Sara De Bellis

Autore: Sara

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Quattro le cene d’Autore volute da Salvatore Aprea per festeggiare i primi 30 anni “da Tonino”. Due quelle ancora riservabili. Tutte tracciano un percorso legato alla memoria, ricerca e confronto, attraverso pietanze iconiche e creative realizzate in sintonia con Chef Ambasciatori di territori lontani tra loro, ma uniti dallo stesso amore per la grande cucina.

Dal Molo Beverello, la vista del Vesuvio si staglia maestosa sullo sfondo del golfo di Napoli come un’immobile scenografia. Si mollano gli ormeggi. Si parte. Nello staccarsi dalla terraferma si assapora il fascino, seppur breve, di un viaggio per mare. Nel fendere le onde, la prospettiva continuamente muta in un susseguirsi di angolazioni di bellezze offerte agli uomini dalle terre di Nettuno.

L’approdo alla Regina di Roccia è sempre una festa, per gli occhi, per il cuore. Il Porto che accoglie, le barche ondivaghe, le case a colori, i riflessi delle acque, quel brulicare di persone e valigie, pescatori e viaggiatori, locandieri e caffè. Dalla Marina Grande si sale al centro di Capri con la funicolare. Due fermate e un nuovo panorama. Baciata dal sole, punteggiata di bouganville in fiore, questo è l’ingresso della Capri esclusiva tra i suoi edifici storici e boutique di alta moda, vicoli e la sua celebre “piazzetta” Umberto I, con l’orologio che segna un tempo rimasto fermo.

E c’è ancora un’altra Capri. Una Capri nascosta nel verde mescolato all’aria di agrumi e gelsomino, nutrita dal vento salato. E’ quella che si raggiunge salendo per via Fuorlovado, fino al Piano delle Noci. Qui negli anni ‘90 Antonino Aprea, decide di aprire un ristorante singolare per posizione e vocazione.

Siamo “da Tonino” a Dentacala, una locanda di collina defilata dal centro, che racconta l’unicità di una storia isolana che felicemente brinda ai suoi primi 30 anni. 

Quattro le cene d’Autore volute dallo Chef Salvatore Aprea, da Aprile a Settembre. Due quelle ancora riservabili. Tutte tracciano un percorso legato ai territori, alle memorie e al confronto, dal quale sempre scaturisce la crescita, attraverso pietanze iconiche e creative, realizzate in sintonia con grandi chef.

La kermesse culinaria inserita all’interno di “That’s amore” – manifestazione caprese sotto la direzione artistica di Valerio Pagano in partnership con Stash & The Kolors – è dedicata all’incontro di realtà territoriali diverse ma che dall’isola azzurra guardano un nuovo modo di vivere e assaporare il futuro, mai troppo lontano dalle propria distintiva identità. 

I due Chef fin qui convocati sono stati Pasquale Tozzi del Grand Hotel Fasano – (Gardone Riviera) e Chris Oberhammer, del ristorante stellato dalle Dolomiti Tilia*, entrambi ambasciatori di una cucina decisa e raffinata, fiore all’occhiello delle strutture legate al Gruppo Les Collectionneurs.

I prossimi ospiti in cartellone saranno domenica 11 giugno lo chef Valentino Marcattilii del ristorante San Domenico di Imola**, al quale lo chef Aprea è legato per i tanti anni di collaborazione lavorativa – per poi attendere settembre (venerdì 22), con un evento in collaborazione con “Riso Buono” e la presenza dello chef di alto rango Oliver Glowig e dello chef Roberto Di Pinto del Sine Ristorante Milano.

Da Tonino a Dentacala

Il ristorante è passato “Da Tonino” alle mani dei figli. Gennaro ne custodisce i tesori conservati gelosamente nella cantina di famiglia, tra le più profonde dell’isola e che raccoglie circa 2200 etichette da tutto il mondo; mentre Salvatore, ne cura la cucina rispettando le ricette storiche dell’isola e quelle della tradizione campana riletta dalla creatività, con grande ricerca di prodotti e osservanza delle stagioni. In sala sua moglie Margherita Massa è maestra d’accoglienza d’antan rende speciali le piccole cose tra cura del dettaglio e abbraccio d’insieme.

Prima di parlare del “cambiamento”, facciamo qualche passo indietro fino all’ “origine” a tu per tu con lo chef patron Salvatore Aprea.

Partiamo dalle radici: “chi è Tonino” e qual è la sua storia?

Eh, chi è Tonino, (sorride). Tonino è papà! Lui è stato il fondatore del ristorante, chef di vecchia scuola, della gavetta vera. Negli anni ’90 comincia questa “avventura” in zona piazzetta delle noci, qui riesce a realizzare il suo sogno aprendo il ristorante, costruito in legno per “mimetizzarsi” nell’ambiente circostante, sicuramente una scelta inusuale per Capri che vive di mare ma Capri e sempre stata prima di tutto un’isola di terra.

Un ristorante tra verde e roccia a Capri, quali sono state le ragioni di questa scelta così inusuale?

La decisione lucida e mirata quella di allontanarsi dal centro, dettata dalla volontà di voler creare un’oasi di piacevolezza al di fuori delle solite rotte isolane, puntando sulle atmosfere meno note, sulle materie prime, sull’attenzione al dettaglio, sull’autenticità.

Cosa offriva il menu di allora?

Il menù di allora offriva inizialmente una proposta tradizionale, per poi muoversi negli anni a seguire a scelte più coraggiose e ricercate. Per fare qualche esempio: Gnocchetti in guazzetto di lupini e limone; Millefoglie di alici, patate e peperoni con rucola; Cioccolato, chantilly e ananas caramellata; Caramelle ripiene di gamberi e radicchio con bianchetti e pomodorini e Quaglia ripiena di salsiccia, uvetta e pinoli e salsa al mirto.

Qual è la linea di Tonino oggi e quali dettami segue?

La linea di oggi si è modificata da allora, ma conserva le stesse radici di territorio e ricerca e sapori riattualizzati come per i Tortelli cacio, pepe, cozze e lime; la Quaglia 2.0; il Maialino nero, patata dolce, friarielli e BBq; il Coniglio ripieno di melanzane e provola fritto su salsa al curry; lo Sferamisù e la Capresina con cuore caldo, salsa e gelato di vaniglia, già faceva mio padre e che io ho solo un pò modificato.
Chiaramente utilizzo tecniche diverse che all’epoca non c’erano, ma l’obiettivo è sempre quello di cercare di far sentire il cliente a proprio agio, incuriosirlo, lasciargli un buon ricordo per tornare.

Oggi dove “fa la spesa” Salvatore Aprea?

Cerchiamo di appoggiarci a fornitori locali, abbiamo un piccolo orto che non riesce a soddisfare la richiesta ma comunque le materie prime della terra vengono da produttori campani. Per le carni ci affidiamo alla macelleria di fiducia e lo stesso vale per il pescato, cerchiamo di procurarci la migliore materia prima con tutte le difficoltà che un’isola piccola come Capri comporta.

Come e perché sta cambiando la ristorazione caprese?

La ristorazione caprese negli ultimi anni sta mutando, grazie al lavoro di tanti giovani chef che cercano di differenziare l’offerta costruendo nuove esperienze, staccandosi da una ristorazione che spesso, putroppo, massifica e svilisce la nostra grande tradizione campana illudendo il turista.

La tua personale evoluzione in cucina quando è cominciata?

Non so quando sia cominciata la mia personale evoluzione in cucina, probabilmente ancora deve iniziare (ride). Io ho sempre lavorato, mi sono rimboccato le maniche e non mi sono mai fermato ormai da tanti anni.

A quale punto ti senti di questo tuo personale percorso professionale?

Sinceramente non saprei dirti a che punto sono del mio personale percorso, sicuramente in questo momento metto al centro di tutto la soddisfazione del cliente, al di là delle mode o tendenze, in nostro obbiettivo è quello di far sentire il cliente a suo agio, proporgli sempre qualcosa di nuovo, ma riconoscibile d legato alle stagioni

Origine e Mutamento – nel mezzo in un calendario di cene celebrative volute per festeggiare “i tuoi primi 30 anni” a Dentacala, raccontami sensazioni e immagini e riflessioni tratte delle due cene create fin qui con lo Chef Pasquale Tozzi; e quelle con lo chef Chris Oberhammer.

Al momento si sono concluse le prime due cene di questa serie di eventi per festeggiare i 30 anni della struttura. La prima con lo chef Pasquale Tozzi del Grand hotel Fasano di Gardone riviera, un grande professionista e diventato da subito un grande amico anche se ci siamo conosciuti solo a fine ottobre dello scorso anno per un evento lì in albergo da lui dove ho conosciuto anche lo chef Chris Oberhammer ed è subito stata sintonia. Perchè quando si respira la “stessa aria” si creano quasi sempre delle bellissime vibrazioni.

Cosa ha significato per Te far dialogare territori così distanti geograficamente e gastronomicamente?

E stato emozionante averli con me in cucina e confrontarsi, scoprire altri territori, preparazioni e ancor più bello vedere gli ospiti del ristorante felici ed incuriositi da questo. Le immagini che porterò con sempre con me di queste prime due cene sono sicuramente i sorrisi al plurale: quelli degli chef, quelli dei miei ragazzi, quelli degli ospiti.

La decisione controcorrente di allontanarsi dal centro è stata dettata dalla volontà di voler creare un’oasi di pace al di fuori delle solite rotte isolane per puntare da subito sulla qualità delle materie prime, sull’attenzione nei dettagli e nel servizio per rendere unica ogni esperienza del cliente.

Da Tonino

via Dentecala 12, Capri, 80073, Italia

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Uno (Paolo Gori) è l’Oste alla quarta generazione di Trattoria da Burde, ritrovo di prelibatezze toscane senza tempo, riconosciuto come patrimonio della città di Firenze dall’Unesco; l’altro (Alessandro Soderi) è il guru di Macelleria Soderi, Bottega storica fiorentina che da oltre 200 anni porta sul banco carni e selvaggina di grande pregio senza compromessi né di provenienza né di qualità. Entrambi hanno un ricordo particolare in materia di Acciugata, ricetta di antichissima tradizione toscana, facile quanto gustosa nonché di semplice riproducibilità domestica, incluso qualche suggerimento di abbinamento oltre all’ “abituale Bistecca alla griglia”.

L’ Acciugata è il condimento tradizionale della bistecca, è l’unica salsa da griglia che abbiamo in Toscana, un concentrato di acciughe, capperi, burro, e olio che veniva usata proprio per dar sapore alla bistecca e per intensificare ancora di più il suo comparto aromatico.

Paolo Gori – Trattoria da BURDE

Un classico della “nonna Irene” con una storia molto più antica alle spalle (ne abbiamo parlato qui) riproposta da Paolo Gori, per chi non avesse tempo, voglia e abilità, disponibile già pronta anche in barattolo, o meglio “in vaso“. Dopo averla riscaldata dolcemente si può aggiungere alla bistecca, ma è ottima anche per condire la pasta, crostoni con la burrata o per dare una nota distintiva alla mozzarella; unitamente per salsare verdure; memorabile con i peperoni arrostiti.

Dalla scrigno dei ricordi anche Alessandro Soderi, erede di una tradizione centenaria, porta in tavola il suo personale ricordo aprendo nuovi fronti di abbinamenti fritti.

L’acciugata mi ricorda quando ero molto piccolino e mio nonno faceva la bistecca di vitella panata e fritta intera, alta quasi un dito e mezzo. Per accompagnarla si faceva l’acciugata, quindi capperi e accighe sciolte nel burro, piano piano e si usava per aggiungere sapore più incisivo alla vitella che tra croccantezza della frittura, mordidezza delle carni e retrogusto di pesce era “da undici”.

E’ un ricordo molto legato alla convivialità, che mi riporta alle enormi tavolate della domenica di trenta persone a casa dei nonni, nel Galluzzo, subito fuori Firenze. Il “mi babbo” mi diceva che era un’usanza di famiglia e che a sua volta già suo nonno la preparava.

Alessandro Soderi – Macelleria Soderi, Mercato Centrale Firenze

Ingredienti per l’Acciugata di Paolo Burde

Tre acciughe sotto sale
1 cucchiaio di capperi sotto aceto
50 gr burro
100 ml olio evo

Preparazione

Prendete le acciughe e passatele sotto l’acqua corrente. Una volta tolto il sale in eccesso, fatele sciogliere nell’olio in un padellino sul fuoco. Fate attenzione, l’ olio non deve essere troppo caldo: le acciughe si scioglieranno appena sentiranno il calore. A questo punto prendete metà del cucchiaio di capperi e sminuzzateli con un coltello, e aggiungete sia quelli spezzettati sia quelli interi al pentolino con le acciughe. Lasciate insaporire a fuoco basso per 2/3 minuti. Poi, a fuoco spento, unite il burro e mantecate.

Servitela calda sulla bistecca, questo aiuterà ad ammorbidire la carne e a salarla con un tocco di umami altamente caratteristico. Una volta raffreddata sarà possibile mantenerla in frigorifero poichè si conserva per lungo tempo.

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L’occasione per ritrovare questo antico “piacere della carne” è stata la seconda intensa edizione di Tavola Latina, Festival delle Cucine Sudamericane andato in scena a Firenze dal 22 al 24 maggio 2023. In modalità “evento cultural-gastronomico diffuso” tra cene, talk e masterclass, degustazioni e aperitivi, ha portato in tavola appetitosi stimoli per fare focus sia sulle carni argentine sia su quelle toscane; curiosità, aneddoti, ricette e bellissime storie annesse e connesse. 

Inaspettata, intensa, ghiotta, seducente, rivelatrice di un amore proibito, affascinante, conturbante. Forte e sapida nella sua essenza di mare, l’acciugata toscana, è una salsa originaria del Valdarno, l’ampio catino naturale delimitato dai monti del Chianti.

Compagna inusitata della carne, la storia di questa salsa è erede di una lunga tradizione a sua volta connessa a quella del Garum romano e all’utilizzo delle acciughe, che così spesso appaiono nella cucina italiana.

La sapida ri-scoperta è avvenuta durante il “notturno desinare” della seconda giornata di Tavola Latina in quel di “Trattoria dall’Oste” – Chianineria di Firenze, tra le 50 migliori steakhouse al mondo – che, nella sua atmosfera calda e appassionata ha ospitato una cena tra carni fiorentine, vini argentini e viceversa, con i fratelli Andrea e Paolo Gori (Trattoria Da Burde, storico avamposto dell’autentico gusto toscano appena fuori Firenze) come guests della serata.

Così, in accompagnamento alla sontuosa Chianina toscana che gareggiava con L’ Angus argentina, arriva LEI, l’ACCIUGATA (che pronunciata in dialetto toscano rende ancora meglio). Una salsa scura, dalle note vivide e penetranti, un umami rivelatore di un amore segreto e di grandi piaceri della carne, che abbracciano perfino il mare.

Se l’obiettivo (assolutamente centrato) della manifestazione è stato quello di creare un parallelismo e un confronto tra culture geograficamente lontane ma tenute insieme da una lunga e succulenta tradizione carnivora; l’occasione è stata al contempo stimolante per approfondire verticalmente antiche usanze in materia di metodi, cotture e condimenti.

Il fatto di trovare un piatto che utilizza una salsa di pesce come condimento della bistecca, è quindi sicuramente singolare, nonchè uno stimolo per rivedere tradizione popolari e archeologie gastronomiche facendo (a grandissime linee) un viaggio nel tempo attraverso una piccola grande storia poco raccontata.

“L’uso dell’acciuga è infatto molto diffuso nella Cucina italiana, molto più che nel resto del mondo – mi racconta Paolo Gori – proprio perchè abbiamo questa presenza latino-romana che rimane nel tessuto di cucina popolare che mantiene le tradizioni nella storia. Decaduto l’Impero, non sapendo più come fare il Garum, si è comunque continuato ad utilizzare l’acciuga come insaporitore. Anche la colutura di alici ne è testimonianza.

Ma questo fatto di mischiare pesce con carne è assai strano. Perchè durante durante tutto il Medioevo viene imposta la separazione tra i giorni di magro e giorn di grasso. Non a caso tutti i Passi cattolici latini hanno grandi problemi a mischiare le cose. Bisognerà arrivare agli anni ’80 con Pierangelini e il suo Gambero avvolto nel lardo per riavere questa unione.

L’ acciugata è l’unica salsa da griglia che abbiamo in Toscana – contiua Paolo Gori che dal 1° Gennaio 2009 è il responsabile in cucina di Burde, in qualità di quarta generazione di oste. Un concentrato di capperi, burro, acciughe e olio che veniva usata proprio per dar sapore alla bistecca e per intensificare ancora di più il suo comparto aromatico. 

Il ricordo è quella di mia nonna e dei giorni di festa. L’acciugata a casa si usava per noi, quando la domenica si faceva la bistecca o per qualche cliente speciale, perchè di norma non era riservata a tutti, era più con i clienti familiari. Perchè Burde è un locale aperto solo a pranzo e per la maggior parte degli avventori questa è una cucina di casa.

Una “casa” nella quale entremo molto presto per conoscere e raccontare fino in fondo le specialità tramandate con devozione di una singolare storia toscana.

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Costa Crociere e La Scolca presentano una nuova partnership all’insegna dell’eccellenza italiana. A partire da giugno 2023, gli ospiti che arriveranno ogni venerdì a Genova a bordo di Costa Toscana, nave ammiraglia della Compagnia, potranno vivere un’esperienza presso la Tenuta La Scolca, a Gavi (Alessandria).

“Sono particolarmente orgogliosa di questa collaborazione tra due brand che, ciascuno nel proprio genere, rappresentano un’eccellenza di hospitality e di lifestyle autenticamente italiano, riconosciuto a livello internazionale. Uno stile di vita ed un modello di accoglienza che abbiamo voluto rendere sempre più attento alla sostenibilità, anche con l’acquisizione di importanti certificazioni di qualità. Sono lieta di poter accogliere gli ospiti di Costa Toscana, che provengono da tutti i paesi del mondo, spesso dagli stessi, ormai quasi 60, nei quali i nostri vini sono conosciuti ed apprezzati, e poter far conoscere la nostra storia, i nostri vini e le nostre radici. Sono certa che questa scoperta del nostro territorio contribuirà a lasciare un ricordo profondo ed indimenticabile in tutti coloro che sceglieranno di far visita a La Scolca”.

Cav. Chiara Soldati, owner&ceo di La Scolca

Il programma dei tour, a numero limitato, prevede la visita guidata negli splendidi vigneti di Cortese dell’azienda. Un’esperienza che regala colori, armonia, profumi, tradizioni e sapori: i famosi vini Gavi DOCG sono stati inventati proprio qui, oltre cento anni fa.

La Scolca, con la sua Torre Antica, è immersa in questo rigoglioso contesto. Nella terrazza lounge con vista panoramica sui vigneti, gli ospiti potranno degustare tre vini Gavi simbolo de La Scolca, e assaporare alcuni prodotti tipici del territorio. Inoltre, durante il tour sarà possibile acquistare i vini La Scolca a prezzo speciale, includendo anche la possibilità di spedire le bottiglie direttamente a casa.

“La collaborazione con La Scolca ha una grande importanza per noi. Oltre a essere l’unione di due storiche aziende italiane che condividono la stessa visione, questa partnership rappresenta l’esempio migliore del turismo di valore e della scoperta delle eccellenze del territorio che vogliamo promuovere con le nostre navi in Italia e in tutti i paesi del mondo che visitiamo. Le nostre crociere abbracciano in maniera unica terra e mare, permettendo di vivere esperienze indimenticabili e di conoscere le destinazioni in modo autentico ed emozionante, come potranno fare i nostri ospiti durante i tour a La Scolca”.

Giuseppe Carino, Vice President Guest Experience & Onboard Revenues di Costa Crociere

Entrata in servizio il 5 marzo 2022, Costa Toscana è una vera e propria “smart city” itinerante, alimentata a gas naturale liquefatto, la tecnologia attualmente più avanzata nel settore marittimo per abbattere le emissioni, che Costa è stata la prima al mondo a introdurre nell’industria delle crociere.

Sino al 24 novembre, Costa Toscana proporrà un itinerario di una settimana che comprende alcune delle più belle località di Italia, Francia e Spagna, con soste a Genova, Marsiglia, Barcellona, Cagliari, Napoli e Civitavecchia/Roma.

A partire da giugno, durante lo scalo a Genova di Costa Toscana, gli ospiti della nave potranno vivere un’esperienza unica tra i vigneti della storica tenuta LA SCOLCA, famosa per i suoi Gavi DOCG dal 1919 ed in particolare
per il famoso “Gavi dei Gavi” Etichetta nera

L’offerta di bordo si integra perfettamente in questo contesto straordinario: dalla Solemio Spa, alle aree dedicate al divertimento; dai bar tematici, in collaborazione con grandi brand italiani e internazionali, ai 21 tra ristoranti e aree dedicate alla “food experience”, tra cui il ristorante Archipelago, che propone i menù ideati da tre grandi chef: Bruno Barbieri, Hélène Darroze e Ángel León, per esplorare le destinazioni anche attraverso il cibo.

Gli interni sono il frutto di un progetto creativo straordinario, curato da Adam D. Tihany, nato per esaltare e far vivere in un’unica location i colori e le atmosfere di questa meravigliosa regione italiana. Arredamento, illuminazione, tessuti e accessori sono tutti “Made in Italy”, creati da 15 partner altamente rappresentativi delle eccellenze italiane per rendere indimenticabile l’esperienza.

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Su via della Collegiata a Bracciano, un’insegna attira l’attenzione annunciata da un rigoglioso dehor, perfetto per godere della bella stagione con vista sulla storica Piazza del Castello. La porta di apre. In sala le ragazze accolgono con grazia gli ospiti. Poi c’è Claudia, con il suo sorriso dolce e la fiera giacca bianca, lo sguardo sicuro e rassicurante al contempo, come la sua “Cucina ai Monti”.

Si chiama Cucina ai Monti, ma siamo in un Borgo di Lago. E allora perchè questo nome? Perché il Ristorante “Cucina ai Monti” abita al civico 4 di via della Collegiata, e a Bracciano in via della Collegiata inizia il quartiere Monti.

Per varcare la soglia del raccolto cosmo di Claudia Maria Catana e del socio Aldo, si percorre via Umberto I salendo poi per la bella rampa che porta al Castello Orsini-Odescalchi. Ad ogni passo la prospettiva si allarga fino a toccare le possenti mura di cinta in pietra lavica di una delle più affascinanti e imponenti dimore rinascimentali d’Europa. 

Sulla via, un’insegna attira l’attenzione annunciata da un rigoglioso dehor, perfetto per godere della bella stagione con vista sulla storica Piazza del Castello. La porta di apre. In sala le ragazze accolgono con grazia gli ospiti. Poi in cucina c’è Claudia, con il suo sorriso dolce e la fiera giacca bianca, lo sguardo sicuro e rassicurante al contempo.

Originaria di Sibiu in Transilvania, da quasi vent’anni si destreggia tra fornelli e ricette italiane. La sua carriera è iniziata proprio a Roma a tu per tu con la ristorazione stellata, prima uno stage al fianco di Giuseppe Sestito al Ristorante Mirabelle sulla terrazza dell’Hotel Splendide Royal; poi una tappa a Enoteca La Torre a Villa Laetitia con Danilo Ciavattini, e ancora da Aroma con Giuseppe Di Iorio sulla terrazza di Palazzo Manfredi con vista Colosseo.

Dagli importanti percorsi formativi, dai punti di osservazione sul modo di intendere e di intavolare la cucina, Claudia ha appreso insegnamenti che fatto germogliare in sé, come la conoscenza profonda delle materie prime, la disciplina e la creatività a servizio del sapore. 

Ingredienti che, uniti alla sua grande energia, tenacia e voglia di fare l’hanno portata ad aprire “Cucina ai Monti” a Bracciano nel 2020 e a vincere subito dopo – settembre 2021 – la 24esima edizione del Bia cous cous world championship – ovvero il Campionato del mondo di cous cous che ha visto confrontarsi a San Vito Lo Capo chef di 8 Paesi (Afghanistan, Argentina, Italia, Marocco, Mauritius, Romania, Senegal e Spagna).

La sua ricetta di cous cous “La Transilvania incontra il cous cous” – carrè di agnello, rabarbaro, bacche di olivello spinoso, cipolla bianca, tuorli d’uovo, panna acida e alloro – con i suoi rimandi di sapore senza bandiera, le vette acide e i dolci atterraggi, è davvero degno degna di nota, oltre a ben descrivere il concetto della sua cucina, che parla di tradizione in modo insolito.

Qui infatti questa musa ispiratrice chiamata “tradizione” non è unicamente ninfa del passato, ma soprattutto sprone di ricerca. La scoperta (o riscoperta) di una materia prima, di un ingrediente meno noto offre quindi la possibilità di ripensare quell’elemento in un piatto diverso: decontestualizzandolo o ripensandolo per valorizzarlo in chiave diversa, come per l’olivello spinoso nel Cous Cous.

Nel segno di questo approfondimento, Claudia e Aldo portano avanti un continuo dialogo con agricoltori, allevatori, pescatori, apicoltori, casari e norcini sia sul territorio laziale che nazionale, per valorizzare sempre di più la conoscenza e la creazione delle loro ricette. “Molti dei nostri piatti nascono anche grazie alle conversazioni con questi conoscitori delle tradizioni” aggiunge Claudia.

Cosa Mangiare da “Cucina ai Monti”

Al Ristorante “Cucina ai Monti” la pasta fatta in casa è una vera e propria religione. Quindi texture un pò ruvida sia per Cappellacci ripieni di carne tagliata al coltello conditi con Parmigiano Raggiano 36 mesi, sia per le Pappardelle al ragù di un tempo con Manzo, Vitello, Maiale, Cinghiale, erbe aromatiche e burro nocciolato al rosmarino, che portano a tavola una ricetta storica della Nonna di Aldo che è “impossibile eliminare dal menu”, e che ad oggi rappresenta la nuova via di recupero e valorizzazione del passato che Claudia ha deciso di percorrere.

Dopo le “immancabili” Amatriciana e Carbonara, etrambe realizzate con i rigatoni del pastificio Fanelli di Canepina (VT) si rimane sui “piaceri della carne” con Abbacchio della Tuscia al forno con patate al rosmarino; Cosce d’anatra confit su purea di sedano rapa e coulis di frutti rossi; Fassona piemontese in versione Tartare o Tagliata.

Il pesce, rigorosamente di pescato, arriva ogni giorno dal Mercato Ittico di Civitavecchia. Da questi nascono i piatti più tradizionali fino a quelli rivisitati golosi e raffinati per abbracciare i palati più disparati come la Zuppetta di battuta di gamberi, crostini di pane tostato e olio al basilico e la Tartare di spigola agli agrumi. Poi Spaghetti con vongole, carciofi e mentuccia selvatica e Medaglioni di pasta fresca ripieni di capesante e gamberi fino al tentacolo ti tentaservito con Hummus di cecim paprika afumicata e granella di gunciale.

I dolci, scrupolosamente realizzati dalla Chef Claudia, concludono il pasto in delizia. Interessante anche la carta dei vini con cantine mai scontate, selezionate direttamente da Claudia e Aldo che in vari periodi dell’anno girano l’Italia da Nord a Sud alla ricerca di aziende vinicole affini ai loro sapori e contenuti.


A proposito di Vini, Claudia Maria Catana, sarà a breve protagonista presso l ‘Ambasciata di Romania in Italia, di una cena in abbinamento ai Wines of Romania per un evento che celebrerà l’arrivo dell’estate. Oltre alla singolare occasione Vi aspetta tutti i giorni a pranzo e cena a Bracciano con la sua cucina che mette d’accordo tutti.

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Nemi si prepara a festeggiare la 90esima edizione del Suo evento più atteso: la Sagra delle Fragole e Mostra dei Fiori annessa. Si svolgerà il 4 Giugno e sarà l’occasione perfetta per permettere al mondo di appassionati e curiosi di affacciarsi sul suo lago e conoscere magnifico territorio castellano.

La Sagra delle Fragole (e delle fragoline di Bosco) è l’atteso evento che si tiene ogni anno nella bella Nemi, affascinante borgo dei Castelli Romani a sud di Roma con posizione panoramica sul suo lago.

Ogni primo fine settimana di giugno, la cittadina si riempie di fiori, fragole e turisti che possono assaggiare gratuitamente i frutti coltivati lungo le rive del lago di Nemi e quelle spontanee dei Boschi.

Tra rievocazioni storiche e balli folcloristici, cuore dell’evento, la sfilata delle “Fragolare”, le ragazze del borgo, che per l’occasione indossano l’antico costume della tradizione (gonna rossa, bustino nero, camicetta bianca e mandrucella di pizzo in testa) e conducono il corteo attraverso un’esplosione di colori.

Le fragoline di Nemi

Secondo la leggenda, queste fragoline di bosco nacquero dalle lacrime versate da Venere per la morte di Adone. E sembra che queste fragole avessero dei poteri straodinari, come quello di allontanare i serpenti presenti nei boschi.

Quelle di Nemi sono fragole piccole, dal colore vivace, dal sapore intenso e distintivo. Raccolte tra maggio e ottobre, vengono utilizzate per diversi tipi di prodotti locali tipici come dolci, tortine, confetture, il gelato, il liquore fragolino e persino per la birra.

La 90° edizione è indubbiamente un evento di cui andare fieri, che conferma l’importanza di Nemi nel panorama nazionale e internazionale. Addirittura il New York Times, infatti, ha pubblicato un articolo molto interessante riguardo alla nostra cittadina. Inoltre da anni una delle più importanti emittenti radiofoniche italiane Dimensione Suono Soft e partner dell’evento.
Siamo tutti orgogliosi di quello che facciamo e questa 90° edizione, con la sua miriade di appuntamenti imperdibili e ospiti d’eccezione, come il Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca, ne è la conferma.

Il sindaco di Nemi, Alberto Bertucci

Anche quest’anno non mancheranno le sorprese. Il tutto, infatti, comincerà con la Santa Messa di Ringraziamento alla chiesa della Madonna del Pozzo, animata dal coro “Incanto” di Amatrice ed Accumoli. Seguirà poi una visita guidata al meraviglioso Museo delle Navi Romane, che ancora oggi attira turisti e appassionati di storia. Dopo questo tuffo nell’antichità, sarà il momento della musica, del buon cibo e, alle ore 18:00 come ogni anno verranno distribuite gratuitamente a tutti i presenti quintali di gustose fragole.

Come di consueto, l’amministrazione del Sindaco Alberto Bertucci garantisce un intrattenimento continuo e ospiti d’eccezione, come il Presidente della Regione Lazio Francesco Rocca e Daniela e Luca Sardella.

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Non si ferma il ritmo delle aperture del brand delle Gelaterie “Mamò”, che, come un’onda sicura, arriva al mare di Roma. Dopo la location al Pantheon in pieno centro storico a Roma (ne avevamo parlato qui) ha infatti da poco aperto il suo nuovo goloso avamposto a Ostia Lido, più precisamente al civico 63 del Lungotevere Paolo Toscanelli, pensato e dedicato per il gustoso refrigerio di bagnanti e residenti, e più in generale dedicato a tutti gli amanti del gelato artigianale.

Il format dei fratelli Monaco – Andrea, Simone e Cristian Ambasciatore del Gelato nel Mondo per l’Associazione Italiana Gelatieri e Ambassador di ‘IceTeam1927’ – ha una storia che parte da lontano, che vede la famiglia Monaco protagonista di un’importante tradizione pasticcera. Da lì il passo e la declinazione verso il gelato è stato breve fino alla realizzazione di un concept apprezzato e già affermato nei punti vendita di Largo Beltramelli, via Lorenzo il Magnifico, via Tripoli, via Ugo Ojetti e piazza Ragusa.

Il segreto di questo successo? I Frattelli Monaco, ci tengono a sottolineare, è quello di “non avere segreti” ma di realizzare gusti sempre innovativi, poggiare su una produzione giornaliera artigianale e mantenere i franchising tutti di proprietà Mamò.

Il gelato artigianale di Mamò è infatti orgogliosamente italiano, realizzato con prodotti naturali, genuini e non più di 3-4 ingredienti. I gusti più gettonati? Quello al Campari, agli arachidi e molti altri ispirati all’offerta pasticcera, come la Torta Paradiso, la Sacher, il Profitterol, il Millefoglie. E ancora, il gelato al gusto di caffè bianco all’anice; Sicilia Romana, gelato alla mandorla con cremino al pistacchio, mandorle e pistacchi caramellati.

‘Gelaterie Mamò’ è anche ricerca e formazione, oggi messa a disposizione con il progetto ‘Mamò Lab’ – in via Gabrino Fondulo al Pigneto – attraverso un esclusivo spazio, ampio e moderno, riservato alla produzione e ai corsi e agli stage aziendali, ma anche a degustazioni e dimostrazioni, con strumentazioni di livello e macchinari all’avanguardia.

“L’apertura di Ostia segna per noi un altro tassello del puzzle, che da anni stiamo costruendo con amore e sperimentazione, per un gelato artigianale sano, fatto con materie prime di qualità, semplici e naturali. Tutto è preparato ‘come una volta’, all’insegna della tradizione, forse è questo che ci permette di guardare al futuro e su questo siamo certi che ‘Gelaterie Mamò’ saprà nuovamente sorprendere buongustai e creamlover” – spiega Cristian Monaco titolare di Gelaterie Mamò.

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Si svolgerà a Monza i prossimi 28 e 29 maggio, nelle stanze di Villa Reale e negli spazi del Parco della Reggia, l’attesissima finale di Emergente Sala edizione 2023 che decreterà i Maitre di domani.

Chi sarà il Miglior Giovane Professionista di Sala d’Italia? Lo scopriremo con EMERGENTESALA 2023 che è l’unico evento in Italia dedicato all’accoglienza di qualità e al Servizio di Sala, settore della ristorazione in contrazione per varie motivazioni, tra cui scarsità dell’offerta, preparazione specifica e un’inadeguata percezione della categoria. Per fortuna ci hanno pensato Lorenza Vitali e Luigi Cremona a evidenziare il valore e la nevralgicità di questa nobile professione.

Così, dopo le selezioni regionali, arriva la tanto attesa finale che individuerà il Miglior Giovane Professionista di Sala d’Italia, si svolgerà a Monza i prossimi 28 e 29 maggio 2023, presso il prestigioso Consorzio Villa Reale e Parco di Monza quasi in concomitanza di TASTING MORE TIME a cura del Merano WineFestival, che si svolgerà nelle giornate di sabato 27 e domenica 28 maggio e prevederà la presenza di oltre 200 espositori di vino e di cibo.

La Finale di EmergenteSala si svolgerà in due tempi:

La cena di “Gara” di Domenica 28 maggio presso il Salone delle Feste dell’Hotel De La Ville, posto proprio di fronte all’entrata della Villa Reale. Qui come d’abitudine i finalisti dovranno allestire la sala, accogliere, coccolare gli ospiti (che sono anche i giurati) e dimostrare la propria abilità nel servizio del menù appositamente ideato da Fabio Silva chef stellato del ristorante dell’Hotel.

Al mattino successivo saremo nel bellissimo Teatrino di Corte della Villa Reale.

Qui si svolgerà la prova orale, dove i concorrenti dovranno rispondere alle domande poste loro dai giurati e dovranno dimostrare di essersi preparati sui temi legati ai partner dell’evento.

Un momento importante sarà il Convegno dal titolo:

La formazione che verrà…Quale linguaggio riporterà al centro il valore dell’accoglienza?, voluto anche dalla Direzione del Parco della Reggia per fare il punto sullo stato della Formazione dei giovani che operano nel settore dell’Ospitalità e dell’Accoglienza in Lombardia e non solo. Inviteremo come testimonial alcuni personaggi di spicco internazionali. Seguirà la Premiazione e con un brindisi al vincitore.

Questi i Finalisti, che si sono qualificati nelle due Selezioni 2023:

SELEZIONE CENTRO SUD Palazzo Ripetta Roma

Lorenzo Milazzo di Osteria Grande ad Arezzo

Maria Pia Costanzo del Villa Maiella* di Guardiagrele

Fabrizio Carrarini del Don Alfonso 1890* del San Barbato Resort&Spa a Lavello

Mirko Plebani del Franco Mare* a Marina di Pietrasanta (Lucca)

SELEZIONE NORD Teatro Puccini Merano

Alessia Chignoli, chef de rang senior a Villa Crespi*** ad Orta San Giulio (NO);

Antonio Gilli, sommelier del ristorante Malga Panna a Moena (TN).

Luca Princiotto, maître de La Montecchia a Selvazzano Dentro (PD);

Marika Azzariti, maître del Pellico 3 Milano del Park Hyatt

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Nel record di presenze per i tre giorni di Caccia Village e Cibo Selvaggio ( ne avevamo parlato QUI ) davvero interessante è stato il focus sulla “Cucina del Bosco” con gli Chef Igles Corelli, Lucio Pompili, Paolo Trippini, Giulio Gigli e Giorgione. Ognuno con la propria personale interpretazione di Cacciagione e Selvaggina, hanno insieme trasmesso un messaggio importante sulle filiere controllate valorizzando sapori e virtù della carni selvagge.

Con un indotto turistico più che positivo sul territorio e un successo che stimola nuove idee per il 2024, Caccia Village si è confermata la manifestazione fieristica venatoria più importante del centro e sud Italia, con un’affluenza di 34 mila visitatori provenienti da ogni parte d’Italia in un’area espositiva di oltre 30.000 mq che ha contribuito all’occupazione delle strutture ricettive da Perugia a Foligno.

Ben oltre i preconcetti, sull’opposta sponda dell’incoraggiamento ad una “caccia sportiva o selvaggia” (alias bracconaggio) tra le novità più interessanti dell’edizione 2023 ci sono sicuramente stati i momenti presso il Centro Congressi UmbriaFiere che ha visto un suseguirsi di dibattiti, tavole rotonde istituzionali e focus sull’etica venatoria, sulla formazione responsabile del cacciatore, sulla sostenibilità della caccia, sugli impatti sull’ambiente e sugli equilibri di natura, tutti argomenti di grande attualità e importanza che approfondiremo più avanti e sempre in questa rubrica.


Così come la dinamica area espositiva e dimostrativa dedicata al “Cibo Selvaggio” tra produttori – Le carni del bosco, Bordiga, Confagricoltura Umbria, Macelleria Zivieri, URCA MARCHE, il Consirzio Regionale Operatori di Filiera Carni dell’Umbria e Cuttaia Salumi – e Chef del calibro di Igles Corelli, Lucio Pompili (Symposium 4 stagioni); Paolo Trippini (Ristorante Trippini) e Giulio Gigli (Ristorante UNE), così come Giorgione e i ragazzi della Fondazione UNA (alle prese con un contest), hanno impiattato la propria personale interpretazione di Cacciagione e valorizzato sapori e virtù della carni selvagge.


La volontà è quella di promuovere la conoscenza, accrescere la consapevolezza sulla qualità dei prodotti che derivano dalla carne di caccia perché portatori di alti valori nutrizionali e benefici, unitamente a sapori straordinari e profondi, ma sempre e solo in un’ottica rispettosa dei cicli riproduttivi dell’animale e della natura.

Secondo i sostenitori infatti questa tipologia di carne farebbe persino meglio di altre:

«Sicuramente mangiarla è sano — spiega Roberto Barbani, veterinario, responsabile dell’unità di Igiene degli alimenti di origine animale della USL di Bologna —. Si tratta di animali esenti da contaminazioni antropiche che, a differenza di quelli allevati, non hanno mai assunto farmaci e mangiano solo quello che offre loro il bosco, niente di più. È una carne poverissima di grassi e di colesterolo, ricchissima di ferro e ha un ottimo rapporto tra acidi grassi polinsaturi omega 3/omega 6. Andrebbe somministrata anche nelle mense scolastiche per la sua purezza. È bio per definizione».

Proteine buone, sane, ricche di sapori e valori nutritivi, biologiche di natura che gli chef hanno ripensato in piatti accattivanti per avvicinare il pubblico alla Cucina del Bosco, a metà tra cibo cacciato e cibo raccolto.

Lo Chef Igles Corelli, testimonial dell’evento alla sua Prima Edizione – con una collezione di ben 5 Stelle Michelin conquistate, volto di Gambero Rosso Channel, Coordinatore del comitato scientifico di Gambero Rosso Academy, nonchè tra i primi a sdoganare la selvaggina nell’alta ristorazione, ha portato per l’occasione il suo “Daino si fa Tonno”, che è rimasto la punta di diamante del menu del Pop Restaurant di BRADO allestito all’interno di Umbria Fiere per i giorni dell’evento.

Lucio Pompili, Chef cacciatore di alto rango e sensibilità creativa, ha portato “Petto d’oca selvatica, acqua di ciliegie, purea di cavolo nero”; Chef Paolo Trippini e Chef Guilio Gigli entrambi amanti del Bosco, sperimentatori ed esponenti del “Rinascimento Umbro” hanno ripettivamente portato Raviolo di capriolo, aceto di fichi e aglio di vigna, – raccoglie nei vigneti attorno a Civitella del Lago – e un Kebab di cinghiale, emulsione di yogurt, melanzane bruciate in conserva e farinello; mentre Giorgione mostrando la forza della semplicità ha realizzato assieme ai ragazzi della fondazione UNA in padella degli straccetti di Daino con aglio e un “nonnulla” di olio, rigorosamente umbro!


Sempre Igles Corelli, presente a Cibo Selvaggio 2023 assieme a Michele Milani – editore-cacciatore del libro progetto sulla cacciagione – già nel 2017 chiamò a raccolta tra le pagine Massimo Bottura, Moreno Cedroni, Enrico Crippa, Giancarlo Perbellini, Gianfranco Vissani, Davide Scabin, Heinz Beck e superstar della cucina contemporanea per il suo “La caccia di Igles e dei suoi amici” dove ha raccolto ricette e visioni capaci di anticipare molte tendenze fin dagli anni del mitico Trigabolo di Argenta.


«La selvaggina è un prodotto vero. È da sempre la carne di riferimento nella mia cucina e ricopre un ruolo importante nella mia vita e in quella delle persone a me vicine. La caccia, se gestita correttamente, serve a mantenere l’equilibrio tra specie selvatiche e territorio. E il frutto della caccia è una risorsa per tutti che va tutelata e rispettata, non trascurata e lasciata a se stessa».

Igles Corelli

Noi continueremo a parlare “dei piaceri della carne” cercando di analizzare ogni aspetto senza preconcetti eipocrisie, con la voglia di sapere e di capire.

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TUTTOFOOD 2023 – Fiera Milano Rho, 8/11 maggio – si è chiuso con un grande successo per i produttori laziali presenti nei due stand della Regione Lazio allestiti in collaborazione con Arsial per evidenziare quanto sia dinamica, ampia e profonda l’offerta di prodotti di qualità caratterizzati da un forte legame con i territori tra passaggi generazionali di coscienza e spiccata propensione alla buona innovazione.

A TUTTOFOOD 2023 ha fatto il suo esordio il nuovo claim “LAZIO, DOVE TUTTO HA SAPORE”, voluto da Regione Lazio per promuovere le produzioni agroalimentari in sinergia con i territori di provenienza. 

All’interno della manifestazione giunta all’ottava edizione nochè tra gli appuntamenti di riferimento più importanti per il mercato internazionale del food&beverage, sono stati infatti oltre 1000 gli incontri con i buyers provenienti da 77 Paesi alla presenza di circa 75.000 visitatori per la “formazione del sapore laziale” composta da 27 aziende di eccellenza.

La significativa rappresentanza delle produzioni enogastronomiche regionali di maggior pregio è stata comunicata attraverso un ricco programma di iniziative divise tra cooking show e degustazioni guidate con l’obiettivo di promuovere il territorio, il settore agroalimentare, il passaggio generazionale e lo sguardo al futuro all’insegna della sostenibilità.

Il coinvolgimento proattivo di produttori e prodotti laziali ha evidenziato un patrimonio agroalimentare tra i più ricchi del Paese che vanta: 14 DOP, 13 IGP, 3 STG e 458 PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) ai quali si sommano nel comparto vitivinicolo 3 DOCG, 6 IGT, 27 DOC e 37 vitigni autoctoni e prodotti biologici, alcuni delle quali a marchio “Natura in Campo”: marchio di certificazione regionale, che caratterizza produzioni agroalimentari sostenibili e tradizionali provenienti dai territori delle aree naturali protette.

“È stata nostra precisa intenzione, quest’anno, di  incentivare la partecipazione dei produttori e delle aziende del Lazio a Tuttofood 2023. Riducendo la quota di partecipazione rispetto agli anni precedenti del 75% circa, siamo riusciti ad aumentare il numero dei partecipanti del 35%: la collettiva regionale del Lazio era composta da 27 aziende, che insieme cumulano un fatturato di quasi 40 mln di euro”.

Andrea Napoletano – Commissario straordinario Arsial – Regione Lazio

Nel Lazio, erede di un’antichissima tradizione, generosa terra di eccellenze e grandi bontà, operano infatti oltre 3.400 imprese, che generano un export annuo di poco superiore al miliardo di euro. Perché l’Agrifood è uno dei settori più sensibili all’innovazione sostenibile, in continua crescita a livello globale.

L’agenda TUTTOFOOD 23 della Regione Lazio / Arsial ha visto una fitta serie di appuntamenti e di eventi che hanno permesso di mettere in risalto i prodotti regionali e che ha attivamente coinvolto sia aziende più strutturate e ben avviate nei mercati esteri, sia quelle più piccole e locali, permettendo loro di affermarsi su un mercato che si fa ogni giorno più competitivo e globale.

Tra le presenti JAS – Juicy and Sparkling – frizzante realtà che miscela il sapore della frutta biologica a quello del vino naturale, ai profumi dei fiori selvatici, alle botaniche ricercate in un’ampia gamma di cocktail da spillare; Erzinio, il Salumificio ciociaro che dal 1950 seleziona suini ben allevati e tracciabili, sapiente stagionatura e lavorazioni di alta qualità; l’Olio Evo dell’Azienda agricola Biologica “Il Molino” tra Montefiascone e Tuscania, nel cuore e nel sapore della Tuscia; le Verdure di Annatura che seleziona ortaggi, cereali e legumi di qualità, stagionali e italiani al 100% e li confeziona cotti o grigliati in pratici pack, senza conservanti né additivi; e il Caffè artigianale autentico e sostenibile della Torrefazione Martella, realtà ricca di fascino di a Marino Laziale. 

Le singole vetrine condensate nei due stand della Regione Lazio sono state quindi per i produttori il luogo ideale per farsi conoscere, stringere contatti e creare economia all’insegna delle due grandi parole “Tradizione e Innovazione” viste e vissute come due aspetti complementari della stesso progetto, poiché il trasferimento dell’innovazione in agricoltura non riguarda soltanto i processi produttivi, ma interessa l’intera catena del valore, nella quale l’introduzione delle tecnologie blockchain è un ulteriore elemento di garanzia riguardo la tracciabilità e la trasparenza dell’intera filiera produttiva. 

È propria questa la mission dell’Arsial, Agenzia per lo Sviluppo e l’Innovazione nell’Agricoltura della Regione Lazio, che funge da elemento di raccordo tra il sistema produttivo e il mondo della ricerca.

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