Si parla di “popolazioni” o di “biotipi” quando, all’interno dello stesso vitigno coltivato in ambienti diversi, la vite sviluppa piccole differenze morfologiche e/o enologiche.
Nella tenuta di Mirabella Eclano, nel pieno della grandezza enologica irpina, un attento lavoro di recupero e selezione di antichi cloni di Aglianico, da un vigneto centenario a piede franco, ha portato alla propagazione di due biotipi.
Uno di essi è stato identificato con il nome “VCR 421 Antonio Mastroberardino”, iscritto come clone di famiglia, nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite con pubblicazione in G.U. 43 del 20 febbraio 2021, che presenta caratteri distintivi di bassa produttività, un grappolo spargolo con acini medi e bucce spesse. Scopriamolo insieme.
La su Denominazione è Irpinia Aglianico DOC, il suo Vitigno l’Aglianico 100%, il suo vigneto la tenuta è Mirabella Eclano, con un’esposizione a sud-ovest e un suolo profondo, a tessitura franco-sabbiosa, ben drenato, con argilla in profondità e presenza di tracce di calcare lungo tutto il profilo. Il suo periodo e sistema di raccolta è Fine ottobre, il suo sistema di raccolta manuale; la sua Vinificazione è classica in rosso, con una lunga macerazione con le bucce (circa 20 giorni) a temperatura controllata (22°C-24°C). Fa affinamento in barriques di rovere per un periodo di 12 mesi e in bottiglia per almeno 6 mesi. E’ il Redimore Irpina Aglianico DOC.
Una passione, quella della Famiglia Mastroberardino, che si fa vino da ben 10 generazioni, poggiando su varietà autoctone come Aglianico, Fiano, Greco, Falanghina, Piedirosso e Coda di volpe, le cui origini risalgono alla colonizzazione greca e alla civiltà romana.
La costante attività di sperimentazione ha permesso loro di recuperare e rilanciare i biotipi più antichi e dai caratteri migliori, salvaguardando la biodiversità delle famiglie varietali per accrescerne il potenziale qualitativo.
Tra queste tappe di ricerca, ve n’è una recentissima. Sabato 20 febbraio 2021, infatti, il clone di Aglianico di origine prefillosserica denominato “VCR421 Antonio Mastroberardino” è stato inserito nel Registro Nazionale delle Varietà di Vite, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Perchè è una storia che parte da lontano quella dell’Aglianico, che già nel 75 dopo Cristo dava notizia di sé ella Naturalis Historia di Plinio il vecchio; per poi proseguire nei secoli, fino ai giorni nostri, con tappe che hanno decretato il successo di questo vitigno di origine greca – secondo la letteratura prevalente – considerato tra i più pregiati della nostra penisola.
“E’ per noi motivo di estrema soddisfazione – dichiara Piero Mastroberardino, decima generazione alla guida della prestigiosa azienda irpina – il coronamento del lungo lavoro di mio padre Antonio che per anni portò avanti un progetto ambizioso con il primario obiettivo di recuperare le caratteristiche originarie dei vitigni storici della Campania Felix, che per opera dell’uomo, in seguito alle scelte produttive di replicazione del materiale genetico, nel corso dei decenni andavano lentamente mutando”.
Un’opera di assoluto valore, quella svolta da Antonio Mastroberardino -
figura chiave dell’enologia avellinese che, al termine della seconda guerra mondiale, ripropose i vitigni tradizionali – fiano, greco, aglianico – nei vigneti distrutti dagli eventi bellici – che indusse Hugh Johnson, una delle più prestigiose firme della letteratura legata al comparto enoico, a definirlo “The Grape Archeologist”, ovvero l’archeologo della viticoltura. Era il 1989 e all’epoca il vignaiolo campano era già da tempo impegnato in una incessante attività di ricerca relativa non soltanto all’Aglianico, ma anche agli altri grandi vitigni del territorio come il Greco e il Fiano.
La ricerca si fa progetto: siamo agli inizi del nuovo millennio e l’azienda avvia una collaborazione con i Vivai Cooperativi Rauscedo, ponendosi come traguardo quello di individuare, classificare e infine registrare, antichi cloni di Aglianico sopravvissuti alla fillossera.
“Un vero e proprio viaggio nel tempo – sottolinea Piero Mastroberardino – che ha visto in questo riconoscimento ufficiale non la tappa finale ma semplicemente un fondamentale punto di svolta. “Redimore”, Irpinia Aglianico DOC, è infatti il primo frutto, in vino, della vinificazione in purezza di questo antico clone rimesso in campo, una traccia importante per proseguire il nostro lavoro di ricerca e sperimentazione sulle radici della nostra viticoltura. Sul piano affettivo affiora la soddisfazione e l’orgoglio di aver condotto a compimento un progetto che riporta nel calice quei caratteri che mio padre aveva conosciuto e amato e che per lui, come per tutta la mia famiglia, rappresentano l’essenza stessa dell’Aglianico”.
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