Sara De Bellis

Ristorazione e Dcpm 9/3/20: il Decreto della Discordia

La firma del Presidente del Consiglio Conte del Decreto del 9/3/2020, recante nuove misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19, ha suscitato non poche polemiche da parte di molte categorie di lavoratori, in primis i ristoratori. Loro stessi ci spiegano il perché.

Se la voglia di non fermarsi era tanta credendo che resistere fosse la soluzione, quella di ricominciare, di tornare alla normalità, di riprendere le attività quotidiane, di uscire con gli amici per un cinema, un teatro, un concerto, un aperitivo o di andare a cena fuori lo è e lo sarà ancora di più.

Nel frattempo la ristorazione capitolina e quella di provincia abbassa (o quasi) le serrande attenendosi al decreto dell’8 marzo (in vigore fino al 3 Aprile) che introduce un arco orario di apertura consentito dalle 6 alle 18 per Bar e Ristoranti, sempre che il gestore sia in grado di rispettare “l’obbligo” di assicurare la distanza di sicurezza interpersonale nei locali.

E, per evitare contagio e assembramenti, mentre raddoppiano, triplicano i controlli alle insegne che resistono, alcuni ristoranti optano per la conversione ad un servizio di asporto e delivery (ne parliamo qui), altri per per cene gourmet consegnate a domicilio in guanti bianchi, la maggior parte chiude attenendosi alle norme di buonsenso – anche rispetto ad un decreto che non tiene molto conto delle dinamiche ristorative e delle preoccupanti conseguenze di un settore trainante fino a qualche giorno fà – tutti, di certo, attendono che passi la buriana osservando un cielo denso di quesiti, soprattutto economici.

Nella fiduciosa attesa che l’emergenza Coronavirus rimanga un (brutto) ricordo, come sta reagendo la nostra amata ristorazione? Quali sono le riflessioni, le polemiche, le misure, le scelte e le (sofferte) decisioni degli imprenditori del settore? Cosa cambierà e cosa lascerà dietro sé questa mietitrebbia economica fuori stagione?

Abbiamo raccolto le opinioni di una rosa di ristoratori, chef e patron, abbracciando stati d’animo noir e rispettando la posizione di chi ha preferito non sbilanciarsi in un momento così delicato, ma cercando comunque di definire un quadro quanto mai surreale, una crisi che coinvolge l’Italia intera e che sta creando un effetto domino inatteso e devastante.

Gastone Pierini, Ristoratore – Moma Ristorante, Roma, 1 Stella Michelin

La Presidenza del Consiglio ha firmato un decreto di urgenza per il contenimento del contagio dal Coronavirus per “tutelare” la salute dei cittadini italiani e, per quanto ci riguarda, nello specifico… scrive candidamente: sono consentite attività di ristorazione e bar dalle ore 6:00 alle ore 18:00… etc. etc. Ma io dico: “vogliono prenderci in giro?” Il nostro lavoro, nella maggior parte dei casi, si sviluppa per tutti nella fascia serale. Sembra ci facciano quasi un “favore” consentendoci di rimanere aperti, ma in realtà, così facendo, ci stanno fregando tutti. Sarebbe stato meglio e più onesto obbligare la chiusura di tutti i pubblici esercizi di somministrazione, cioè bar/ristoranti/tavole calde e simili. Ma naturalmente, così facendo, il nostro Governo si sarebbe dovuto assumere la responsabilità di un tale provvedimento e attivare subito una serie di manovre mirate a sostenere economicamente le Piccole Imprese e i loro dipendenti, magari con lo sgravio degli oneri contributivi, Cassa Integrazione o altro. La maggior parte delle nostre aziende, non dispone di riserve economiche in grado di affrontare una simile situazione e un tale provvedimento ci condanna inesorabilmente a chiedere aiuto alle banche (laddove sia possibile) o ancora peggio a chiudere. invito tutti gli esercenti, i clienti dei pubblici esercizi di somministrazione ad aiutarci in questa campagna di sensibilizzazione affinché vengano prese in considerazione urgenti e adeguate misure di sostegno al nostro settore. Detto questo, noi preferiamo rimanere chiusi.

Ornella De Felice, Chef – Coromandel, Roma

In merito all’attuale situazione di legittime restrizioni attuate responsabilmente dal governo, mi trovo d’accordo su una ipotetica chiusura definitiva delle attività “non-essenziali”. Il momento è veramente delicato e ciascuno di noi deve fare del suo meglio per tutelare se stesso e gli altri. C’è pure da dire che le normative in vigore non sono ancora chiare, e molti punti sono lasciati alla libera interpretazione, soprattutto per quanto riguarda il settore ristorativo, e questo adesso non c’è lo possiamo permettere. A mio avviso, il governo dovrebbe prendere una posizione definitiva e chiara, rafforzando controlli e soprattutto pianificare da subito delle misure di compensazione e ammortizzamento per le aziende piccole e medie, che di tutto questo subiranno delle conseguenze gravissime. Molte aziende ristorative di Roma, già vessate da un mercato in crisi, ora subiscono l’ennesima bastonata, che non è esito di questi ultime politiche di restrizione.
Quello che possiamo fare noi degli addetti ai lavori, cuochi, ristoratori e imprenditori è di fare finalmente rete, di chiedere con forza al governo di istituire delle politiche di tutela per un settore che in Italia rappresenta una reale forza e che ha un potenziale enorme di attrattiva e di professionalità. Sento sempre parlare di misure cautelative per il settore amministrativo e per le grandi realtà operaie, ma l’Italia tutta si regge anche e soprattutto sul settore turistico, culturale ed enogastronomico, che è una vera realtà! Noi Cuochi siamo assimilati ai contratti collettivi nazionali senza alcun distinguo, rispetto alle criticità del nostro mestiere. E questo va cambiato! La forza dell’Italia, cioè di chi veramente paga le tasse, sono le piccole e medie realtà produttive, che però non sono valorizzate, e soprattutto non sono tutelate. Io confido che in questo momento abbiamo tutti noi del settore ristorativo la possibilità di farci sentire, di essere solidali, e finalmente dimostrare quanto importante sia il ml ostro contributo all’economia del paese. Mi auguro che da tutto questo finalmente emerga una nuova consapevolezza in noi e nelle istituzioni.

Angelo Pezzella, Pizzaiolo – Angelo Pezzella, Roma

Abbiamo deciso di chiudere perché le ordinanze emesse per il nostro settore sono incoerenti e distruttive per tali motivi: non tutelano il dipendente ai fini dello svolgimento del servizio, perché sappiamo bene che è praticamente impossibile mantenere la distanza di un metro nel servire al tavolo. Ci viene chiesto di restare aperti dalle 6 fino alle 18, ma che senso ha per noi che lavoriamo principalmente di sera? Ma soprattutto se viene chiesto ai cittadini di restare GIUSTAMENTE in casa e di mostrare un’autocertificazione per i propri spostamenti, come si potrebbe scegliere di uscire di casa per venire al locale? Non sono stati presi dal governo adeguati provvedimenti economici e finanziari a sostegno delle imprese; la conversione ad un servizio di asporto non copre i costi aziendali vista la totale mancanza della domanda. Per questo motivo a tutela dei dipendenti e dell’attività aziendale vorremmo invitare tutti i ristoratori e i fornitori ad unirsi alla protesta con l’obiettivo di sensibilizzare il Governo a prendere le misure adeguate a sostegno del nostro settore.

Dario Asara, Imprenditore – Pesciolino / Ginger, Roma

Siamo aperti dalle 9 alle 18, inutilmente, visto che nessuno può uscire di casa e la necessità dell’ autocertificazione non comprende, chiaramente “andare al ristorante”. Quindi, va da sé, che il provvedimento del Governo è stato un pò leggero, molto lontano da quelle che sono le vere dinamiche della ristorazione. La distanza di un metro, per esempio, è ridicola e di difficile attuazione. Tanta è la confusione. Mi aspetterei una cassa integrazione in deroga. Dovranno per forza prevedere qualche aiuto economico, perchè l’alternativa è il licenziamento generale. Credo quindi che la convenienza per lo Stato sia dare la cassa integrazione almeno per 3-4 mesi, perchè la ripresa sarà lenta. Un po’ perché non ci saranno i turisti perché il virus attaccherà gli altri Stati, un po’ perché gli italiani non avranno molta disponibilità economica. Salteranno tante aziende. Spero di non essere tra quelle. Rimango positivo. Il delivery non l’ho neanche valutata come opzione a tutto tondo, mi è sembrata più una mossa disperata di molti e, sinceramente, già lavorando con le piattaforme di consegne a domicilio, non ho visto questa impennata di ordini.

Emanuele Reali, Ristoratore – Hosteria Amedeo, Monte Porzio Catone (RM)

Noi dell’Hosteria Amedeo abbiamo scelto di chiudere definitivamente fino al 3 aprile. È il massimo che possiamo fare, e lo abbiamo fatto, per tornare ad una situazione di normalità. Lavorare come l’ultimo weekend con l’ansia da contagio non era possibile. Siamo favorevoli alla chiusura, ora aspettiamo dalle autorità una volta finita questa emergenza un aiuto per l’altra emergenza, il danno economico. Siamo fiduciosi, possiamo risorgere come sempre, anche se questa volta sarà più dura.

Federico Esposito, Imprenditore – Da Francesco / Da Francesco Su, Roma

Stiamo facendo il massimo rispettando le condizioni di sicurezza. Ora anche guanti e mascherine per operatori di sala. Rimaniamo aperti per non far precipitare da momento che abbiamo costi e impegni economici da rispettare. Faremo il possibile in attesa di fondi statali per aiutare noi e i nostri dipendenti. Siamo una voce fuori dal coro in questo momento me ne rendo conto ma non abbiamo alternative. Navighiamo a vista.

Carlo Maddalena, Imprenditore – Giulia Restaurant, Roma

Al dramma sanitario e sociale che stiamo vivendo si aggiunge inevitabilmente quello economico che sta mettendo definitivamente in ginocchio la nostra economia già malconcia. Le piccole aziende non hanno la forza per poter sostenere da sole un momento del genere senza un un intervento importante di liquidità, cassa integrazione, tributi e sostegni per i proprietari degli immobili che ospitano le nostre attività e che ci consentano di sospendere gli affitti, si innescherà un meccanismo a catena dal quale sarà impossibile uscirne vivi.

Iside De Cesare, Chef patron – La Parolina, Trevinano (VT), 1 Stella Michelin

Essere ristoratori è rendere un servizio pubblico e in questo momento, il miglior modo per farlo è aderire ad uno stile di vita che tuteli collaboratori e consumatori. Pertanto abbiamo deciso di chiudere. Dal punto di vista economico ci saranno conseguenze importanti ed è troppo presto per poter dare una valutazione, il problema è molto grande e serio. Sarà importante cambiare il modo di fare impresa cercando di fare squadra per contenere i costi e incrementare i ricavi. Dobbiamo cambiare mentalità. La ricetta? Torniamo a tavola a parlare e cuciniamo tutti insieme.

Alessandro Camponeschi, Ristoratore – Ristorante Camponeschi / Camponeschi Wine Bar, Roma

Io vivo per le regole, pertanto, quando mi vengono imposte cerco di rispettarle al massimo. Immediatamente, appena ricevuto il comunicato decretale del Presidente del Consiglio, la sera stessa ho mandato tutti i collaboratori in ferie e sono rimasto aperto con il bar, categoricamente fino alle 17:55. La mia è stata una scelta, dalle 6 alle 18, per è stato difficile perché le persone sono abituate ad associarmi ad un servizio serale e convertire tutto al pranzo, sarebbe stato troppo macchinoso. Il wine bar è stata l’unica chiave di lettura possibile visto il provvedimento, perché con il bar Dobbiamo rispettare quelle che sono le norme di distanza, non viene effettuato servizio al bancone, ma solo al tavolo, anche solo un caffè. Sto facendo quello che ritengo opportuno fare, anche per dare un segnale di presenza, perché questa chiusura serrata è psicologicamente pesante e non giova alla nostra immagine internazionale, visto che quel poco di turismo c’è e siamo nel cuore di Roma. Se poi domani dovessero imporci la chiusura, chiuderemo. Quello che posso dire nel frattempo è di non mollare, di attenerci alle regole e di fare quel poco che ci è stato consentito di fare, senza disfattismi e senza dare un segnale di resa.

Ciro Scamardella, Chef – PIPERO, Roma, 1 Stella Michelin

Purtroppo siamo tutti con le spalle al muro. Una situazione brutta e surreale che nessuno sa come affrontare. Speriamo che presto dalla parte dello stato ci sia una soluzione, o quanto meno far capire che ci tendono la mano e che ci siano incentivi. Abbiamo chiuso come gran parte dei nostri colleghi. Il ristorante aprirà il 3. Sperando che passi presto questo scenario assurdo.

Marco Pucciotti, Imprenditore – Epiro, Eufrosino, a Rota, Umami, Blind Pig, Sbanco, Hop&Pork – Roma

La nostra coscienza e il nostro senso civico ci obbligano a tenere chiusi i locali per dare modo al nostro Paese di rialzarsi. Il nostro dispiacere è enorme, ma speriamo che questi provvedimenti possano portarci presto a tornare alla normalità che tanto amiamo, alla condivisione di cibo, del vino e delle esperienze.”

Claudio e Fabrizio Gargioli, Chef Patron – Armando al Pantheon, Roma

Momento drammatico. Si naviga a vista. Oggi siamo ancora aperti perché avevamo delle prenotazioni e non siamo riusciti ad avvisare tutti i clienti. La situazione è cambiata in modo repentino. Finché siamo certi di poter garantire la sicurezza dei clienti e dei dipendenti e nostra, andremo avanti, anche se sarà difficile rimanere aperti oltre questa settimana. Rispettiamo tutte le norme imposte quindi facciamo solo il servizio a pranzo allungandolo leggermente alle 15:30 invece che alle 15:00. Aspettiamo una risposta da parte dello Stato, aiuti reali a fronte di un calo di lavoro evidente e per motivi straordinari. Speriamo passi presto e torni tutto alla normalità. In questi momenti dobbiamo pensare alla salute di tutti”.

Fundim Gjepali, Chef – Antico Arco, Roma

Noi qui all’antico arco, abbiamo chiuso già ieri, abbiamo rispettato le regole imposte dal governo e non ci è sembrato giusto stare aperti fino alle 18, e quindi resteremo chiusi direttamente fino al 3 Aprile per evitare occasioni di contagio. Per il momento i dipendenti sono tutti a casa. Speriamo bene, anche se la situazione non è rassicurante. Ma quando sarà tutto finito sarà ancora più bello festeggiare con una bella bottiglia e del buon cibo.

Mario Bauzullo, Ristoratore – Peppino a mare, Ostia (RM)

Nei primi giorni di allerta, avevo preso veramente sottogamba questo virus, a volte denigrandolo e giudicando frettolosamente e negativamente chi allarmava tutta la nazione. Poi il cambiamento: ho capito che ho delle responsabilità forti, rimanendo reperibile è come se invitassi i cittadini a trasgredire. Vedendo la fatica dei veri eroi di questa situazione nel contenere l’espandersi del virus come dottori, infermieri, volontari e forze dell’ordine, mi sembra inevitabile e indiscutibile dire: “io mi fermo, io sto a casa”. Aiutiamoci tutti a ripartire, ognuno di noi nel suo piccolo può fare la differenza.