Sabato 22 ottobre la degustazione d’Autunno al Mercato Trionfale di Roma ai Box dei produttori virtuosi; il 22 e 23 ottobre a Jesolo la 18esima edizione della Festa di Stagione recupera la tradizione degli “spaventapasseri” e, negli stessi giorni, a Melfi si festeggia il “Marroncino del Vulture” per un Weekend italiano di intrattenimento, laboratori, enogastronomia e produzioni locali.
La Festa d’Autunno al Mercato Trionfale
Sabato 22 Ottobre al Mercato Trionfale di Roma 5 artigiani e produttori etici hanno deciso di organizzare LA FESTA d’AUTUNNO per farsi conoscere al grande pubblico che frequenta lo storico mercato di Prati i propri prodotti.
Dalle 11.30 alle 13.30 è possibile assaggiare le proposte di Beppe e i suoi Formaggi, Bottega Gamberoni, Piccola Bottega Merenda, Fattoria Pulicaro e Fattoria Faraoni in una degustazione dinamica e divertente aperta a tutti e gratuita.
I banchi in questione saranno:
Box 242 – Bottega Gamberoni e Piccola Bottega Merenda
Box 227/228 – Giovale Formaggi / Beppe e i suoi formaggi
Box 197 – Fattoria Pulicaro e Fattoria Faraoni – che per l’occasione inaugurano i loro spazi al mercato rionale in Via Andrea Doria.
Ogni Box presenta assaggi legati all’autunno, per dare risalto all’etica, alle stagioni e alla qualità del proprio lavoro: dai formaggi a latte crudo di Giovale Formaggi per Beppe e i suoi formaggi, alle carni di Fattoria Pulicaro e Faraoni, passando per le paste ripiene di Bottega Gamberoni e ai sidri e ai succhi selezionati da Piccola Bottega Merenda.
Tutti produttori e artigiani dislocati in zone diverse che si incontrano al Mercato Trionfale per dare risalto alle proprie peculiarità e alla voglia di fare qualità in modo sostenibile ed etico.
JESOLO e l’Autunno in Festa sempre più Green
Sabato 22 e domenica 23 ottobre 2022 il centro storico di Jesolo, Paese, spiaggia e laguna a Nord di Venezia, verrà avvolto dai caldi colori e profumi con Autunno in Festa, evento tanto atteso da grandi e piccini, alla sua 18^ edizione.
La festa tradizionale con mercatini, musica, enogastronomia, sfuma nel “green” e si arricchisce di proposte legate alla salvaguardia dell’ambiente: sostenibilità, prodotti a km zero, risparmio energetico e riutilizzo dei materiali. Sono numerose le iniziative proposte nei due giorni che vedono protagoniste le aziende agricole del territorio, le scuole e tutti inegozianti e le associazioni del centro storico.
Ma la novità più importante è l’Autunno degli spaventapasseri: l’iniziativa, promossa dalla città di Jesolo, rientra nel programma di educazione ambientale Eco-Schools e celebra l’appuntamento con Autunno in festa: simpatici spaventapasseri, creati con materiali di recupero dai bambini delle scuole primarie dei due istituti comprensivi jesolani, rallegreranno le vie del Centro insieme ad altri spaventapasseri creati dalle associazioni e dai negozianti. L’ iniziativa, a cura di Luciana Carta, si propone di veicolare un messaggio importante rivolgendosi ai piccoli cittadini, ai commercianti e a tutti coloro che operano nell’ambito del mantenimento delle tradizioni e delle culture locali.
Programma Laboratori In piazza I Maggio, largo alla creatività con i laboratori per grandi e piccini, a cura di esperti creativi. Per partecipare è richiesta la prenotazione al numero 0421 359144o all’indirizzo serviziculturali@comune.jesolo.ve.it
Intrattenimento Lungo le vie, nelle piazze del Centro e nell’area giardino del Municipio appuntamento con numerose iniziative: mercatino con prodotti agricoli delle aziende del territorio, musica Live con Dj, giostre, intaglio di zucche, e un’ area local food.
MELFI e il suo “Marroncino del Vulture”
La Sagra della Varola si festeggia a Melfi nei giorni di Sabato 22 e Domenica 23 ottobre, overro come ogni anno il penultimo finesettimana di ottobre. La festa è organizzata dalla Pro Loco cittadina per celebrare i sapori e la bontà del marroncino del Vulture, dal sapore delizioso, che si appresta a ricevere il marchio I.G.P. per la sua ottima qualità.
Il Vulture che domina la cittadina Melfitana è quasi tutta ricoperta di piante di castagne, alcuni sostengono che siano state importate dall’Imperatore Federico II dalla Turchia.
Melfi ospita questa festa nella centralissima Piazza Umberto I e lungo tutte le strade del centro storico. Nei giorni della sagra la piazza si trasforma in un grande bosco, con stand dalla forma di tipici rifugi montani, dove vengono esposti tantissimi alimenti prodotti con questo frutto: il castagnaccio, i dolci e il gelato di marroni, la birra di Castagne, le tavolate con pasta ottenuta dalla farina di castagne e la carne condita con crema di marroni e perfino la pizza al marroncino il tutto innaffiato dal rigoglioso vino rosso doc della zona, l’Aglianico del Vulture.
Il Marroncino del Vulture
Questa manifestazione riunisce migliaia di turisti e curiosi, che invadono Melfi per gustare la famose caldarroste allietati da numerosi gruppi musicali e popolari che si esibiscono lungo strade e piazzette all’interno dell’itinerario della sagra.
Ogni anno almeno 30.000 persone visitano Melfi nelle due giornate di festa giungendo da tutte le parti d’Italia con gruppi organizzati , che oltre a gustare la classica “varola” (nome dato alle caldarroste e anche al recipiente pieno di fori in cui vengono arrostite) girano tra i mercatini, mostre e sopratutto visitano i tanti monumenti che sono il richiamo turistico di una città ricca di storia di cultura e sopratutto di ospitalità.
Per tutte le informazioni e aggiornamenti consultare il sito: www.prolocomelfi.it
Promosso da: Pro Loco Federico II di Melfi Indirizzo: Piazza Umberto I, n.1, 85025 Melfi PZ Tel: 0972 239751 Email: prolocofederico2@tiscali.it Sitoweb: www.prolocomelfi.it
Accadrà giovedì 20 ottobre. Nel Salotto di Adelaide – lounge bar del Vilòn di Roma. Dalle 18.30 alle 22.00 Federico Graziani, ex Ru.De. Centocelle, nuovo resident bartender presenta una drink list ispirata a Henri Rousseau e al suo mondo onirico. Special Guest Oscar Quagliarini per la serata inaugurale aperta al pubblico.
Fermento innovativo, fragranze sperimentali, avanguardie. Si annuncia così il viaggio da bere, reale e immaginario tra sperimentazione e alchimia di gradazioni, sentori e sapori.
E’ cio che si respira lungo via dell’Arancio, tra le strade del centro di Roma bella. La contemporaneità sofisticata di 5 Stelle lusso – Small Luxury Hotel apre le porte del suo Salotto Adelaide a Federico Graziani per divenire una sorta di speakeasy.
Oscar Quagliarini
Federico Graziani
Si suona un campanello sotto quel piccolo lampione dalla luce sommessa sul muro di cinta dell’ala est di Palazzo Borghese e la sorpresa è immediata. Uno spazio diverso, uno charme sussurrato e un feeling vibrante, dettagli raffinati, eppure informale. La serata del 20 ottobre 2022 aperta al pubblico sarà un evento a 4 mani con un ospite d’eccezione, OSCAR QUAGLIARINI, affermato bartender internazionale, sperimentatore di connesioni tra profumeria e miscelazione, affiancherà Federico Graziani, new entry al lounge bar, con tre signature cocktail a base di essenze, fiori, spezie, distillati, prodotti artigianalmente.
Sono tre drink che rispecchiano la mia filosofia di lavoro, ‘less is more’, che seguo ormai da più di 15 anni e cioè pochi ingredienti, ghiaccio, garnish quasi inesistente, tutto incentrato su gusto e abbinamenti. I tre drink che presento giovedì – racconta Quagliarini
Soil+Orange, Winter+Sun e Yellow+Bitter, hanno tutti e tre forti rimandi alla terra e usano ingredienti che arrivano da varie parti del mondo, riportati dai miei viaggi. Un mood cosmopolita, un po’ come il Vilòn che è un mix di stili e caratteri.
Piccole frivolezze, luci calde e discrete, libri e riviste, divani, specchi, lampade déco, qualche pezzo dal sapore etnico. Si sta al bancone o sui divani, si condivide il piacere di fare salotto.
In compagnia di una Carta Light qui si mangia a tutte le ore. Ad accompagnare i drink per l’aperitivo dalla cucina arrivano sides ogni volta diversi a scelta dell’Executive Chef del Ristorante Adelaide Gabriele Muro.
Commistioni intriganti tra fine dining e fine drinking anche in un nuovo menu allo studio con un food pairing tutto nuovo e alcuni piatti liquidi e cocktail solidi, anticipa Federico Graziani.
Gabriele Muro
Federico Graziani Head Bartender
Con l’arrivo del nuovo bartender, drink fuori dagli schemi classici sì, ma anche grandi classici, dal Negroni al Martini, in un bar d’hotel dal respiro internazionale. La tradizione, mai abbandonata, diventa un viatico per esplorare nuove angolature del gusto: sperimentazione, alchimia, gradazioni di sapori.
Bottigliera da ammirare, un bancone in rovere e ottone dietro al quale dosare, pestare, shakerare: Federico Graziani, ex Ru.De. Centocelle, porta al Vilòn la sua chiave interpretativa e di sperimentazione.
Classe 1997, grande estro nel bere miscelato, la sua è una mixology di ricerca che si contraddistingueper ingredienti e tecniche all’avanguardia, drink puliti e minimal, abbinamenti inusuali, che talvolta prendono a braccetto la cucina.
Nella nuova drink list molte le preparazioni homemade, abbinamenti come “BBQ e pesca”, “nocciola e sedano al tabasco”, “gin all’olio EVO e vermouth bianco”, “banana e popcorn”, “burro di arachidi, banana e acero”.
16 cocktail, tra cui anche un alcol free e un vegan i cui nomi, a parte Viròsa e Gi.No, si ispirano a Henri Rousseau, l’artista “naif” di fine ottocento più noto come Rousseau il Doganiere, alle immagini primitive e visioni magiche, oniriche tradotte in purea di frutta e liquori.
Quasi che Adelaide Borghese de la Rochefoucauld, che abitò questi spazi, ben prima di conoscere le opere di Rousseau, non abbia anche lei sognato quel tripudio di natura esotica che ritroviamo nel piccolo giardino segreto del Vilòn. Angolo dall’atmosfera coloniale, effetto jungle tra banani e kenzie, ficus e gelsomino orientale da fascinoso piccolo riad marocchino, anch’esso un segreto custodito in uno dei palazzi tardo rinascimentali più belli di Roma.
Adelaide Ristorante e Salotto, Hotel VILÒN Roma – Via dell’Arancio 69 – 00186 Roma – tel. 06/878187www.hotelvilon.com
Inaugurata oggi a Senigallia la 35ma Conferenza annuale AEHT delle scuole alberghiere. L’Istituto di Istruzione Superiore ‘Alfredo Panzini’ di Senigallia ospiterà dal 17 al 22 ottobre il Forum internazionale dell’innovazione della biodiversità e della ripartenza.
E’ qui che si terranno anche le competizioni internazionali della 35a Annual Conference Aeht, Association Europèenne des Ecoles d’Hotellerie et de Tourisme.
Ripartire dopo l’alluvione
Ad aprire la cerimonia inaugurale davanti agli spalti del Palapanzini gremiti di studenti è stato il preside dell’istituto Panzini Alessandro Impoco: “Siamo agli inizi di un percorso importante perché riunire giovani da più parti d’Europa e del mondo è fondamentale e ci dà la possibilità di investire le nostre energie nel modo giusto”.
La nostra è una città ricca di iniziative e questo evento servirà a far conoscere Senigallia e le sue bellezze in tutto il mondo
ha detto Massimo Olivetti, sindaco di Senigallia, che ha anche messo in risalto il lavoro che è stato fatto a sole tre settimane dall’alluvione: “Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questo evento perché non era semplice organizzare una cosa del genere in queste condizioni”.
Sarà infatti la prima sperimentazione degli “Stati generali giovanili del Turismo dell’Istruzione e dell’Innovazione e della transizione Ecologica” che vede la partecipazione attiva, insieme alla Regione Marche, delle Associazioni di categoria regionali Cna, Confartigianato, Confcommercio, Coldiretti e delle principali aziende produttrici locali.
Decine gli eventi aperti al pubblico e gratuiti dal 17 al 22 ottobre presso l’Istituto di istruzione superiore Alfredo Panzini di Senigallia, che apre le sue porte alla città e a tutti gli appassionati di cucina, enogastronomia e turismo per una settimana di grandi eventi che si terranno in occasione della trentacinquesima Conferenza annuale dell’AEHT, l’Associazione internazionale che riunisce le Scuole Alberghiere di tutta Europa.
In questa occasione ci saranno non solo le “Olimpiadi”, competizione in cui gareggeranno gli studenti da tutta Europa, ma largo spazio anche a “Open”, il Forum dell’innovazione, della biodiversità e della ripartenza.
Cos’è l’AEHT: ‘olimpiadi’ eno-gastronomiche come occasione di scambio internazionale
L’AEHT, Association Européenne des Ecoles d’Hôtellerie et de Tourisme, è un’organizzazione internazionale non governativa (ONG): mira a facilitare la comunicazione tra le scuole alberghiere e turistiche, favorendo gli scambi tra studenti e insegnanti, rinsaldando i rapporti di collaborazione tra scuole e imprese e mettendo in comune metodi e materiali didattici, conoscenze e abilità. L’Annual Conference AEHT viene ospitato di volta in volta da una città europea diversa.
Sette giorni che uniscono turismo, cultura ed enogastronomia: competizioni internazionali, convegni, momenti di scambio culturale e gemellaggi. Ci saranno 776 tra dirigenti scolastici e professionisti del settore provenienti da tutta l’Europa, e 434 studenti (numeri ancora provvisori data la richiesta record di prenotazioni). Le scuole che parteciperanno alle competizioni della 35a edizione dell’Annual Conference ad oggi sono 110 e rappresenteranno Austria, Belgio, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Islanda, Italia, Kosovo, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia e Svizzera.
22 nazioni e 115 scuole d’Italia e d’Europa, impegnate in gare professionalizzanti e convegni. Tutte le 11 competizioni verranno ospitate nei locali dell’IIS Panzini. Sul sito è già possibile esplorare virtualmente i campi di gara e visualizzare gli strumenti utilizzabili. Inoltre, l’interazione virtuale permetterà di studiare i prodotti e i produttori e di conoscere il tessuto eno-gastronomico turistico ed industriale marchigiano.
Il tema della gara di quest’anno è “Ripartire dopo la pandemia da Covid 19” e gettare le basi di una nuova sensibilità globale, con la valorizzazione delle materie prime e della biodiversità come fondamenta per lo sviluppo di interi distretti territoriali.
Show e Conferenze
Cucinando con le stelle
Dopo la cerimonia, è decollato anche Open, il Forum dell’innovazione, della biodiversità e della ripartenza, allestito presso il Palazzetto dello Sport dell’Istituto Panzini dall’azienda Cancelloni Food service Spa e sotto la regia della testata di riferimento di settore, Italia a Tavola, diretta da Alberto Lupini: preziosi eventi formativi con protagonisti chef stellati, scuole, università e opinion leader di settore. A salire sul palco in mattinata sono stati lo chef Errico Recanati, del ristorante Andreina di Loreto, da 10 anni detentore della Stella Michelin durante l’evento organizzato da Confcommercio Marche – FIPE. Alle 11 è stata la volta di Nikita Sergeev, chef del ristorante L’Arcade di Porto San Giorgio (per lui la prima stella Michelin è arrivata nel 2021). Terzo appuntamento con Lady Chef, della Federazione Italiana Cuochi. Cooking show totalmente al femminile: protagoniste Barbara Settembri, chef de La Locanda dei Matteri di Sant’Elpidio a Mare, e Angela Di Crescenzo, chef del ristorante Villa Maiella di Guardiagrele, in provincia di Chieti, premiato con una stella Michelin.
Nikita Sergeev
Barbara Settembri
Errico Recanati
Mauro Uliassi
Moreno Cedroni
Conferenze, tavole rotonde, opinion leader di settore si confronteranno su temi di attualità, partendo proprio dal tema centrale dalla biodiversità.
Sono previsti diversi eventi formativi con chef stellati dal 17 al 20 ottobre: saranno presenti in tutto 22 stelle Michelin tra cui gli ambasciatori del territorio, Moreno Cedroni della Madonnina del Pescatore e Mario Uliassi del Ristorante “Uliassi”, 3 Stelle Michelin.
Venerdì 21 ottobre la PSB Consulting, ente di formazione accreditato, modererà la giornata interamente dedicata al mondo della scuola, compresi i temi caldi che ne guidano il Futuro, favorendo un dialogo di approfondimento con le più alte cariche del Ministero dell’Istruzione sul tema “FUTURA, transizione digitale e gemellaggi Europei”.
Le istituzioni e la robotica: uno sguardo rivolto al futuro
Nella giornata di venerdì 21 ottobre il programma prevede la presenza anche di formatori e famosi esperti per parlare di robotica e innovazione. Prendendo spunto dalle recenti linee guida ministeriali in materia, verranno dimostrate le potenzialità di sviluppo di cui godono gli arredi funzionali e la robotica applicata al mondo dell’educazione e saranno formati Dirigenti scolastici, Dsga, docenti e studenti sulle nuove linee di finanziamento Europee a queste dedicate.
Presso il Panzini Biodiversity Garden, la Pagoda, si terranno poi incontri e tavole rotonde sui temi legati alla biodiversità e alla valorizzazione dei prodotti del territorio con diverse associazioni di categoria, come la Cna e la Confartigianato, e l’Università Politecnica delle Marche. Gli eventi sono aperti a tutti e l’entrata è gratuita: l’elenco di tutti gli appuntamenti è consultabile sul sito, dove c’è anche la possibilità di prenotarsi un posto.
A completare il già ricco quadro dell’Evento la struttura scolastica dell’I.I.S. Panzini ospiterà fisicamente e virtualmente la “Marche Expo Experience”, la prima mostra didattica che certifica le eccellenze della regione, curata dall’azienda leader di settore Etic srl e visibile anche online, nell’apposita sezione dedicata del sito.
Gli Istituti alberghieri delle Marche hanno selezionato le migliori aziende e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative della regione, nonché le migliori Scuole di Formazione nazionali e internazionali alle quali hanno assegnato un vero e proprio certificato di qualità e sostenibilità.
“La situazione è tragica, produciamo cibo per 12 miliardi di persone, siamo circa 7 miliardi e mezzo sul pianeta, di cui 860 milioni di persone soffrono la fame. Sprechiamo il 33% di quello che produciamo, circa 1.3 bilioni di tonnellate di cibo e questa è una cosa inaccettabile oggi”.
Parole di Massimo Bottura, ospite su Rai3 del programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio in occasione del World Food Day, la Giornata mondiale dell’alimentazione e che, con il suo progetto Food For Soul, è riuscito a salvare 670 tonnellate di cibo dalle discariche, trasformandolo in pasti per 850mila persone. Scopriamo come prendere parte al cambiamento.
“Food for Soul” è il progetto culturale fondato dalla Massimo Bottura e Lara Gilmore, potentissima coppia proattiva della ristorazione mondiale, fortemente voluto per illuminare l’invisibile potenziale di persone, luoghi e cibi.
Investendo nella loro più ottimistica trasformazione, “Food for Soul” mira a riprogettare ambienti, ripensare pietanze e atmosfere di benessere per far accomodare a tavola la dignità attraverso un approccio olistico di arte, design e bellezza.
Ma facciamo qualche passo indietro. Nato nel 1962 a Modena, Massimo Bottura è uno degli chef e ristoratori più famosi al mondo. Nel 1986, dopo aver abbandonato la facoltà di giurisprudenza, Bottura apre la sua prima trattoria in un paese dell’Emilia-Romagna. Alain Ducasse si è fermato per un pasto e ha finito per offrire a Bottura uno stage nel suo ristorante a Monaco. Da lì, Bottura vola a New York, dove conosce la sua futura moglie, Laura Gilmore. Nel 1995 torna a Modena e apre l’Osteria Francescana. Il Ristorante ha ricevuto la sua terza stella Michelin nel 2011 ed è stato in cima alla lista dei 50 migliori ristoranti del mondo nel 2016 e nel 2018. Nel 2019, Time Magazine ha nominato Bottura una delle 100 persone più influenti al mondo.
L’Osteria Francesca è come una bottega rinascimentale dove facciamo cultura, siamo ambasciatori dell’agricoltura, siamo agenti di turismo, facciamo formazione e adesso anche il sociale.
“Food for Soul” è soprattutto un’organizzazione no-profit nata per incoraggiare le comunità a combattere lo spreco alimentare nell’interesse dell’inclusione sociale e del benessere individuale. Durante Expo Milano 2015, l’associazione ha costruito il Refettorio Ambrosiano, una mensa per i poveri in un teatro abbandonato, e ha portato più di 60 chef internazionali a cucinare dalle eccedenze alimentari risultanti dall’esposizione globale.
Consentendo la trasformazione di persone, luoghi e cibo, Food For Soul costruisce una nuova cultura del valore tesa a rafforzare la resilienza della comunità, aprendo nuove propspettive e opportunità di mobilità sociale, economica per la costruzione di sistemi alimentari più sani ed equi.
Massimo Bottura, ospite ieri sera su Rai3 nel programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio in occasione del World Food Day, la Giornata mondiale dell’alimentazione ha tuonato così:
La situazione è tragica, produciamo cibo per 12 miliardi di persone, siamo circa 7 miliardi e mezzo sul pianeta, di cui 860 milioni di persone soffrono la fame. Sprechiamo il 33% di quello che produciamo, circa 1.3 bilioni di tonnellate di cibo e questa è una cosa inaccettabile oggi.
Con il suo progetto Food For Soul, è riuscito a salvare 670 tonnellate di cibo dalle discariche, trasformandolo in pasti per 850mila persone.
Il nostro è un progetto culturale con due scopi, la lotta allo spreco alimentare e quella all’isolamento sociale, attraverso il potere della bellezza, il valore dell’ospitalità e la qualità delle idee.
La bellezza, perché questi luoghi sono pieni di bellezza, di arte, di design, di architettura meravigliosa e di creatività che è al centro del progetto; la bellezza del modo in cui noi serviamo i piatti e questo è il valore dell’ospitalità perché la parola “benvenuti” – “venite, accomodatevi, ci occupiamo di voi” – è qualcosa di straordinario, di potentissimo. Poi la qualità delle idee, le idee che possono sviluppare tantissime altre idee, perché noi piantiamo semi, costruiamo ponti, congiungiamo refettori e volontari in tutto il mondo. Pensa che in questi 7 anni abbiamo unito 105mila volontari e chef di tutto il mondo.
La parola Refettorio deriva dal tardo latino ecclesiastico refectorium, sostantivato netro di refectorius «che serve a ristorare», che deriva a sua volta da reficĕre «ristorare». In origine era un luogo in cui i monaci si riunivano per condividere il pasto quotidiano. Food For Soul (ne avevamo già parlato qui) collabora con organizzazioni locali, produttori, artisti, architetti e leader della comunità per rinnovare spazi sottoutilizzati trasformandoli in centri di ispirazione comunitaria, dove alle persone in situazioni di vulnerabilità sociale ed economica vengono serviti pasti nutrienti cucinati con ingredienti in eccesso che altri avrebbero buttato via.
Il nostro obiettivo è sviluppare spazi ed esperienze che possano avere un impatto reale e che possano aiutare a rendere le nostre comunità più resilienti, aprire opportunità di crescita economica e rendere il nostro sistema alimentare più equo e sano.
Io nella mia testa volevo costruire il Miracolo a Milano e quindi avevo già ideato di creare il refettorio sotto la stazione dei treni di Milano; ma, con Davide Rampello, l’Arcivescovo Scola, la Caritas eravamo in forse, però l’Arcivescovo mi ha detto ‘la qualità delle tue idee è straordinaria.
Allora abbiamo sentito Roma e il nostro Papa ci ha detto che avremmo dovuto portare la luce nelle periferie più che nel centro della città, concentrarci sulle periferie; da lì siamo arrivati a Greco che era allora il quartiere più disagiato di Milano.
Appena siamo arrivati abbiamo incontrato Don Giuliano, che adesso è a Roma, che ci ha guardato e ci ha detto ‘Vedi? Sta passando il treno, quello è il futuro!
Io mi son guardato intorno e ho detto ‘questo è l’uomo giusto per fare questo progetto’ e da lì è iniziato il progetto delle periferie.
Sappiamo che lo spreco alimentare è la prima causa di cambiamento climatico ed è per quello che le Nazioni Unite sono così attente e coinvolte nel nostro progetto, proprio perché il nostro progetto coinvolge 10 dei 17 gol delle Nazioni Unite.
Refettorio Ambrosiano, Refettorio Felice, Refettorio Gastromotiva, Refettorio Parigi, Refettorio Made in Chiostro, Refettorio Antoniano, Refettorio Modena, Refettorio Merida, Refettorio Lima, Refettorio Harlem, Refettorio San Francisco, Refettorio Ginevra, Refettorio OzHarvest Sydney. Ad oggi sono 13 i refettori firmati Food For Soul in tutto il mondo che servono milioni di pasti a persone in difficoltà recuperando centinaia di tonnellate di cibo che altrimenti andrebbe sprecato: un grande progetto per una nobilissima causa, più attuale e preoccupante che mai. Perchè abbiamo tutti un ruolo nella lotta allo spreco alimentare.
Unirsi alla rete di volontari e farsi coinvolgere attivamente è possibile perchè il progetto abbraccia sia coloro che hanno bisogno di avere, sia coloro che hanno abbastanza da dare.
Volete sapere come fare? Cliccate QUI per fare la differenza.
Se qualcuno fosse ancora convinto si tratti della stessa cosa, è in tempo per fare ammenda. Perchè in Italia dal 1939 esiste un decreto Regio che bene chiarisce la loro differenza: Castagne e Marroni sono espressioni dello stesso ceppo, ma ben distinte tra loro. Mi spiego meglio.
La castagna è l’irregolare seme dello spinoso riccio, frutto della pianta selvatica chiamata Castanea Sativa, ovvero l’imponente e antichissimo Castagno, noto anche come “albero del pane”;
il marrone, più paffuto, è nato invece quando l’uomo, convinto dalla bontà della castagna e delle sue ghiotte applicazioni culinarie, ha deciso di addomesticare il Castagno ottenendo un prodotto simile ma diverso per colore, grandezza, forma e sapore.
Selezionato nel tempo dai coltivatori al fine di migliorarne i tratti distintivi, il marrone presenta caratteristiche ben diverse rispetto al seme commestibile del frutto del castagno selvatico, alla vista e soprattutto al gusto.
Più comodo nel suo “riccio per tre” rispetto alla cugina castagna, che invece abita nella casetta dei “sette nani”, la superficie del Marrone è più chiara, talvolta striata. Le dimesioni più generose, la buccia meno spessa, la membrana più sottile e omogenea, raramente inserita nel frutto e facile da portar via, la sua polpa più dolce e compatta, più semplice da lavorare.
Da sempre salvifico cibo per i popoli di montagna, bosco o collina, nutriente pane vegatel offerto dalla natura per arginare la grama vita; Castagne e Marroni sono entrambi ricchi di amidi, carboidrati, fibre e sali minerali. Potature, innesti e selezioni, hanno prodotto cultivar di ottima qualità.
Bollite, arrostite o lavorate secche in nutriente farina, vengono utilizzate per preparare il famoso Castagnaccio, e ancora in creme, composte torte e crepes. Per arrcchire patti salati o farcire tacchini e polli al forno, ma anche per preparare pasta fresca come tagliatelle, ravioli, gnocchi, minestre e zuppe d’autunno.
I marroni, invece, più zuccherini e caratterizzati dalla forma a cuore, hanno la corsia preferenziale verso le pasticcerie per essere trasformati interi in deliziosi e morbidi Marron glacé o tritati in composta per il golosoMontblanc, o ancora nelle cucine gourmet dove vengono applicazione dei piatti creativi.
Per gli amanti delle prepaparazioni più cassiche e conviviali, come le caldarroste, ecco una selezione delle Sagre del Lazio che festeggiano il prezioso dono di stagione.
Cenni storici
Difficile stabilire precisamente dove si sia originato il primo Castagno, ma quello che si sa certamente è che ha circa 10 milioni di anni e che si è diffuso prima in Asia, in Europa e nelle Americhe.
Numerosi scritti confermano, già nell’antichità, la presenza della castagna in Grecia: Ippocrate nel IV sec. a.C. parla di “noci piatte”, Senofonte, nei suoi scritti parla della “noce piatta senza fessure”. Ma le castagne erano conosciute anche nell’antica Roma, le testimonianze sono di Catone il censore (II sec. a.C.) che nel suo trattato De Agricoltura parla di “noci nude” e di marco terenzio Varrone (I sec.a.C.) che nel suo manuale De re rustica menziona la castanea, che venduta nei mercati frutticoli della Via Sacra a Roma, veniva donata dai giovani innamorati alle donne amate. Persino Virgilio, nelle Bucoliche, elogia le qualità e il gusto della “castanea”.
Proprietà
Tantissime le proprietà delle castagne. Naturalmente senza glutine, possono essere consumate da intolleranti o celiaci. Da un punto di vista nutrizionale, la castagna contiene un’alta percentuale di amidi e sono una buona fonte di proteine, sali minerali (soprattutto potassio, fosforo, zolfo, magnesio, sodio, calcio, ferro) e vitamine (C, B1, B2 e PP). Contengono molte fibre alimentari che inibiscono l’assorbimento del colesterolo. Insieme alla fibre agiscono bene i grassi presenti in questo frutto che abbassano il colesterolo LDL (il cattivo) e alzano l’HDL (il buono) e corrispondono all’ di 80% grassi insaturi (44% di acido oleico, più omega 3 e omega 6).
Sagre e Province in Festa
di Benedetta Ferrari
Nel Viterbese: celebri sono le castagne della Tuscia, prodotto tipico di tradizione millenaria. Le castagne dei Monti Cimini si producono dai 500 ai 900 metri sul livello del mare nei comuni della Comunità Montana dei Cimini, che sono Caprarola, Canepina, Capranica, Carbognano, Ronciglione, Soriano nel Cimino, Vetralla, Vignanello, San Martino al Cimino e Vitorchiano. Qui, le vaste estensioni di castagneti secolari che si sono formate in questo terreno di origine vulcanica, dove esistono esemplari imponenti, consentono di ottenere castagne e marroni di elevata qualità. Ma una menzione d’onore la ottiene ovviamente la castagna viterbese di Vallerano, dove il prodotto DOP si può raccogliere ma anche gustare in questa località, particolarmente attiva nell’organizzare grandi feste popolari per i visitatori.
Tra le sagre laziali dedicate alla castagna a cui non mancare, c’è sicuramente la lunga Festa della Castagna di Vallerano, che è diventato uno dei cibi D.O.P d’Europa dal 2009. La festa si svolgerà fino al primo weekend di novembre (1 novembre) all’interno del caratteristico borgo viterbese con le sue antiche case di tufo, mura medievali e chiese assolutamente da visitare.
Da non perdere sempre in provincia di Viterbo, la XXXIX° edizione, delle “Giornate della Castagna” di Canepina. Qui il 30 e 31 ottobre è ancora possibile gustare questo prodotto tipico tra i tanti eventi musicali e artistici organizzati in occasione della manifestazione. E la storica, giunta alla 55esima edizione, edizione, quella di Soriano nel Cimino In provincia di Frosinone invece, la castagna DOC si trova nel Comune di Terelle e si divide in tre qualità di prodotto tra la Primutica, grande e di colore marrone chiaro, la Pelosella piccola e di colore marrone scuro, e la Pizzutella piccola di color marrone rossastro. Il castagneto di Terelle è un meraviglioso castagneto secolare, dichiarato “monumentale”, vanto del paese e senz’altro tra i più belli di tutto il Lazio. Il più grande castagno ha una circonferenza di 12 metri e il più “anziano” ha 800 anni.
A Rocca di Papa, sui Colli Albani, al via la 41esima sagra delle castagne che si svolge ogni anno la terza domenica di ottobre, sin dal 1979. La Sagra è dedicata alla tipica castagna locale, detta Rocchicianella, dalle piccole dimensioni e dal gusto dolce: prodotta in più di 2000 ettari di castagneti, rappresenta uno dei più grandi vanti del paese.
Per cercar castagne in provincia di Rieti, è invece bellissimo percorrere la Valle del Turano. Oltre al comune di Pescorocchiano, in quasi 4 chilometri di boschi intorno al comune di Collegiove, si possono trovare le tipiche castagne rossastre dal gusto delicato (Castagna Rossa del Cicolano). Rinomato è poi il Marrone Antrodocano, un prodotto d’eccellenza con Denominazione d’origine comunale, che si trova nei castagneti tra i comuni di Antrodoco, Borgovelino, Castel S. Angelo, Città Ducale e Micigliano.
Il 31 ottobre e 1 novembre ad Antrodoco, è possibile gustare una vera prelibatezza del reatino, il Marrone Antrodocano, nella “Sagra del Marrone Antrodocano” della “Festa d’Autunno” di Antrodoco. Dal 29 Ottobre al 1 Novembre 2022 si svolge ad Antrodoco la “Festa d’Autunno” che comprende la settima edizione delle vie del Marrone Antrodocano con mercatini e stand gastronomici. Il Marrone Antrodocano. Antrodoco ed i paesi limitrofi (Borgovelino, Castel S. Angelo e Micigliano ) sono circondati da castagneti che producono i tipici Marroni Antrodocani con marchio DE.CO. Il Marrone ha delle differenze sostanziali che lo distinguono dalla castagna; i frutti sono più grandi con una buccia chiara e con striature scure, la pellicina interna è molto sottile e non penetra nel frutto quindi, più facile da staccare. Il sapore è zuccherino. La pianta del marrone è più delicata di quella della castagna comune ed è meno produttiva rendendo i suoi frutti qualitativamente superiori, quindi più ricercati ed apprezzati
In provincia di Latina, splendidi e ricchi castagneti si trovano sui Monti Lepini. Nei comuni di Sezze e Bassiano, ma anche nei boschi tra Lenola e Norma, per festeggiarli il 21-23 ottobre si svolgerà a Rocca Massima, nel più alto paese della provincia di Latina, la nuova edizione della “Sagra dei Marroni”
Se ci fosse sfuggito qualcosa o per maggiori informazioni su date, orari e programmi delle Feste di Provincia cliccate Qui e Buon WeekEnd!
Promosso da Mastri Birrai Umbri nell’ambito dell’Umbria Beer Festival, che si è tenuto a Gualdo Cattaneo il 23-24 settembre 2022, il 1° Convegno internazionale sul malto ha fatto il punto sul confronto tra gli stati produttivi e la crescita prorompente della dimensione artigianale e qualitativa del prodotto italiano.
Si parte da una filiera agricola che comincia sul campo e, attraverso abilità professionali, tecnologie moderne, contributo del mondo scientifico e accademico, arriva su scaffali, tavole o banconi. Scopriamo di più sulla nuova dimensione della Birra.
La produzione Italiana annuale di birra è pari a 15,6 milioni di ettolitri. La produzione italiana di malto è pari a 78 mila tonnellate, mentre importiamo circa il 60% del malto utilizzato. Le prime due malterie italiane producono il 98% del malto nazionale (pari al 38% del fabbisogno italiano). Mentre la Malteria Italiana Artigianale di Gualdo Cattaneo, collegata al birrificio Mastri Birrai Umbri, produce circa l’1% del malto italiano con una capacità di 850 tonnellate all’anno. Una realtà straordinaria inserita in una regione, l’Umbria, che rappresenta da sola il 20% di tutta la produzione dell’orzo italiano da birra.
Quest’anno però la siccità ha tagliato del 20% il raccolto di orzo per la produzione del malto da birra sui trentamila ettari coltivati a livello nazionale (dati Crea). Il primo semestre 2022 si configura come l’anno più caldo di sempre con +0,76°C rispetto alla media storica: lungo la penisola le precipitazioni si sono praticamente dimezzate (-45%).
Questi alcuni dei numeri emersi da “Malti d’autore”, il 1° Convegno internazionale sul malto e l’orzo da birra in Italia, promosso da Mastri Birrai Umbri e da Malteria Italiana Artigianale nell’ambito dell’Umbria Beer Festival del 23-24 settembre 2022.
È la prima volta che si svolge in Italia un momento di riflessione sullo sviluppo della birra artigianale italiana. Di grandissima rilevanza per i contenuti scientifici e per il respiro internazionale. Siamo soddisfatti del confronto svolto tra i vari operatori della filiera, dal campo dove si coltiva l’orzo, alla malteria dove l’orzo si trasforma in malto, al birrificio dove i malti diventano birra”. A parlare è Marco Farchioni, owner e manager di Mastri Birrai Umbri, che spiega così le ragioni del convegno internazionale sul malto e l’orzo da birra in Italia.
A 10 anni dalla fondazione, Mastri Birrai Umbri, da sempre ispirata alla filosofia della sostenibilità contadina, ha cercato di fare il punto non soltanto sul proprio percorso nel mondo brassicolo, ma anche sulla crescita prorompente della dimensione artigianale e qualitativa del prodotto italiano, a partire da una filiera agricola che comincia sul campo e, attraverso abilità professionali e tecnologie moderne, arriva sulla tavola dei consumatori. Per farlo ci siamo affidati anche al contributo del mondo scientifico e accademico. Con il loro aiuto vogliamo che si faccia finalmente luce sulla filiera italiana della birra e che venga valorizzato il contributo di tutti i soggetti che partecipano alla filiera.
La prima produzione della Malteria Italiana Artigianale (M.I.A.) risale al gennaio 2015, appena quattro anni dopo l’inizio dell’attività del birrificio agricolo Mastri Birrai Umbri, uno degli impianti di birra artigianale più grandi d’Italia.
Oggi MIA è la più grande malteria di un microbirrificio in Italia se non in Europa. “La Malteria ha una capacità produttiva annua di 850 tonnellate di malto, con un potenziale che può arrivare fino a circa 1300 tonnellate. Trasforma orzo e frumento in malti pils, pale, monaco, caramello e altri speciali convenzionali e biologici in proprio e per conto terzi, ovvero a vantaggio di altri microbirrifici artigianali”. Così Gianfranco Regnicoli di Malteria Italiana Artigianale snocciola i numeri dell’impresa. “La Malteria Italiana Artigianale combina la germinazione e l’essiccamento in un recipiente unico: il tamburo di germinazione/essiccamento. Una innovazione che consente di razionalizzare i costi di impianto con un processo completamente automatizzato e tracciato, pertanto agevola la tutela della qualità e la sicurezza del prodotto, garantendo la rintracciabilità”, spiega ancora Regnicoli.
Il progetto nasce dalla terra: oltre mille ettari di proprietà, infatti, sono coltivati a seminativo con cura e attenzione per fare crescere le migliori materie prime.
L’obiettivo era creare una filiera non solo a chilometro zero, ma a metro zero”, dice Regnicoli. Grazie alla partnership della Malteria Italiana Artigianale con Mastri Birrai Umbri si realizza la filiera della birra più corta di Europa.
Il malto è prodotto da orzo di campi che circondano gli impianti, fino a massimo 25 km di distanza. Oggi la materia prima per le produzioni di Mastri Birrai Umbri è costituita per oltre il 95 % da malto umbro della filiera prodotto dalla Malteria Italiana Artigianale.
Aggiunge Regnicoli:
per noi è centrale l’attenzione alla promozione del Made in Italy. In quest’ottica siamo impegnati nella ricerca di cereali da genetica Italiana (Progetti UHT, Malti d’autore, BeerNova) per il recupero di varietà antiche di orzo umbro o del centro Italia e alla loro valorizzazione come cereale da maltare per produzione di birra.
La Malteria Italiana Artigianale consente di maltare orzi di piccole aziende, un plus fortemente apprezzato dai birrifici agricoli. Da una parte, la Malteria Italiana Artigianale crea valore aggiunto alla coltivazione e alla birra in cui tale malto è ingrediente, poiché ne garantisce univocamente la provenienza (garanzia di rintracciabilità). Dall’altra, la maltazione per conto terzi mira a dare una risposta alla richiesta di maggiore tipicità e località della materia prima per differenziazione delle birre e valorizzazione del territorio. “Abbiamo dimostrato che è possibile ottenere un malto italiano di qualità con il quale produrre ottime birre. Lo dimostra anche la Medaglia d’argento per il Malto Pils ottenuta al concorso internazionale Malt Cup 2021”, conclude Regnicoli.
Paola Fioroni, vicepresidente dell’assemblea legislativa della Regione Umbria, ha dichiarato che “momenti come questi sono una ricchezza per l’Umbria e la Regione vuole supportarli. Il comparto brassicolo finora è stato sottovalutato. Viceversa, la fioritura di produttori agricoli nella nostra regione è un motivo di vanto e merita di essere sostenuto dalla Regione. È importante puntare sulla territorialità e sul prodotto umbro: anche per questo stiamo lavorando a una legge di tutela del prodotto brassicolo”.
Come ricorda Federico Pallottino rappresentante del CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, “quest’anno la siccità ha tagliato del 20% il raccolto di orzo per la produzione del malto da birra sui trentamila ettari coltivati a livello nazionale. Il primo semestre 2022 si configura come l’anno più caldo di sempre con +0,76°C rispetto alla media storica: lungo la penisola le precipitazioni si sono praticamente dimezzate (-45%). La conseguenza è stata una perdita dell’89% dell’acqua piovana annua, pari a circa 270 miliardi di metri cubi. Il caldo anomalo, alternato ad eventi estremi come grandinate e bufere di vento e pioggia, provoca una riduzione delle rese che possono raggiungere i 55 quintali per ettaro”.
A questo quadro si aggiunga che i cambiamenti climatici e il conflitto in Ucraina hanno provocato un aumento dei costi energetici e delle materie con il risultato che i costi produttivi della birra sono aumentati del 30%. Secondo Pallottino, “non c’è più uno schema preciso di emergenza delle malattie e ci si aspettano cambiamenti sempre maggiori e differenti in termini di forza, capacità e tempistiche di proliferazione. Servono screening più estesi nel tempo e nello spazio. Da qui la necessità di un uso sempre più importante delle tecnologie: per esempio, l’uso di droni low-cost per l’analisi fenolica varietale di parcelle di grano duro e grano tenero e perimetro di orzo e per la stima dell’allettamento, ovvero il ripiegamento fino a terra di piante erbacee, per l’azione del vento o della pioggia”. Tra i vantaggi dell’uso dell’optoelettronica, secondo il Crea, ci sono l’aumento delle superfici analizzate, la riduzione dei tempi di screening tradizionalmente impiegati in laboratorio, la riduzione dei costi di analisi per campione/unità di superficie e la riduzione del lavoro umano.
Stefano Ravaglia, della Società Italiana Sementi, dopo aver sottolineato l’impegno della Sis, in collaborazione con Bonifiche Ferraresi, nel miglioramento genetico delle colture, ricorda che “per la realizzazione di una nuova varietà serve un tempo molto lungo: circa 14 anni. Sei anni per l’incrocio e la stabilizzazione dei caratteri, 4 per la valutazione delle performance qualitative e produttive, 2 anni per realizzare il dossier per l’iscrizione all’Ense, 2 anni per la messa a punto di tecniche agronomiche per ottimizzare i risultati”.
La Sis, attenta alla qualità tecnologica dell’orzo per la produzione della birra e alla studio dell’orzo distico, quello più adatto produzione della birra, è stata protagonista del progetto Uht (Umbria Hordeum Typi) per la reintroduzione di varietà di orzo antiche da birra. Tra gli obiettivi: conoscere lo status di coltivazione dell’orzo in Regione e le capacità di adattamento delle diverse varietà presenti ai microclimi regionali.
Con riguardo alla biodiversità degli orzi italiani, Ravaglia dice : “il presupposto è la sostenibilità economica, servono attività condivise con scambio di informazioni. Abbiamo tanto da capire, nel frattempo abbassiamo i costi della ricerca con le tecnologie”.
Antonio Catelani, di Adriatica spa (che produce e commercializza fertilizzanti in tutto il mondo) a proposito dei cambiamenti climatici osserva: “Ormai si va verso un’agricoltura sempre più ingegnerizzata. Una volta le siccità segnavano il tempo ora sono cose che diventano quotidiane. Oggi ci vuole pertanto un’agricoltura condotta per ammortizzare questi stress abiotici”.
Continua Catelani: “La filiera della birra è la prima filiera industriale in italia. Caratterizzata da una continua ricerca di equilibrio della materia prima, sulla base della collaborazione tra agricoltore, maltatore e birraio. A dispetto di questa grande capacità di innovazione, la filiera della birra è stata sempre discriminata. Le sue domande non hanno mia avuto risposta. Basti pensare che la birra è un prodotto alcolico gravato per il 30% del costo dalle accise. Sul seme dell’orzo da birra insiste il 10% di iva.
I fondi vanno solo alla filiera del grano duro. Insomma, la filiera della birra è avanzata ma discriminata, forse perché si pensa che è un prodotto industriale. Adesso, dopo 30 anni di battaglie, serve un sostegno agli agricoltori”. Catelani sottolinea un altro elemento chiave della filiera: “la particolarità dell’industria birraria è che i birrai condividono la ricerca. Vogliono solo un determinato malto e questo ha regolato tutto ciò che c’è a valle: per 7-8 milioni di tonnellate di orzo da birra ci sono 15 varietà al massimo. Viceversa, nel mondo della pasta, per un milione 200mila tonnellate di grano esistono 150 varietà perché i pastai non sanno fare sintesi e non governano la filiera. Ecco perché gli agricoltori dell’orzo non devono essere figli di un dio minore”.
Mauro Pellegrini, presidente Unione degustatori birre, presentando la prima parte dei lavori, ricorda che “investire su orzo e malto italiano deve diventare la strada maestra per il movimento della birra artigianale italiana. In particolare, i birrifici artigianali dovrebbero lavorare su tre linee di sviluppo. Investire sul prodotto italiano, consapevoli che ne possono derivare birre di grande qualità e piacevolissime da bere. Fare squadra tutti insieme (e con i produttori agricoli e le malterie esistenti sul territorio) per rafforzare l’impatto della filiera artigianale italiana e il movimento brassicolo nazionale. Imparare a concepirsi come aziende a tutto tondo, capaci non soltanto di realizzare ottime birre, ma anche di fare marketing e comunicazione di qualità, raccontando le caratteristiche del territorio di riferimento, proprio come sta facendo ormai da un decennio Mastri Birrai Umbri”.
Fabio Scappaticci della Malteria Saplo (dove l’orzo viene trasformato in malto per la produrre la birra Peroni), racconta: “Gestiamo dei campi sperimentali con varietà già approvate ma la malteria le deve valutare. Copriamo la fascia centrale dal Tirreno all’Adriatico: si tratta di areali con condizioni pedoclimatiche molto diverse, ecc. L’Umbria rappresenta il 20% di tutta la produzione dell’orzo da birra”.
E continua: “l’orzo italiano è molto sano. Saplo sceglie tutto dall’inizio alla fine, dalla scelta varietale alla semina alle coltivazioni. Tra agronomo-maltatore-birraio deve esserci un dialogo necessario in vista del prodotto finale. Nel team di Saplo abbiamo 3 agronomi su 6. Noi maltatori siamo ancora molto pochi in Italia ma il maltatore è il pivot della filiera”.
Ombretta Marconi, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali Università di Perugia e ricercatrice del CERB, (Centro di ricerca per l’eccellenza della birra) di Perugia ha raccontato il progetto Malti d’autore orientato all’utilizzo di ozi antichi umbri ispirato a principi di base come dil legame con il territorio, la sostenibilità e la qualità. Il progetto ha ottimizzato il processi di produzione della birra da malti ottenuti da orzi antichi locali.
Michele Sensidoni, mastro birraio di Mastri Birrai Umbri, racconta:
Mastri Birrai nasce nel 2011 e, a partire dal 2015, abbiamo anche una malteria interna. Noi siamo un birrificio agricolo: una azienda integrata nella produzione e nella vendita diretta di birra agricola e nella produzione di malto come attività connessa. Per questi motivi siamo legati alla stagionalità della produzione agricola che richiede pianificazione e capacità di stoccaggio e che è legata alla variabilità della qualità media del raccolto. In presenza dei cambiamenti climatici siamo chiamati a salvaguardare il nostro territorio, la fertilità dei campi e le risorse idriche. Tutto il nostro lavoro è organizzato sulla base di processi sostenibili.
In 12 anni sono nate numerose aziende in Italia che producono non solo il loro orzo o il loro luppolo, ma che in alcuni casi trasformano l’orzo in malto, sviluppando vere e proprie filiere. Poter contare sul malto d’orzo a km0 ci offre una serie di vantaggi: produzione in base alla necessità, “freschezza” del malto, feedback immediato, tracciabilità e rintracciabilità, originalità del gusto, valore del brand e possibilità di story telling. Per me avere il maltatore come vicino di casa è un grandissimo pro”. E gli svantaggi? “Ovviamente il cambiamento e la risposta al mercato può essere più lento, così come l’adattamento e la sostituzione della ricetta”.
Carlo Schizzerotto, direttore del Consorzio Birra Italiana, avverte: “Birrifici artigianali a rischio con il crollo del 34% del raccolto 2022 dell’orzo per il malto rispetto all’ultimo anno prima della pandemia a causa di siccità ed eventi meteo estremi, mandando in crisi una delle filiere più importanti per la produzione Made in Italy, mentre esplodono i costi dell’energia aumentati del 180% a causa della guerra in Ucraina”. Secondo Schizzerotto, “negli ultimi 4 anni (2019-2022) c’è stata una diminuzione della coltivazione e della resa, passando da 36 mila ettari di orzo del 2019 ai 30mila ettari di quest’anno. In questo scenario, è necessario sostenere i produttori di birra artigianale italiana con la stabilizzazione del taglio delle accise per non mettere a rischio un’intera filiera di alta qualità del Made in Italy con effetti sulla produzione, i posti di lavoro e sui consumi. La filiera della birra artigianale italiana conta infatti 1085 attività produttive in tutto il territorio nazionale che, dal campo alla tavola, danno lavoro a circa 93.000 addetti, per una bevanda i cui consumi sono destinati quest’anno a superare il record storico di oltre 35 litri pro capite per un totale di 2 miliardi di litri generando un volume di fatturato che, considerando tutte le produzioni, vale 9,5 miliardi di euro“.
Conclude Schizzerotto:
Pensare sempre più pensare la birra con un sistema italiano. Le risorse ci sono: basti pensare che due grandi aziende che producono malto in Francia e in Germania lo fanno grazie all’acquisto di orzo dall’Italia. Serve valorizzare il prodotto italiano artigianale da filiera agricola italiana: creare birra usando solo materia prima italiana con un percorso virtuoso che può sostenere l’intera filiera.
“Eventi come questi sono fondamentali per creare comunità”, ammette Hannah Turner, rappresentante dell’Amba, l’American Malting Barley Association, l’associazione che offre sostegno alla filiera produttiva e alla qualità della birra negli Stati Uniti. Secondo Turner,
l’impatto economico della filiera in America è pari a 685 milioni di dollari, il 60% dell’orzo coltivato usato per la birrificazione è una percentuale molto importante. Sono molti i programmi di ricerca per la birrificazione dell’orzo e sempre più numerosi i birrai che cercano di attingere all’orzo locale”. Quest’anno la siccità ha colpito anche gli Usa, dunque, dice Turner, “ci stiamo concentrando sulla sostenibilità e sulle varietà capaci di resistere alle condizioni più difficili nella logica della sostenibilità e della resilienza”. In generale, nel 21° secolo la crescita della birra artigianale ha creato nuovo interesse nel malto.
I produttori chiedono info sulle materie prime e riprendono le tecniche di produzione artigianale di una volta. La mia associazione nasce da questo movimento. Ci sono 8 malterie che producono malto secondo la tradizione e sono venute in Europa per imparare e riscoprire i segreti della tradizione. L’Amba cerca di aumentare conoscenza, qualità e innovazione e definisce la categoria di maltatore professionale. Le piccole malterie rispondo a questi parametri: la produzione è inferiore alle dieci tonnellate di orzo, il 50% dei cereali proviene da un raggio di massino 804 km e la fabbrica deve essere indipendente”. L’obiettivo di Hannah Turner? “Vorrei creare una maggiore congiunzione tra maltatori e birrai. Il malto artigianale cresce e arriva alla birrificazione artigianale, ma siamo ancora indietro di 15 anni rispetto all’altra filiera industriale. Intanto, i membri dell’associazione aumentano: sono 67 nell’America del Nord, con 35 malterie funzionanti. Siamo alla ricerca di un connubio tra esigenze della maltazione della birrificazione e vogliamo creare un senso di comunità tra maltatori e birrai.
Interessante la testimonianza di Luca Tassinati del birrificio artigianale Liquida: “Siamo partiti due anni fa e abbiamo variato i fornitori per offrire una varietà di prodotti. Facciamo soprattutto birre luppolate e ci appoggiamo a Weyermann, Mastri Birrai Umbri e MrMalt. Per noi importante che la materia prima si fresca, buon profumo, buon aroma e che sia costante senza dover riaggiustare i metodi produttivi durante l’anno. Non abbiamo creato una linea di birre standard e così possiamo sperimentare nuovi prodotti: potrebbe essere uno svantaggio ma anche un vantaggio. Puntiamo a prodotti di qualità elevata ma differenziati. Vogliamo spaziare da una materia prima all’altra senza esser legati a una linea base. Stiamo passando dal malto al malto italiano: abbiamo fatto un test e piano piano anche in blend riusciamo a ottenere risultati molto soddisfacenti anche più di prima”.
Manfredi Guglielmotti, consulente tecnico di MisterMalt (azienda che seleziona e distribuisce ingredienti e attrezzature ai produttori di birra artigianale), analizza il 2022: “Il raccolto è nella media: alcune zone di Francia e Germania ha offerto rese inferiori e contenuto di proteine basso, altre zone invece molto bene (UK, nord Europa, Canada), con rese sopra la media. Da registrare gli aumenti di prezzo dovuti principalmente ai costi dell’energia (in particolare in Germania e Belgio) e l’aumento dei costi dei prodotti chimici”. Quali saranno le nuove tendenze? Secondo Guglielmotti, soprattutto tre: la riscoperta delle varietà antiche, l’aumento della richiesta di prodotti Bio e la creazione di malti speciali da altri cereali. “Il confronto continuo tra i vari componenti della filiera – coltivatori, malatatori, birrai e distributori – è sempre più importante. I birrai chiedono soprattutto qualità del malto ((buone rese, profilo aromatico, e performance), mentre la costanza del prodotto resta una sfida per tutti gli operatori della filiera”, conclude Guglielmotti.
Per la sesta edizione de “La Fiera dei Sapori”, dal 14 al 16 ottobre a Frascati, il gusto dei Castelli Romani dara mostra di sè sulla passeggiata panoramica con oltre 100 specialità tra fromaggi, salumi, primi e secondi piatti tipici, fritti, pizza, dolci, birre e buon vino.
Con la migliore selezione dei prodotti tipici del basso Lazio e la partecipazione esclusiva della regione Campania, la Fiera dei Sapori sarà caratterizzata da un intenso programma di laboratori – con particolare attenzione ai bambini per tramandare tradizioni di valore – e showcooking organizzati dall’Associazione Castelli Romani Food & Wine con i protagonisti della Cucina Castellana contemporanea. Leggiamo il programma!
Torna La fiera dei Sapori ad irradiare con la sua voglia di buono il corso panoramico della “bella dei Castelli Romani”. Da venerdì 14 a domenica 16 ottobre, saranno oltre 25 le realtà presenti sul Viale Vittorio Veneto, tra produttori, aziende vinicole, storiche e nuove insegne tutte pronte a mettere in mostra più di 100 tra i migliori prodotti enogastronomici e piatti dei Castelli Romani, del Lazio e non solo.
Tra le tante bontà laziali, special guest di questa sesta edizione sarà infatti la Campania, con un’area dedicata ad alcune tipicità del suo territorio meno note tra cui i Cicatielli di grano duro con passata di pomodori di colline irpine e poleggio di Sturno e lo straordinario Soffritto di maiale nero al Taurasi, con peperoni tondi all’aceto di Fiano.
Un appuntamento irrinuciabile, un fine settimana dedicato al gusto e alla scoperta che mette in primo piano la tradizione da tramandare, il territorio come risorsa da valorizzare e teatro perfetto delle sue eccellenze. Francesca Sbardella, Sindaco della città, sottolinea:
Anche quest’anno la Fiera dei Sapori farà tappa nella nostra città. L’evento, dedicato alla gastronomia, ai vini e ai cibi di produzione locale, e curato da Valica, ci farà vivere un weekend all’insegna della convivialità, dei sapori di casa nostra, della degustazione di prodotti tipici, dal cuore della terra al cuore del centro storico.
Sarà un’occasione di incontro per tutta la cittadinanza: ci saranno momenti di assaggio e conoscenza dei prodotti enogastronomici, guidati dai produttori del nostro territorio, che quotidianamente si impegnano per valorizzare le eccellenze e i cibi della tradizione, traghettando le loro conoscenze verso un futuro che vede come protagonista la qualità.
Specialità e laboratori: la ricetta di Fiera dei Sapori per conquistare ogni età
Ogni area di degustazione è dedicata ad una categoria di prodotti specifica tra: primi piatti, secondi piatti, sfizi, dolci, vini e birra. Ogni gusto sarà accontentato, ogni palato potrà conoscere ed assaporare una grande varietà di ricette, specialità e sapori autentici dalla Carbonara special, Cappellacci ripieni agli Strozzapreti ai funghi porcini. Tra i secondi l’immancabile Trippa alla romana e Polpette; per i più smart pizza, panini gourmet e sfizi fritti di ogni sorta. Spazio ai dolci con il tiramisù, la sbriciolata, le ciambelline al vino e i tradizionali Brutti ma Buoni. Tutto rigorosamente accompagnato da vini tipici, birre artigianali e cocktail come lo spritz castellano che ben si presta ad accompagnare il cibo da strada e le passeggiate di gusto tra i sapori della tradizione.
Gli ShowCooking dei “Castelli Romani Food&Wine”
Il lungo weekend de “La Fiera dei Sapori” è anche Cucina, approfondimento sul territorio, intrattenimento ed eventi dedicati a grandi e bambini, grazie alla collaborazione con l’Associazione Castelli Romani Food & Wine.
Largo spazio anche ai Grandi showcooking degli chef protagonisti del territorio che intrepretano la tradizione con piglio moderno e personale come Eleonora Masella de “la Credenza” di Marino; ca Piacente di “Osteria San Rocco Piacente” a quattro mani con Vitaliano Bernabei de “il Norcino Bernabei dal 1912”; Jacopo Ricci di “DLR – Dopolavoro ricreativo”, Claudio Carfagna de “La Galleria di Sopra”, Alain Rosica di “Belbevdere dal 1933” e Paolo Cacciani del “Ristorante Cacciani”.
Laboratori, Quiz e Attività
Per i bambini ci saranno i laboratori di artigianato e riciclo, ma anche la possibilità di mettere le “mani in pasta” e realizzare insieme dolci e biscotti. Gli adulti potranno invece partecipare ai laboratori botanici-culturali e ai tour esperienziali nell’enogastronomia dei Castelli Romani.
Ampio spazio anche al divertimento con il quiz indoVINO, un gioco a premi con Degustazione e Quiz sui Vini a cura dell’Associazione Castelli Romani Food&Wine che si svolgerà Domenica 16 Ottobre alle 17,00. E poi “il Bosco nel Piatto” venerdì 14 alle 20: un incontro/laboratorio di conoscenza botanico-culinaria delle erbe spontanee e fiori eduli, risorsa alimentare antica da riscoprire per portare a tavola sapori inaspettati e importanti virtù nutrizionali; il laboratorio di artigianato e riciclo creativo – Sabato 15 Ottobre e domenica 16 Ottobre dalle 13.00 alle 15.00; le degustazioni sulle birre artigianali e sulle grappe; la Masterclass sui Vini a cura de Le Donne del Vino Sabato 15 Ottobre dalle 17,00 alle 18,00. Tutto il nutrito programma al Link.
Fiera dei sapori ha l’ambizione di promuovere e far conoscere i piatti e i prodotti del territorio a turisti e appassionati di enogastronomia. L’evento nasce a Frascati in collaborazione con aziende e ristoratori locali. Questa edizione avrà ospiti dalla regione Campania oltre a importanti aziende dei Castelli Romani e del Lazio. Lo spirito dell’evento è crescere aggregando sempre più territori e diventare espressione dei sapori d’Italia.
L’evento che si svolge lungo “La Passeggiata di Frascati” è aperto a tutti ed è possibile acquistare, come ogni anno, dei carnet di gettoni (ogni gettone vale €1) per consentire le varie degustazioni. I gettoni possono essere acquistati online sul sito della manifestazione o direttamente in loco.
Fiera dei Sapori vi aspetta a Frascati (RM) in Viale Vittorio Veneto, nelle giornate di venerdì 14 ottobre dalle 18 alle 23, sabato 15 Ottobre dalle 12 alle 23 e domenica 16 Ottobre dalle 12 alle 22.
Per maggiori informazioni consultate il sito ufficiale , inviate una email a info@fieradeisapori.it o telefonate allo 06 – 9499884
L’evento, in collaborazione con Magnolia Eventi e il patrocinio del Comune di Frascati, è organizzato da Valica, prima tourism marketing company in Italia con all’attivo numerose manifestazioni su tutto il territorio nazionale, come ad esempio Borgo diVino in Tour.
E’ successo qualche sera fa a Barcellona, in occasione della cerimonia di premiazione dei World’s 50 Best Bars. Il Drink Kong di Patrick Pistolesi ha scalato la classifica afferrando la posizione numero 16 e confermandosi come il bar italiano più sofisticato e premiato su scala globale. Oltre alla più alta posizione assegnata all’Italia nell’edizione 2022, tanti gli italiani del buon bere del mondo. Scopriamo insieme quali sono i nostri fiori all’occhiello!
Un bar affollato da romani e visitatori internazionali che sanno di trovare da Drink Kong alcuni dei cocktail più visionari della città. È Patrick Pistolesi l’uomo che ha dato forma a questa visione così particolare, e il suo nuovo menu «Perimetro», lanciato nel 2022, fa un ulteriore passo avanti verso nuovi territori. Segue l’acclamato menu «New Humans» (…)
Scrive così la World’s 50 Best Bars del Drink Kong di Roma.
Lei è la classifica che celebra il top della mixology internazionale. Loro sono Patrick Pistolesi e il suo golden team: Massimo Palmieri, Richard Ercolani, Claudia Gianvenuti, Ilaria Valeri e uno staff di fuoriclasse composto da Livio Morena, Davide Diaferia, Alessio Zaccardo, Federico Usai e Andrea Pace.
E’ accaduto qualche sera fa a Barcellona: il locale romano di Patrick Pistolesi – che a soli quattro anni dall’apertura ha già fatto incetta di riconoscimenti nazionali e internazionali – non solo è rimasto saldo nella top 20 del prestigioso award, ma ha salito 3 gradini rispetto al 2021 accomodandonsi alla posizione numero 16 la quale, oltre ad essere la più alta assegnata all’Italia in questa edizione, vede tanti i bravissimi italiani al bancone del buon bere del mondo.
Basta scorrere la cronistoria dei suoi successi al World’s 50 Best Bars, un award che ha acceso i riflettori sull’«Instinct Bar» capitolino sin dalla sua inaugurazione nel 2018 e ne ha riconosciuto da subito l’eccellenza nel settore hospitality & beverage: a pochi mesi dall’apertura Drink Kong era infatti già all’82° posto della classifica 2019 dei migliori 100 bar del mondo, aggiudicandosi anche il «Campari One to Watch Award»; nel 2020 ha scalato ben 37 posizioni ed è entrato nei 50 Best Bars attestandosi al 45° posto; nel 2021 è salito addirittura di altre 26 posizioni e raggiunto il 19° posto. Infine quest’anno ha continuato la sua ascesa fino alla posizione numero 16.
Drink Kong (del quale abbiamo raccontato recentemente qui) è un «Instinct Bar». La carta dei drinks serviti indica solo il distillato di partenza, ma non gli altri ingredienti. Ne viene invece descritta una suggestione proprio per consentire all’ospite di affidarsi al proprio istinto nella scelta del drink e all’immaginazione di ciò che andrà a bere, senza essere influenzato da ricette già conosciute.
Ma il riferimento del buon bere mondiale nella classifica dei The World’s 50 Best Bars parla italiano già dalle prime battute. Il migliore bar del mondo per il 2022 è infatti il Paradiso di Barcellona, guidato dall’italiano Giacomo Giannotti; Tayēr + Elementary di Londra, in seconda posizione; e con Sips, sempre a Barcellona, un’altra medaglia di bronzo va ad un italiano: Simone Caporale. Al 16° c’è Roma con il Drink Kong di Patrick Pistolesi ( +tre posizioni rispetto al 2021), seguono il 1930 Cocktail Bar di Milano, Locale a Firenze e L’Antiquario di Napoli.
Dietro questo successo c’è un grande lavoro di squadra e di concetto guidato da Pistolesi, come si legge nelle motivazioni dei World’s 50 Best Bars, ha dichiarato Patrick Pistolesi ieri a Barcellona ricevendo il riconoscimento.
«Situato in una piazza verdeggiante a poca distanza dal centro di Roma, Drink Kong probabilmente non è il bar che ti aspetteresti di trovare. Attingendo al futurismo degli anni ’70, a King Kong e ad influenze giapponesi, si amalgama un concept che prende vita in uno spazio avvolto nel nero delle decorazioni da nightclub, illuminato da nient’altro che neon.
Un bar affollato da romani e visitatori internazionali che sanno di trovare da Drink Kong alcuni dei cocktail più visionari della città. È Patrick Pistolesi l’uomo che ha dato forma a questa visione così particolare, e il suo nuovo menu «Perimetro», lanciato nel 2022, fa un ulteriore passo avanti verso nuovi territori. Segue l’acclamato menu «New Humans», con cui ha guidato audacemente l’ospite nel profilo del gusto attraverso colori, aggettivi e stile svelando ben poco delle sue parti costitutive, oltre all’ingrediente principale dei cocktail. Prendi gli echi di banana o mele. Metti tutto insieme – l’arredamento, l’atmosfera e i drink – e non c’è nessun posto nel mondo dei bar come Drink Kong».
Pubblicata per la prima volta nel 2009 The World’s 50 Best Bars fornisce una classifica annuale dei bar votati da 650 esperti di bevande di tutto il mondo. L’elenco rappresenta la guida internazionale definitiva ai migliori bar e destinazioni per bere nel mondo.
The World’s 50 Best Bars 2022 – la classifica
Paradiso, Barcellona
Tayēr + Elementary, Londra
Sips, Barcellona
Licorería Limantour, Città del Messico
Little Red Door, Parigi
Double Chicken Please, New York
Two Schmucks, Barcellona
Connaught Bar, Londra
Katana Kitten, New York
Alquimico, Cartagena
Handshake Speakeasy, Città del Messico
Jigger & Pony, Singapore
Hanky Panky, Città del Messico
BKK Social Club, Bangkok
Salmon Guru, Madrid
Drink Kong, Roma
Coa, Hong Kong
Floreria Atlantico, Buenos Aires
The Clumsies, Atene
Baba au Rum, Atene
Cafe la Trova, Miami
Attaboy, New York
Satan’s Whiskers, Londra
Tropic City, Bangkok
Kumiko, Chicago
Sidecar, Nuova Delhi
Tres Monos, Buenos Aires
Argo, Hong Kong
Maybe Sammy, Sydney
Swift, Londra
Line, Atene
Baltra Bar, Città del Messico
Manhattan, Singapore
Overstory, New York
1930, Milano
Dante, New York
A Bar with Shapes for a Name, Londra
Zuma, Dubai
Locale Firenze, Firenze
Red Frog, Lisbona
Cantina OK!, Sydney
CoChinChina, Buenos Aires
Himkok, Oslo
Carnaval, Lima
Galaxy Bar, Dubai
L’Antiquario, Napoli
Employees Only, New York
Bar Benfiddich, Tokyo
Lucy’s Flower Shop, Stoccolma
Bulgari Bar, Dubai
Paradiso – Barcellona
Giacomo Giannotti
DRINK KONG: una proiezione temporale in un futuro indefinito
Fondato nel 2018 da Patrick Pistolesi, tra i barman che più hanno contribuito a rivoluzionare l’universo della mixology negli ultimi vent’anni in Italia, Drink Kong è subito balzato agli onori della critica internazionale: nel 2019 Drink Kong è già nella classifica dei migliori 100 bar del mondo, all’82° posto, e si aggiudica il Campari One to Watch Award; nel 2020 scala ben 37 posizioni ed entra nell’Olimpo dei 50 Best Bars attestandosi al 45° posto; nel 2021 sale di altre 26 posizioni e raggiunge il 19° posto proiettando Roma in cima all’elenco dei locali italiani premiati. Infine oggi occupa la posizione numero 16 della classifica mondiale.
L’atmosfera del locale rimanda ai vicoli fumosi di una metropoli orientale, fatta di neon improvvisi miscelati al rigore dell’essenziale: oltre 300mq di labirintici spazi che attraversano stilisticamente questo concetto, ruotando attorno al bar e alla sua imponente bottigliera al centro dell’occhio del ciclone. Ci sono elementi che arrivano da un retrofuturo in stile «Blade Runner», fatto di atmosfere dark, luci neon e poltrone in velluto: epoche diverse che si sovrappongono e si mischiano creando uno scenario unico. C’è l’Oriente, che tiene insieme l’estetica minimal e rigorosa del Giappone e quella più calda e caotica della New York degli Anni 80 fino alla Londra dei giorni nostri, con la loro ineguagliabile carica di innovazione e di qualità dell’ospitalità.
E’ accaduto tutto nei primi mesi di sole del 2022. Lo stabilimento balneare Albos Club, meta di habitué di Fregene e assidui di buone tavole, è stato completamente rinnovato nello spirito, rimodulato negli spazi e ripensato nel sapore. Con un concept solido e dinamico, di mare e brace, ben orchestrato da Fabrizio Lancia e Andrea Dolciotti, l’Albos Club si prepara a vivere le sue nuove quattro stagioni.
Ci vogliono capacità, coraggio, idee chiare, un pizzico di pazzia (indispensabile per questo mestiere) e tanta prospettiva. Dopo l’abbrivio, vento a favore e quotidiana costanza orientata al meglio: ingredienti essenziali di ogni impresa che voglia affermarsi. Qual è l’obiettivo della nuova proprietà che ha rilvato il famoso lido di Fregene? Rendere l’Albos Clubla meta quattrostagioni di riferimento del litorale romano allinenando 3 concetti: uno stabilimento balneare con cabine e piscina; l’intraprendenza di un polo sportivo in grado offrire attività anche durante la stagione invernale; una ristorazione trasversale, divertente, di qualità, mare e brace.
Così l’Albos Club, come un gladiatorie reziario (che combatteva nell’arena romana equipaggiato come un pescatore) utilizza una rete di interessi per avvolgere l’ospite e richiamarlo in una dimensione energica e dinamica, un tridente (la fuscina) per portare in cucina il meglio di questo generoso tratto di costa e un pugnale (il pugio) per sfilettare, carpacciare, “tartarizzare” le bontà del pescato più local che questo mare porta.
La Cucina di Acqua e di Fuoco di Andrea Dolciotti
Abbiamo tutti bisogno di un pranzo vista mare, anche tutto l’anno. Di quelli così vicini alla sabbia da poterne sentire il calore e lo sguardo rivolto all’infinito blu per non smettere di sognare ad occhi aperti. Un bicchiere in mano per sorseggiare effervescenze di felicità e l’altra con una posata, per avvicinare la gioia al palato.
Perchè, ad ogni latitudine, la cucina è il regno dei sensi. Meglio ancora se per equalizzare le frequenze di mente e corpo non ci si affida al potere incantatore di magici miscugli o pozioni, ma alla schiettezza di una cucina che parla bene e diretta. E questo è il caso di Andrea Dolciotti, chef che ho avuto il piacere di ritrovare in questo luminoso lido e che ha dato alla cucina di questa terra di mare di mezzo un’impronta di acqua e di fuoco.
Si perchè nel rinnovato Albos Club di Fregene tutto, o molto, ruota attorno al concetto di brace. Una brace evoluta, che si avvale del forno Pira, combinazione di barbecue e forno a carbone, perfetto per sperimentare cotture e servire il pescato locale con quel twist di affumicato che conquista e non stanca mai.
Fronte mare. Affaccio aperto sullo stabilimento e il suo arenile. Crudi, tartare e carpacci, primi piatti di mare, tradizione marinara e creatività, pesce alla brace e variazioni sul tema. La regola per tutti piatti proposti? Materia prima in purezza, cotture ancestrali, esaltazione delle consistenze della varietà della carni marine locali, scelte personalmente ogni giorno.
Oltre la carta, alla location e alla leggiadria dell’atmosfera, anche il piacere di affidarsi allo chef non è da meno, così come quello di apprezzare nuove qualità di un pescato di margine reso protagonista da idee e tecniche.
Pastrami di Salmone, alga wakame e gelato alla senape
Cerino, fiocchi di prosciutto, fichi freschi e perle di aceto balsamico
E’ il caso del Cefalo labbrone (chelon labrosus) conosciuto anche come Cerino, e riconoscibile per il labbro superiore molto grande e la taglia mediamente inferiore rispetto agli altri esemplari. Noto per la bontà delle sue carni, Dolciotti, anche con spirito didattico, lo lavora crudo, servito in carpaccio, assieme a fiocchi di prosciutto, fichi freschi e perle di aceto balsamico.
Si prosegue con un Bao al vapore con tartare di Cerino, mentre si fa largo il Pastrami di Salmone, alga Wakame e uno strepitoso Gelato alla senape che da uno slancio goloso al piatto e conferma, ancora una volta, la spiccata abilità di Dolciotti nell’arte di condensare i sapori nel freddo.
Notevole il Tonnetto alla brace con Scarola. A spezzare i toni, come un tè, arriva la Bouillabaisse in tazza, con mela annurca cotta al forno e trigliette da inzuppare. Dalla Provenza a Fregene questa zuppetta, oltre il divertissement, è gobile, saporita, comfortevole, ludica.
Rispettare quello che offre il mare, senza tentare scorciatorie o scekte d’allevamento. No agli orpelli tecnichi, a ciò che copre invece di esaltare. Ciò che è importante è la materia prima. Ora, per esempiuo, in carta abbiamo il tombarello, un tonnetto locale molto ematico, ma molto buono. Basta saperlo lavorare. Infatti ci sta portanto grande soffisfazione.
Executive Chef Andrea Dolciotti
Poi i mari incontrano la terra e il cortile nel nido di Tagliatelle di patate mantecate al burro, colatura d’acciughe fatta in casa, brodo di pollo e Canocchia. Ottimo. Un piatto di gran gusto che rilegge la grammatica associata al “pomo di terra”, più spesso contorno di pollo o pesce al forno. Qui invece sono protagoniste: lavorate in un nido di pasta diventano croccante consistenza da masticare. Il loro calore amplifica le golose note di burro che scivola nello specchio di brodo. Avvolgente e in equilibrio tra la sapidità della colatura d’alici e la morbida dolcezza del brodo di pollo. dal quale si staglia la freschezza delle carni bianche, sfumatamente dolci, della cicala di mare.
Anche Tartare di Calamaro, tentacolo alla bace e Finger Lime richiede la sua attenzione e mette sul piatto la varietà delle consistenze del calamaro, arricchite dalla fresca acidità aromatica del lime in “microperlage”. Arriva poi il pesce, cotto nella sua semplicità e nella schiettezza. Come da copione.
Chiudono i dolci. Tra gli ultimi in carta Crema caffè crumble e sorbetto alla carota.
C’è molto oltre il calamaro fritto, si può fare tartare, griglia, abbiamo la fiamma, usiamo la fiamma. E le erbe spontanee del nostro litorale, senza per forza cercare il tè matcha o il Garam masala. Abbiamo il rosmarino? Mettiamo il romasrino!
Executive Chef Andrea Dolciotti
Tonnetto alla brace con Scarola
Bouillabaisse in tazza, con mela annurca cotta al forno e trigliette
Terra, Mari e Cortile
Il ristorante dell’Albos Club, che associa piatti più ricercati ad un menu più tradizionale, rimarrà aperto per proporre un menu incentrato su una maggiore elaborazione della materia prima e con una tipologia di offerta, più sofisticata e adeguata alle stagioni meno calde.
A questo si aggiungerà anche lo spazio ristorante al primo piano – la bellissima palafitta sul mare eriditiera di 15 anni di raffinate atmosfere di cucina firmate da Rosario Malapena e quelle briose di Cristina Sebastiani – ripensato negli spazi e nell’estetica, per essere una perfetta location per eventi privati e cucina di mare evoluta, grazie alla sua luminosa posizione dirimpettaia del grande amico blu.
Bao, tartare di Cerino, Alga Wakame
Variazione di Calamaro
Riso e Mare
Crema caffè crumble e sorbetto alla carota.
La struttura
Lo stabilimento è stato completamente ristrutturato per migliorarne efficienza ed estetica. Nuove cabine per gli abbonati e gli avventori giornalieri, uno spazio spiaggia totalmente rivisto, così come i punti ristoro che diventano quattro differenti: il bar tavola calda, il chiosco vista mare, il cocktail bar e il ristorante sea front. Anche l’area piscina è stata rinnovata così come il ristorante posto al primo piano della struttura che oggi, con la sua splendida terrazza vista mare, è luogo ideale per eventi privati e cerimonie. Gli spazi sportivi, da sempre ampi e curati all’interno del club, si sono moltiplicati e oltre ai campi da Beach Volley si possono trovare anche quelli di Beach Tennis, Beach Soccer e di Tqball sulla sabbia.
L’offerta è ampia e abbraccia spazi diversi, ognuno con una propria connotazione. Si va dal bar – tavola calda dove, durante la bella stagione, poter gustare colazioni, gelati, pokè e piatti del giorno caldi e freddi proposti dalla cucina; al chiosco vista mare per caffetteria, gastronomia e beverage durante tutta la giornata e il bancone per il servizio cocktail bar curato da Matteo Moiani, giovane talento della mixology romana.
Materia prima di ricerca, attenzione al dettaglio, sorriso e piacere dell’accoglienza rendono Gualdo Catteneo la meta perfetta per la riscoperta di un piccolo borgo italiano e per gli affamati di territori di qualità. Sospeso nel tempo sulle pendici dei Monti Martani, è piccolo scrigno di bellezza, storia e cultura. Hosteria il Grottino, è il suo gioiello.
Siamo nelle Terre dei filari del Sagrantino, e in quelle degli uliveti di Frantoio, Moraiolo e Leccino; tra boschi di funghi e tartufi, di carni e selvaggina; siamo sulle strade della tradizione norcina, della torta al testo, degli stringozzi e dei legumi. Tra queste colline di sapori, un borgo medievale signoreggia. È quello di Gualdo Cattaneo, tra la valli umbre e tiberine. Quella che subito si scorge, è la rocca quattrocentesca, chiamata “Dei Borgia”.
Da sempre contesa tra Foligno e Spoleto per la sua posizione strategica e così ricca di vestigia del passato, è del suo generoso presente che ci piace raccontare. Perchè questa è una bella storia innestata sulla voglia di dare nuovo futuro ai borghi italiani e su quella di rigenerare tasselli del territorio nazionale.
Questo concetto da vivere fatto di Ospitalità e Ristorazione è opera degli imprenditori romani Giorgiana Guidi e Raffaele Tomaino, che hanno recuperato un palazzetto in pieno centro storico e lo hanno rivitalizzato con stanze, salotti, spazi per la lettura, profumi di brace e cucina, ricerca, sapori umbri e gusto dell’accoglienza.
Il Grottino Hosteria e Residence è un palazzetto del gusto, meta ideale per chi voglia nutrirsi di una dimensione autentica, accogliente e di classe.
Giorgiana Guidi e Raffaele Tomaino
Luisa Minrath
Mentre le stanze ai primi piani sono frutto della ristrutturazione dell’ex canonica della Chiesa del paese, con vista sulla piccola piazza e sul campanile; al pianostrada l’Hosteria introduce gli ospiti ai sapori intensi dell’Umbria proposti in chiave moderna.
LA BRACE
Nessuna flessione sulla qualità delle materie prime. Nessuna concessione alla banilità. Nel menu abbondano ricercati salumi e formaggi, tartufi e cacciagione, prodotti e carni di allevamenti locali. Ma la vera scoperta è nella selezioni delle carni che annoverano Agnello Suffolk alla scottadito, Fassona Piemontese, Bistecca di Tomahawk, una selezione di Jolanda de Colò di Manzetta Prussiana allevata tra Germaia e Polonia. Da provare le Costine marinate alla senape e miele, cotte a bassa temperatura nel vino e finite sulla griglia. La Manzetta si può scegliere anche in versione Tagliata, Cuberoll, Costata, Fiorentina; scenografici tagli da condividere anche di Vaca Starj – Manzetta invecchiata – per chi non fosse ancor sazio di sapori e marezzature. Tutto magistralmente alla brace con cotture specificate e (finalmente) rispettate.
Bracerista d’esperienza, Damiano Morici si destreggia tra tempi e modalità di cottura perfetti, in grado di esaltare al meglio la qualità della materia prima scelta e proposta. La frollatura arriva anche ai 60/70 giorni, in modo da renderla il più tenera possibile.
Costine di Manzetta Prussiana Senape e Miele
Tagliata di Vaca Starj
Agnello
IL MENU
Panorami belli da mozzare il fiato, natura incontaminata, prodotti della terra a Km Zero, architetture storiche, cultura, tradizioni: questo è ciò che un borgo italiano può offrire. Un’esperienza di vita nel solco della qualità, lontana da ogni forma di stress cittadino.
Qui, il ristorante Il Grottino, offre agli avventori un’esperienza che fonde il piacere dell’ospitalità ad una cucina in grado di conquistare avventori e viaggiatori.
L’attenzione per l’accoglienza è sottolineata dal sorriso della responsabile Luisa Minrath, che guida la squadra di sala con freschezza e giovilità. In I piatti dello chef Marco Micucci, perugino doc e da sempre impegnato dietro ai fornelli, portano in tavola una cucina dinamica che si condensa nell’Uovo soffiato al tartufo, ovvero una doppia cottura che fissa la sofficità di una meringa salata e che protegge un cuore liquido di tuorlo da una pioggia di tartufo nero. Contemporaneo, divertente, diretto nel suo dialogo con il palato che gioca bene sull’acclamato binomio uovo-tartufo.
Marco Micucci
Damiano Morici
Micucci esprime la sua creatività in una proposta che coniuga la conoscenza della tradizione umbra a tavola alla voglia di novità. La carta si compone così di piatti dai sapori genuini che vanno dal Tagliere di salumi dell’azienda Torre Brado (in località Giano dell’Umbria e specializzata nell’allevamento di suini in stato semi-brado) al Tortino di patate con cremoso di parmigiano e tartufo nero di Norcia; tra i primi Maltagliati di farina di farro e canapa con ragù rosso di cinghiale; Strangozzi a mano con ragù bianco di Manzetta Prussiana Extra 30 mesi; Canestrelli ai funghi porcini, con crema di caprino, porro croccante e crumble di noci, che sottolineano la collaborazione con il pastificio La Spiga di Santa Maria degli Angeli e la voglia di costruire una rete tra produttori e attività del territorio.
Tra i secondi di cucina spicca il Maiale abbracciato sfumato al Sagrantino e guanciale croccante e un’inattesa citazione esterofila che sorprende: Cuore di baccalà portoghese, con panatura al panko, perle di mango e salsa yogurt. il pesce dell’azienda Jolanda De Colò, viene dissalato, asciugato, passato in uovo, farina e fiocchi di panko. Perle di mango per la dolcezza che contrastare la sapidità del baccalà e l’acidità della salsa yogurt per pulire il palato. Chiudono i dolci della casa: il Tiramisù del Grottino e lo Scrigno di pasta frolla, con pere e cannella su crema inglese calda.
IL PROGETTO
Raccontano Giorgiana e Raffaele:
Questo progetto è nato come una sfida. Arriviamo da Roma e abbiamo scoperto in Gualdo Cattaneo un luogo magico e bellissimo, dove però mancava un’attività in grado di accogliere e offrire una proposta gastronomica di livello.
Il nostro obiettivo è animare questo spettacolare borgo, rendendolo una meta dove trascorrere una piacevole serata per i visitatori locali e un luogo di cui innamorarsi per i turisti. Facciamo vivere ai nostri clienti un’esperienza di bellezza a 360 gradi, a partire dal soggiorno nelle nostre camere, passando per l’aperitivo, fino alla cena con proposte dalla cucina e dalla brace.
Vogliamo che la vita scorra tra i vicoli di questo paese che è un piccolo gioiello: per questo il venerdì e il sabato offriamo anche intrattenimento musicale, con spettacoli di musica jazz live, di cui l’Umbria è patria d’elezione. Gualdo Cattaneo è un borgo magnifico da vivere e lavoriamo con l’obiettivo di farlo conoscere: già nei primi periodi di attività, nonostante il contesto storico, le risposte sono state entusiaste.
Diversi ambienti accolgono gli ospiti. Al piano terra griglia a vista e all’esterno, sulla terrazza, sorge una struttura di cristallo luminosissimo che rende confortevole mangiare immersi nel cuore medioevale in tutte le stagioni del borgo. Nella stessa piazzetta, un secondo dehors permette inoltre di pasteggiare circondati dalle bellezze storico-naturalistiche del luogo e di godere di Concerti Jazz en plein air. Ai piani superiori il residence, composto da quattro camere (due matrimoniali, una tripla e una quadrupla su due livelli) che offrono la possibilità di soggiornare e vivere giornate rilassanti dove la macchina viene dimenticata e il relax è d’obbligo.
LA BOTTEGA
Poco distante dalla struttura e nel cuore del borgo, sorge anche La Bottega. Una sorta di dispensa a vista dove si possono acquistare tutti i prodotti adoperati nella cucina del ristorante, dalle eccellenze locali a quelle provenienti da fuori: immancabili le linee di Urbani Tartufi, le selezioni di olio extravergine di oliva Locci, le paste e le conserve Bertini’s, e ancora le amarene del Trentino, le marmellate e le composte Morelli, un’ampia selezione di vini umbri e non, su tutti il Sagrantino, ma anche di distillati, liquori e spiriti.
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