Il nostro è un progetto culturale con due scopi, la lotta allo spreco alimentare e quella all’isolamento sociale, attraverso il potere della bellezza, il valore dell’ospitalità e la qualità delle idee.

La bellezza, perché questi luoghi sono pieni di bellezza, di arte, di design, di architettura meravigliosa e di creatività che è al centro del progetto; la bellezza del modo in cui noi serviamo i piatti e questo è il valore dell’ospitalità perché la parola “benvenuti” – “venite, accomodatevi, ci occupiamo di voi” – è qualcosa di straordinario, di potentissimo. Poi la qualità delle idee, le idee che possono sviluppare tantissime altre idee, perché noi piantiamo semi, costruiamo ponti, congiungiamo refettori e volontari in tutto il mondo. Pensa che in questi 7 anni abbiamo unito 105mila volontari e chef di tutto il mondo.

La parola Refettorio deriva dal tardo latino ecclesiastico refectorium, sostantivato netro di refectorius «che serve a ristorare», che deriva a sua volta da reficĕre «ristorare». In origine era un luogo in cui i monaci si riunivano per condividere il pasto quotidiano. Food For Soul (ne avevamo già parlato qui) collabora con organizzazioni locali, produttori, artisti, architetti e leader della comunità per rinnovare spazi sottoutilizzati trasformandoli in centri di ispirazione comunitaria, dove alle persone in situazioni di vulnerabilità sociale ed economica vengono serviti pasti nutrienti cucinati con ingredienti in eccesso che altri avrebbero buttato via.

Il nostro obiettivo è sviluppare spazi ed esperienze che possano avere un impatto reale e che possano aiutare a rendere le nostre comunità più resilienti, aprire opportunità di crescita economica e rendere il nostro sistema alimentare più equo e sano.

Io nella mia testa volevo costruire il Miracolo a Milano e quindi avevo già ideato di creare il refettorio sotto la stazione dei treni di Milano; ma, con Davide Rampello, l’Arcivescovo Scola, la Caritas eravamo in forse, però l’Arcivescovo mi ha detto ‘la qualità delle tue idee è straordinaria.

Allora abbiamo sentito Roma e il nostro Papa ci ha detto che avremmo dovuto portare la luce nelle periferie più che nel centro della città, concentrarci sulle periferie; da lì siamo arrivati a Greco che era allora il quartiere più disagiato di Milano.

Appena siamo arrivati abbiamo incontrato Don Giuliano, che adesso è a Roma, che ci ha guardato e ci ha detto ‘Vedi? Sta passando il treno, quello è il futuro!

Io mi son guardato intorno e ho detto ‘questo è l’uomo giusto per fare questo progetto’ e da lì è iniziato il progetto delle periferie.

Sappiamo che lo spreco alimentare è la prima causa di cambiamento climatico ed è per quello che le Nazioni Unite sono così attente e coinvolte nel nostro progetto, proprio perché il nostro progetto coinvolge 10 dei 17 gol delle Nazioni Unite.

Refettorio Ambrosiano, Refettorio Felice, Refettorio Gastromotiva, Refettorio Parigi, Refettorio Made in Chiostro, Refettorio Antoniano, Refettorio Modena, Refettorio Merida, Refettorio Lima, Refettorio Harlem, Refettorio San Francisco, Refettorio Ginevra, Refettorio OzHarvest Sydney. Ad oggi sono 13 i refettori firmati Food For Soul in tutto il mondo che servono milioni di pasti a persone in difficoltà recuperando centinaia di tonnellate di cibo che altrimenti andrebbe sprecato: un grande progetto per una nobilissima causa, più attuale e preoccupante che mai. Perchè abbiamo tutti un ruolo nella lotta allo spreco alimentare.

Unirsi alla rete di volontari e farsi coinvolgere attivamente è possibile perchè il progetto abbraccia sia coloro che hanno bisogno di avere, sia coloro che hanno abbastanza da dare.

Volete sapere come fare? Cliccate QUI per fare la differenza.

Immagine di copertina

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Introduzione di Sara De Bellis

Se qualcuno fosse ancora convinto si tratti della stessa cosa, è in tempo per fare ammenda. Perchè in Italia dal 1939 esiste un decreto Regio che bene chiarisce la loro differenza: Castagne e Marroni sono espressioni dello stesso ceppo, ma ben distinte tra loro. Mi spiego meglio.

La castagna è l’irregolare seme dello spinoso riccio, frutto della pianta selvatica chiamata Castanea Sativa, ovvero l’imponente e antichissimo Castagno, noto anche come “albero del pane”;

il marrone, più paffuto, è nato invece quando l’uomo, convinto dalla bontà della castagna e delle sue ghiotte applicazioni culinarie, ha deciso di addomesticare il Castagno ottenendo un prodotto simile ma diverso per colore, grandezza, forma e sapore.

Selezionato nel tempo dai coltivatori al fine di migliorarne i tratti distintivi, il marrone presenta caratteristiche ben diverse rispetto al seme commestibile del frutto del castagno selvatico, alla vista e soprattutto al gusto.

Più comodo nel suo “riccio per tre” rispetto alla cugina castagna, che invece abita nella casetta dei “sette nani”, la superficie del Marrone è più chiara, talvolta striata. Le dimesioni più generose, la buccia meno spessa, la membrana più sottile e omogenea, raramente inserita nel frutto e facile da portar via, la sua polpa più dolce e compatta, più semplice da lavorare.

Da sempre salvifico cibo per i popoli di montagna, bosco o collina, nutriente pane vegatel offerto dalla natura per arginare la grama vita; Castagne e Marroni sono entrambi ricchi di amidi, carboidrati, fibre e sali minerali. Potature, innesti e selezioni, hanno prodotto cultivar di ottima qualità.

Bollite, arrostite o lavorate secche in nutriente farina, vengono utilizzate per preparare il famoso Castagnaccio, e ancora in creme, composte torte e crepes. Per arrcchire patti salati o farcire tacchini e polli al forno, ma anche per preparare pasta fresca come tagliatelle, ravioli, gnocchi, minestre e zuppe d’autunno.

I marroni, invece, più zuccherini e caratterizzati dalla forma a cuore, hanno la corsia preferenziale verso le pasticcerie per essere trasformati interi in deliziosi e morbidi Marron glacé o tritati in composta per il goloso Montblanc, o ancora nelle cucine gourmet dove vengono applicazione dei piatti creativi.

Per gli amanti delle prepaparazioni più cassiche e conviviali, come le caldarroste, ecco una selezione delle Sagre del Lazio che festeggiano il prezioso dono di stagione.

Cenni storici

Difficile stabilire precisamente dove si sia originato il primo Castagno, ma quello che si sa certamente è che ha circa 10 milioni di anni e che si è diffuso prima in Asia, in Europa e nelle Americhe.

Numerosi scritti confermano, già nell’antichità, la presenza della castagna in Grecia: Ippocrate nel IV sec. a.C. parla di “noci piatte”, Senofonte, nei suoi scritti parla della “noce piatta senza fessure”. Ma le castagne erano conosciute anche nell’antica Roma, le testimonianze sono di Catone il censore (II sec. a.C.) che nel suo trattato De Agricoltura parla di “noci nude” e di marco terenzio Varrone (I sec.a.C.)  che nel suo manuale De re rustica menziona la castanea, che venduta nei mercati frutticoli della Via Sacra a Roma, veniva donata dai giovani innamorati alle donne amate. Persino Virgilio, nelle Bucoliche, elogia le qualità e il gusto della “castanea”.

Proprietà 

Tantissime le proprietà delle castagne. Naturalmente senza glutine, possono essere consumate da intolleranti o celiaci. Da un punto di vista nutrizionale, la castagna contiene un’alta percentuale di amidi e sono una buona fonte di proteine, sali minerali (soprattutto potassio, fosforo, zolfo, magnesio, sodio, calcio, ferro) e vitamine (C, B1, B2 e PP). Contengono molte fibre alimentari che inibiscono l’assorbimento del colesterolo. Insieme alla fibre agiscono bene i grassi presenti in questo frutto che abbassano il colesterolo LDL (il cattivo) e alzano l’HDL (il buono) e corrispondono all’ di 80% grassi insaturi (44% di acido oleico, più omega 3 e omega 6).

Sagre e Province in Festa

di Benedetta Ferrari

Nel Viterbese: celebri sono le castagne della Tuscia, prodotto tipico di tradizione millenaria. Le castagne dei Monti Cimini si producono dai 500 ai 900 metri sul livello del mare nei comuni della Comunità Montana dei Cimini, che sono Caprarola, Canepina, Capranica, Carbognano, Ronciglione, Soriano nel Cimino, Vetralla, Vignanello, San Martino al Cimino e Vitorchiano. Qui, le vaste estensioni di castagneti secolari che si sono formate in questo terreno di origine vulcanica, dove esistono esemplari imponenti, consentono di ottenere castagne e marroni di elevata qualità. Ma una menzione d’onore la ottiene ovviamente la castagna viterbese di Vallerano, dove il prodotto DOP si può raccogliere ma anche gustare in questa località, particolarmente attiva nell’organizzare grandi feste popolari per i visitatori.


Tra le sagre laziali dedicate alla castagna a cui non mancare, c’è sicuramente la lunga Festa della Castagna di Vallerano, che è diventato uno dei cibi D.O.P d’Europa dal 2009. La festa si svolgerà fino al primo weekend di novembre (1 novembre) all’interno del caratteristico borgo viterbese con le sue antiche case di tufo, mura medievali e chiese assolutamente da visitare.


Da non perdere sempre in provincia di Viterbo, la XXXIX° edizione, delle “Giornate della Castagna” di Canepina. Qui il 30 e 31 ottobre è ancora possibile gustare questo prodotto tipico tra i tanti eventi musicali e artistici organizzati in occasione della manifestazione. E la storica, giunta alla 55esima edizione, edizione, quella di Soriano nel Cimino
In provincia di Frosinone invece, la castagna DOC si trova nel Comune di Terelle e si divide in tre qualità di prodotto tra la Primutica, grande e di colore marrone chiaro, la Pelosella piccola e di colore marrone scuro, e la Pizzutella piccola di color marrone rossastro. Il castagneto di Terelle è  un meraviglioso castagneto secolare, dichiarato “monumentale”, vanto del paese e senz’altro tra i più belli di tutto il Lazio. Il più grande castagno ha una circonferenza di 12 metri e il più “anziano” ha 800 anni.

A Rocca di Papa, sui Colli Albani, al via la 41esima sagra delle castagne che si svolge ogni anno la terza domenica di ottobre, sin dal 1979. La Sagra è dedicata alla tipica castagna locale, detta Rocchicianella, dalle piccole dimensioni e dal gusto dolce: prodotta in più di 2000 ettari di castagneti, rappresenta uno dei più grandi vanti del paese.


Per cercar castagne in provincia di Rieti, è invece bellissimo percorrere la Valle del Turano. Oltre al comune di Pescorocchiano, in quasi 4 chilometri di boschi intorno al comune di Collegiove, si possono trovare le tipiche castagne rossastre dal gusto delicato (Castagna Rossa del Cicolano). Rinomato è poi il Marrone Antrodocano, un prodotto d’eccellenza con Denominazione d’origine comunale, che si trova nei castagneti tra i comuni di Antrodoco, Borgovelino, Castel S. Angelo, Città Ducale e Micigliano.


Il 31 ottobre e 1 novembre ad Antrodoco, è possibile gustare una vera prelibatezza del reatino, il Marrone Antrodocano, nella “Sagra del Marrone Antrodocano” della “Festa d’Autunno” di Antrodoco.
Dal 29 Ottobre al  1 Novembre 2022 si svolge ad Antrodoco la “Festa d’Autunno” che comprende la settima edizione delle vie del  Marrone Antrodocano con mercatini e stand gastronomici.
Il Marrone Antrodocano. Antrodoco ed i paesi limitrofi (Borgovelino, Castel S. Angelo e Micigliano ) sono circondati da castagneti che producono i tipici Marroni Antrodocani con marchio DE.CO. Il Marrone ha delle differenze sostanziali che lo distinguono dalla castagna; i frutti sono più grandi con una buccia chiara e con striature scure, la pellicina interna è molto sottile e non penetra nel frutto quindi, più facile da staccare. Il sapore è zuccherino. La pianta del marrone è più delicata di quella della castagna comune ed è meno produttiva rendendo i suoi frutti qualitativamente superiori, quindi più ricercati ed apprezzati

In provincia di Latina, splendidi e ricchi castagneti si trovano sui Monti Lepini. Nei comuni di Sezze e Bassiano, ma anche nei boschi tra Lenola e Norma, per festeggiarli il 21-23 ottobre si svolgerà a Rocca Massima, nel più alto paese della provincia di Latina, la nuova edizione della “Sagra dei Marroni”

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Promosso da Mastri Birrai Umbri nell’ambito dell’Umbria Beer Festival, che si è tenuto a Gualdo Cattaneo il 23-24 settembre 2022, il 1° Convegno internazionale sul malto ha fatto il punto sul confronto tra gli stati produttivi e la crescita prorompente della dimensione artigianale e qualitativa del prodotto italiano.

Si parte da una filiera agricola che comincia sul campo e, attraverso abilità professionali, tecnologie moderne, contributo del mondo scientifico e accademico, arriva su scaffali, tavole o banconi. Scopriamo di più sulla nuova dimensione della Birra.

La produzione Italiana annuale di birra è pari a 15,6 milioni di ettolitri. La produzione italiana di malto è pari a 78 mila tonnellate, mentre importiamo circa il 60% del malto utilizzato. Le prime due malterie italiane producono il 98% del malto nazionale (pari al 38% del fabbisogno italiano). Mentre la Malteria Italiana Artigianale di Gualdo Cattaneo, collegata al birrificio Mastri Birrai Umbri, produce circa l’1% del malto italiano con una capacità di 850 tonnellate all’anno. Una realtà straordinaria inserita in una regione, l’Umbria, che rappresenta da sola il 20% di tutta la produzione dell’orzo italiano da birra.

Quest’anno però la siccità ha tagliato del 20% il raccolto di orzo per la produzione del malto da birra sui trentamila ettari coltivati a livello nazionale (dati Crea). Il primo semestre 2022 si configura come l’anno più caldo di sempre con +0,76°C rispetto alla media storica: lungo la penisola le precipitazioni si sono praticamente dimezzate (-45%).

Questi alcuni dei numeri emersi da “Malti d’autore”, il 1° Convegno internazionale sul malto e l’orzo da birra in Italia, promosso da Mastri Birrai Umbri e da Malteria Italiana Artigianale nell’ambito dell’Umbria Beer Festival del 23-24 settembre 2022.

È la prima volta che si svolge in Italia un momento di riflessione sullo sviluppo della birra artigianale italiana. Di grandissima rilevanza per i contenuti scientifici e per il respiro internazionale. Siamo soddisfatti del confronto svolto tra i vari operatori della filiera, dal campo dove si coltiva l’orzo, alla malteria dove l’orzo si trasforma in malto, al birrificio dove i malti diventano birra”. A parlare è Marco Farchioni, owner e manager di Mastri Birrai Umbri, che spiega così le ragioni del convegno internazionale sul malto e l’orzo da birra in Italia.

A 10 anni dalla fondazione, Mastri Birrai Umbri, da sempre ispirata alla filosofia della sostenibilità contadina, ha cercato di fare il punto non soltanto sul proprio percorso nel mondo brassicolo, ma anche sulla crescita prorompente della dimensione artigianale e qualitativa del prodotto italiano, a partire da una filiera agricola che comincia sul campo e, attraverso abilità professionali e tecnologie moderne, arriva sulla tavola dei consumatori. Per farlo ci siamo affidati anche al contributo del mondo scientifico e accademico. Con il loro aiuto vogliamo che si faccia finalmente luce sulla filiera italiana della birra e che venga valorizzato il contributo di tutti i soggetti che partecipano alla filiera.

La prima produzione della Malteria Italiana Artigianale (M.I.A.) risale al gennaio 2015, appena quattro anni dopo l’inizio dell’attività del birrificio agricolo Mastri Birrai Umbri, uno degli impianti di birra artigianale più grandi d’Italia.

Oggi MIA è la più grande malteria di un microbirrificio in Italia se non in Europa. “La Malteria ha una capacità produttiva annua di 850 tonnellate di malto, con un potenziale che può arrivare fino a circa 1300 tonnellate. Trasforma orzo e frumento in malti pils, pale, monaco, caramello e altri speciali convenzionali e biologici in proprio e per conto terzi, ovvero a vantaggio di altri microbirrifici artigianali”. Così Gianfranco Regnicoli di Malteria Italiana Artigianale snocciola i numeri dell’impresa. “La Malteria Italiana Artigianale combina la germinazione e l’essiccamento in un recipiente unico: il tamburo di germinazione/essiccamento. Una innovazione che consente di razionalizzare i costi di impianto con un processo completamente automatizzato e tracciato, pertanto agevola la tutela della qualità e la sicurezza del prodotto, garantendo la rintracciabilità”, spiega ancora Regnicoli.

Il progetto nasce dalla terra: oltre mille ettari di proprietà, infatti, sono coltivati a seminativo con cura e attenzione per fare crescere le migliori materie prime.

L’obiettivo era creare una filiera non solo a chilometro zero, ma a metro zero”, dice Regnicoli. Grazie alla partnership della Malteria Italiana Artigianale con Mastri Birrai Umbri si realizza la filiera della birra più corta di Europa.

Il malto è prodotto da orzo di campi che circondano gli impianti, fino a massimo 25 km di distanza. Oggi la materia prima per le produzioni di Mastri Birrai Umbri è costituita per oltre il 95 % da malto umbro della filiera prodotto dalla Malteria Italiana Artigianale.

Aggiunge Regnicoli:

per noi è centrale l’attenzione alla promozione del Made in Italy. In quest’ottica siamo impegnati nella ricerca di cereali da genetica Italiana (Progetti UHT, Malti d’autore, BeerNova) per il recupero di varietà antiche di orzo umbro o del centro Italia e alla loro valorizzazione come cereale da maltare per produzione di birra.

La Malteria Italiana Artigianale consente di maltare orzi di piccole aziende, un plus fortemente apprezzato dai birrifici agricoli. Da una parte, la Malteria Italiana Artigianale crea valore aggiunto alla coltivazione e alla birra in cui tale malto è ingrediente, poiché ne garantisce univocamente la provenienza (garanzia di rintracciabilità). Dall’altra, la maltazione per conto terzi mira a dare una risposta alla richiesta di maggiore tipicità e località della materia prima per differenziazione delle birre e valorizzazione del territorio. “Abbiamo dimostrato che è possibile ottenere un malto italiano di qualità con il quale produrre ottime birre. Lo dimostra anche la Medaglia d’argento per il Malto Pils ottenuta al concorso internazionale Malt Cup 2021”, conclude Regnicoli.

Paola Fioroni, vicepresidente dell’assemblea legislativa della Regione Umbria, ha dichiarato che “momenti come questi sono una ricchezza per l’Umbria e la Regione vuole supportarli. Il comparto brassicolo finora è stato sottovalutato. Viceversa, la fioritura di produttori agricoli nella nostra regione è un motivo di vanto e merita di essere sostenuto dalla Regione. È importante puntare sulla territorialità e sul prodotto umbro: anche per questo stiamo lavorando a una legge di tutela del prodotto brassicolo”.

Come ricorda Federico Pallottino rappresentante del CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, “quest’anno la siccità ha tagliato del 20% il raccolto di orzo per la produzione del malto da birra sui trentamila ettari coltivati a livello nazionale. Il primo semestre 2022 si configura come l’anno più caldo di sempre con +0,76°C rispetto alla media storica: lungo la penisola le precipitazioni si sono praticamente dimezzate (-45%). La conseguenza è stata una perdita dell’89% dell’acqua piovana annua, pari a circa 270 miliardi di metri cubi. Il caldo anomalo, alternato ad eventi estremi come grandinate e bufere di vento e pioggia, provoca una riduzione delle rese che possono raggiungere i 55 quintali per ettaro”.

A questo quadro si aggiunga che i cambiamenti climatici e il conflitto in Ucraina hanno provocato un aumento dei costi energetici e delle materie con il risultato che i costi produttivi della birra sono aumentati del 30%. Secondo Pallottino, “non c’è più uno schema preciso di emergenza delle malattie e ci si aspettano cambiamenti sempre maggiori e differenti in termini di forza, capacità e tempistiche di proliferazione. Servono screening più estesi nel tempo e nello spazio. Da qui la necessità di un uso sempre più importante delle tecnologie: per esempio, l’uso di droni low-cost per l’analisi fenolica varietale di parcelle di grano duro e grano tenero e perimetro di orzo e per la stima dell’allettamento, ovvero il ripiegamento fino a terra di piante erbacee, per l’azione del vento o della pioggia”. Tra i vantaggi dell’uso dell’optoelettronica, secondo il Crea, ci sono l’aumento delle superfici analizzate, la riduzione dei tempi di screening tradizionalmente impiegati in laboratorio, la riduzione dei costi di analisi per campione/unità di superficie e la riduzione del lavoro umano.

Stefano Ravaglia, della Società Italiana Sementi, dopo aver sottolineato l’impegno della Sis, in collaborazione con Bonifiche Ferraresi, nel miglioramento genetico delle colture, ricorda che “per la realizzazione di una nuova varietà serve un tempo molto lungo: circa 14 anni. Sei anni per l’incrocio e la stabilizzazione dei caratteri, 4 per la valutazione delle performance qualitative e produttive, 2 anni per realizzare il dossier per l’iscrizione all’Ense, 2 anni per la messa a punto di tecniche agronomiche per ottimizzare i risultati”.

La Sis, attenta alla qualità tecnologica dell’orzo per la produzione della birra e alla studio dell’orzo distico, quello più adatto produzione della birra, è stata protagonista del progetto Uht (Umbria Hordeum Typi) per la reintroduzione di varietà di orzo antiche da birra. Tra gli obiettivi: conoscere lo status di coltivazione dell’orzo in Regione e le capacità di adattamento delle diverse varietà presenti ai microclimi regionali.

Con riguardo alla biodiversità degli orzi italiani, Ravaglia dice : “il presupposto è la sostenibilità economica, servono attività condivise con scambio di informazioni. Abbiamo tanto da capire, nel frattempo abbassiamo i costi della ricerca con le tecnologie”.

Antonio Catelani, di Adriatica spa (che produce e commercializza fertilizzanti in tutto il mondo) a proposito dei cambiamenti climatici osserva: “Ormai si va verso un’agricoltura sempre più ingegnerizzata. Una volta le siccità segnavano il tempo ora sono cose che diventano quotidiane. Oggi ci vuole pertanto un’agricoltura condotta per ammortizzare questi stress abiotici”.

Continua Catelani: “La filiera della birra è la prima filiera industriale in italia. Caratterizzata da una continua ricerca di equilibrio della materia prima, sulla base della collaborazione tra agricoltore, maltatore e birraio. A dispetto di questa grande capacità di innovazione, la filiera della birra è stata sempre discriminata. Le sue domande non hanno mia avuto risposta. Basti pensare che la birra è un prodotto alcolico gravato per il 30% del costo dalle accise. Sul seme dell’orzo da birra insiste il 10% di iva.

I fondi vanno solo alla filiera del grano duro. Insomma, la filiera della birra è avanzata ma discriminata, forse perché si pensa che è un prodotto industriale. Adesso, dopo 30 anni di battaglie, serve un sostegno agli agricoltori”. Catelani sottolinea un altro elemento chiave della filiera: “la particolarità dell’industria birraria è che i birrai condividono la ricerca. Vogliono solo un determinato malto e questo ha regolato tutto ciò che c’è a valle: per 7-8 milioni di tonnellate di orzo da birra ci sono 15 varietà al massimo. Viceversa, nel mondo della pasta, per un milione 200mila tonnellate di grano esistono 150 varietà perché i pastai non sanno fare sintesi e non governano la filiera. Ecco perché gli agricoltori dell’orzo non devono essere figli di un dio minore”.

Mauro Pellegrini, presidente Unione degustatori birre, presentando la prima parte dei lavori, ricorda che “investire su orzo e malto italiano deve diventare la strada maestra per il movimento della birra artigianale italiana. In particolare, i birrifici artigianali dovrebbero lavorare su tre linee di sviluppo. Investire sul prodotto italiano, consapevoli che ne possono derivare birre di grande qualità e piacevolissime da bere. Fare squadra tutti insieme (e con i produttori agricoli e le malterie esistenti sul territorio) per rafforzare l’impatto della filiera artigianale italiana e il movimento brassicolo nazionale. Imparare a concepirsi come aziende a tutto tondo, capaci non soltanto di realizzare ottime birre, ma anche di fare marketing e comunicazione di qualità, raccontando le caratteristiche del territorio di riferimento, proprio come sta facendo ormai da un decennio Mastri Birrai Umbri”.

Fabio Scappaticci della Malteria Saplo (dove l’orzo viene trasformato in malto per la produrre la birra Peroni), racconta: “Gestiamo dei campi sperimentali con varietà già approvate ma la malteria le deve valutare. Copriamo la fascia centrale dal Tirreno all’Adriatico: si tratta di areali con condizioni pedoclimatiche molto diverse, ecc. L’Umbria rappresenta il 20% di tutta la produzione dell’orzo da birra”.

E continua: “l’orzo italiano è molto sano. Saplo sceglie tutto dall’inizio alla fine, dalla scelta varietale alla semina alle coltivazioni. Tra agronomo-maltatore-birraio deve esserci un dialogo necessario in vista del prodotto finale. Nel team di Saplo abbiamo 3 agronomi su 6. Noi maltatori siamo ancora molto pochi in Italia ma il maltatore è il pivot della filiera”.

Ombretta Marconi, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali Università di Perugia e ricercatrice del CERB, (Centro di ricerca per l’eccellenza della birra) di Perugia ha raccontato il progetto Malti d’autore orientato all’utilizzo di ozi antichi umbri ispirato a principi di base come dil legame con il territorio, la sostenibilità e la qualità. Il progetto ha ottimizzato il processi di produzione della birra da malti ottenuti da orzi antichi locali.

Michele Sensidoni, mastro birraio di Mastri Birrai Umbri, racconta:

Mastri Birrai nasce nel 2011 e, a partire dal 2015, abbiamo anche una malteria interna. Noi siamo un birrificio agricolo: una azienda integrata nella produzione e nella vendita diretta di birra agricola e nella produzione di malto come attività connessa. Per questi motivi siamo legati alla stagionalità della produzione agricola che richiede pianificazione e capacità di stoccaggio e che è legata alla variabilità della qualità media del raccolto. In presenza dei cambiamenti climatici siamo chiamati a salvaguardare il nostro territorio, la fertilità dei campi e le risorse idriche. Tutto il nostro lavoro è organizzato sulla base di processi sostenibili.

In 12 anni sono nate numerose aziende in Italia che producono non solo il loro orzo o il loro luppolo, ma che in alcuni casi trasformano l’orzo in malto, sviluppando vere e proprie filiere. Poter contare sul malto d’orzo a km0 ci offre una serie di vantaggi: produzione in base alla necessità, “freschezza” del malto, feedback immediato, tracciabilità e rintracciabilità, originalità del gusto, valore del brand e possibilità di story telling. Per me avere il maltatore come vicino di casa è un grandissimo pro”. E gli svantaggi? “Ovviamente il cambiamento e la risposta al mercato può essere più lento, così come l’adattamento e la sostituzione della ricetta”.

Carlo Schizzerotto, direttore del Consorzio Birra Italiana, avverte: “Birrifici artigianali a rischio con il crollo del 34% del raccolto 2022 dell’orzo per il malto rispetto all’ultimo anno prima della pandemia a causa di siccità ed eventi meteo estremi, mandando in crisi una delle filiere più importanti per la produzione Made in Italy, mentre esplodono i costi dell’energia aumentati del 180% a causa della guerra in Ucraina”. Secondo Schizzerotto, “negli ultimi 4 anni (2019-2022) c’è stata una diminuzione della coltivazione e della resa, passando da 36 mila ettari di orzo del 2019 ai 30mila ettari di quest’anno. In questo scenario, è necessario sostenere i produttori di birra artigianale italiana con la stabilizzazione del taglio delle accise per non mettere a rischio un’intera filiera di alta qualità del Made in Italy con effetti sulla produzione, i posti di lavoro e sui consumi. La filiera della birra artigianale italiana conta infatti 1085 attività produttive in tutto il territorio nazionale che, dal campo alla tavola, danno lavoro a circa 93.000 addetti, per una bevanda i cui consumi sono destinati quest’anno a superare il record storico di oltre 35 litri pro capite per un totale di 2 miliardi di litri generando un volume di fatturato che, considerando tutte le produzioni, vale 9,5 miliardi di euro“.

Conclude Schizzerotto:

Pensare sempre più pensare la birra con un sistema italiano. Le risorse ci sono: basti pensare che due grandi aziende che producono malto in Francia e in Germania lo fanno grazie all’acquisto di orzo dall’Italia. Serve valorizzare il prodotto italiano artigianale da filiera agricola italiana: creare birra usando solo materia prima italiana con un percorso virtuoso che può sostenere l’intera filiera.

Eventi come questi sono fondamentali per creare comunità”, ammette Hannah Turner, rappresentante dell’Amba, l’American Malting Barley Association, l’associazione che offre sostegno alla filiera produttiva e alla qualità della birra negli Stati Uniti. Secondo Turner,

l’impatto economico della filiera in America è pari a 685 milioni di dollari, il 60% dell’orzo coltivato usato per la birrificazione è una percentuale molto importante. Sono molti i programmi di ricerca per la birrificazione dell’orzo e sempre più numerosi i birrai che cercano di attingere all’orzo locale”. Quest’anno la siccità ha colpito anche gli Usa, dunque, dice Turner, “ci stiamo concentrando sulla sostenibilità e sulle varietà capaci di resistere alle condizioni più difficili nella logica della sostenibilità e della resilienza”. In generale, nel 21° secolo la crescita della birra artigianale ha creato nuovo interesse nel malto.

I produttori chiedono info sulle materie prime e riprendono le tecniche di produzione artigianale di una volta. La mia associazione nasce da questo movimento. Ci sono 8 malterie che producono malto secondo la tradizione e sono venute in Europa per imparare e riscoprire i segreti della tradizione. L’Amba cerca di aumentare conoscenza, qualità e innovazione e definisce la categoria di maltatore professionale. Le piccole malterie rispondo a questi parametri: la produzione è inferiore alle dieci tonnellate di orzo, il 50% dei cereali proviene da un raggio di massino 804 km e la fabbrica deve essere indipendente”. L’obiettivo di Hannah Turner? “Vorrei creare una maggiore congiunzione tra maltatori e birrai. Il malto artigianale cresce e arriva alla birrificazione artigianale, ma siamo ancora indietro di 15 anni rispetto all’altra filiera industriale. Intanto, i membri dell’associazione aumentano: sono 67 nell’America del Nord, con 35 malterie funzionanti. Siamo alla ricerca di un connubio tra esigenze della maltazione della birrificazione e vogliamo creare un senso di comunità tra maltatori e birrai.

Interessante la testimonianza di Luca Tassinati del birrificio artigianale Liquida: “Siamo partiti due anni fa e abbiamo variato i fornitori per offrire una varietà di prodotti. Facciamo soprattutto birre luppolate e ci appoggiamo a Weyermann, Mastri Birrai Umbri e MrMalt. Per noi importante che la materia prima si fresca, buon profumo, buon aroma e che sia costante senza dover riaggiustare i metodi produttivi durante l’anno. Non abbiamo creato una linea di birre standard e così possiamo sperimentare nuovi prodotti: potrebbe essere uno svantaggio ma anche un vantaggio. Puntiamo a prodotti di qualità elevata ma differenziati. Vogliamo spaziare da una materia prima all’altra senza esser legati a una linea base. Stiamo passando dal malto al malto italiano: abbiamo fatto un test e piano piano anche in blend riusciamo a ottenere risultati molto soddisfacenti anche più di prima”.

Manfredi Guglielmotti, consulente tecnico di MisterMalt (azienda che seleziona e distribuisce ingredienti e attrezzature ai produttori di birra artigianale), analizza il 2022: “Il raccolto è nella media: alcune zone di Francia e Germania ha offerto rese inferiori e contenuto di proteine basso, altre zone invece molto bene (UK, nord Europa, Canada), con rese sopra la media. Da registrare gli aumenti di prezzo dovuti principalmente ai costi dell’energia (in particolare in Germania e Belgio) e l’aumento dei costi dei prodotti chimici”. Quali saranno le nuove tendenze? Secondo Guglielmotti, soprattutto tre: la riscoperta delle varietà antiche, l’aumento della richiesta di prodotti Bio e la creazione di malti speciali da altri cereali. “Il confronto continuo tra i vari componenti della filiera – coltivatori, malatatori, birrai e distributori – è sempre più importante. I birrai chiedono soprattutto qualità del malto ((buone rese, profilo aromatico, e performance), mentre la costanza del prodotto resta una sfida per tutti gli operatori della filiera”, conclude Guglielmotti.

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