È ragionevole ipotizzare che la propensione a frequentare bar e ristoranti dipenderà anche dall’intensità con cui i territori e, di conseguenza, i residenti hanno vissuto l’emergenza sanitaria. Non a caso a Roma si rileva una quota più elevata (31%), rispetto a Milano (18%), di «propensi» a ritornare a frequentare i locali non appena possibile. Anche i Millennials (26-45 anni) si mostrano più fiduciosi di tornare quanto prima alla normalità, fatta anche di consumi fuori casa. 1 Italiano su 2 (45%) punterà sulla fiducia e la conoscenza personale del gestore. Più in generale, il 70% degli italiani torneranno a frequentare locali conosciuti o già frequentati in passato e 2 Italiani su 10 (20%) si dichiarano disposti a provare posti/locali nuovi, purché siano rispettate le norme di sicurezza. Dunque, questa è un’area fondamentale su cui dovranno lavorare i gestori nella Fase 2: rassicurare la clientela.
E come si rassicura una clientela? Se il plexiglass sui tavoli, le distanze, le mascherine e i numeri dei coperti non convincono, né tengono conto delle realistiche dinamiche della cucina e del servizio, né fanno rima con la grammatica della ristorazione e, soprattutto, tutto sottraggono al fascino e alla piacevolezza di un’esperienza fuori casa condivisa e senza pensieri, ecco che, per trovare una nuova via che metta d’accordo esigenze e sicurezza, l’attenzione si sposta inevitabilmente dall’interno all’esterno.
Così, ogni realtà tenta di provvedere a se stessa. Due i casi che approfondiremo qui, quello di Roma, tra attese, disattese e promesse, e quello della Calabria che sta scatenando polemiche, rivolte di alcuni comuni della regione e tanto di Governo che ha preso posizione contro l’ordinanza calabrese.
Proprio da oggi infatti, 30 aprile 2020, in Calabria viene “consentita la ripresa delle attività di bar, pasticcerie, ristoranti, pizzerie, agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto”, così come prevede l’ordinanza per la fase 2 del Presidente di Regione Jole Santelli.
La regione è nella parte bassa della classifica nazionale dei contagi per il Covid-19, con 1.102 persone positive, cinque in più nelle ultime 24 ore, e 86 vittime dall’inizio dell’emergenza. “Poiché in queste settimane – spiega Santelli – i calabresi hanno dimostrato senso civico e rispetto delle regole, è giusto che la Regione ponga in loro fiducia. Sapranno dimostrare buon senso nel gestire i nuovi spazi di apertura che la Regione ha deciso di consentire, anche oltre il dettato del governo“.
Si tratta di una misura unica nel panorama nazionale in vista della ripresa delle attività e che – spiega la presidente della Regione – “parla il linguaggio della fiducia“. Il documento dispone una serie di riaperture tra cui anche il commercio di generi alimentari nei mercati all’aperto, inclusa la vendita ambulante anche fuori dal proprio Comune, fermo restando il rispetto delle distanze interpersonali e l’uso delle mascherine e guanti. Sarà consentito anche il commercio al dettaglio di fiori, piante, semi e fertilizzanti.
Riprendono le attività di ristoranti, pizzerie, rosticcerie per la vendite d’asporto, ma questi stessi locali – bar compresi – potranno anche somministrare sul posto e solo attraverso tavoli all’aperto.
Come era prevedibile, il governo si avvia alla diffida dell’ordinanza della Regione Calabria che dispone l’apertura di bar, ristoranti e pasticcerie.
La diffida è il passo che precede l’impugnativa. Si tratta, in estrema sintesi, di una lettera con cui si invita il governatore a rimuovere le parti incoerenti dell’ordinanza rispetto al Dpcm varato dal premier Conte. Se le modifiche al Dpcm sul lockdown in vigore fino al 3 maggio non verranno apportate, il governo potrà a quel punto decidere di ricorrere al Tar o alla Consulta e impugnarla.
Oltre al Governo anche Comuni della Calabria che sono scesi in rivolta contro l’ordinanza firmata dalla governatrice Jole Santelli: a Carlopoli, nel Catanzarese, il sindaco Mario Talarico in un avviso contesta l’atto e aggiunge che si atterrà a quanto previsto dai Dpcm del 10 e 26 aprile. Il sindaco di Lamezia Terme, Paolo Mascaro, annuncia la non applicazione mentre il sindaco di Trebisacce, Franco Mundo, si riserva di impugnare il provvedimento.
E Roma che dice? La notizia è di circa un mese fa, non ha fatto grande eco, ma guarda con fiducia alla ripresa. La sindaca ne ha dato l’annuncio prima sul profilo Facebook e poi nel corso della prima Assemblea capitolina totalmente in streaming – cioè con tutti i consiglieri collegati da casa -, spiegando che «questo potrà contribuire a far ripartire un settore particolarmente penalizzato» a causa delle misure anti-contagio imposte dal governo.
«Niente tassa di occupazione del suolo pubblico nel 2020». Così, una volta rientrata l’emergenza coronavirus, bar, ristoranti e locali romani potranno recuperare cassa ri-allestendo tavolini e dehors all’aperto con «un costo in meno da sostenere», dice Virginia Raggi.
Dopo il differimento al 30 settembre della Tari (la prima rata era in scadenza il 30 giugno), ecco lo slittamento al 2021 della Cosap – sigla della tassa per l’occupazione del suolo pubblico: 90 milioni di euro l’anno nelle casse del Comune – che si accompagna ad una rimodulazione fiscale per i mercati all’aperto: «Lì il 65% di questa tassa viene usata per gli interventi di manutenzione, così il Comune rinuncerà al 35% di sua spettanza», ha specificato la sindaca (che ha pure confermato il lavoro dell’Istituto di previdenza per i dipendenti capitolini, l’Ipa, sul «Covid Impact», un’assicurazione calibrata sugli eventuali danni da coronavirus).
Sono invece molto più fresche le sue ultime dichiarazioni. “Per ripartire bisogna sostenere bar, ristoranti, negozi e tutte le piccole imprese di Roma che costituiscono una parte fondamentale dell’economia della città. È quanto ho ribadito a una delegazione di ristoratori che ho incontrato in piazza del Campidoglio.
Con un gesto simbolico mi hanno consegnato una chiave, chiedendomi di custodirla e di riconsegnarla loro quando saranno in grado di riaprire i loro locali. L’ho accettata volentieri, perché credo che sia compito dell’Amministrazione pubblica farsi carico delle difficoltà dei propri cittadini e ascoltare le loro istanze.
Allo stesso modo ho accolto la richiesta di farmi portavoce presso il Governo delle loro esigenze economiche. Noi, come Roma Capitale, stiamo facendo il massimo per alleviare la crisi provocata dall’emergenza coronavirus e rendere meno difficile la riapertura degli esercizi commerciali: abbiamo sospeso le tasse locali, a partire dal canone di occupazione di suolo pubblico per gli spazi esterni di ristoranti e bar, e abbiamo creato il fondo #RomaRiapre destinato a sostenere proprio negozi e piccoli imprenditori.
Intendiamo continuare a essere al loro fianco, perché solo insieme riusciremo a superare questa fase. Solo insieme riusciremo a ripartire.”
Speriamo bene. Nel frattempo per chi volesse aderire prosegue #RomaRiapre, la raccolta fondi per piccole imprese e negozi. L’iniziativa vuole contribuire concretamente a sostenere la ripresa delle attività. Le donazioni potranno essere effettuate mediante bonifico. Info su: comune.roma.it . #RomaInforma
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