Grano, materie prime, energia elettrica spingono i costi alle stelle, problemi che, sommati ai due anni di restrizioni legate alla pandemia, disegnano un quadro ai limiti della decantata “sostenibilità”. Quali le cause degli aumenti, quali le prospettive, quale l’impatto sui consumatori? Cercheremo di capirlo insieme.
La pandemia di Covid-19 ha rappresentato uno shock non solo a livello sanitario, ma anche socioeconomico, riconfigurando le nostre abitudini, i nostri consumi, il lavoro e il nostro stesso modo di vivere.
Cambiamenti repentini, impensabili, che non lasciano molto spazio alle prospettive perchè impongono una “navigazione a vista” mentre i costi delle utenze e delle materie prime continuano ad aumentare.
Dal punto di vista economico infatti, lo scorso anno e mezzo ha visto un aumento generalizzato del costo delle materie prime, soprattutto quello del grano duro, che sta mantenendo prezzi altissimi.
Le cause dell’aumento del prezzo del grano duro
Partendo dall’assunto che l’economia mondiale è ormai globalizzata, interconnessa e interdipendente
– e che la determinazione del prezzo di un prodotto dipende dalla domanda
e dell’ offerta
– il settore cerealicolo non fa di certo eccezione.
Lo scossone subito dai prezzi del grano duro, con picchi che hanno raggiunto e superato nel 2021 incrementi in percentuale pari al 60%, è dovuto alla diminuzione della produzione di grano a livello mondiale.
In questo caso, a determinare la scarsità di grano sul mercato mondiale sono state in primo luogo le inondazioni in Europa, che hanno fatto calare la produzione del 15%.
Ma il fattore principale è stato indubbiamente la siccità in Canada. Il Paese nord-americano è infatti il primo produttore al mondo di grano: è evidente che il passaggio da una media di 6,5 milioni di tonnellate prodotte alle 3,5 di quest’ultimo anno non può che impattare negativamente sul mercato internazionale.
Europa e Italia
In Europa si registrano livelli molto simili. In Italia vale lo stesso discorso, sebbene le rilevazioni dell’Ismea al 29 settembre 2021 ci hanno mostrato un quadro di maggiore stabilità, seppure su valori sempre molto elevati.
Il problema riguarda il nostro Paese molto da vicino. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, visto il clima mediterraneo e la nostra tradizione enogastronomica, l’Italia non è autosufficiente dal punto di vista della produzione di grano, data anche la grande richiesta interna di pasta, pane e prodotti simili
.
Il nostro settore cerealicolo riesce a soddisfare il 70% della domanda interna, una quota certo rilevante, ma che lascia scoperto un 30%, che influenza naturalmente l’andamento dei costi e per il quale siamo costretti a importare dall’estero.
L’impatto su Consumatori, Artigiani e Ristoratori
Ma quale potrà essere l’impatto dell’aumento del prezzo del grano duro sui consumatori? È una domanda che si pongono molte organizzazioni e associazioni del settore, ma anche aziende produttrici.
Partiamo col dire che l’aumento sta interessando tutte le materie prime in generale, con evidenti ripercussioni sui prodotti derivati. Per quel che riguarda il comparto cerealicolo, non fanno eccezione la semola, con un balzo ancora più netto del +6% tra giugno e luglio, né le farine tenere. I dati riferiti a luglio 2021 evidenziano un aumento rispetto a dodici mesi prima del 9,9% per il grano duro e del 17,7% di quello tenero.
Il calcolo effettuato a luglio scorso da Confesercenti sulle ricadute sui consumatori prevede un aumento dei prezzi all’origine intorno al 10% rispetto al 2020 per il grano duro, e del 17,7% per quello tenero.
A confermarlo è stato anche Vincenzo Divella, amministratore delegato del gruppo pugliese, in un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore: «I primi 30 centesimi li abbiamo dovuti chiedere dopo l’estate, per far fronte all’aumento vertiginoso del costo della nostra principale materia prima, cioè il grano. Tra giugno e oggi, il prezzo del grano alla borsa di Foggia è cresciuto del 90%. Un rincaro che non avremmo mai potuto ammortizzare da soli, basta pensare che per noi la semola rappresenta il 60% di tutto il costo di produzione della pasta».
L’aumento interessa einteresserà quindi probabilmente anche i prodotti derivati dai cereali, come il pane e la pasta (che in realtà ha già visto rialzarsi il prezzo al dettaglio).
Durante la pandemia, in particolare nei primi mesi di lockdown, questo tipo di alimenti aveva registrato una rapida ed esponenziale crescita della domanda interna e delle vendite, intorno al 3,7% complessivo, con un vero e proprio boom delle farine, che nel 2020 avevano toccato un +38%.
Materie Prime & Co.
L’effetto domino dei rincari è giunto fino alle tasche dei consumatori, colpendole profondamente. I dati delle tabelle si sono riversati inesorabilmente sugli scaffali dei negozi generando pesanti conseguenze sugli esborsi di produttori, venditori e acquirenti.
I rincari energeticihanno condizionato tutte le fasi del ciclo produttivo degli imprenditori agricoli, passando pesantemente per l'imballaggio
. Hanno intercettato e variato il costo della plastica, dell’acciaio, del vetro, del legno, della carta, del riscaldamento delle serre, dell’essiccazione dei foraggi, delle macchine agricole e dei loro pezzi di ricambio.
Con l’arrivo dell’autunno, ci si sono messi tutti gli altri rincari: il costo del cellophane è aumentato del 25%, il gas del 300%, l’elettricità anche. Per questo a gennaio abbiamo chiesto alla grande distribuzione altri 12 centesimi al chilo.
Oltre il Grano, c’è infatti molta incertezza per lo zucchero e per il caffè a causa dei rischi meteorologici di La Niña in Brasile. Perciò, è probabile che i prezzi del caffè rimarranno elevati fino a quando il mercato non avrà le idee più chiare su quanto sarà grande il prossimo raccolto in Brasile.
Sembra quindi che anche i consumatori finali e tutto il comparto enogastronomico e ristorativo, dovranno imparare a fare nuovi conti. Le vera domanda restano sempre le stesse, ovvero: come? Con quali risorse e soprattutto, fino a quando?
Torneremo a parlarne ancora. E ancora.
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