Sara De Bellis

Anno: 2023

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50 Top Pizza 2023: I Masanielli di Francesco Martucci e 10 Diego Vitagliano Pizzeria, ex aequo come Migliori Pizzerie in Italia. Secondo posto per I Tigli di Simone Padoan, terzo posto per Seu Pizza Illuminati di Pier Daniele Seu. Il Premio Speciale di Pizzaiolo dell’Anno va a Sasà Martucci de I Masanielli di Sasà Martucci a Caserta. La Pizza dell’Anno è La Parmigiana Viaggiatrice di 180g Pizzeria Romana di Jacopo Mercuro a Roma. A Gabriele Bonci il Premio Città di Roma.

E’ accaduto ieri sera al Teatro Argentina di Roma, lì dove una gremita platea stretta dall’abbraccio e dal fascino di un Teatro storico romano. La sua forma a ferro di cavallo, pensata per soddisfare al meglio le necessità acustiche e visive, ha sicuramente portato fortuna a I Masanielli di Francesco Martucci, a Caserta, pluripremiato dalla Guida, e a 10 Diego Vitagliano Pizzeria, a Napoli, che per il primo anno sale sul podio in ex aequo come Migliori Pizzerie in Italia per il 2023.

Secondo la guida ad oggi più influente nel mondo della pizza – 50 Top Pizza – (Qui il LINK del VIDEO della Premiazione) al secondo posto I Tigli di Simone Padoan, a San Bonifacio; al terzo Seu Pizza Illuminati di Pier Daniele Seu, a Roma. Al quarto posto 50 Kalò, a Napoli, di Ciro Salvo; quinta posizione per 180g Pizzeria Romana di Jacopo Mercuro, a Roma, che si aggiudica anche il premio speciale Pizza dell’Anno 2023 – Latteria Sorrentina Award con La Parmigiana Viaggiatrice; ed è una grande soddisfazione per Roma e la sua pizza che si posiziona sul podio a testa alta, e anzi conquista con Pizzarium di Gabriele Bonci il premio “Migliore Pizza in Viaggio in Italia” per il quarto anno consecutivo.

Tornando alla classifica delle PIZZERIE 2023, sesta posizione per I Masanielli – Sasà Martucci, a Caserta, che si aggiudica anche l’ambito premio Pizzaiolo dell’Anno 2023 – Ferrarelle Award; settima posizione per Francesco & Salvatore Salvo, a Napoli, a cui va anche il premio speciale Miglior Servizio della Birra 2023 – Birrificio Fratelli Perrella Award; ottavo posto per Dry Milano, a Milano, con alla guida Lorenzo Sirabella; nona posizione per Cambia-Menti di Ciccio Vitiello, a Caserta; al decimo posto La Notizia 94, a Napoli, di Enzo Coccia.

Tra gli altri premi speciali: a 10 Diego Vitagliano Pizzeria, a Napoli, va il premio per il Miglior Servizio di Sala 2023 – Goeldlin Award; a Confine, a Milano, va il premio come Novità dell’Anno 2023 – Solania Award; a La Cascina dei Sapori, a Rezzato (BS), va il premio Frittatina di Pasta dell’Anno 2023 – Pastificio Di Martino Award; a BOB Alchimia a Spicchi a Montepaone Lido (CZ), va il premio Performance dell’Anno 2023 – Robo Award; ad Allegrìo, a Roma, va il One to Watch 2023 – Fedegroup Award; a Sbanco, a Roma, va il premio Migliore Proposta dei Fritti – Il Fritturista 2023 – Oleificio Zucchi Award; infine, a Meunier Champagne & Pizza a Corciano (PG), va il premio per la Migliore Carta dei Vini 2023 – Asti DOCG Award.

Alessandro Onorato, Assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda, ha salutato gli ospiti provenienti da tutta Italia, per la prima volta riuniti nella Capitale per una premiazione di 50 Top Pizza, e ha consegnato il premio Città di Roma a Gabriele Bonci.

Otto i Forni Verdi, ossia i riconoscimenti conferiti alle pizzerie ad alta sostenibilità ambientale, assegnati a: I Masanielli di Sasà Martucci, a Caserta; Le Grotticelle, a Caggiano; Pupillo Pura Pizza, a Frosinone; Denis, a Milano; Pizzeria Le Parùle, a Ercolano; Pizzeria Gigi Pipa, a Este; Pizzarium, a Roma, e Grotto Pizzeria Castello, a Caggiano.

Tre i Benemerito della Pizza nel 2023: Alfonso Pecoraro ScanioDavide Civitiello e Giancarlo Casa.

La Campania è la regione più rappresentata con 28 pizzerie, seguita dal Lazio con 13 e dalla Toscana con 11.

La guida Italia 2023 è composta da oltre 500 pizzerie, le prime 100 in classifica e le altre classificate come Pizzerie Eccellenti. Le prime 40 posizioni entrano di diritto nella classifica delle 100 Migliori Pizzerie del Mondo, che si ritroveranno il 13 settembre a Palazzo Reale di Napoli.

“È stato un anno esaltante e molto intenso per noi – dichiarano i curatori Barbara GuerraLuciano Pignataro e Albert Sapere – prima Barcellona e la guida Europa, poi Tokyo e la guida Asia Pacifico, New York con la guida USA: un percorso pieno di emozioni per la grande comunità del mondo della pizza. Siamo arrivati a Roma, per la prima volta per la finale Italia, grazie alla volontà di Roma Capitale e di Alessandro Onorato, Assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda, che ha creduto prima di tutto nello slancio turistico che la pizza e il mondo dell’enogastronomia in generale può dare alla Capitale. Un anno senza sosta, perché adesso ci aspetta la grande finale a Palazzo Reale a Napoli del 13 settembre, per scoprire le 100 migliori pizzerie al mondo.”

50 Top Pizza 2023 e la Migliore Pizza in Viaggio in Italia – TAGLIO e ASPORTO

50 Top Pizza, incorona per il quarto anno consecutivo Pizzarium di Gabriele Bonci, a Roma, come Migliore Pizza in Viaggio in Italia, da taglio e asporto, per il quarto anno consecutivo. Al secondo posto Lievito Pizza, Pane di Francesco Arnesano, a Roma, in terza posizione Campana Pizza In Teglia di Daniele Campana, a Corigliano Calabro, in provincia di Cosenza.

La top ten è completata dal quarto posto di Antico Forno Roscioli, a Roma; dalla quinta posizione de La Masardona, a Napoli; Saporè Pizza Bakery, a San Martino Buon Albergo, al sesto posto; settima posizione per PezZ de Pane, a Frosinone; ottava per ‘O Fiore Mio Pizze di Strada, a Bologna; al nono posto PorzioNi di Pizza, a Napoli. Chiude la top ten Sancho, a Fiumicino.

Grande attesa per la cerimonia di premiazione di 50 Top Pizza Italia 2023, condotta da Federico Quaranta, durante cui saranno svelate le 100 Migliori Pizzerie Italiane per l’anno in corso, che si terrà al Teatro Argentina di Romamercoledì 12 luglio alle ore 19.00. Sarà possibile seguire la diretta streaming della cerimonia sulle pagine Facebook di 50 Top Pizza, 50 Top Italy e Luciano Pignataro Wine Blog.

PIZZA WEEK 2023 ROMA

Saranno ancora giorni pieni di iniziative, incontri e grandi appuntamenti fino a venerdì 14 luglio che vedranno oltre 40 tra le più note pizzerie romane trasformarsi in laboratori capaci di offrire il meglio del panorama qualitativo del mondo della pizza della capitale. I tanti appassionati potranno confrontarsi con elementi di assoluta eccellenza sia nelle versioni più classiche che in quelle di tendenza con abbinamenti nuovi e intriganti. Ci saranno cene a quattro mani con chef stellati, jam session con ospiti pizzaioli da diverse parti d’Italia, abbinamenti con grandi vini e birre speciali, concerti blues, esibizioni di pizza acrobatica e performance di live painting. QUI il PROGRAMMA COMPLETO.

Inoltre, grazie ad un accordo tra 50 Top Pizza e Quandoo – la piattaforma di prenotazione per ristoranti – dalle prossime settimane sarà possibile riservare un tavolo nelle pizzerie affiliatevdirettamente dal sito di 50 Top Pizza; inoltre tutte le pizzerie presenti in guida potranno beneficiare di condizioni particolarmente vantaggiose per aderire.

Partner dell’iniziativa:

Birrificio Fratelli PerrellaConsorzio dell’Asti DOCGFedegroupFerrarelleGoeldlinLatteria Sorrentina, Oleificio ZucchiPastificio Di MartinoRobo 1938Solania.

Di seguito la Classifica dei PRIMI 15 di 50 Top Pizza Italia 2023

1          10 Diego Vitagliano Pizzeria – Napoli, Campania

1          I Masanielli – Francesco Martucci – Caserta, Campania

2          I Tigli – San Bonifacio (VR), Veneto

3          Seu Pizza Illuminati – Roma, Lazio

4          50 Kalò – Napoli, Campania

5          180g Pizzeria Romana – Roma, Lazio

6          I Masanielli – Sasà Martucci – Caserta, Campania

7          Francesco & Salvatore Salvo – Napoli, Campania

8          Dry Milano – Milano – Lombardia

9          Cambia-Menti di Ciccio Vitiello – Caserta, Campania

10        La Notizia 94 – Napoli, Campania

11        Confine – Milano, Lombardia

12        Le Grotticelle – Caggiano (SA), Campania

13        Carlo Sammarco Pizzeria 2.0 – Aversa (CE), Campania

14        Pepe in Grani – Caiazzo (CE), Campania

15        La Cascina dei Sapori – Rezzato (BS), Lombardia

Premi Speciali – 50 Top Pizza Italia 2023

• Miglior Servizio di Sala 2023 – Goeldlin Award

10 Diego Vitagliano Pizzeria – Napoli, Campania

• Pizza dell’Anno 2023 – Latteria Sorrentina Award

La Parmigiana Viaggiatrice di 180g Pizzeria Romana – Roma, Lazio

• Pizzaiolo dell’Anno 2023 – Ferrarelle Award

Sasà Martucci de I Masanielli – Sasà Martucci – Caserta, Campania

• Miglior Servizio della Birra 2023 – Birrificio Fratelli Perrella Award

Francesco & Salvatore Salvo – Napoli, Campania

• Novità dell’Anno 2023 – Solania Award

Confine – Milano, Lombardia

• Frittatina di Pasta dell’Anno 2023 – Pastificio Di Martino Award

La Cascina dei Sapori – Rezzato (BS), Lombardia

• Performance dell’Anno 2023 – Robo Award

BOB Alchimia a Spicchi – Montepaone Lido (CZ), Calabria

• One to Watch 2023 – Fedegroup Award

Allegrìo – Roma, Lazio

• Migliore Proposta dei Fritti – Il Fritturista 2023 – Oleificio Zucchi Award

Sbanco – Roma, Lazio

• Migliore Carta dei Vini 2023 – Asti DOCG Award

Meunier Champagne & Pizza – Corciano (PG), Umbria

• Premio Città di Roma 2023

Gabriele Bonci – Pizzarium – Roma, Lazio

Benemerito della Pizza – 50 Top Pizza Italia 2023

• Giancarlo Casa

• Davide Civitiello

• Alfonso Pecoraro Scanio

Forno Verde – 50 Top Pizza Italia 2023

I Masanielli – Sasà Martucci – Caserta, Campania

Le Grotticelle – Caggiano (SA), Campania

Pupillo Pura Pizza – Frosinone, Lazio

Denis – Milano, Lombardia

Pizzeria Le Parùle – Ercolano (NA), Campania

Pizzeria Gigi Pipa – Este (PD), Veneto

Pizzarium – Roma, Lazio

Grotto Pizzeria Castello – Caggiano (SA), Campania

A questo link le Pizzerie Eccellenti 2023

https://www.50toppizza.it/50-top-pizzerie-eccellenti-2023
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Sabato 15 luglio 2023 l’appuntamento con la lavanda irpina è a Sant’Angelo All’Esca (AV) per conoscerla, apprendere le tecniche per lavorarla e lasciarsi sorprendere dalle proposte culinarie in abbinamento ai Vini della Tenuta Cavalier Pepe.

Alla Tenuta Cavalier Pepe anche d’estate continuano gli appuntameti con gli Atelier del Gusto. Sabato 15 luglio, a partire dalle ore 16:00, il programma vedrà come protagonista la “Lavanda Irpina”, pianta officinale duttile, nota fin dall’antichità per le sue proprietà benefiche e che continuano a stupirci.

Infatti, ben oltre le sue proprietà balsamiche e atinfiammatorie, sedative e cosmetiche, la tavola sembra essere il nuovo palcoscenico: in fiori o come essenza, può essere usata per aromatizzare il pane alle “erbe provenzali”, insaporire le carni e pesci, accompagnare formaggi e donare dai dolci una nota distintiva.

Se volete saperne di più, l’ccasione giusta è quella di Sant’Angelo all’Esca, in provincia di Avellino, presso la Tenuta Cavalier Pepe, con l’accoglienza dell’Az. Agr. Lavanda Irpina per raccoglierla, scoprire le sue proprietà, apprendere le tecniche per la conservazione e la distillazione, creare il proprio sacchetto aromatico e lasciarsi sorprendere da proposte culinarie costruite, dall’antipasto al dolce, sulle sue note aromatiche, in abbinamento ai Vini della Tenuta Cavalier Pepe.

FOCUS sull’EVENTO

L’accoglienza è prevista in Cantina alle 16.00 tra crostate, succhi, caffè, poi visita guidata e spiegazione del processo di vinificazione e affinamento dei vini Cavalier Pepe.

Dai vigneti ai campi di lavanda il passo è breve, infatti passeggiando tra i vigneti e gli oliveti secolari, ci si incamminerà verso il campo di lavanda dell’azienda agricola “Lavanda d’Irpinia” in piena fioritura.

Ammirando la bellezza, inebriati dal loro profumo, gli ospiti riceveranno la spiegazione delle diverse tipologie di lavanda e dei loro metodi di coltivazione, prima di passare alle proprietà officinali e curative, già note nell’antichità a Greci e Romani.

Ancora più interessante sarà apprendere come essiccare e distillare la lavanda, una volta che è stata raccolta. Inoltre, sarà possibile creare un personale sacchettino aromatico.

Tutti gli Amici della Tenuta e i nuovi ospiti trascorreranno un pomeriggio diverso e rilassante, che culminerà con l’aperitivo sulle balle di paglia, sorseggiando Oro Spumante e godendosi il tramonto del sole sui borghi delle colline circostanti.

Per chi volesse completare a tavola questa nuova esperienza, a pochi passi, la serata continua al ristorante panoramico La Veduta. Per l’occasione, uno speciale menu con olio e spuma di lavanda, è stato ideato dagli Chef del ristorante in collaborazione con la nota Chef Anna Chiavazzo. Il gruppo musicale i “Poterico” accompagnerà la serata. In abbinamento, ecco i vini della Tenuta Cavalier Pepe in degustazione: “Bianco di Bellona” Irpinia Coda di Volpe Doc 2022, “Vigna Santa Vara” Irpinia Falanghina Doc Selezione 2021, “Santo Stefano” Irpinia Campi Taurasini DOC 2017, “Chicco d’Oro” Fiano Passito Igt 2019.

Per raggiungere la Tenuta l’itinerario consigliato è percorrere l’autostrada A16 Napoli-Bari, uscire al casello autostradale Benevento-Castel del Lago, proseguire in direzione Taurasi (13 km) e poi per Luogosano (3 km).

Info e Prenotazioni:Tel: 082773766; Cell. WhatsApp: 3493172480;

e-mail: ufficio@tenutacavalierpepe.itwww.tenutacavalierpepe.it

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La Lessinia, tra i pochi territori in Italia iscritti nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici, è la terra della Pecora Brogna, varietà salvata dall’estinzione grazie al lavoro e alla perseveranza di alcuni allevatori locali; che contribuisce da secoli a salvaguardare la biodiversità e il territorio delle Prealpi Venete; e che oggi trova squisite letture di cucina contemporanea nella Valpantena.

Si alleva da secoli sui pascoli dell’altopiano della Lessinia, tra i 1000 e i 1800 metri di altitudine. Proprio in questo territorio incontaminato ha trovato “terreno fertile” fin dal Neolitico dove la pastorizia diventerà poi l’attività principale per le economie locali. Parliamo della Pecora Brogna, speciale razza autoctona del Veneto dalla triplice attitudine, recentemente salvata dall’estinzione grazie alla perseveranza di alcuni allevatori locali, e che contribuisce da secoli a salvaguardare la biodiversità dei Monti Lessini, nelle Prealpi Venete.

Ed è in questo territorio che la pecora Brogna, conosciuta anche come Badiota, Prognola oppure Nostrana, Testa Rossa, a seconda della vallata, convive da secoli, in perfetto equilibrio con la natura e con l’uomo dal quale è allevata per il latte, per la carne e per la lana, sottile e facile da lavorare.

Ma è nel ‘300, con l’insediamento dei Cimbri, coloni di origine bavaro-tirolesi, che le valli solcate dalla Lessinia diventano un patrimonio di biodiversità e sostenibilità unico al mondo. A partire dalle popolazioni cimbre, che si dedicarono al disboscamento delle montagne e allo sviluppo della zootecnia, la storia della pecora di Brogna si interseca con le vicende umane, portando con sé un’importante eredità storica. Ancora oggi infatti gli allevamenti ovini, coincidono con l’isola linguistica “Cimbra”.

Dobbiamo a queste popolazioni l’immagine attuale della Lessinia, uno straordinario esempio di montagna custodita, dove la sapienza zootecnica, le pratiche del pascolo, unite alla produzione di legna e carbone fin dal Medioevo hanno determinato nei secoli un’importante trasformazione dell’altopiano e del suo paesaggio. Non a caso questo territorio è iscritto nel Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici, tra i pochi in Italia.

La pastorizia, così come il pascolo rappresentano uno strumento ecologico utilissimo per la pulizia naturale delle aree boschive. Nonostante la pastorizia abbia sempre apportato benessere al territorio e alle popolazioni locali, la pecora Brogna, pochi anni fa, ha rischiato l’estinzione ed è riuscita a salvarsi grazie all’impegno di alcuni allevatori, che insieme a ristoratori, trasformatori e tecnici hanno costituito l’associazione della pecora Brogna di Lessinia tornando ad affidare alle pratiche di allevamento di montagna quel ruolo di custode dell’ambiente che ricopre da centinaia di anni. Inoltre, è un presidio Slow Food che riunisce gli allevatori impegnati nel valorizzare la pecora e che si propone di restituire e a un territorio straordinario dal punto di vista ambientale il ruolo che merita.

«Il nostro motto “una pecora per l’ambiente”. È stato coniato perché siamo fieri del lavoro prezioso che questo animale svolge sulle nostre montagne. Pascolando, oltre a tenere viva la montagna, impedisce il rimboschimento dei prati e dei pascoli. Inoltre, nutrendosi perlopiù di erba e fieno, non entra in competizione con l’uomo nella catena alimentare. Si tratta di una produzione zootecnica ampiamente sostenibile, visto che per alimentarla non abbiamo bisogno di ricavare superfici seminative sempre nuove e più grandi.»

Associazione per la Promozione e la Tutela della Pecora Brogna della Lessinia

La Pecora Brogna in Cucina

Nota per la sua triplice attitudine tra Lana, Produzione casearia e Tradizioni culinarie, grazie alle sue carni delicate, prive del tipico sapore marcato dell’ovino, è utlizzata anche per la preparazione di insaccati come prosciutti cotti e crudi e salame Brognolino, ncohè cucinata secondo usanze del territorio e riletta da chef in versione contemporanea che ne evidenziano le caratteristiche attraverso approcci di pensiero e motodi di cottura.

Come Giuseppe Lamanna, Executive Chef di Cà del Moro Wine Retreat (ne abbiamo parlato qui) che la lavora nella sua interezza, senza sprechi, valorizzando tutti i tagli, non solo quelli percepiti come “nobili” e che ha voluto realizzare un piccolo allevamento nelle stalle del borgo di Grezzana – dove fa capo anche l’Azienda vitivinivcola “La Collina dei Ciliegi”, recuperando esemplari di origine cimbra allevate in biologico.

La carne di Brogna è caratterizzata da un gusto delicato e bilanciato poiché, a differenza di altre razze, non presenta il tipico afrore montonino. Molto adatta ai palati moderni, la carne dell’agnellone adulto si presta per ottimi trasformati, come hamburgers, luganeghe, salsicce e arrosticini. Un insaccato che merita menzione è il “Brognolino”: un tipico salame, ottenuto con il 40% di carne suina e il 60% di carne Brogna. Dai tagli del posteriore si possono ottenere costolette, arrosti e medaglioni dalla coscia e dalla sella; mentre, dai tagli dell’anteriore, spezzatini e carne trita. Il suo utilizzo trova interessanti riscontri anche nella preparazione di primi piatti come il ragù e il ripieno per pasta fresca come ravioli o tortellini.

Come accennato, la valorizzazione della carne di Brogna, grazie all’esperienza di alcuni chef e macellai, raggiunge il suo apice attraverso lunghe cotture a bassa temperatura, che lasciano intatti gli aromi e il suo gusto naturale. Al palato, la carne non lascia un residuo sensoriale con eccessi lipidici e si sposa molto bene con vini rossi o rosati asprigni e freschi, ma anche con vini più corposi e importanti. L’agnello va consumato “pesante”, cioè quando abbia raggiunto il minimo di 30 kg a peso vivo e sia già svezzato. Per il consumo diretto si predilige l’acquisto della carne presso le macellerie affiliate dell’Associazione, oppure direttamente presso gli allevatori della filiera acquistando l’animale intero.

Latte e formaggi

La pecora Brogna non è particolarmente lattifera, ma il latte che produce è di elevata qualità: è più dolce e delicato di quello di qualsivoglia altro ovino, ha un particolare potere nutrizionale ricco di omega-3 e acidi grassi polinsaturi. Grazie alle sue caratteristiche che lo rendono ben adatto alla caseificazione, si producono formaggi come il “Pastorin” (realizzato al 100% con latte di Brogna), il “Mistorin” (ottenuto con un misto di latte di Brogna e latte vaccino) e il “Trilatte” (misto latte di Brogna, latte vaccino e latte caprino).

Lana

A proposito del recupero della lana, nel XIV e il XV, la lana di Verona era esportata fino in nord Europa concorrendo con la lana delle Fiandre e inglesi. Oggi la lana di pecora Brogna è una delle migliori lane autoctone italiane: apprezzata soprattutto per la sua elasticità e lunghezza, consente un’ampia gamma di lavorazioni. Il suo filato infatti è robusto, morbido ed asciutto al tatto, con bassa capacità di infeltrimento.

La razza conta 2500 fattrici, gli ovini sono allevati al pascolo e alimentati con le erbe spontanee dell’alta Lessinia, in estate, e con fieno in inverno, mentre i piccoli gli agnelli sono svezzati con latte materno. È raro, ma in Lessinia è ancora possibile vedere la transumanza: da marzo a novembre il gregge è spostato nei pascoli in altura, per poi ritornare in pianura in inverno.

Immagine di copertina da Cascina Alba Terra QUI / Per saperne di più sulla PECORA BROGNA QUI

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Oiza Chicken Beat & Bites a Casamassima (BA) è un evento a ingresso libero, con tanto buon cibo e musica. L’appuntamento con il “pollo fritto all’italiana” sarà presso l’area verde tra via Carducci e via Piccinni, dal 7 al 9 luglio, a partire dalle ore 19 fino alle 23. 

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«Vogliamo far conoscere al grande pubblico il pollo fritto fatto bene». Questo l’obiettivo di Antonello Pascazio, founder dell’insegna Oiza Chicken che, in occasione del Fried Chicken Day americano, il 7, 8 e 9 luglio in Puglia si prepara ad accogliere gli ospiti di Oiza Chicken Beat & Bites, il primo festival dedicato al pollo fritto all’italiana.

Tre giorni di cibo, buona musica e divertimento nel cuore verde della città barese, presso l’area verde tra via Carducci e via Piccinni, con la partecipazione di Cibo Academy, il birrificio Birra Nova di Triggianello e il patrocinio del Comune di Casamassima.

Antonello Pascazio, founder dell’insegna Oiza Chicken, ha voluto portare nella sua città una nuova visione gastronomica del pollo fritto, orientata alla grande qualità della materia prima.

«Siamo i pionieri del pollo fritto fatto bene e vogliamo raccontare il nostro prodotto, sfidando la diffidenza di chi ancora non lo conosce. Non si tratta di cibo da fast food. I

l pollo fritto è una delle ricette più amate e consumate al mondo. Oiza Chicken Beat & Bites è l’occasione per conquistare anche i pugliesi più scettici con i nostri bocconi saporiti». 

Oiza Chicken Beat & Bites: il programma 

Oiza Chicken Beat & Bites inizierà il 7 luglio alle ore 19 con l’intrattenimento dedicato ai più piccoli. Alle 20 iniziano i concerti gratuiti. La musica andrà avanti fino alle 23. Ma la vera festa sarà ai chioschi, dove si potrà ordinare tutte le eccezionali versioni del pollo fritto di Oiza Chicken accompagnato dalla birra targata Birra Nova, stand realizzato con la consulenza dell’esperto brassicolo Francesco Selicato. Non mancherà il dolce. Infatti, saranno disponibili anche i dessert di Cibo Academy. 

Come nasce Oiza Chicken?

Classe 1988, Antonello Pascazio nasce come ingegnere informatico con “l’hobby” della ristorazione. Dopo la laurea, vola a Birmingham, Gran Bretagna, con la sua compagna Annalia Notarnicola, rimanendo lì per un anno e mezzo. Qui scoprono le gioie del pollo fritto e decidono di farne un business. A fine novembre 2017 tornano in Puglia e, grazie al fondo Resto al Sud di Invitalia, aprono la prima insegna dedicata al pollo fritto all’italiana a Bari. Segue quello di Casamassima, nato come dark kitchen durante il Covid. «Abbiamo consegnato il nostro pollo in numerosi centri nel raggio di 25 km partendo da Casamassima. Abbiamo lavorato per farci conoscere. A valle della pandemia, è stato naturale trasformarlo nel nostro secondo punto vendita». 

Cosa ha di speciale il pollo fritto di Oiza Chicken? 

Il pollo fritto all’italiana di Oiza Chicken inizia utilizzando solo le parti migliori del pollo, cosce e alette. «Abbiamo scelto di lavorare con Amadori, mantenendo alto lo standard nella lavorazione del pollo». Da Oiza Chicken il pollo viene fatto marinare per otto ore, poi cotto a bassa temperatura e abbattuto. Al momento di essere servito, è rigenerato e fritto. La panatura croccante è stata studiata dallo chef Marco Pascazio: al suo interno spezie del Mar Mediterraneo mixate con paprika e cornflakes. Il risultato? Una frittura croccante, leggera e profumata.

«Serviamo un prodotto espresso in meno di 4 minuti. Grazie alla tecnologia siamo in grado di offrire un prodotto sempre croccante, sia d’asporto che a domicilio».

Accanto a nuggets, ci sono i chicken donuts (ciambelle di petto di pollo), i fingers (straccetti di pollo), i tondi sweet chili e gli hamburger di pollo in otto goduriose versioni. Non mancano i contorni: patatine, peperoni e cipolle fritti. Da provare anche i cheesy bites, sfere di formaggio impanate e fritte. Buon divertimento!

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in Valpantena, tra i 450 e 700 metri di quota, del Moro Wine Retreat – Resort & Restaurant è l’ospitalità firmata La Collina dei Ciliegi, realtà vitivinicola di Massimo Gianolli, esuberante imprenditore. Tra suoli profondi e panorami multiformi, la cura della tavola è affidata al lavoro capace e di carattere dello Chef Giuseppe Lamanna, che porta un guizzo di Calabria tre le colline di Verona, ha voluto il suo orto, alleva pecora brogna della Lessinia e come predessert serve “spaghetti pomodorini e ‘nduja”.

Da un’opera di recupero sapiente di antiche stalle con il potenziale delle stelle, Cà del Moro Wine Retreat è una realtà riservata, articolata e raccolta, che accomuna passione per il vino e ospitalità di charme, rivalorizzazione e buona tavola, dimensione bucolica e modernità, relax e una pluralità di servizi pensati per gli ospiti e per conoscere loro le bellezze della Valpantena, conosciuta fin dall’antichità per la sua posizione strategica e la sua fertilità, come testimonia il suo nome che deriva dal latino “pantheon” e significa la “valle di tutti gli dei”.

Cultura del territorio, turismo sano, benessere e innovazione, sono infatti le parole chiave de La Collina dei Ciliegi, l’azienda vitivinicola che abbraccia del Moro fondata nel 2010 da Massimo Gianolli, lungimirante imprenditore del mondo della finanza con le radici in Valpantena (prima valle a est della città di Verona che rientra nella Valpolicella) e la testa tra i filari, che qui ha voluto edificare il proprio progetto di vino, la propria idea di accoglienza e densi silenzi.

Per raggiungere Cà del Moro Retreat bisogna infatti lasciarsi alle spalle il caos, dentro e fuori, percorrere colline, attraversare paesini e borghi storici. L’ingresso ha i contorni di un’elegante dimora che domina il verde intorno alternato da boschi, declivi di vigneti e vallate multiformi. I suoi interni sono di pietra e legno, ma il suo cuore è scaldato da lavorazioni tipiche delle malghe della Lessinia che qui rivivono grazie al recupero di tecniche che prevedono la miscelazione di calci vive e fibre naturali.

La Cucina di Giuseppe

La cura delle tavole di Cà del Moro è affidata a Giuseppe Lamanna, ma sulla sua giacca c’è scritto solo Giuseppe.

Una scelta fuori dal coro che intona un canto, di contro, ben preciso. Ovvero quello del non protagonismo, di chi si mette a servizio di un progetto, di chi vive il lavoro come un’investitura, una missione personale che collima, in collina, con una scelta ben più ampia, una scelta di vita. Si perchè Giuseppe, con gli occhi scuri come burroni, sorriso sicuro e rassicurante, docile solo in apparenza, da un piccolo paese di Vibo Valentia in Calabria, si è trasferito tra queste valli nel 2021 per raccontare, nel suo stile e con il suo temperamento, lo stretto legame che esiste e persiste tra uomo, natura e antiche tradizioni della Lessinia con un giusto twist di mediterraneità.

Aperto a pranzo e a cena anche ad ospiti non residenti in hotel, il ristorante di del Moro Wine Retreat si articola in tre sale interne, terrazza panoramica e plateatico.

Le carte del ristorante, pensati a due con Lina Maffia, sous chef, propongono pietanze che valorizzano e rivalorizzano le migliori produzioni locali e nazionali, in abbinamento ai vini de La Collina dei Ciliegi e alle etichette proposte in carta.

La cena, anticipata dalla possibilità di aperitivi con vista, è così caratterizzata da una proposta di fine dining diretto, gustoso e appagante. La proposta non è creata per stupire l’ospite, ma per mostrargli una nuova via, una chiave di intrepretazione sorpresa da guizzi di mediterraneità. Le materie prime vengono trattate con sicurezza e precisione d’esecuzione. I piatti, centrati, sono palchi di sapore a volte seriosi, a volte scanzonati. La sua cucina ha ritmo, si muove agile dal pianissimo al fortissimo, standing ovation finale inclusa servita in modalità predessert per meravigliare l’ospite, ovvero una forchettata, perfettamente eseguita, di Spaghetti all’uovo trafilati al bronzo, pomodorini e ‘nduja, orgogliosa firma dello chef.


Ma, oltre alle sue origine, è sulla Lessinia che si concentra la proposta di Giuseppe, il quale grazie a un lavoro di ricerca e selezione si muove con destrezza tra Monte Veronese, pecora Brogna (presidio Slow Food e che racconteremo più avanti) e zafferano della Lessinia. Inoltre, al fine di poter garantire agli ospiti prodotti sempre più di qualità, Giuseppe ha voluto di recente creare all’interno della tenuta del Ca’del Moro un’orto biologico a completo uso del ristorante. Tra i filari appaiono invece delle arnie per la produzione di miele e polline che vengono utilizzati in cucina.

Dal menu ESTATE, come tutti impegnato nel rispetto della stagionalità, nella reale disponibilità dei prodotti, da provare il Tagliere del Moro, ovvero un’ accurata selezione di salumi e formaggi del territorio con strordinarie vette di piacere a tema caseario; Uovo Ca’ Vittoria, crema di zafferano della Lessinia, tastasal croccante e Monte Veronese Menegazzi; il felicissimo risotto – che gioca in modo intelligente con freschezze calabresi, acidità e aromaticità – Carnaroli Meracinque all’Amarone con polpa di ciliegie, fave di cacao e bergamotto; Pancia di maialino con patate viola al burro, mostarda di mele e chips di cachi verdi fermentati, gustoso sui temi della dolcezza; Bavette di manzo al carbone con fagiolini al burro, chutney di pomodoro e fondo alla citronella, che rilegge in chiave gourmet i sapori di un bbq d’estate; Agnello di pecora Brogna con funghi cardoncelli e crema di cappero, che porta in tavola la razza ovina autoctona della Lessinia e le sue carni delicate. Tra i dessert la Sfera al cocco con pesca, verbena e croccante alla vaniglia e la Cheesecake ai lamponi selvatici.


Il menù degustazione, proposto per l’intero tavolo, può essere di 5 portate a € 70,00 + Abbinamento vini a € 40,00 o quello di 9 portate a € 100,00 + Abbinamento vini € 60,00. Tra le tante offerte pensate per gli ospiti, il Wine Bar è sempre a diposizioni per aperitivi, taglieri e calice di vino.

La Struttura e le Stanze

Amarone, Valpolicella, Recioto, Ripasso, Garganega e Corvina. Non sono solo i 4 grandi Rossi veronesi e dei vitigni del generoso terroir di collina che circonda Verona. Sono anche i nomi delle esclusive 6 camere di Ca’ del Moro Wine Retreat, la proposta di ospitalità green & luxury firmata La Collina dei Ciliegi.

Il Resort, ispirato alla natura e al vino, rivoluziona e trasforma infatti il lusso in un’esperienza completa, accessibile e slow. Immerso tra i vigneti della cantina, tra i 450 e i 750 metri di quota (a soli 17 km dal centro di Verona), il Wine Retreat Ca’ del Moro, aperto nel 2018, si inserisce in un progetto di valorizzazione delle selvagge colline della Valpantena. Nato dal recupero delle antiche stalle e del fienile del Borgo di Erbin, Ca’ del Moro coniuga perfettamente ruralità, modernità, sostenibilità, comfort e benessere. Un concept unico che gli è valso il premio “Stanze italiane” 2020 del Touring Club – assegnato solo a 4 strutture ricettive in tutta Italia – che si sono distinte per atmosfera familiare, servizio puntuale e cura dei dettagli e il Best of Wine Tourism 2021 Regional Winner nella categoria “accomodation” assegnato dalla rete del turismo del vino Great Wine Capitals. A questi si aggiunge, nel 2023, anche il premio Design dell’area di ricarica by Bmw Italia assegnato ancora una volta dal Touring Club Italiano.

Glamping e Servizi per gli ospiti

A Ca’ del Moro Wine Retreat l’experience è totale. Tra i servizi e le attività proposte: degustazioni da barrique, corsi di cucina, show cooking, horse experience, e-bike experience, hiking experience, campo da calcetto, tour in elicottero, eliporto, Theatro, quad experience, Jacuzzi, solarium, stazione di ricarica e-bike ed auto elettriche. E per gli amanti del glamping gli ospiti possono fruire anche delle diverse attività proposte dalla struttura, come, ad esempio, le escursioni e le passeggiate a cavallo, i tour guidati in e-bike tra i vigneti, i pic-nic, i percorsi di degustazione in cantina o nell’Enoteca del Resort disponibile e di un wine lodge per quattro persone che domina i vigneti e le colline della Valpantena.

Tra le tante occasioni anche quella di una speciale cena a quattro mani prevista per il primo luglio con Andrea Berton (Ristorante Berton, 1 Stella Michelin) e mise en place curata da Csaba dalla Zorza. Per Maggiori informazioni su tutte le attività in calendario e prenotazioni, cliccare QUI.

del Moro – La Collina dei Ciliegi

Erbin N.31, 37023 Grezzana (VR)
Tel. +39 045 9814900
info@cadelmoro.wine

Prossimi eventi in calendario

Giuseppe Lamanna dirigerà per 13 serate l’esclusivo preludio enogastronomico dell’Arena Opera Festival, che traguarda i 100 anni e porta in scena per la stagione lirica un calendario di cene gourmand placé sotto le stelle, sulla millenaria terrazza dell’anfiteatro romano tra le arcate della sua iconica Ala.

La brigata del Resort & Restaurant de La Collina dei Ciliegi, scelta per l’occasione da Noahlity, hospitality partner di Verona Opera Festival, proporrà ai 24 ospiti in terrazza un menù-degustazione in abbinamento ai vini top di gamma dell’azienda vitivinicola della Valpantena. La cena avrà inizio alle 19.15 e terminerà alle 20.30 per consentire agli ospiti di raggiungere poi i posti riservati per la visione dell’Opera nell’esclusivo Palco Reale dell’anfiteatro romano.

Programma dell’ Arena Opera Festival

  • Giovedì 06/7 Carmen
  • Venerdì 07/7 Rigoletto
  • Giovedì 13/7 Il Barbiere di Siviglia
  • Venerdì 14/7 La Traviata
  • Mercoledì 19/7 Roberto Bolle and Friends
  • Giovedì 20/7 Rigoletto
  • Venerdì 21/7 Aida
  • Giovedì 27/7 La Traviata
  • Venerdì 28/7 Nabucco
  • Domenica 06/8 Placido Domingo in Opera – Arena 100
  • Mercoledì 06/9 Carmen
  • Venerdì 08/9 Aida

Per Massimo Gianolli, presidente de La Collina dei Ciliegi: “È un grande onore abbinare la nostra experience enogastronomica a quella delle opere della stagione lirica di quest’anno. Un binomio vincente che valorizza al contempo, e su scala internazionale, l’eccellenza del patrimonio produttivo del nostro territorio e quello artistico, e che per noi rappresenta la naturale prosecuzione dell’adesione all’iniziativa delle 67 Colonne per l’Arena, a cui sin dall’origine ha aderito Generalfinance in qualità di advisor”.


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Dall’invenzione nel 1872 dei fratelli spanoli Camp all’età d’oro del secolo scorso, sono 151 gli anni di Matusalem, distillato che continua a stupire per qualità e creatività, nate entrambe sotto il cielo di Santiago de Cuba. Ma qual è il suo metodo di produzione? Perchè la sua icona è una rondine? Perchè si chiama Matusalem? Parafrasando Battisti, “lo scoprirete solo leggendo”.

All’inizio del XX secolo Santiago de Cuba in America Latina, ero luogo perfetto per chi, in possesso di idee, know how e capacità d’investimento, avesse il piglio dell’imprenditore lungimirante. I visionari e i coraggiosi infatti, fiutata l’opportunità di questa generosa terra, ne fecero casa e meta per fondare aziende di lungo futuro. Tra i tanti scenari possibili, Santiago de Cuba, offriva anche l’ecosistema perfetto per produrre ottimo Rum, alzare l’asticella della sua qualità e diventare lo spirito raffinato e versatile che conosciamo oggi.


Ma perchè Matusalem?

Nell’anno 1872, i fondatori di Matusalem crearono un marchio con uno scopo preciso: trovare un gusto così indimenticabile che potesse sfuggire alle mode passeggere e al contempo suggerire un’idea di “invecchiamento”; in un’unica espressione, divenire un “Rum senza tempo”.
Fu per questa ragione che Benjamín ed Eduardo Camp, insieme a Evaristo Álvarez, diedero al rum il nome di Matusalemme, ispirandosi ad uno dei patriarchi antidiluviani dell’Antico Testamento, divenuto proverbiale per la sua longevità che, nella narrazione biblica, ammonta a ben 969 anni.

Perchè la sua icona è una rondine?

Subito dopo aver costruito il primo stabilimento di produzione del Matusalem Rum, stormi di rondini lo sorvolarono e addirittura vi nidificarono. I fondatori affascinati dalla presenza di questo spirito libero, simbolo di protezione, vita, speranza e buona compagnia, pensarono bene che fosse il miglior rappresentante del marchio. Per dare legittimità al prodotto, hanno raffigurato la rondine con un cartiglio nel becco che riporta la data di nascita del Matusalem: 1872.

L’epoca d’oro di Santiago di Cuba e la produzione dello “Spirito dell’Isola”

Il fascino dell’isola, la vivace vita notturna, il clima, la natura e l’architettura Art Déco fecero di Cuba la Parigi delle Americhe. Tra gli anni ’30 e ’50, il proibizionismo negli USA ne fece la meta perfetta per gli americani (Ernest Hemingway, ad esempio) la scelsero come dimensione per vivere.

Seguendo una formula da loro ideata e conservata segretamente per la produzione di Rum, nel 1872 i fratelli Camp unirono le loro capacità di distillatori con i principi del sistema Solera, una tecnica originariamente sviluppata in Spagna per creare l’omonimo vino, sherry e brandy, creando un prodotto più morbido e di alta qualità.
Durante quella che è stata definita l’età dell’oro, Matusalem divenne il Rum più popolare e partner perfetto per godersi lo “spirito dell’isola”.

Negli anni ‘50 la famiglia fu costretta a lasciare il paese e si trasferì a Miami. Negli anni ‘90, Claudio Alvarez, quarta generazione della famiglia, ha riacquistato tutte le azioni dell0azienda, seguendo il suo sogno di riavviare il marchio. “Ron Matusalem” è stato poi rilanciato in Repubblica Dominicana, dove le condizioni climatiche e del suolo sono molto simili a quelle di Cuba. Conosciuto come il “cognac dei rum”, Ron Matusalem è prodotto utilizzando l’originale e segreta ricetta, invariata fino alla quinta generazione della famiglia, secondo gli stessi esigenti standard stabiliti dai fondatori del marchio 151 anni fa.

Top di Produzione

La tecnica di invecchiamento Solera, un sistema creato per invecchiare il vino nel sud della Spagna durante l’ultima parte del XVIII secolo, è stata utilizzata per creare il rum Matusalem sin dal suo inizio. Il sistema garantisce una certa omogeneità tra le diverse annate per quello che è anche noto come il “cognac dei rum”, poiché viene ancora prodotto utilizzando la ricetta originale e segreta. Alcune delle espressioni includono:

Matusalem Gran Reserva 15
: noto per le sue note aromatiche legnose, secche e burrose. La sua complessità e morbidezza lo rendono perfetto da gustare liscio e ideale per audaci abbinamenti. Ha un basso contenuto di zucchero; solo 5,7 grammi per litro.


Matusalem Gran Reserva 18: una miscela esclusiva di rum invecchiati in botti di rovere ex-Bourbon americano. Le sue sfumature ramate restituiscono un’esperienza esotica, tra sofisticati aromi legnosi, con cioccolato e frutta secca.
Matusalem Gran Reserva 23: amato per la sua morbidezza è ben bilanciato con sfumature di miele, vaniglia e melassa, con un finale speziato e duraturo. Ha vinto sette premi per la sua innovazione ed eccellenza. Rum invecchiato più adatto a palati sofisticati.


L’industria del rum premium è certamente in crescita, poiché l’innovazione dei prodotti e il marketing mirato hanno aumentato il potenziale degli alcolici. Storicamente servito miscelato, la percezione del distillato si sta evolvendo, e il rum sta pian piano diventando un distillato da sorseggiare o miscelare, tendenza che sta indubbiamente contribuendo alla sua crescita e al suo futuro sempre giovane. Così come è stato ampiamente dimostrato presso l’Hoxton Hotel di Roma in occasione del Bar Show2023 con la partecipazione di Hektor Monroy, Global Head of Experience di Ron Matusalem Global che ha preparato quattro cocktails con l’utilizzo dei 3 principali prodotti premium iconici di Matusalem, ovvero Golondrina, Spicy Daiquiry, Cuba Libre Royal e l’iconico Old Fashion. Ogni cocktail è stato associato ad una degustazione di “fingers” a cura dell’Head Chef Alessandro Stefoni , sviluppata attraverso la Food Pairing Analysis di Ron Matusalem.

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3 serate dedicate alla mixology, 15 guest, 5 station al giorno, 2 signature cocktail per bartender sono staste le coordinate della seconda edizione dell’evento ideato e diretto da Niccolò Amadori con il sostegno di WORLD CLASS DIAGEO al Cocktail bar Alto Rooftop.

Grande successo a Cervia ALTO Cocktail Festival. La località balneare e termale della provincia di Ravenna in Emilia-Romagna, con una storia importante legata alla produzione del sale, per la seconda edizione di ALTO COCKTAIL FESTIVAL – evento ideato e diretto da Niccolò Amadori con il sostegno di WORLD CLASS DIAGEO, che si è tenuto nel Cocktail bar Alto Rooftop da Martedì 20 a Giovedì 22 giugno 2023 – ha cambiato sapore.

Quest’anno aveva aumentato i giorni dell’evento, portando la “kermesse da bere” da 1 a 3 serate e distribuendo su queste alcune delle figure più importanti del mondo della mixology Italiana ed Europea, con la volontà di centrare l’obiettivo 2023, ovvero quello di mettere in risalto la miscelazione contemporanea romagnola di qualità, arricchirla e porla in dialogo con le stimolanti realtà dei numerosi ospiti di fama nazionale e internazionale che sono approdate a Cervia per il Festival.

Sul rooftop di Alto sono state allestite cinque station a serata, dalle 20:00 alle 24:00. Gli ospiti hanno potuto così interagire e confrontarsi con le guest che, felici di condividere le loro conoscenze mostrando il loro talento e la loro creatività, ha preparato due signature drinks a testa. 

I bartender ospiti

20 giugno, Mina Giaconi, del Nick’s and Co di Milano, Santino Calderone, di The Stage sempre di Milano, Enrico Scarzella del Velluto di Bologna, Alessandro Venturi, che a breve aprirà il suo Colibr, e Vincenzo Pagliara del Laboratorio Folkloristico di Pomigliano D’arco (Napoli).

21 giugno: Jimmy Bertazzoli dell’Aguardiente di Marina di Ravenna, Martina Bonci del Gucci Giardino di Firenze, Edoardo Mastroianni del Léve di Torino, Mattia Cilia di Cantieri Sultano di Ragusa Ibla, Samantha Migani di Hawaiiki di di Bellaria-Igea Marina (Rimini).

22 giugno: Luca Marcelin del Drinc e Drinc Different di Milano, Giovanni Badolato del Metropolita di Roma, Adrian Niño di Le 1802 di Parigi, Chiara Marchica del Connaught Bar di Londra e ancora Vincenzo Pagliara del Laboratorio Folkloristico.

Grande interesse per il momento di Jimmy Bertazzoli, owner di Aguardiente –  Cocktails & Punches – True Spirits di Marina di Ravenna –  per la masterclass del 21 giugno. Appassionato dei distillati da canna da zucchero e delle culture tradizionali caraibiche, si è dedicato alla scoperta e alla valorizzazione di queste preziose tradizioni. La sua costante vicinanza ai produttori durante le decine di viaggi ha alimentato la sua passione per le materie prime, il terroir e l’artigianalità.

Appare evidente il fermento degli ultimi anni nel mondo del “bar”. Tutte le nuove aperture danno ampio spazio al pairing con il piatto anche in chi è fine dining. Percorso già iniziato da circa 10 anni. Anche tutti gli hotel stanno strizzando l’occhio al mondo del bar come nuova risorsa e nn più come complemento di servizio.

Tra i migliori momenti dell’evento appena chiusto, l’interazione totale fra gli staff, la complicità fra le persone e gli ospiti, con importanti momenti di scambio di idee per progetti futuri.

Molto interessanti, a tal proposito, le visioni di alcuni bartender che
nei tre giorni hanno condiviso alcuni aspetti gestionali del loro lavoro e scambi di opinioni da approfondire

Claudio Amadori, patron di Alto

In abbinamento ai drink, la cucina di Alto Rooftop sono stati proposti piatti semplici ed essenziali, incentrati sull’individuazione di ingredienti ricercati e di qualità.

Tutte le informazioni su ALTO Cocktail Festival sono state comunicate sul canale social di Instagram della manifestazione: @ALTO Cocktail Festival.

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Assegnati ieri sera a Valencia i World’s 50 Best Restaurant. Conquista un importante doppio podio il Central di Lima e conferma la nuova forza del Sud America. Miglior italiano, Lido 84 di Riccardo Camanini al 7° posto. Massimo Bottura, cerimoniere d’eccezione. William Drew, parla di futuro della ristorazione, ricerca e profonda tradizione enogastronomica.

Ieri sera a Valencia, la 21esima classifica gastronomica mondiale ha decretato il Central, già ristorante di punta della capitale (e città più grande) degli chef Virgilio Martínez  (lo avevamo intervistato QUI) e Pía León, affiatata coppia nella vita e nel lavoro, come il N°1 dei The World’s 50 Best Restaurant.

Conquistando anche il podio del The Best Restaurant in South America 2023, Central Restaurante è una “doppia ode a quattro mani” al Perù, che conferma sempre più la centralità del Sud America con un menu che rende omaggio alla ricerca, recupero e valorizzazione della biodiversità unica degli ingredienti del Paese (sotto la guida di Mater Iniciativa, divisione impegnata nella ricerca) insieme alle sue tradizioni narranti, unitamente alla sempre più necessaria sostenibilità. Prendendo il posto del Geranium di Copenhagen – incluso quest’anno nella hall of fame dei ristoranti Best of the Best – il Central è seguito da Disfrutar (2) a Barcellona e Diverxo (3) a Madrid.

Il Sud America vanta complessivamente nove ristoranti, tra cui due new entry: Kjolle (28) a Lima e El Chato (33) a Bogotà. Segue l’Asia con sette ristoranti in classifica, tra cui Odette a Singapore, nominato The Best Restaurant in Asia (14), insieme alle new entry Le Du (15) e Gaggan Anand (17) a Bangkok e Sézanne a Tokyo (37). Due ristoranti a Dubai entrano in classifica per la prima volta: Trèsind Studio (11), nominato The Best Restaurant in Middle East & Africa, e Orfali Bros Bistro (46).

E l’Italia? Lo scorso anno l’Italia aveva portato a casa un ottimo bottino con sei ristoranti entrati nella Top 50 Best: il Lido 84, ristorante di Gardone Riviera (Brescia) di Riccardo Camanini; Le Calandre di Rubano (Padova) dei fratelli Alajmo, Uliassi di Senigallia, il ristorante Reale di Castel di Sangro (L’Aquila) regno di Niko Romito (già arrivato a Valencia), Piazza Duomo di Alba (Cuneo) guidato dal talentuoso chef Enrico Crippa, e l’altoatesino Norbert Niederkofler col St. Hubertus dell’Hotel Rosa Alpina, ora chiuso per ristrutturazione.

Quest’anno è Riccardo Camanini a issare la bandiera italiana sulla settima posizione per l’Italia, mentre Niko Romito scende dalla quindicesima alla sedicesima, seguito da Mauro Uliassi (34), Max Alajmo (41) e Enrico Crippa (42).

Al Central siamo consapevoli della necessità di connetterci e umilmente accettiamo la grande sfida di conoscere e ri-conoscere questo bellissimo Paese ricco di input unici, paesaggi, cultura e tradizioni, storie da raccontare.

Il nostro team collaborativo lavora duramente per generare collegamenti e cercare di rendere visibili elementi che, nella vita di tutti i giorni, non possono essere visti da tutti. La missione che abbiamo intrapreso, il nostro principio, non ha meta né fine, ma si concentra su un costante movimento, osservazione e rispetto della temporalità e stagionalità che la terra ci impone.

Virgilio Martínez e Pía León

Il Sud America vanta complessivamente nove ristoranti, tra cui due new entry: Kjolle (28) a Lima e El Chato (33) a Bogotà. Segue l’Asia con sette ristoranti in classifica, tra cui Odette a Singapore, nominato The Best Restaurant in Asia (No.14), insieme alle new entry Le Du (No.15) e Gaggan Anand (No.17) a Bangkok e Sézanne a Tokyo (No.37). Due ristoranti a Dubai entrano in classifica per la prima volta: Trèsind Studio (No.11), nominato The Best Restaurant in Middle East & Africa, e Orfali Bros Bistro (No.46).

William Drew, Direttore dei contenuti della 50 Best Restaurant’s, sottolinea come “il mediterraneo” sia il vero protagonista – un unicum che vive in simbiosi e si muove assieme al team di una cucina – e di come la classifica dei 100 ristoranti migliori del mondo, premi speciali inclusi, disegnino con chiarezza un futuro e un’idea di ristorazione molto precisa. Un futuro in cui la sostenibilità, la ricerca e soprattutto un’idea profonda di tradizione enogastronomica giocano un ruolo decisamente sempre più “Central“.

PREMI SPECIALI 2023

Sul palco della ventunesima edizione è certa la presenza della chef messicana Elena Reygadas designata da questa giuria internazionale, già lo scorso aprile, quale “miglior chef donna dell’anno”.

  • Pía Salazar di Nuema, Quito, riceve il The World’s Best Pastry Chef Award, sponsorizzato da Sosa;
  • Il Beronia World’s Best Sommelier Award viene attribuito a Miguel Ángel Millán di Diverxo, Madrid;
  • Fyn a Città del Capo vince il Flor de Caña Sustainable Restaurant Award;
  • Table by Bruno Verjus (10) a Parigi porta a casa il Highest New Entry Award, sponsorizzato da Aspire Lifestyles;
  • Atomix (8) viene premiato col Villa Massa Highest Climber Award, essendo il ristorante di New York salito di 25 posti dal 2022;
  • Alchemist (5) a Copenaghen vince il Gin Mare Art of Hospitality Award;
  • L’Estrella Damm Chefs’ Choice Award va a Julien Royer di Odette a Singapore.


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l’Empanada è il fagottino di pasta ripieno, cotto al forno o fritto, famoso in tutto il Sud America, immancabile nei giorni di festa e super popolare street food. Ogni regione ha le sue specialità e caratteristiche farciture e speziature. Quelle di Carolina si chiamano “Emapanadas Criollas”, sono ricche di sapore e con un tocco di grinta e cumino, tipiche del centro dell’Argentina.

A Refrontolo in provincia di Treviso, c’è un ristorante che propone cucina argentina di alta qualità. Si chiama Trattoria Argentina e offre ai suoi ospiti le migliori selezioni di carni argentine e Kobe giapponese allevato in Argentina cotte alla parrilla (griglia) secondo i dettami dell’ASADO, nonchè doverosamente anticipate dalle “Empanadas” di Carolina, rigorosamente fatte in casa con la manualità, sapienza, calore e sapore di un tempo.

L’ obiettivo di Carolina RecaldeFernando Kelm, coppia nella vita e nel lavoro, e che con figli e coraggio hanno deciso di ricreare un angolo argentino tra le colline del Prosecco, è quello di trasmettere, attraverso il cibi tradizionali, esaltazione dei sapori e qualità nelle materie prime, la cultura di una terra che ha molti tratti in comune con l’Italia.

l’Empanadas è un fagottino presente in tutto il Sud America, ma ogni regione ha le sue specialità. Queste si chiamano Emapans Criollas, tipiche del centro dell’Argentina, caratterizzate dalla presenza di olive, uova sode e spezie, nelle quali predomina leggermente il cumino e la sua grinta.

EMPANADAS CRIOLLAS Argentina

Macinato manzo 250 gr
1 Cipolla
1 Cipollotto
2 Uova sode
6 Olive verdi grandi e deocciolate
Sale e pepe
Paprika dolce
Cumino

PREPARAZIONE

Impasto: Farina 00 / 210gr circa, 50 gr di burro; 70ml di acqua tiedipa, sale, un pizzico. Impastare tutti gli ingredienti e lasciare riposare per almeno 2 ore in frigorifero.


Ripieno: Tritare finemente la cipolla e cipollotto; soffriggere in olio evo, quando è trasparente aggiungere il macinato; quando la carne e cotta aggiungere sale, pepe, paprika e cumino, lasciare raffreddare. Per ultimo aggiungere le olive e le uova sode. Lasciare compattare.

Preriscaldate il forno a 200 gradi. Stendete la pasta su un piano infarinato in modo da formare un cerchio di 3 mm. di spessore. Con una forma del diametro di 12 cm tagliate dei cerchi e adagiate nel centro di ciascuno un cucchiaio del ripieno di carne, lasciando libero tutt’intorno un bordo di pasta di circa 1,5 cm.
Bagnate con un po’ d’acqua i bordi della pasta e uniteli in modo da formare una mezzaluna.
Se avete manualità procedete con la chiusura tradizionale a cordoncino riportata in foto, altrimenti con la forchetta schiacciate i bordi, in modo che siano perfettamente sigillati. Adagiate le empanadas su una teglia e fate cuocere in forno per 10-15 minuti. Si possono anche friggere.

La loro forma a mezzaluna racchiude una farcitura molto saporita e, come dicevamo, spesso arricchita da ingredienti ì, spezie e aromi il cui sapore varia da zona a zona delle Pampas. Oltre alla carne, le gustose varianti del ripieno possono annoverare pollo, formaggio, tonno, gamberetti, uova, uva passa e nulla vi vieta di aggiungere un tocco personale e farcire i fagottini di pasta come più vi piace, a seconda dei vostri gusti e di quelli degli ospiti. Se volete assaggiare quelle di Carolina, dovete recarvi da Trattoria Argentina!

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L’Argentina, abbondante in ricchezze paesaggistiche e culturali, è conosciuta per la musica, per il tango, per le deliziosa cucina e per la carni, cotte con tradizionale/rituale metodo dell’ASADO, arte indiscussa del gaucho. Ma chi è il gaucho? Come si preapara l’Asado? Quali tagli scegliere? Come si serve e come si accompagna questo indiscusso “piacere della carne”?

Non è solo questione di carne e griglia: è costume, tradizione, passione. È un’usanza che prevede il raduno, l’incontro, le famiglie, gli amici, la condivisione del momento, il rito dell’accensione del fuoco, di sapienti marinature e le roventi griglie, le insalate e salse d’accompagno, l’attesa e il piacere: è l’ASADO ARGENTINO. Un’ usanza antica, che non ha bisogno di tecnologia nè di progresso, ma di legna, fuoco, griglia e carne: la cottura ancestrale che non ha bisogno di altro, se non di essere condivisa.

Nel 1834 Charles Darwin, di passaggio nelle pampas, scrive: “…con i capelli lunghi fino alle spalle, la faccia nera per il vento, il cappello di feltro, chiripà e stivali ricavati dai quarti posteriori delle giumente, un grande facòn sulla schiena sostenuto da un cinturone, mangiavano carne asada come dieta principale, a volte accompagnata da un po’ di mate o qualche sigaro…”

Originariamente nomade, il gaucho era un custode delle mandrie nelle sconfinate pianure argentine, le pampas, e dei territori che giungevano fino ai confini orientali dell’Argentina e allo stato del Rìo Grande del Sur, in Brasile. La cultura, le leggende, la storia hanno contribuito a definire la sua figura, rispettata e stimata come simbolo nazionale.

Abili a cavallo ed ottimi allevatori di bestiame, si caratterizzavano per destrezza fisica, superbia, carattere riservato e malinconico: l’uomo delle pampas, luogo scenario di vite leggendarie e reali.

I compiti principali erano guidare le transumanze ai pascoli o ai siti di mercato, marcare a fuoco il bestiame, la doma dei puledri, una delle attività più apprezzate tutt’oggi. L’alimentazione del gaucho consisteva principalmente in carne, per lo più bovina, ma anche caprina e ovina o di qualunque altro genere, ma mai e per nessun motivo quella equina. Questo perchè il cavallo è il suo bene più prezioso: senza, si smette di essere gaucho.

ASADO ARGENTINO

C’è chi erroneamente pensa che l’asado sia un taglio di carne, in verità con il termine ASADO si dentifica di un PARTICOLARE METODO DI COTTURA alla brace. Questo perchè spesso si fa confusione con l’ “asado de Tira” ovvero il costato del manzo che significa appunto: “striscia di costola”. Ma il significato della parola asado è infatti, letteralmente, arrostito o cotto alla brace.

Prima dell’approdo dei colonizzatori spagnoli la dieta degli indios era piuttosto scarna e primitiva. Furono i conquistadores, secoli fa, a trasmettere ai popoli del Sud America la passione per questo modo di cucinare la carne, unica abbondante risorsa e per questo acquisirono una grande esperienza nella sua preparazione.

Il compito di badare al fuoco e alla cottura della carne era e rimane affidato a una sola persona, l’ asador: un incarico considerato di grande importanza e per questo svolto con diligenza, perizia e pazienza. La tradizione vuole inoltre che sia l’asador l’unico incaricato di servire le carne, dalla griglia alla tavola, rigorosamente ed esclusivamente con l’uso del coltello.

Carni e Tagli

È fondamentale scegliere la carne in base al gusto dei commensali e al tempo che avrete a disposizione. Esistono tagli più succosi, più asciutti, più magri e grassi, che richiedono tempi di cottura diversi. La carne di manzo è sicuramente il cuore dell’asado argentino. I tagli più utilizzati sono:

  •  Il vacio (parte del sottopancia), con molto grasso e offerta nei ristoranti più economici e popolari (corrisponde alla flank steak americana o alla nostra bavetta);
  •  Il matambre (muscoli addominali);
  •  Il bife de costillas, ovvero la costata con l’osso;
  •  Il bife de lomo (il filetto), alto da 3 a 4 cm, è il taglio più tenero del manzo;
  •  Il bife de chorizo un taglio alto almeno 4 cm, lungo circa 20 cm e largo da 10 cm a 12 cm. Corrisponde all’entrecote, all’inglese strip loin, al nostro controfiletto. E’ un taglio poco grasso, molto amato dagli argentini perchè gustoso e discretamente tenero, corrisponde alla parte più grande dell’americana T-bone (T-bone che al contrario è praticamente assente nei ristoranti argentini);
  • Le achuras (le interiora, ovvero trippe, rognoni e animelle).

Anche il maiale ha un ruolo importante in questa preparazione:

  •  I chorizos: le classiche salsicce.
  •  Le costillas: le costine.
  •  Le morcillas: le salsicce ripiene di sangue.

I metodi di cottura

L’asado può essere preparato usando principalmente due metodi: il metodo dei gauchos, che consiste nel fissare un vitello o un agnello a una croce di metallo (a la cruz) o al palo, e nell’esporla al calore del fuoco, oppure utilizzando la parrilla, ovvero la classica griglia. In qualunque caso una cottura molto lenta, ben gestita e non aggressiva, garantirà comunque morbidezza e sapore alle carni.

Il metodo di cottura ‘a la cruz’ prende il nome dalla tipica forma a croce del supporto su cui l’animale è agganciato. In genere questo non viene scuoiato (‘asado con cuero’): la pelle, rivolta dalla parte opposta rispetto alla fiamma, fa sì che la carne non perda troppi liquidi.

Il metodo di cottura ‘al palo’ non è molto diverso, se non per la differente forma del supporto utilizzato per la carne. Seppur impiegato anche in Argentina, è maggiormente diffuso nell’area della Patagonia cilena per la preparazione dell’agnello (‘cordero al palo’) e del maiale. Prevede che l’intero animale sia esposto al calore della brace. Il ‘palo’ in genere è sistemato in posizione obliqua, meno spesso in orizzontale.

Il metodo ‘a la parilla’, invece, è per forza di cose, quello che meglio si adatta alle case private degli argentini. La preparazione prevede che la carne sia cotta su braci incandescenti. Viene utilizzata a tale scopo una griglia metallica.

Marinatura

Una buona marinatura è indispensabile per rendere la carne del manzo morbida e saporita, proprio come facevano i gauchos delle pampas. I tempi di cottura per ammorbidire i tagli e distruggere le possibili tossine erano davvero lunghi. Non era previsto l’uso del sale o di altre spezie perché a quei tempi costavano tantissimo.

Dalle cene solitarie nella pampa, oggi lo scenario è quello della festa e della condivisone, e parte integrante dell’asado argentino è diventato proprio il condimento, che ha un nome originale e accattivante, il ‘chimichurri’: 110 ml di olio di oliva; 3 spicchi di aglio tritati, 50 gr di prezzemolo/coriandolo tritato, 10 ml di aceto bianco, 10 gr di Origano, 40 gr di cipolla, pepe nero, peperoncino, paprika, cumino, sale e, a volte, succo di limone.

Cotture

La gradazione di cottura della carne può essere “muy jugoso”, cioè al sangue, o “jugoso” media cottura, o “a punto”, più che media cottura, o “pasado de punto”, ben cotto, o ancora “ben cocido”, molto ben cotto.



Accompagnamento

Anticipate spesso dalle Empanadas (QUI la ricetta), c’è chi dice che l’ASADO non si accompagna. La carne si mangia da sola. Anche senza piatti. Solo con forchetta e coltello, sulla tavola. Altri lo mangiano solo con il pane. Mentre la stragrande maggioranza lo fa con insalate o verdure arrostite come contorno. Le più tipiche sono l’insalata mista di cipolla, pomodoro e lattuga, o la salsa di pomodoro schiacciata. Esistono però delle verdure che acquistano un sapore squisito se vengono cotte alla griglia, insieme alla carne. Questi sono cipolle, peperoni, patate, zucca, mais, tra gli altri. Esiste anche una ‘ensalada de papas’, a base di patate, cipolla e maionese. Anche la ‘provoleta’, ovvero fette tonde di provolone alte un paio di centimetri, che vengono cotte sempre rigorosamente sulla griglia.Infine, pane e vino rosso non devono mai mancare.

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