Per Napoli è cultura e tradizione. Per gli amanti dello street food è un prodotto iconico. Per i cinefili l’immagine di riferimento è quella di Sophia Loren nel celebre film di Vittorio De Sica, “L’oro di Napoli” (film a episodi del 1954). Per molti pizzaioli è banco di sperimentazione e una valida alternativa alla pizza. Parliamo di Pizza Fritta che per AVPN (Associazione Verace Pizza Napoletana) non poteva non trovare spazio nell’ambito del disciplinare.
La pizza fritta per lungo tempo, nonostante la sua popolarità e gradimento, è rimasta ai margini di quel grande movimento di ricerca e sperimentazione, ancora in gran voga, che ha visto la Pizza con occhi nuovi e favorito il suo sviluppo sopra e sotto, fuori e dentro. Oltre i voli pindarci di dischi lievitati, è sempre da Napoli che parte una nuova piccola rivoluzione.
La sua antenata è di certo la “zeppola di pasta cresciuta”, ma la Pizza Fritta, figlia legittima di povertà e ingegno troverà la sua “fortuna” dopo la seconda guerra mondiale e i bombardamenti su Napoli. A favorire la sua diffusione, ironia della sorte, fu proprio la scarsità di forni a legna a disposizione, così per i napoletani l’alternativa divenne quella di friggere l’impasto (di grammatura inferiore a quello della pizza) nell’olio bollente, dando luogo a una pizza rigonfia, dorata e ripiena di quel pò che c’era a disposizione, e che appagava soprattutto la vista.
Così, da quella celebre “arte di arrangiarsi” partenopea, dal folclore teatrale dei “vasci” ( o “bassi”, ovvero abitazioni poste al piano terra con accesso diretto sulla strada), dalla tradizione popolare delle “pizze di strada” impastate, farcite e fritte dalle donne di casa “per arrotondare”, da quella pratica di “a ogge a otto” (che consisteva nel comprarla a credito e pagarla dopo otto giorni) insomma da quella storia intensa di profumi e semplicità, di umanità solidale, passione e genialità, la Pizza Fritta trova finalmente nel 2021 grazie a AVPN la sua nuova e riconosciuta dignità in qualità di fumante capolavoro dalle irresistibili e dorate nuances.
“Da anni l’Associazione è impegnata nella promozione e nella valorizzazione della Vera Pizza Napoletana – ha spiegato Antonio Pace, Presidente AVPN – E dopo tanti anni di successi e riconoscimenti era necessario, da parte nostra, procedere alla tutela di un’altra eccellenza del food partenopeo: la pizza fritta. Abbiamo pertanto voluto aggiungere un’appendice al Disciplinare Internazionale della Vera Pizza Napoletana dedicata alla pizza fritta, descritta nelle sue due varianti di forma tonda e a mezzaluna (calzone), nei suoi ingredienti di base, nella tipicità della stesura e della chiusura ed infine nella tecnica e nelle caratteristiche di frittura”.
In occasione del Vera Pizza Day (17 gennaio 2021), sono state consegnate le prime 8 tabelle di certificazione alle friggitorie che hanno fatto la storia della pizza fritta, alle realtà che negli ultimi anni hanno spinto con l’apertura di nuovi locali alla diffusione di questo prodotto e alle pizzerie che hanno riservato alla pizza fritta un ruolo di pari livello, se non superiore, rispetto a quella al forno.
La scelta del numero di tabelle assegnate non è casuale ma dovuta ad un numero si collega alla pizza fritta, storicamente venduta nei bassi con la formula di “oggi a 8”, ossia la mangio oggi e la pago tra otto giorni. In ordine alfabetico le tabelle sono state assegnate a: Antica Friggitoria Masardona, Antica Pizza Fritta da Zia Esterina Sorbillo, Guglielmo Vuolo, Isabella De Cham Pizza Fritta, La Figlia del Presidente, Pizza Fritta Famiglia Surace da più di 100 anni, Pizzeria De’ Figliole e Starita a Materde
i.
Preziosa, nell’appendice che AVPN ha dedicato alla pizza fritta, la collaborazione tra l’Associazione e il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli.
Pochi i consigli ma da seguire con attenzione: immergere l’alimento in olio extravergine di oliva o in olio di semi (preferibilmente quello di girasole ad alto contenuto di acido oleico o arachidi) ad una temperatura che non raggiunga mai il punto di fumo, applicando un ricambio frequente dell’olio.
Queste semplici regole oltre a garantire proprietà sensoriali come la croccantezza e flavour caratteristici, migliorano gli aspetti nutrizionali del prodotto perché riducono la quantità di olio assorbiti dall’alimento e la formazione di sostanze indesiderate che possono derivare dall’ossidazione dei grassi.
“Questa certificazione si inserisce in un contesto di rivalutazione, dal punto di vista scientifico e nutrizionale, della frittura – ha dichiarato la Professoressa Paola Vitaglione, ordinario di Fisiologia del Dipartimento –
Il cibo fritto non fa male alla salute se preparato in maniera corretta, se non se ne abusa e se il suo consumo si accompagna ad un pattern alimentare sano e un adeguato livello di attività fisica. A queste condizioni anche due volte a settimana si può cedere al piacere di un buon fritto
!”.
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