Alla Stazione Leopolda di Firenze, i prossimi 15 e 16 febbraio, la speciale edizione della Chianti Classico Collection 2024. Per il Centenario del Consorzio più antico d’Italia un programma condito da novità stilistiche, mostre fotografiche, seminari e record di espositori del Gallo Nero
A metà tra radici ed evoluzioni, per questa speciale edizione, la grafica della Chianti Classico Collection sarà accattivante, caratterizza da un collage di polaroid che testimoniano e ripercorrono l’attività del Consorzio negli anni, immortalando alcuni dei momenti salienti della sua storia, dettagli di eventi e degustazioni tra i ritratti delle persone che hanno contribuito a idearle e realizzarle.
La manifestazione, nata come Anteprima del Chianti Classico nel 1993, segna quest’anno un nuovo primato nel numero di produttori partecipanti: sono infatti ben 211 le aziende del Gallo Nero che presenteranno le loro ultime annate di Chianti Classico, Chianti Classico Riserva e Chianti Classico Gran Selezione alla stampa e ai professionisti del settore.
Importante novità di quest’anno è il ritorno all’apertura al pubblico per l’intera giornata del 16 febbraio, un’occasione unica per condividere un anno da record insieme agli appassionati di questa terra e di questo vino.
Numeri e contenuti della Collection
211 le aziende del Gallo Nero presenti, per un totale di 773 etichette in degustazione, di cui 172 Chianti Classico Riserva e 151 Gran Selezione. 36 i campioni in anteprima della vendemmia 2023.
I seminari: come di consueto, la Collection prevede anche alcuni momenti di approfondimento per gli operatori del settore e la stampa. Nel pomeriggio della prima giornata da segnalare il seminario “Dieci anni di Gran Selezione”, a cura di Antonio Boco e Paolo De Cristofaro (ore 16.30). Nel 2014 sono state 33 le prime etichette di Gran Selezione ad uscire sul mercato, oggi i vini certificati in questa tipologia sono ben 213.
Il 16 febbraio alle ore 11, è invece previsto un approfondimento sull’Olio DOP Chianti Classico, con un seminario dedicato, curato dal tecnico del Consorzio, l’agronomo Roberto Rappuoli.
Olio DOP Chianti Classico: nell’ambito della Chianti Classico Collection non poteva mancare la presenza dell’altro prodotto principe del Gallo Nero, l’Olio DOP Chianti Classico. In particolare, verrà allestito un banco di assaggio della DOP verde del Gallo Nero, dove sarà possibile degustare 33 oli. Inoltre, 6 aziende produttrici saranno presenti personalmente in sala.
L’ Apertura al pubblico è prevista nella giornata di venerdì, gli appassionati di Chianti Classico potranno vivere una vera e propria full immersion grazie a una straordinaria apertura dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso ore 18) e partecipare ad alcuni wine tour, con la guida sapiente di esperti del settore (Fabio Ceccarelli, Bernardo Conticelli, Riccardo Margheri, Leonardo Romanelli).
Un’altra importante novità di quest’anno è la possibilità per tutti gli ospiti della manifestazione di portare a casa alcuni dei Chianti Classico degustati. Nella giornata di venerdì è infatti prevista la vendita al pubblico di una selezione delle etichette presentate nell’ambito della Leopolda (1 etichetta per azienda partecipante).
E per celebrare il Centenario… sarà presentata in anteprima alla Collection, la mostra “Chianti Classico Century” che ripercorre i primi cento anni del Consorzio attraverso il pensiero dei suoi Presidenti. Il Centenario del Consorzio sarà infatti un’occasione di racconto corale, cui si uniscono anche le voci dei suoi soci, che si presenteranno in brevi reel sui social media durante tutto il 2024, per unire un volto e una storia personale a ciascuna etichetta. Alcuni di questi video saranno proiettati anche all’interno del foyer della Leopolda, un omaggio alla vera anima del Consorzio: i suoi produttori.
Partener, collaboratori e Sponsor della manifestazione
Infine, tra i collaboratori e sponsor della “Collection”, ricordiamo: Firenze Parcheggi, Fieramente, Acqua di Toscana San Felice prodotto dell’Eccellenza Toscana, Pulltex Accessori da Vino, Group4 srl e Bagnoli&Baldesi tutto per l’Hospitality e MBS confezioni e imballaggi in legno.
Il Carnevale Storico di Offida compie 500 anni. Daniele Citeroni, offidano DOC, chef e patron di Osteria Ophis, ci racconta l’attaccamento di un popolo alla sua festa, ci svela i cibi rituali, quelli riletti dalla sua cucina, e gli ingredienti di una storia di folclore, tradizioni e goliardia, a tratti sfrenata.
Una vera e propria festa del popolo quella del Carnevale di Offida. Nel calendario marchigiano, è sicuramente una delle ricorrenze più sentite dell’anno, che coinvolge l’intera comunità offidana e i numerosi visitatori che, attratti dalla sua singolarità, si stringono tra le sue mura medievali per prendere parte a questo trascinante e febbrile evento.
Quello di Offida (AP) – borgo ricco di un suggestivo passato, noto per l’arte del merletto a tombolo, vitigni locali, tradizioni popolari e intriganti gastronomie – è uno dei Carnevali più antichi d’Italia. La sua configurazione ufficiale risale alla metà del 1700 ma, poichè i primi riferimenti si trovano già negli Statuti Offidani (Statuta Ophidanorum) del 1524, in questo 2024 festeggia – in una grande forma rimasta pressochè intatta – il suo 500esimo anniversario!
Come accennato, è proprio tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 che si sono affermati due dei riti che ancora oggi ne rappresentano il fulcro: la caccia al Bove finto e i “V’lurd”.
La tradizione vuole che si inizi ufficialmente il 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio, si prosegua con la “Domenica degli Amici”, che precede di due settimane il Carnevale, e con la “Domenica dei Parenti”, una settimana prima del Carnevale; seguono poi i «Veglionissimi» nella splendida cornice del Teatro Serpente Aureo, e la mascherata dei bambini del giovedì grasso, “Lu Bov Fint” del venerdì per finire con la fantasmagorica sfilata dei “Vlurd” che chiude il periodo della festa.
Cosa sono le “Congreghe storiche” di Offida?
Sono gruppi di suonatori che dal 17 gennaio animano le vie del borgo con le loro fanfare, portando allegria e dando vita a piccole scenette propiziatorie, incentrate per lo più sui temi della virilità e della fertilità.
Le congreghe hanno ricoperto e ricoprono tutt’oggi un ruolo fondamentale nello svolgimento del Carnevale di Offida: nate per aggregare parenti e amici desiderosi di partecipare ai festeggiamenti, è grazie ad esse che sono stati tramandati negli anni lo spirito e le usanze di questa festa. Ogni congrega ha un proprio nome, uno stendardo, una divisa e un tipo di maschera, nonché un modo peculiare di interpretare il Carnevale.
A testimonianza della grande rilevanza di questi gruppi e del loro importante ruolo, la mattina del Giovedì Grasso il Sindaco consegna le chiavi della città ad una delle congreghe, che da quel momento ha simbolicamente in mano il paese.
Il Teatro Serpente Aureo
I festeggiamenti si svolgono nel Teatro Serpente Aureo, teatro storico risalente al 1768 e rimodernato nell’Ottocento, un autentico gioiello del borgo, con la sua volta affrescata, i decori con stucchi e intagli dorati.
Tre sono i veglioni principali che hanno luogo in questa meravigliosa cornice: il sabato di Carnevale è dedicato al veglione di “gala”, la domenica al veglione mascherato, con la sfilata dei gruppi che si esibiscono sul palco con scenette ironiche e divertenti. L’ultimo appuntamento è il veglionissimo del lunedì, nel quale fanno il loro ingresso in teatro le storiche congreghe, scrupolosamente in ordine di fondazione. Questa usanza si rifà alla tradizione per la quale un piccolo gruppo musicale faceva il suo ingresso in teatro allo scoccare della mezzanotte del lunedì di Carnevale, per augurare buon divertimento e ricordare che il periodo carnevalesco stava per finire.
Cos’è il BOVE FINTO e cosa rappresenta?
La manifestazione de Lu Bov Fint – IL BOVE FINTO – è certamente la figura più caratteristica del Carnevale offidano, una tradizione che ha mantenuto negli anni la sua identità e una forte impronta di creatività popolare. Anticamente la caccia al bove vedeva come protagonista un bue vero, ma da molti anni è stato sostituito con uno finto che viene portato a spalla per la città.
Qualla che un tempo prendeva i tratti di una Corrida spagnola – portata qui dalla dominazione – oggi consiste in una farsesca caccia a un bue-fantoccio e si svolge il giorno del Venerdì grasso, a partire dal quartiere Cappuccini nel primo pomeriggio fino all’arrivo in Piazza del Popolo verso sera.
Per le vie del paese corre una sagoma di bue, costituita da un’intelaiatura di legno e rivestita da un telo bianco con strisce rosse, sorretta da un uomo sotto la struttura, mentre un altro lo guida dall’esterno. Il bove viene seguito da una moltitudine di persone, vestite con le maschere tipiche del carnevale offidano, il guazzarò o la mntura (mutandoni), e tra cambi di direzione improvvisi e rincorse si arriva infine in piazza, dove il bove viene “mattato” davanti al loggiato del palazzo comunale.
Non esiste un orario ben preciso per uccidere (matare) il bove. All’imbrunire il bove muore facendogli toccare una colonna del palazzo, dove c’è uno specifico anello che veniva usato per agganciare ed uccidere i tori veri.
I Cenni storici raccontano poco sulle origini di questa manifestazione. Quel che è certo si tratta della rappresentazione di un’antica usanza finalizzata ad allietare le mense dei poveri, mettendone a disposizione le carni.
Cos’è il GUAZZARO’?
La maschera tipica del Carnevale offidano è il Guazzarò, forma dialettale di guazzarone o guazzone, un saio di tela bianca con un fazzoletto rosso al collo, che si rifà alla tunica che anticamente uomini e donne indossavano per il lavoro nei campi. Variamente rivisitata, è diventata nel tempo la divisa tradizionale delle celebrazioni carnevalesche.
Si dice che a Offida ognuno abbia un guazzarò e tutti sono invitati ad indossarlo durante i festeggiamenti carnevaleschi. Gli offidani tengono molto al fatto che chiunque partecipi al carnevale indossi una veste bianca e rossa, e solo chi ha il vestito tradizionale può toccare il fantoccio a forma di bue durante la caccia al Bove finto.
Piccola curiosità: Lu Guazzarò e la M’ntura, altra tipica maschera offidana, sono state inserite nelle Maschere Storiche italiane.
Cosa sono i V’LURD?
Immaginate lunghi fasci di canne imbottiti di paglia che vengono accesi all’imbrunire e portati a spalla da centinaia di uomini e donne mascherati con i guazzarò. Questa usanza è documentata sin dal 1814, come appare in un articolo di Guglielmo Allevi pubblicato sulla rivista “Ophys” il 3 marzo 1895.
La scatenata processione parte da Piazza XX Settembre, capeggiata dalla congrega del Ciorpento, che intona l’inno “Addio Ninetta Addio”, e i partecipanti, in fila indiana, con i lunghi fasci accesi sulle spalle percorrono il Corso tra grida di giubilo e balli sfrenati, fino alla piazza centrale. Qui Vlurd vengono accesi in un grande falò finale, attorno al quale proseguono le danze e le maschere corrono in cerchio, in attesa che il fuoco si spenga, sancendo la fine del Carnevale e l’inizio del periodo quaresimale. La processione dei Vlurd si svolge la sera del martedì grasso e chiude i festeggiamenti.
4 chiacchiere con Daniele Citeroni, offidano DOC, Chef e Patron di Ophis Osteria.
Daniele Citeroni, offidano DOC, chef e patron di OsteriaOphis, ci racconta l’attaccamento di un popolo alla sua festa, ci svela i cibi rituali, quelli riletti dalla sua cucina, assieme agli ingredienti di una storia di folclore, tradizioni e goliardia, a tratti sfrenata che festeggia il suo 500esimo anniversario in splendida forma.
Ogni anno una ricca rosa di eventi moltiplica il suo febbrile fascino tramandato nei secoli. Attraverso un rituale fissato da un’antichissima tradizione, il Carnevale continua ad avere un valore quasi sacro per gli offidani, fa loro da collante e viene rigorosamente osservato e trasmesso fin da piccoli.
Cosa rappresenta per il Popolo di Offida?
Ci sono due fattori importanti che determinano questa longevità: sono “mentalità e finalità”, che è continua ad essere la stessa e uguale per tutti gli offidani, da zero a 100 anni. Questo permette al Carnevale di resistere nella sua forma originaria, più o meno intatta. L’Offidano ne è attore principale. Festeggia con gli altri ma in verità lo fa per se stesso, per il proprio piacere, quasi egosistico. Ci si maschera per creare divertimento, ma soprattutto per divertirsi. Siamo in cinquemila? Ecco, sono cinquemila persone che la pensano così.Questo pensiero ci viene trasmesso fin da bambini, come una religione. E’ uno stile di vita. I ragazzi che studiano fuori possono non tornare per Natale, ma per il Carnevale si!
Ecco, come viene trasmesso questo sentimento di appartenenza ad rito così atteso e condiviso?
Io ho avuto la fortuna di avere una padre cui piaceva il Carnevale, ma non potendo partecipare attivamente per via dei lavoro in campagna, mi portava dagli “anziani del paese” per vivere i loro ricordi. Lì mi sono nutrito nelle taverne e nei bar di ricordi mitologici e anedotti. Da Noi, quando nasce un bambino la prima si compra il guazzarò! (ridiamo), e la divisa della congrega della quale o la madre o il padre fanno parte. Mia figlia ha il suo da quando aveva due mesi! Il concetto è far parte di una comunità da subito. E’ una festa che viene avissuta a tutte le età, compresa la ritualità del Bove Finto, che si festeggia già dalla scuola materna.
Un tuo ricordo particolare legato al carnevale?
Il mio primo carnevale vissuto da solo. Avrò avuto 15 anni. E fu il primo Carnevale passato mangiando con gli adulti e vissuto con loro, dove ho messo in campo, ho tradotto in azione e dato concretezza a tutte le storie che avevo sentito raccontare: il primo Veglione, il dietro le quinte.
Qual è il cibo tipico e rituale del carnevale offidano?
Alla bese del Carnevale c’è “cibo, vino abbodanza”. Ovviamente, l’animale simbolo è il maiale. Perchè febbraio arriva dopo il periode delle mattanze, quindi si mangiano piatti che vanno dalle cotiche e fagioli alle salsicce di carne e fegato, salumi, formaggi e il chichì ripieno, che è la pizza offidana ripiena di tonno, capperi, alici e peperoni: tutti piatti che facilitano la bevuta. (ridiamo) Poi il sugo di “carne con lo schienale”, i ravioli dolci fritti, ripieni di crema, ricotta, castegne ma anche i ceci un tempo, per i meno abbienti. Poi le castagnole e la chicca targata Ascoli: i ravioli caciati, che sono ravioli ripieni di carne di gallina lessa, che può essere in versione sia dolce sia salata, conditi con pecorino, cannella, noce moscata e un giro d’olio. In qualche caso o casa, la gallina veniva sostituita con il pane ammollato con il brodo, perchè la carne era troppo preziosa.
Il Chichì offidano nel “trittico” di Ophis OsteriaRavioli Incaciati
Hai tradotto qualche piatto di questa tradizione nei menu di OPHIS?
Si, il Raviolo incaciato, proposto come primo piatto. La ricetta è quella originale con il ripieno carne di bollito di gallina, pane ammollato nel brodo e parmigiano. Li condisco con un gro d’olio e pecorino, noce moscata e cannella per profumare il piatto; poi aggiungo una brounoise di giardiniera, perchè da noi il lesso si mangia così, e poi il brodo, che versiamo nel piatto direttamente in sala.
Il Chichì è un altro piatto che serviamo tassativamente ai nostri ospiti; lo serviamo in un piatto fatto fare appositamente per servire il nostro “trittico della tradizione offidana”, quindi accompagnato da olio Evo e dalla nostra pizza al formaggio. Lo abbiamo anche riletto nel bao al vapore giapponese o in un bottone ripieno monoporzione. (in foto) Per via dei suoi ingredienti quella del chichì storia è una ancora oggi misteriosa.
Un’origine che non mi stancherò di approfondire, e che a Offida ha anche una propria festa dedicata nei primi di Agosto. Ma questa è un’altra storia. Nel frattempo segue il programma dei prossimi festeggiamenti per il Carnevale.
Il programma del Carnevale di Offida 2024
Sabato 3 Febbraio 2024 – ore 22:00, Teatro Serpente Aureo, VEGLIONISSIMO del 500esimo;
Domenica 4 Febbraio 2024 – Centro Storico dalle ore 16:00 “Domenica dei parenti”, Musica e allegria con le Storiche Congreghe offidane. Nel pomeriggio “Bambini in festa”;
Giovedì 8 Febbraio 2024 – Giovedì grasso: ore 11:30 Teatro Serpente Aureo, cerimonia della consegna delle chiavi della Città dal Sindaco di Offida ad una delle Congreghe offidane. Ore 15:00 Teatro Serpente Aureo, mascherata dei bambini (ingresso omaggio a tutti i bambini) e Concorso a premi per bimbi in maschera. Dalle ore 23:00 nel Centro Storico, Musica e allegria con le Storiche Congreghe offidane;
Venerdì 9 Febbraio 2024 – giorno de “lu bov fint”. Ore 9:00 bove finto dei piccoli, ore 10:00 bove finto dei ragazzi e alle 14:30 caccia a lu Bov Fint per le vie della città
Sabato 10 Febbraio 2024 – ore 22:00 Teatro Serpente Aureo, Veglionissimo
Domenica 11 Febbraio 2024 – dalle ore 16:00 musica con le Congreghe offidane nel centro storico. Ore 22:00 Teatro Serpente Aureo, veglionissimo mascherato (con relativo concorso a premi per i gruppi che si esibiranno sul palcoscenico)
Lunedì 12 Febbraio 2024 – ore 22:00 Teatro Serpente Aureo, Veglionissimo di Carnevale. Ore 24:00 ingresso delle storiche congreghe
Martedì 13 Febbraio 2024 – CARNEVALE dalle ore 15:00 in Piazza del Popolo Maschere in festa (concorso a premi miglior gruppo), Musica e allegria con le Storiche Congreghe offidane. Alle 19:00 accensione e sfilata dei tradizionali “Vlurd” lungo lo storico percorso cittadino con falò conclusivo in Piazza del Popolo.
Nuova apertura e tante novità per Jacopo Mercuro, che a marzo aprirà un nuova sede per Asporto e Delivery di “180g Pizzeria Romana” in zona San Paolo a Roma. Il Menu? Pizza bassa e croccante, tranci “fluffy” e fritti importanti, tutti ottimizzati per la consegna, sotto l’egida della qualità e del Comfort Food. Scopriamo di più, a tu per tu, con l’avanguardista della Pizza Romana.
Back to the roots. Mi piace (parafrasando una nota canzone di AntonelloVenditti, altro romano DOC) quando le storie “fanno dei giri immensi e poi ritornano“. Ed è quello che ho pensato apprendendo della nuova tappa del cammino professionale di Jacopo Mercuro, che torna ad aprire nel quartiere Ostiense, lì dove tutto è iniziato.
Era il 2015 e il locale si chiamava “Mani in Pasta”. Per lui fu la prima, significativa esperienza. Un “bancone di prova” importante che suonava come un’attestazione di indipendenza dalla Laurea in Giurisprudenza e da un percorso predefinito in qualità di Avvocato, sulle orme dell’ammirazione paterna, nello studio legale di Famiglia.
“Avvocato Si. Sono cresciuto osservando il mio idolo, mio padre. A Dieci anni avevo già deciso cosa volessi fare. Dopo la Laurea la fortuna è stata quella di poter entrare in uno studio, vivere la professione e rendermi conto che non era quello che mi piaceva fare”; mi racconta Jacopo Mercuro, che oggi “fa la Pizza” ed è uno degli esponenti di quello che è andato affermandosi come un “Movimento di Rinascita della Pizza Romana”.
Ai tempi, il suo studio si spostò da quello legale a quello applicato alla teglia, glorioso street food romano, ragionando su impasti, condimentie qualità. Stesso principio che, tre anni più tardi, ispirerà l’inizio di una lunga storia d’amore con la “bassa e croccante”, per restituire dignità alla pizza romana bistrattata e rafforzarne il gusto e ripensare l’appeal di uno stile pizza ricco di identità, da difendere e proiettare nel futuro.
Quindi nel 2017 apre a Centocelle dove, con ai tempi il socio Mirko Rizzo (altro big della pizza romana), inaugura “180grammi”, che è il peso del panetto di pizza lavorato da Jacopo nel solco della tradizione romana, ma senza mattarello. Poi arriva la pandemia e, rimasto da solo al timone, ripensa 180grammi in chiave Asporto e Delivery. Poi, in balzo in avanti con l’arrivo dell’Ammiraglia “180grammi Pizzeria Romana” in via Genazzano 32, con cucina, pizzeria a vista e un occhio sulla sala (sempre affollata). Ma facciamo un passo indietro. Anzi, torniamo alle radici.
Jacopo, come hai messo le “Mani in pasta” e qual è il sapore che porti di quella prima esperienza?
Il primo locale è stato veramente una follia, perché con qualche euro di risparmio abbiamo aperto senza sapere quello che stavamo facendo. Una follia che rifaresti?Beh, per forza, perché ti dico la verità, non è andata come avrei voluto. Ho pagato la mia inesperienza sia imprenditoriale sia professionale. Però, se mi guardo indietro, è una pazzia che farei altre mille volte. “Mani in Pasta” è stata un’esperienza che mi terrà sempre con i piedi per terra. Ero da solo, in laboratorio e al banco. Mi aiutava mia madre con le preparazioni di cucina. Oggi, dall’esterno, sembra tutto facile, ma quel fallimento ci ha insegnato ad essere grati per quello che poi abbiamo saputo costruito, e c’è molto più rispetto dei traguardi e delle persone che ti hanno aiutato a raggiungerli.
Tentare, cadere, rialzarsi, tirare fuori il coraggio, sono step che fanno parte di un percorso di affermazione sano, che spesso segna la differenza tra chi si ferma e chi si afferma. Tornando ad Ostiense, cosa vedono i tuoi occhi adesso? E come hai pensato la nuova sede di “180g”?
Vivo con tutto un altro spirito. Rileggo tutto con altri occhi. Sicuramente mi sono reso conto che sono invecchiato e che ho mangiato parecchia pizza da quello che vedo (ridiamo), ma per me è importante e significativo ripartire da qui. E duplicherò il format del Delivery perchè anche quella è stata un’esperienza importante, nella quale ho dovuto ripensare struttura e topping del mio prodotto e attualizzarlo alla dinamica di asporto.Eravamo nella prima sede di Centocelle, lì dove ci siamo trasformati in asporto per esigenza e perché potevamo fare solo quello sotto Covid. Quando abbiamo potuto riaprire il mercato era cambiato, così come la percezione della pizza d’asporto. Da qui il pensiero di duplicare il format anche nel quartiere ostiense; non solo per crescere, ma anche per dare spazio, risalto e merito ad una persona che è stata sempre accanto a me, e che è Vittorio Giuliani. (in foto di copertina)
Dove si incontrano le vostre vite?
Vittorio era un mio cliente da mani in pasta! (Ride, ridiamo) Ci siamo conosciuti perchè io ero al bancone e lui veniva a mangiare da me, poi nel tempo è diventato amico, collaboratore fino ad essere resident nell’avventura milanese. Poi di nuovo al mio fianco a Roma con 180grammi. Era tempo di gratificarlo con un progetto che lo vedesse un pò più alla ribalta. Questo progetto ci vede soci. Sono soddisfatto e sereno della mia scelta. Vittorio è un ragazzo d’oro. E, in generale, quello del coinvolgimento attivo è un principio che applico sempre con chi merita. Quando mi rendo conto che un ciclo è finito o sta per finire, cerco di trovare mille strade prima di perdere un membro del mio staff, perché il tempo che abbiamo condiviso è importante e sono convinto del fatto che da soli si fa poco, quindi è giusto riconoscere i meriti.
Jacopo, tu sei stato un Autodidatta, partito dalle Mani in pasta e dalla Pizza in teglia. Nel tuo articolato persorso, perché hai puntato sulla Pizza Romana, ai tempi piuttosto bistratta e senza appeal?
Nel 2017 secondo me è stata una vera e propria intuizione di mercato, perchè a Roma si aprivano solo pizzerie di stile napoletano e solo se facevi il cornicione venivi considerato un bravo pizzaiolo. La pizza romana continuava ad essere rilegata alle pizzerie storiche, che fanno ancora un lavoro totalmente differente da quello che avevamo deciso di fare. A quel tempo tutti gli stili di pizza avevano avuto un proprio sviluppo, tranne la romana. L’intuizione è stata proprio quella di realizzare un prodotto della nostra infanzia con dentro e sopra ricerca e sviluppo. E ti dico la verità, non è stato facile all’inzio farci rispettare tra chi etichettava il nostro prodotto come “piadina o biscotto”.
La Missione era proprio quella di riportare in auge questo tipo di pizza, che oggi provano a fare un pò tutti e non solo a Roma, perchè la Pizza Romana è diventata un trend.
E cosa pensi di questo nuovo trend che spinge anche i pizzaioli vocati alla morbidezza, verso le derive croccanti? Secondo te perchè accade? E in cosa 180grammi è stato fautore di questa “rinascita”?
. La pizza romana è una grande pizza, partiamo da questo presupposto pagava solamente lo scotto di non avere appeal, di essere una “pizza di serie B” anche nelle guide.180grammi ha fatto un gran lavoro su quella della rinascita della pizza romana tanto che abbiamo sempre chiamato il nostro menù “il rinascimento della pizza romana”, perché ci credevamo veramente. Poi è normale che non tutti, ma tanti, seguano il trend, nato da però un’impostazione e da un pensiero attento sull’argomento. Tra cinque, sei, dieci anni diventerà normalità fare “la pizza romana bene” e per noi, aver portato e tracciato la via per l’evoluzione della pizza della nostra infanzia, sarà stato il vero successo.
Nel solco della tradizione, ma senza matterello. Si al rispetto, no alla Gabbia?
Esattamente. Oggi tanti bravi interpreti di pizza romana stendono a mano. Dunque è diventata normalità. Nel 2017, in effetti no. Ma “180” è sempre stato un posto di ricerca e sviluppo che sempre avuto rispetto per la tradizione con la voglia di cambiare un pochino le carte in tavola, o di almeno provarci.
E in tutta questa croccantezza, cos’è il trancio “Fluffy”?
Non c’è mai piaciuta la definizione di pizza dolce. Però da “Mani in pasta” già ci divertivamo con la teglia e facevamo lievitare queste pizze per i tranci da colazione. Poi nel tempo era stata un pochino abbandonata fino a un giorno del 2019, sempre con Vittorio che lavorava con me in quel periodo. Ricordo che stavamo facendo le bombe dolci, i krapfen, e con quell’impasto cioè ci siamo detti “chissà se lo se lo mettiamo in teglia”, ovviamente il primo risultato è stato catastrofico. (Ridiamo). Dopodiché abbiamo riequilibrato l’impasto, perfezionato il prodotto e l’abbiamo chiamato fluffy perché cercavamo questa cosa super soffice declinato sul dolce, che poi, ovviamente abbiamo convertito anche al salato.
Ecco, cosa prevederà il Menu di 180grammi Asporto e Delivery San Paolo?E quali tecniche avete affinato?
Il format da asporto è molto chiaro, sulla base di quello di Tor de Schiavi. Sono i clienti che ci hanno aiutato a plasmarlo. Per esempio, nella sua costruzione, abbiamo capito che il cliente ama il Comfort food. Ci saranno tutti i nostri classici, i fuori menu, fritti e tranci fluffy. Il lavoro è stato fatto su impasti, cotture e doppie cotture, quindi, anche se farà freddo, la pizza non arriverà mai “molliccia”, ma sempre asciutta e croccante. Stessa regola per la friggitoria. I topping e farciture non saranno troppo elaborati, ma pensati per arrivare a casa in ottima forma.
Visto che li hai citati e sappiamo essere una tua grande passione. Ti stimola di più il mondo della Pizza o quello dei Fritti?
Mamma mia che domanda che mi hai fatto! (Ridiamo). Guarda, mi metti in difficoltà perché è un amore doppio, che porta con sè due studi completamente differenti. Dipende dai periodi, vado a ondate. Ci sono dei momenti in cui mi sento molto più stimolato nella parte della friggitoria o viceversa. Anche sei sui fritti penso che possiamo scrivere menù per altri cinque anni, per me rimane è un amore in parallelo: un testa a testa tra due grandi passioni.
Come vedi il Futuro della Pizza Romana?
La pizza romana ha cominciato ha parlare adesso. E a molto di da dire. Sarà comunque bassa, sottile, croccante, coerente con i suoi dettami. Quello mi auguro è che possa evolversi mantendendo il rispetto per la sua storia, e che innovarla non significhi stravolgerla.
Una pizza del presente da dover assolutamente provare nel nuovo 180grammi, magari ispirata alla sua bella storia pregressa?
Ci hanno già scritto tanti clienti affezionati di Mani in Pasta per sapere quando avverrà l’apertura. E quindi si, c’è l’idea di riprendere qualche topping di mani in pasta, rielaborarlo e rimetterlo sulle pizze o nei fritti, una specie di ripescaggio, ma questo farà parte delle (tante) sorprese!
Angela Magnolo, Carla Barone, Giorgio Manni e Italo Da Ponte, sono loro i migliri giovani professionisti di Sala under 30 del Centro-Sud per il Premio “EmegenteSALA”.
Da poche ore conclusa la selezione del Centro-Sud dell’edizione di EmergenteSala 2024, l’unico originale evento dedicato al servizio di sala ideato otto anni fa dal giornalista Luigi Cremona e da Lorenza Vitali che, nel vasto panorama ristorativo pieno di riflettori puntati sulle cucine, rimane l’unica forma di confronto e buona competizione focalizzato sul “Servizio di Sala” d’Italia, che necessiterebbe di maggiore attenzione e di enorme rivalutazione.
Così, il 30 gennaio, dopo la prova teorica preceduta la sera prima dalla “cena di gara” svoltasi a Allegrìo, si è così conclusa la Selezione Centro-Sud che ha evidenziato gli ultimi quattro finalisti che sono:
Carla Barone – Fattoria delle Torri a Modica (RG); Italo Da Ponte – Origine del Grand Hotel a San Gemini (TR); Angela Magnolo – BIVIUM presso Hotel Six Senses Rome 5*L a Roma; Giorgio Manni – Pulejo* a Roma
Gli altri concorrenti in gara sono stati:
– Matteo Bandinu – Ristorante Calamosca a Cagliari
– Antonio Cozzolino – Locanda Mammì ad Agnone (IS)
– Simone Dell’Isola – La Terrazza del Chiostro a Pienza (SI)
– Gloria Glowig – Enoteca La Torre** a Roma
– Gianluca Grasso – Concezione Restaurant a Catania
– Neila Patino – Aroma* di Palazzo Manfredi a Roma
– Giulio MarcoSalvadori – Terramira* a Capolona (AR)
Giulio MarcoSalvadori – Terramira* a Capolona (AR)
Ma ripercorriamo per ordine le tappe di questa secondo girone. Il 29 gennaio intorno alle 12 i ragazzi in gara hanno avuto l’opportunità di entrare in contatto con la cultura dell’olio, invitati a prender parte all’evento “EVOluzione” che si è svolto al MAXXI dove hanno interagito con gli chef Nino Di Costanzo, Lorenzo Cantoni e Marco Stabile, assaggiando diversi oli raccontati da loro.
La sera si è svolta l’ormai iconica “Cena di Gara”, dove i nostri concorrenti hanno servito ai tavoli gli ospiti che ne hanno valutato il comportamento. Per l’occasione siamo stati ad Allegrío, un nuovo originale ed eclettico locale della Capitale che ravviva Via Veneto 114, una strada che sta tornando ad avere, grazie anche ad una serie impressionante di nuove aperture di alberghi a 5 stelle, il ruolo che ha avuto nel rilancio di Roma negli anni ‘60.
Il 30 mattina si è svolta l’importante “prova orale”: i concorrenti si sono presentati e hanno risposto alle domande della giuria. Ci siamo ritrovati nella prestigiosa Sala Consiliare di Palazzo Valentini in Via Quattro Novembre accanto a piazza Venezia.
A seguire c’è stata la Premiazione ed il brindisi finale con il contributo degli allievi dell’Istituto Pellegrino Artusi di Roma.
Molto graditi sono stati i saluti istituzionali di importanti autorità:
– Sabrina Alfonsi, Assessore all’agricoltura, Ambiente e Ciclo dei Rifiuti
– Maria Chiara Iannarelli, Consigliere Regionale del Lazio
– Cristina Michetelli, Delegata del Sindaco per bilancio e patrimonio personale della città Metropolitana di Roma.
– Maura Lombardi, Dirigente Scolastico dell’Istituto Pellegrino Artusi di Roma.
Oltre ai finalisti, è stato premiato il miglior servizio del pane in collaborazione con Agugiaro&Figna che se lo è aggiudicato Simone Dell’Isola di Terrazze Del Chiostro a Pienza (SI). Gli otto finalisti (4 del Nord e 4 del Centro-Sud) parteciperanno alla Finale dell’edizione 2024 che si svolgerà a Monza, (Hotel De la Villa e Villa Reale) il 19 e 20 maggio 2024. Ma contro quali colleghi del Nord si batteranno i neo “laureati” EmergenteSala del Centro-Sud?
I primi quattro finalisti della “Selezione Nord” sono: Gianluca Grossi del Glam a Venezia; Andrea D’Alonzo de Il Fenicottero Rosa Gourmet di Villa Abbondanzi a Faenza (RA); Alessandro Scarsi di Trattoria Contemporanea a Lomazzo (CO); Alessia Rivano dell’Hostaria Ducale a Genova. (Ne abbiamo parlato QUI)
Chi sarà il vincitore dell’edizione 2024?Seguiteci per scoprirlo!
EMERGENTE è un format che prevede una serie di gare riservate ai giovani talenti under 30 della ristorazione e ospitalità, comprende oltra ad EmergenteSala, anche EmergentePizza, EmergenteChef, EmergentePastry. In quasi 20 anni di competizioni ha lanciato tantissimi talenti che ora sono diventati i protagonisti indiscussi del settore. La selezione dei concorrenti viene fatta esclusivamente per merito.
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