Sara De Bellis

Autore: Sara

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Siamo nel centro di Roma, protetti dalla possenza del Colosseo, dove la cosiddetta “cucina per turisti” diviene trappola per alcuni e freno alla conoscenza di nuovi luoghi per altri. Nel dedalo di strade del rione Celio Giancarlo Pragliola, ex-farmacista romano appassionato di ristorazione, patron de “il Bocconcino”, cambia rotta decidendo di puntare sulle antiche ricette romane e laziali da custodire, e su due “menu storici” ogni giorno a disposizione degli ospiti; perché la cucina è soprattutto cultura collettiva e racconto del nostro passato. Scopriamo di più.

Un insieme di ricette semplici, spesso preparate con ingredienti di recupero, che nascono dal popolo per il popolo. Perchè Roma è stata per molti secoli un crocevia di civiltà e culture di ogni genere che si sono intrecciate a quella capitolina dentro e fuori la cucina. Ogni piatto, quindi, è il risultato di un melting-pot che ha portato a tavola piatti dai sapori intensi e genuini delineando i confini di una cucina ricca e povera al contempo.

Il Bocconcino, tra le tante (tutte) le strade che portano a Roma, decide di percorrere fedelmente la via della “Cucina di un tempo”, tra rotonde di ricette popolari e bivi inattesi di pietanze poco note ma non meno accattivanti. 

Siamo nel centro di Roma, all’ombra del Colosseo, qui dove la cosiddetta “cucina per turisti” diviene trappola per alcuni e freno alla conoscenza di nuovi luoghi per altri. Giancarlo Pragliola, ex-farmacista romano appassionato di ristorazione, decide di fare la differenza e di puntare tutto sulla antiche tradizioni gastronomiche da riscoprire e preservare, perché la cucina è, prima di tutto, cultura e racconto del nostro passato.


Qui è nato il “KM buono”, ovvero il nostro personale e unico concetto di cucina. Quando il “km zero” e il “km buono” coincidono, allora abbiamo il “km perfetto”, cioè un piatto dove storia, cultura, eccellenza della materia prima e freschezza coincidono; racconta Giancarlo.

Il nome è già tutta una promessa: il “Bocconcino” è anche lui una specialità della cucina romana – una pallina di ricotta infarinata e fritta – e anticipa ciò che troverete in menu. Ovvero una selezione stagionale di ricette casalinghe di cucina romana e laziale recuperate dagli antichi testi culinari che riempiono le case e gli scaffali degli amanti della Cucina: Ada Boni (Il Talismano della Felicità, in copertina), Pellegrino Artusi (La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene), Livio Jannattoni (La cucina romana e del Lazio in 400 ricette tradizionali).

Ngozzomoddi, tordo matto, fettuccine con ragù di rigaglie di pollo, anatra alla Cesanese e animelle al Marsala, sono infatti i protagonisti delle tavole di questo locale che abita le mura storiche di una vecchia stazione di posta per i pellegrini della Basilica di SS. Quattro nel rione Celio a Roma.

Aperto dal 2004, nel 2022 “Il Bocconcino” a Via Ostilia, 23 ha optato per un look più moderno, più coperti, “piatti introvabili” quanto generosi, un forno per sfornare pizze di alta qualità tra specchi antichi e il grande bancone in legno che ricorda le osterie di una volta, inclusa la grande lavagna per i piatti del giorno.

Il Menu Calendario de “Il Bocconcino”

Nelle vecchie osterie e trattorie di Roma le cose erano (molto) diverse. Ad esempio non esisteva il menu. Semplicemente perché non ce n’era bisogno. I clienti sapevano perfettamente cosa si serviva a seconda del giorno della settimana: nasceva così il famoso ‘menu calendario’ e ovviamente la proposta corrispondeva a quello che il mercato offriva in quel giorno.


Massaie e cuochi cucinavano gli stessi piatti negli stessi giorni canonici e i clienti si aspettavano di trovare in osteria esattamente i sapori che gustavano a casa.

Il Bocconcino, amante della storia gastronomica di Roma, propone una carta strutturata in due parti: una classica stagionale e una costruita secondo il concetto del menu calendario, con dei fuori menu a rotazione giornaliera (basta consultare la lavagna appesa all’interno del locale).

Martedì e il venerdì il baccalà con i ceci e i pesce azzurro; il giovedì gli gnocchi (piatto sostanzioso ed economico per affrontare al meglio il venerdì ‘di magro’); il sabato la trippa (come da tradizione testaccina); la domenica arrosti e lasagne per celebrare il giorno di riposo; per poi ricominciare la settimana il lunedì, giorno di avanzi, con ricette come il bollito alla picchiapò o le polpette.

L’altra parte del menu comprende sempre piatti della tradizione romana e laziale: sia i grandi classici – come carbonara, amatriciana e cacio e pepe qui interpretate con le materie prime eccellenti del territorio – sia i cosiddetti piatti introvabili della cucina laziale dimenticata, quelli costruiti attraverso un lungo lavoro di ricerca fatto sulle ricette romane tradizionali di testi culinari di grandi autori sopra citati. In questo modo le ricette romane vengono presentate nella loro veste ‘primordiale’ e originale, non in quella modificata negli anni.

Qualche esempio? Animelle al Marsala, la Coratella alla moda umbro-laziale, le Polpette di bollito e mortadella con salsa verde, Supplì ‘storico’ con le rigaglie di pollo e Tagliolini con ragù di anatra e timo.

In ogni piatto, grande è l’attenzione riservata alle materie prime e alla carne, proveniente solo da allevamenti coscienziosi.

La carta dei vini è realizzata in collaborazione con Trimani con prevalenza di vini laziali – come il Cesanese DOC di Damiano Ciolli – con una predilezione per le piccole cantine. Non manca una selezione di etichette da tutta Italia.


Il Bocconcino: Colazione e Aperitivo

Dalla prima colazione – fino alle ore 12.00, con torte, crostate fatte in casa e i famosi croissant di Casa Manfredi realizzati dalla pastry chef Giorgia Proia – passando per il pranzo e proseguendo con l’aperitivo – composto da calice di vino, bollicine, cocktail, tagliere di salumi e formaggi del territorio DOL – fino alla cena, l’offerta de Il Bocconcino è pensata per tutti e per tutte le piacevoli ore della tavola.

Il Bocconcino

via Ostilia 23 – 00184 Roma
lun – dom 8.30/23.00
chiuso il mercoledì
T. +39.0677079175

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Senza dover arrivare in Inghilterra, a Roma esiste un luogo esclusivo dove il rito del tè torna in auge in un Salotto di Alta Pasticceria, rifugio privilegiato per chi non smette di cercare angoli di sofisticata tranquillità, lontani dai ritmi metropolitani.

A pochi passi da Piazza del Popolo, nel boutique hotel del Gruppo The Pavillons Hotels & Resort, primo in Italia ad ospitare un Dessert Restaurant & Bar, “Velo” e il suo nuovo Pastry Chef Andrea Cingottini ci svelano la loro Dolce Rivoluzione all day long.

“E’ sempre l’ora del tè” ricordava il Cappellaio Matto ad Alice seduta alla colorata tavola moltiplicata da tazze, alzatine e teiere fumanti nell’enigmatica trasposizione cinematografica di Walt Disney del celebre romanzo del 1865 di Lewis CarrollAlice in Wonderland“. E non aveva tutti i torti, a patto che si tratti di un buon tè, meglio ancora se servito in una luxury lounge accompagnato da ricercati bon bon.

Regalo al mondo della civiltà cinese, l’uso e i cerimoniali del tè sono legati a tradizioni d’Estremo Oriente rielaborate da diversi Paesi e divenuti simboli di identità nazionale per alcuni di loro. Noto l’esempio di India, Turchia, Giappone, Marocco e, chiaramente, del Regno Unito e dell’Inghilterra, dove il tè pomeridiano, l’afternoon tea vittoriano, diviene un cerimoniale aristocratico servito in preziose porcellane, tra posaterie d’argento, torte, scones e mini-sandwiches.

Senza dover arrivare in Inghilterra, a Roma esiste un luogo dove il rito del tè torna in auge; un salotto di alta pasticceria che diventa un rifugio privilegiato per chi non ha smesso di cercare la tranquillità di una pausa lontana dai ritmi metropolitani, sempre più concitati.

Su Via del Corso infatti, sul tracciato di una delle strade più iconiche della città, traPiazza del Popolo, Piazza di Spagna e Ara Pacis, al primo piano di un palazzo ottocentesco – realizzato dal famoso Architetto Giuseppe Valadier – le sale di Velo, del The First Roma Dolce del circuito The Pavilions Hotels & Resorts (ne avevamo parlato qui al suo esordio) offrono un gentile rifugio agli ospiti dell’hotel, a viaggiatori e romani alla ricerca di qualcosa di esclusivo.

Le stagioni di Velo e la sua offerta all day long

Tra marmi ricercati, materiali di design e arredi color caramello, il menu all day accoglie gli ospiti dalle 7:00 alle 11:00 con una colazione (solo su prenotazione per chi non soggiorna in una delle sue 29 camere e suite) ampia e colorata, che accontenta tutti i palati spaziando dalle gioie del breakfast continentale a quelle della classica colazione italiana avvalorata da una carta di uova pochè, omelettes, pancakes e waffles, spremute, caffè, selezioni di eccellenze casearie – come i formaggi dei Fratelli Pira, quelli di Radichino, il burro Manteca pugliese (cuore di burro avvolto da scamorza) e ricotta di bufala del Caseificio Costanzo – oltre ai salumi nostrani, porridge con cereali, confetture extra i meravigliosi mieli e polline di Giorgio Poeta.

A partire dalle 13:00 fino alle 22:00 è il momento della pasticceria salata e dei piatti del ristorante che spaziano dal club sandwich alla pizza passando per gli omaggi alla romanità, come Cacio e Pepe e Pollo alla cacciatora accompagnati dalla carta dei vini curata dalla Cantina del ristorante bistellato Michelin “Acquolina”, con una proposta dedicata anche agli Champagne e ai vini dolci.

L’Afternoon Tea di Velo, Salotto di Alta Pasticceria a Roma

Ma, la stagione invernale da Velo ci parla soprattutto delle gioie dell’Afternoon Tea, servito “classico” con finger sandwich, piccola pasticceria e biscotteria, o “personalizzato”, ovvero con la possibilità, oltre alla scelta di un pregiato tè, di comporre un’alzatina con biscotteria secca, selezione di mignon, pasticceria salata e monoporzione a scelta.

Mentre la “Carta dei tè” comprende 22 infusi – tra cui “Tè bianco e petali di rosa”, Karkadè o Matcha -ampia e golosa è anche “la Carta delle cioccolate” che annovera cioccolati al rum, nocciola o al caffè (esclusivamente con cioccolato peruviano lavorato in un’azienda locale) incluse praline al tè jasmine o tè verde.

Ma Velo, Salotto di Alta Pasticceria, propone anche un’innovativa drink list a cura di Luigi Traettino, Restaurant Manager e Direttore di Sala il quale, esperto di miscelazione, ha realizzato dei signature cocktails fondendo il mondo degli infusi con quello dei drink. Ne sono esempio il “tè jasmine miscelato con vodka, sciroppo di zucchero e succo di limone” e il “Gin tonic e Karkadè”.

Pensati per risvegliare l’inizio della serata, i signature by Velo sono la colonna portante dell’aperitivo che ogni giorno, dalle 18:00 alle 20:00, attende gli ospiti interni ed esterni alla struttura con giochi di palato tra dolce e salato.

La Dolce Rivoluzione di Andrea Cingottini, Resident Pastry Chef

Tante le novità a cura del Resident Pastry Chef Andrea Cingottini. 26 anni, importanti esperienze alle spalle – Accademia di Pasticceria, Acquolina (ristorante 2 stelle Michelin del gruppo The First) – idee chiare, colore, nuova energia e tanta voglia di fare bene: conosciamolo meglio.

Sereno, sicuro di te stesso e delle tue capacità, Andrea, cosa c’è dietro di te e cosa vedi davanti a te?

Dietro di me ci sono 3 anni di Acquolina. Da otto mesi sono qui e abbiamo cercato di azzerare tutto per dare una nuova impostazione e una nuova continuità a questo bellissimo progetto.

In cosa si caratterizza la proposta di Velo?

Velo è un Salotto di Alta Pasticceria che aggiorna il menu con le stagioni, uan grande differenza con la linea di Acquolina, che è a sè, ed è una linea di pasticceria che si lega ai concetti portati avanti dalla filosofia di cucina dello Chef Daniele Lippi. Da Velo abbiamo una maggiore autonomia espressiva, che ci consente di creare, di sperimentare.

La nostra proposta infatti è ridotta ma di grande qualità. Vista l’esclusività del luogo, puntiamo tanto sulle idee, sugli abbinamenti, sulle materie prime.

Ti riferisci al menu come fosse un ristorante, in verità si parla di pasticceria…

Si, è vero. Sarà perchè questo luogo è diverso, perchè abbiamo dolci al piatto e un’attenzione per i diversi momenti della giornata che sono la nostra esclusiva e che cerchiamo di valorizzare con un tocco di zucchero cercando di mitigare quel confine tra dolce e salato.

26 anni e Pastry Chef di una struttura prestigiosa. Nel tuo cassetto, oltre a misurini, spatole e sac à poche, ci sono altri sogni?

Il mio sogno nel cassetto cambia, si aggiorna. Adesso è quello di prendere saldamente le redini di questo posto. Velo era il mio obiettivo ed essere qui è il mio traguardo, la soddisfazione sarà elevarlo e dargli quello sprint che gli mancava.

Quali sono le proposte del menu della stagione Autunno-Inverno?

Tra le proposte d’autunno il “Finto Maritozzo”, ovvero il Maritozzo al contrario. Abbiamo messo il maritozzo nella panna realizzando una mousse di maritozzi con un vero maritozzo, piccolissimo, all’interno. Mi piace giocare con i simboli di Roma creando mix tra elementi legati alla romanità riletti in chiave moderna.

Come chiami i tuoi dolci?

Io non do nomi ai dolci.

Mi limito ad elencare gli ingredienti. Solo in due casi ho fatto un’eccezione: per il “maritozzo moderno” – per sottolineare la differenza con quello classico – e per la “Bocca della verità”.

Al romano serve per capire la differenza e l’evoluzione, al viaggiatore per mantenere il contatto con la tradizione e con i simboli della città.

Tra dolci più identificativi in carta infatti troviamo: la Bocca della verità (crostatina di frolla con confettura di visciole, mousse di ricotta di pecora), il Maritozzo moderno, una rielaborazione al contrario del classico dolce romano (mini maritozzo di 7 g bagnato da una mousse a base di infusione di maritozzi tostati, con uva passa e arancia candita, ricoperto da glassa al caramello), Classico Montblanc; Millefoglie XL; Tarte Tatin; Cheesecake al Tè Matcha e mandarino; la Monoporzione con cuore di mele a dadini, gel di mela e mousse con infusione alla camomilla; Miele, ananas e zenzero; mousse con miele millefiori e polline, direttamente dalla prestigiosa azienda di Giorgio Poeta.

Come hai pensato di celebrare il Natale 2022?

Faremo il nostro panettone, classico. E una monoporzione a tema, mignon e biscotti alla cannella, mousse ispirate al Natale e praline.

Quello di Velo è un panettone in cui qualità e artigianalità vanno di pari passo in ogni fase della lavorazione. Un prodotto di tradizione che richiede fino a 72 h di lavoro, lievito madre, ma che si presenta in versione mandorlata. Il formato standard di 750 g (50 €) è acquistabile direttamente in negozio a partire da ieri 1 dicembre, previa prenotazione vista la produzione limitata, ma verrà anche proposto in assaggio nei weekend delle Feste, per una golosa merenda natalizia firmata Velo tra dolci come mousse all’aroma di abete con ripieno di frutta secca, biscotti alla cannella, torrone bianco classico, selezioni di cioccolatini e praline a tema.

Sarà possibile confezionare anche dolcissime idee regalo grazie ai cofanetti personalizzabili (disponibili anche su Cosaporto) in cui poter abbinare al Panettone una buona bottiglia di Champagne, nonchè una selezione dei deliziosi mieli biologici, sempre opera del bravissimo Giorgio Poeta apicoltore illuminato.


CONTATTI
VELO PASTICCERIA
The First Roma Dolce

Via del Corso 63, 00187 Roma
T. +39.0645427861

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Apre oggi “Frezza – Cucina de Coccio”, la trattoria contemporanea nel centro di Roma che, alle spalle dell’Ara Pacis, porta in tavola i “sapori de na vorta” con un menu studiato con lo chef Davide Cianetti e che mette nel coccio la passione di Claudio Amendola per la Cucina autentica.

Dietro c’è passione, c’è amore per questa cucina, per questo mestiere. Perchè ricevere la persone, falle stare bene, a me è sempre piaciuto.

Queste sono le prime parole con cui Claudio Amendola – notissimo attore romano, conduttore televisivo, regista, sceneggiatore, star de I Cesaroni e già avvezzo alla ristorazione (Osteria del Parco, Valmontone), definisce il proprio rapporto con il concetto di ospitalità centrato sulla tavola. E prosegue,

a me piace la tavola, mi piace soprattutto rimanere a tavola dopo aver mangiato perchè la convivialità è una delle caratteristiche della nostra cucina, che è per natura solare, colorata, allegra, povera si, ma ricca di contenuti. Sembra un clichè, ma è così.

Il locale

Stampe di quadri di Magritte e Mark Rothko alle pareti grigie antracite, insegne di latta, targhe da osteria, cornici di legno per specchi che riflettono il tempo che passa e stampe di Roma bella. In via della Frezza, al civico 64-66, il ristorante da oggi è pronto ad accogliere la clientela in due ampie sale per un totale di 150 mq e 50 posti interni, cui si andranno ad aggiungere quelli esterni.

E ancora, tavoli di legno e piani di marmo, panche, piastrelle bianche e cocci colorati che abbelliscono alcuni angoli e l’atmosfera che si fa informale, calorosa, conviviale definendo il mood di una la sala giocata sui toni dell’ocra, curata e piacevolmente attenta ai dettagli.

Il menu, studiato con lo Chef Davide Cianetti – Executive chef di “Numa al Circo” e, ancora prima, dei ristoranti Pierluigi e Dal Bolognese – è costruito attorno ai piatti della tradizione. Acquisisce un’accezione moderna senza voler essere rivoluzionaria, lì dove studio, memoria e ricerca pongono una particolare attenzione alla riscoperta del quinto quarto, dei fritti, degli umidi e delle minestre, dei sapori che “ristorano” con quel tocco di modernità che rimane, volutamente, solo formale.

Davide mi è stato presentato da un mio socio e mi è subito piaciuta la sua idea di cucina romana tradizionale e vera. Il menu di Frezza è un inno alla romanità, ai suoi piatti più classici e alla pizza romana” precisa Amendola.

Mi è piauto perchè non era un Divo. Era uno chef al quale piaceva parlare “de cucina”.

La romanità: una vocazione imprescindibile

Una location essenziale e curata, che esprime il desiderio di creare un ambiente informale in cui i clienti “possono sentirsi a loro agio e mangiar bene”. Entrando nella prima sala si scorge il bancone del bar e una vetrata che si protrae nella sala accanto, dove si trova la cucina a vista e il forno.

La bella sfida è proprio quella di portare un luogo autentico di Roma. Dopo settimane di test alla fine ha vinto la pura semplicità, senza l’ansia del palato gourmet che non vuole troppo pepe nella carbonara.

Ricerca vera e tradizione, questa è la cucina che voglio portare in tavola. Forse meno delicata, ma sicuramente più autentica.

Frezza riflette il profondo legame di Amendola con la sua città natale e che ha fatto della romanità la propria idendità, appartenenza, cifra stilistica e fierezza. “La romanità mi ha sempre accompagnato nella carriera, sono identificato con questa città e, anche in cucina, tutto sarà centrato sulla romanità”.

Oltre al menu romano, anche la carta delle bevande focalizza l’attenzione sui vini laziali con oltre cento referenze e pone in risalto le eccellenze del nostro paese dalla Sardegna al Piemonte. La selezione, realizzata dal restaurant manager Riccardo Bonanni, per far sì che le etichette possano essere apprezzate trasversalmente, annovera una drink list dell’aperitivo con grandi classici come Spritz, Negroni, Mojito e Gin Tonic sulle variazioni della Peroni, la birra che intesse con Roma una storia antica datata 1864, data di apertura del primo stabilimento capitolino.

Il menu: la Cucina de Coccio e le Pizze Romane

Bruschetta Cicoria e Guanciale, la Burrata e i carciofi alla Cafona e il Tagliere di salumi e formaggi del territorio selezione Dol. Nella sezione Fritti non mancano Supplì, Filetto di baccalà, Fiore di zucca, Mozzarella in carrozza e le gustose Bombe salate, ovvero un impasto lievitato che accoglie all’interno sughi di coda alla vaccinara, la trippa alla romana con mentuccia e pecorino, le melanzane alla norma e la cacio e pepe con carciofi.

E poi Tonnarelli Cacio e Pepe, Rigatoni all’amatriciana (uno dei piatti preferiti di Claudio Amendola), Spaghetti falla carbonara e Linguine alla Puttanesca, Polpettine al sugo, Involtini alla Romana (fettine di manzo con mentuccia e pecorino cotte alla pizzaiola), Pollo alla cacciatora, Coda alla vaccinara, Broccoletti affogati con salsiccia e Baccalà alla romana da accompagnare alle verdure di stagione e tipiche del territorio laziale. Per concludere in dolcezza Zuppa inglese, Dolci della Nonna, Crostate fatte in casa, Ciambelline al vino.

Nel mio frigorifero c’è sempre un sugo. E quando non ho troppo tempo da dedicare alla tavola gli spaghetti al pomodoro sono quelli che preferisco.

Ci saranno anche qui, assieme all’offerta di menu del giorno che porterà in tavola anche le minestre, da “pasta e patate” alle “zuppe con i legumi”, appena il freddo ce lo consentirà.

Protagonista del menu di Frezza è anche la pizza rigorosamente romana, realizzata dallo chef Cianetti con farine macinate a pietra e impasto sottile steso a mano, per dare vita a una tonda bassa e scrocchiarella. Suddivise in Rosse, Bianche e D’autore, le pizze di Frezza vanno dalla semplicità della marinara alla Margherita, Fiori di zucca, Quattro Stagioni fino alla Porchetta e broccoletti, alla Puntarella con mozzarella fior di latte, alici, burrata e puntarelle, passando per la Fichi con mozzarella fior di latte, spinaci, fichi secchi e prosciutto d’oca, un omaggio alla cucina kosher.

La sfida sarà vinta quando qui si siedereanno i romani, quelli del quartiere, quelli che sanno riconoscere la differenza tra una pancetta e un guanciale, tra un parmigiano e un pecorino, quelli che riconoscono se nel “pollo coi peperoni” hai sfumato cò l’aceto o hai fatto finta!

Claudio Amendola

Frezza – Cucina de Coccio

ORARI

Aperto dal martedì alla domenica dalle 12.00 alle 23.30. Chiuso il lunedì.

Contatti

Frezza

Via della Frezza, 64-66

00186 Roma

Tel: 06 70452605

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Succede a Firenze, dove “Insolita Trattoria” decide di ribellarsi alla maleducata abitudine definita “No Show”, ovvero quella di prenotare e non avvisare in caso di cambio di programma. Debutta così nella scena ristorativa “la prenotazione con caparra obbligatoria”. Capiamo meglio.

“Danni per 64mila euro in sei mesi, vogliamo essere assimilati all’acquisto di viaggi o concerti. Rimborso totale per disdette entro 48 ore”. Sono queste le parole dello Chef Patron di Insolita Trattoria a Firenze Lorenzo Romano, in foto.

Facciamo qualche passo indietro. In gergo tecnico, il No Show, è un fenomeno attraverso cui un cliente prenota un determinato servizio e, senza preavviso, non si presenta al momento di usufruirne. L’origine di questo termine è da attribuirsi al settore aeronautico, dove la mancata presentazione all’imbarco, ha portato le compagnie aeree a dotarsi delle cosiddette “no show rule”: una serie di regole con cui i vettori disincentivano questo comportamento.

Ma il fenomeno del No Show non affligge solo i voli aerei, anzi. Sempre più spesso, e con importanti ripercussioni economiche, la mancata presentazione è una pratica purtroppo comune quanto diffusa del settore ristorativo e che ha toccato negli ultimi anni vette del 34% aggravando una situazione già molto compromessa da pandemia e restrizioni, mancanza di personale e speculazioni varie.

Alla maleducata abitudine che, senza adeguate contromisure, espone il ristoratore a nuovi danni economici, l’Insolita Trattoria di Firenze risponde con “la prenotazione con caparra obbligatoria di 55 euro a persona“.

La decisione è di Lorenzo Romano, chef patron del ristorante in viale D’Annunzio, che ha così voluto invertire una tendenza potenzialmente deleteria per la sopravvivenza stessa del ristorante, considerato che il danno derivante dalle mancate prenotazioni è arrivato a 64mila euro in sei mesi.

“Tra chi prenotava per poi non presentarsi e chi veniva con oltre un’ora di ritardo – racconta Lorenzo Romano – il fenomeno c’è sempre stato, ne ho memoria sin da quando ho iniziato a lavorare, quindici anni fa. Negli ultimi anni però è aumentato parecchio, perché il vizio che finora era soprattutto dei turisti esteri adesso ha contagiato anche la clientela italiana. I rumors dicono che nelle città turistiche è ormai prassi prenotare più locali insieme per poi presentarsi in quello più comodo, in base al resto degli impegni della giornata. Per ristoranti che hanno pochi coperti come noi – aggiunge – il danno è doppio: all’attività, che resta con un tavolo vuoto, e agli altri clienti che prenotano e magari trovano tutto completo perché il tavolo è stato bloccato da personaggi irriguardosi”.

All’origine della scelta di Lorenzo Romano non c’è solo evitare le perdite economiche ma anche il desiderio di incentivare questi comportamenti.

Ho un ristorante con pochi posti – insiste Lorenzo Romano – e ho bisogno che chi prenota mi garantisca la sua presenza. In fondo è un accordo reciproco, un ‘patto’ col cliente: io mi impegno a riservargli uno dei miei pochi tavoli e a offrirgli i miei servizi, ma lui deve impegnarsi a presentarsi il giorno e l’ora a cui ha riservato il tavolo.

Come funziona la disincentivazione del “No Show”

Una caparra obbligatoria di 55 euro con garanzia di rimborso totale in qualsiasi momento, seppur con diverse motivazioni: fino a 48 ore è previsto il rimborso della cifra, oltre quella scadenza il ristorante dà al cliente che disdice un voucher da utilizzare entro 3-6 mesi.

Ma esiste anche un pacchetto premium per chi prenota e paga l’esperienza in anticipo: in omaggio un aperitivo (controvalore 40 euro), più acqua e caffè. Mentre, chi all’Insolita Trattoria vorrà festeggiare una propria ricorrenza, sarà omaggiato di una targhetta adesiva in oro e grafite, che potrà essere incisa con un chiodo e riempita con i propri pensieri.

Come è stata accolta finora la Caparra?

Bene, direi. Da quando siamo partiti – conferma lo chef dell’Insolita Trattoria – pensavo peggio. I ‘no-show’ sono stati praticamente eliminati, mentre le disdette non superano il 20%. Finora abbiamo rimborsato la cifra solo in due casi, a persone che avevano cancellato in anticipo per questioni legate al Covid. Solo a un paio di clienti la caparra non è piaciuta perché giudicata troppo impegnativa: abbiamo notato che è più sostenibile per cene di coppia, più difficile da gestire nel caso di gruppi più grandi perché è difficile che chi prenota possa anticipare una somma, ad esempio, di 220 o 330 euro. Ancora il settore non è regolato in maniera chiara, la caparra è prevista per le strutture ricettive come alberghi o campeggi, ma non ancora per i ristoranti. Vogliamo essere equiparati a ciò che accade quando si acquista un biglietto aereo o quello di un concerto: lo si compra con largo anticipo, senza polemiche.

Ad essere fuori dagli schemi e lontano dall’ordinario non è quindi solo la cucina dell’Insolita Trattoria incentrata sulla ricerca dello stupore e sulla sfida alla vista, ma una filosofia concreta che anima tutte le cose. Prenotare (e non disdire senza avvisare) il proprio tavolo in questo ristorante segnalato in guida Michelin Italia 2023 significa cimentarsi col concetto di deception gastronomica, ossia preparazioni e accostamenti inusuali che inducono il commensale a rivedere le proprie certezze, in tema di percezioni sensoriali, più varie ed eventuali.

Insolita Trattoria
viale Gabriele D’Annunzio 4r, Firenze
tel.055 679366

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Ha aperto da una manciata di giorni, ma già fa parlare di sè questa Osteria con Brace che porta a Roma la Galizia con i sapori distintivi della “vaca vieja” e infiamma i cuori dei MeatLovers di San Lorenzo e oltre.

Qui una volta c’era il Barrocciaio, insegna di quartiere in via dei Salentini 12 a Roma, a ridosso delle mura Aureliane, sulla sponda (Far) West della monumentale Porta Tiburtina che attraverso questo varco, usciva dalla città.

Oggi si chiama Rovente ed è la nuova Osteria con Brace che fa capo Diego Beretta e Rosa Di Pierro: lui in cucina tra griglia e fornelli, lei in sala tra tavoli nudi e poltroncine di velluto.

Nel dedalo di locali e architetture industriali, vecchie fabbriche e murales, sospeso tra rilievo storico e aspirazioni di nuovo polo culturale, tra romanità verace e multiculturalità, l’offerta gastronomica di qualità di San Lorenzo viene potenziata da una scelta (e selezione) personale.

L’idea “di carne” che Diego porta in tavola è infatti basata quasi esclusivamente su tagli pregiati di Vaca Vieja Gallega, ovvero la Vacca Vecchia Galiziana, tra le carni più apprezzate e ricercate al mondo.

Allevata nel pieno rispetto della libertà animale e alimentata in modo assolutamente genuino, con il termine Vaca Veia Gallega ci si riferisce a un mosaico di razze fatte crescere tra boschi, corsi d’acqua e verdi terre con filosofie contrarie alle lunghe frollature in maturatore e più inclini a quelle che seguono il corso di naturale maturazione della vita.

La vaca vieja è ricca di sapore e sa veramente di carne! – spiega Diego – È anche molto marezzata, risultato della lunga vita che l’animale ha vissuto prima di essere sacrificato.

Il suo pregio sta nella muscolatura che ha sviluppato, pascolando allo stato brado e nutrendosi sempre genuinamente, con vegetali spontanei.

Gli umori del clima della Galizia (comunità autonoma della Spagna situata a nord-ovest della penisola iberica) trasferiscono alla carne la salinità dell’oceano, l’acidità delle piogge donandole un sapore unico e riconoscibile.

Questa volontà di portare dalla terra alla tavola passando per la brace i sapori galiziani, parte dall’esperienza diretta che Diego ha fatto tra gli animali allevati allo stato brado. Da lì è cominciata la sua ricerca della carne perfetta da proporre ai suoi clienti, culminata nella scelta del gusto intenso e nell’etica d’allevamento della vaca vieja spagnola, che arriva a vivere 12/14 anni e non è l’unica sorprea in menu.

La vaca vieja è un prodotto d’eccellenza e assieme a questa carne abbiamo selezionato degli affettati altrettanto di qualità e dei primi di cacciagione.

L’ambizione è quella di creare un vero e proprio ristorante di carne dove si sentono ancora i sapori di una volta e il gusto vero che appartiene al mondo della carne stessa.

Il Menu

Da lombardo, o anche non-romano (come scherzosamente si definisce), Diego cucina piatti romani con la voglia di mostrare nuove intrepretazioni sul testo originale sia nella scelta delle materie prime, come la pasta di Pastificio dei Campi o il burro francese di prima qualità che arriva colorare la tavola assieme alla selezione dei buoni pani.

Si inizia con un “Tagliere Rovente” che propone una selezione di affettati come Jamon de Vaca, salume tipico della penisola iberica, Speck Riserva Oro, Salame di Montisola, Culaccia di Soragna, Porchetta di Oca, Mortadella La Favola, accompagnati da gnocco fritto e perle di aceto balsamico di Modena.


Il gioco con la tradizione romana per Diego si fa forte di un’equidistanza dal peso delle regole tramandate negli usi e nei gusti delle ricette di famiglia. Per lui “il triangolo delle bermuda dei primi romani – come chiama i grandi classici della città – è un campo di sperimentazione in cui mi muovo con la disinvoltura di chi guardava la nonna preparare il risotto al verde e mai una cacio e pepe o una carbonara”.

La carbonara, giustappunto, Diego l’ha trasformata in Carbonera, lasciando invariati i fondamentali uova, formaggio e guanciale, giocando sul tema del “nero” con una pasta al carbone vegetale. Il nesso dietro al nome del piatto fa riferimento a una delle teorie dietro la nascita della celebre ricetta e gioca con l’immaginazione di una terza via ipotizzata da Diego, nella quale la pasta veniva preparata con le mani sporche dei carbonai, così come il Tortellone Carbonaro ossia un grande tortello di pasta all’uovo sempre al carbone vegetale, ripieno di crema alla carbonara con sopra crumble di guanciale, spuma di pecorino romano, aria al pepe nero e bottarga di uovo.


Sull’onda delle rielaborazioni romane, si può trovare inoltre la Quasi Gricia con Trottole di Gragnano del Pastificio dei Campi, cacio, pepe e petali di filetto di cinta senese semiessiccato e il Ricordo di Lasagna alla Picchiapò, Risotto Verde della nonna di Diego con Riso vialone nano Riserva Cascina Musella, vellutata di spinacino e erbe di campo e le Fettucce di Gragnano del Pastificio Dei Campi condite con ragoût (ragù) di colombaccio, briciole di castagne e zeste di bergamotto.

Dalla griglia che impera: Fiorentina Style ossia la Bistecca T-Bon composta da filetto e controfiletto con vertebra intera e uno spessore indicativo di 4 centimetri, la Ribeye o bistecca di manzo Vaca Vieja Clandestina senza osso e la Tataki di Vieja ovvero tagliata di Entrecôte di Vaca Vieja spagnola scottata in griglia al carbone, servita con cremoso al pane, dadi di zucca e cedro candito.

Oltre la Griglia, il Galletto intero nostrano in doppia cottura, dorato in forno e scottato alla griglia con paglia di porro e portulaca o le Costolette di agnello St. George a carré panate alla camomilla, mentre, come contorni verdure in foglia ripassate, chips o classiche patate al forno.

Chiudono i dolci, dal Tiramisù con Bignè ripieno di Crema al mascarpone, con glassa al coulis di caffè e filamenti di caramello o croquembouche, alla Pinolata Flambé e al Mont Blanc con semisfera di meringa, crema pasticciera, lampone e pasta di marron glacé.


Rosa, compagna di vita e professionale di Diego, completa e arricchisce l’esperienza gastronomica con il suo sorriso rassicurante, il suo servizio sicuro e delicato al contempo. È lei a occuparsi anche della carta dei vini tra etichette di fascia alta e vini giusti per ogni tavolo.

Rovente – Osteria con Brace
Via dei Salentini, 12 – 00185 San Lorenzo Roma
www.roventeosteria.it – info@roventeosteria.it
Tel: 06 490408
Orari di apertura: martedì/sabato 19:30-23:00; domenica 12:30-15:30

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C’è tempo fino a lunedì 5 dicembre 2022 per partecipare alla quarta edizione dell’unico contest che vede in giuria e sul podio i pizzaioli delle pizzerie Veraci del mondo che hanno aderito.

La Premiazione, prevista a Napoli mercoledì 7 dicembre e che cade in occasione del 5° anniversario del riconoscimento Unesco dell’Arte del Pizzaiuolo Napoletano, incoronerà la “Best AVPN Pizzeria 2022”: il modo migliore per AVPN – Associazione Verace Pizza Napoletana – per chiudere in bellezza un 2022 ricco di iniziative e per inaugurare un 2023 altrettanto intenso.

Qualità della pizza, selezione delle materie prime, abbinamenti, servizio di sala e design del locale sono gli aspetti che valuteranno i Maestri Pizzaioli affiliati AVPN iscritti alla quarta edizione di Best AVPN Pizzeria, il contest a cura di Associazione Verace Pizza Napoletana basato sulla sfida delle pizzerie Veraci da tutti i continenti.

Le edizioni precedenti hanno visto trionfare alcuni nomi illustri dell’arte bianca come Enzo Coccia di “La Notizia” nel 2014, Ciro Salvo di “50 Kalò” nel 2019 e Attilio Bachetti di “Pizzeria da Attilio” nel 2021, e ora l’Associazione Verace Pizza Napoletana ha deciso di riproporre il format di Best AVPN Pizzeria anche nel 2022, divenuto ormai un appuntamento fisso.

“Best AVPN Pizzeria nell’edizione 2022 promette di essere un appuntamento assolutamente unico nel suo genere – dichiara Antonio Pace, Presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana – perché a decretare il vincitore sarà una giuria composta esclusivamente da pizzaioli.

Senza nulla togliere agli altri contest, che rappresentano dei momenti importanti di confronto per i protagonisti del nostro settore, credo che un premio assegnato dai colleghi rappresenti qualcosa di speciale e di non facilmente replicabile”.

Come funziona AVPN 2022?

La pizzeria vincitrice del Best AVPN Pizzeria 2022 sarà quindi la prima a essere decretata da una giuria di colleghi affiliati presenti in ogni angolo del mondo. Il titolare di ogni pizzeria Verace avrà diritto ad un voto personale per ogni pizzeria in suo possesso e, ovviamente, non sarà possibile votare per la propria attività. Alla fine dello spoglio, la pizzeria più votata sarà proclamata Best AVPN Pizzeria 2022, con premiazione prevista mercoledì 7 dicembre, giorno in cui ricorre il 5° anniversario del riconoscimento Unesco dell’Arte del Pizzaiuolo Napoletano come patrimonio immateriale dell’umanità.

“Un premio particolare sia per quello che concerne la giuria, sia per i criteri di scelta nella valutazione – conclude Antonio Pace – perché non tiene conto soltanto della qualità della pizza, dell’impasto e della cottura, ma anche di tutti gli altri aspetti che rendono le pizzerie affiliate AVPN dei locali unici. Bisogna ricordare che un maestro pizzaiolo non solo è un artista della Vera Pizza Napoletana, ma è anche un appassionato ristoratore che fa dell’ospitalità uno dei valori fondanti all’interno del suo locale. Come associazione, desideriamo infatti che le pizzerie che esibiscono orgogliosamente la nostra certificazione abbiano a cuore la cura di tutto ciò che sta intorno alla pizza, dal servizio alla cura estetica del locale”.

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I Brunch della domenica e i temi regionali, il Menu Autunnale di Fabio Boschero, i dolci di Dario Nuti, il Thanksgiving day, le novità del Tiepolo Bar, la tavola di Natale e quella di Capodanno, le meraviglie della SPA e gli esclusivi trattamenti con le Perle di Caviale La Praire: il Rome Cavalieri, a Waldorf Astoria Hotel, annuncia le novità della stagione invernale che si prospetta più ricca e affascinante che mai.

Tra appuntamenti tradizionali e nuovi progetti, tante le proposte per scaldare con gusto e bellezza la stagione fredda. Scopriamole tutte!

I Brunch della Domenica

Il famoso Sunday Brunch del Rome Cavalieri prosegue il suo programma, alternando gli oramai famosi S’Brunch – realizzati in collaborazione con Slow Food Roma, agli appuntamenti tradizionali. Il Brunch è un rito noto e consolidato, in cui ogni domenica l’Executive Chef Fabio Boschero, insieme al Team dell’Uliveto, propone un percorso gourmet che esalta il patrimonio culinario italiano, contaminato sapientemente da sapori e metodologie internazionali.

Ecco gli appuntamenti:

  • 20 novembre: S’Brunch: “La Susianella di Viterbo dagli Etruschi a oggi”;
  • 27 novembre: Sunday Brunch tradizionale;
  • 4 dicembre: S’Brunch: “Il Cappone di Morozzo”;
  • 25 dicembre: Sunday Brunch di Natale.

Il Menù Autunnale del Ristorante Uliveto

Con il cambiare del clima, cambiano anche le abitudini alimentari, e dai primi di novembre entrerà ufficialmente in vigore il menù invernale firmato dall’Executive Chef Fabio Boschero per il Ristorante Uliveto. Come di consueto, sarà composto da cucina tradizionale rivista in chiave moderna, fatta di ricette creative con un forte legame con il passato. Due menù diversi, uno per il pranzo e uno per la cena, che offrono una nutrita selezione di piatti, tra cui ricordiamo il signature dish Risotto al rosso di gamberi e il suo carpaccio con gel di limoni e barbabietola e pistacchio tostato, accanto alle Sfere di crudo di tonno crumble speziato, salsa al limone e peperoncino dolce, il Galletto alla diavola con salsa senape e miele e purè di cavolfiore e patate rustiche al rosmarino, oltre ai Tournedos di fassona con salsapiemontese ai porcini.

Tra i dolci creati dall’Executive Pastry chef Dario Nuti ricordiamo il Tartufo dolce di nocciola e passion fruit con terra cacao e zabaione al Moscato. Non manca la dovuta attenzione ai piatti vegani, disponibili al Ristorante l’Uliveto. Tra le ricette proposte: Riso selvaggio del Canada, Alghe Wakame e Nori acqua di Mare alla Spirulina e sesamo tostato, Bistecca di cavolfiore alle erbe mediterranee, crema di Tofu al Pesto di Basilico e Mandorle tostate, e Millefoglie di carasau al ragù di soia e broccoli e salsa di pomodori infornati.

Il Thanksgiving Day

Giovedì 24 novembre si festeggia il Giorno del Ringraziamento, con un appuntamento dedicato non solo agli ospiti americani ma gradito anche ai romani e agli ospiti provenienti da tutto il mondo. Una ricca cena a buffet servita al Ristorante Uliveto in cui, accanto al classico tacchino ripieno, troviamo un tripudio di pietanze, tra cui il Tacchino fumé con farro, mele, noci pecan e salsa mirtilli, la Vellutata di zucca con crostini allo sciroppo d’acero. Sublimi i dolci di Dario Nuti, tra cui la Torta alla zucca e il Pan di zenzero.

È disponibile anche un servizio delivery, affidato a Cosaporto, per gustare il menù del Thanksgiving comodamente a casa.

Il Tiepolo Bar

Famoso per la mixology d’eccellenza, il Tiepolo Bar non finisce mai di stupire con le nuove formule, tra i drink tradizionali e le nuove sperimentazioni di Angelo Severini e il suo team.

Il cocktail dell’inverno è il Tintoretto “a modo nostro”, composto da T XLII Gin sartoriale, succo di melograno, sciroppo alla cannella, succo di limone bio e con decorazioni di melograno e basilico cinese.

Ma il Tiepolo Bar non è solo mixology d’eccellenza: propone, infatti, una serie di esperienze culinarie tra tradizione e tendenza. Da una parte il Sushi, con un menù declinato nelle sue tante varietà, tra cui la Selezione di Uramaki come California roll con avocado, salmone e Philadelphia, oppure Roll di gamberi con avocado, tobico e gamberi, e la proposta vegetariana di Roll di avocado, cetriolo e Philadelphia. A seguire un assortimento di Hosomaki, Nigiri e Sashimi al tonno, salmone e spigola.

Dall’altra “La Fonduta dello Chef”, menù che si potrà gustare in tre diverse variazioni: a base di Fonduta di Fontina classica Valdostana oppure di Fonduta di Fontina e formaggio erborinato dolce, servite entrambe con carne salada, patate bollite, cipolline, cetrioli sott’aceto, crostoni di pane e insalata croccante con erbe aromatiche. Insieme a queste, la variazione dolce, la Fonduta ai due cioccolati, servita con frutta, biscotti fatti in casa, crêpes roll, Disaronno bonbon e financier alla nocciola e lampone.

Le novità beauty del Cavalieri Grand Spa Club

Il centro benessere dell’albergo, il multi-premiato Cavalieri Grand Spa Club, offre un percorso perfetto di bellezza, un trattamento pensato per contrastare l’invecchiamento cutaneo: il Caviar Lifting And Firming Facial di La Prairie, che ridefinisce e rassoda la pelle, donando un immediato effetto liftante e una struttura cutanea liscia e satinata.

Perle di Caviale unite a un massaggio viso e occhi infuso al Caviale, trasformano anche la pelle più spenta in un incarnato più raggiante e luminoso. Un rituale di bellezza collaudato ed estremamente efficace, che diventa oggi ancora più straordinario con l’introduzione nel protocollo del nuovo prodotto della famiglia Caviar di La Praire: il Caviar Infinite, presente nella linea Skin Caviar Harmony l’Extrait di La Prairie – elemento base che aiuta a ripristinare l’armonia della giovinezza rafforzando, ridensificando i pilastri verticali della pelle. Un trattamento dai risultati visibili, focalizzato sul rassodamento per ogni tipo di pelle e che dona ricca idratazione grazie a nutrienti essenziali tonificazione ed effetto seta.

Il Natale e Il Capodanno

Per festeggiare le feste più importanti della “Stagione Natalizia”, il Rome Cavalieri ha scelto per questo 2022 uno speciale mood in linea con le tendenze più attuali, ovvero il nostro bisogno di riconnetterci con la natura e con il sapore della tradizione. Siete curiosi di conoscere a cosa abbiano pensato lo Chef Fabio Boschero e il Pastry Chef Dario Nuti per celebrare le feste dell’inverno? Cliccate qui per conoscere i Menù Natale e Capodanno 2022-2023 e prenotate il vostro tavolo contattando (06) 3509 2145 o scrivendo a ROMHI.FB@waldorfastoria.com

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Senza dubbio uno dei simboli dell’autunno e della storia della nostra cucina, il Castagnaccio, a base di farina di castagne, è una ricetta semplice e ricca di gusto, perfetta da rifare a casa in questa stagione.

Sono molte le regioni italiane a consacrarlo come una specialità, in particolar modo Toscana, Lazio, Umbria, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte. Noi, Vi riportiamo quella dell’Antico Forno Roscioli di Roma. Cominciate a scaldare i forni e Buona Domenica.

Le origini del castagnaccio

Le origini del castagnaccio sono molto antiche, tanto da risalire al 1500. A quel tempo la castagna era diffusa soprattutto nelle campagne e veniva consumata proprio per i suoi principi nutrienti a volte perfino come pasto unico e principale. Precisamente al 1554 risale il breve catalogo che Ortensio Lando dedica agli inventori di nuove ricette ed è qui che si sente parlare di Pilade da Lucca: il primo a codificare la ricetta del castagnaccio e ad assicurarne la longevità.

La vera diffusione del castagnaccio avvenne però solo alla fine del 1800, quando i toscani, che apprezzavano il dolce da molto tempo prima, decisero di esportarlo e così iniziò a conquistare l’Italia Settentrionale.

Un tempo il castagnaccio veniva chiamato “pane di legno” o “pane dei poveri” proprio per la semplicità dei suoi ingredienti, a seconda della regione prende sapori, forme e caratteristiche di cottura differenti.

Nella ricetta originale era presente solo la farina di castagna che veniva poi mescolata con acqua, olio e rosmarino. Ma poteva essere arricchito con il miele, semi di finocchio, scorza d’arancia, pinoli e uvette. Le variazioni del castagnaccio ad oggi sono moltissime, così come sulla quantità dei cosiddetti “ingredienti aggiuntivi”. Noi abbiamo avuto l’onore di avere quella dell’Antico Forno Roscioli, che intreccia con Roma una storia antica, che risale al 1824. Una storia di lavoro, passione e farina, nata per dare ogni giorno ai suoi concittadini, oghgi come ieri, il miglior pane possibile.

Il Castagnaccio di Roscioli

Ingredienti

1 kg farina di castagne del Monte Amiata

1 lt di latte intero

1 lt di olio evo

acqua minerale naturale

700 gr di uvetta ammollata nel latte

100 gr pinoli sgusciati

50 gr zucchero

4 gr bicarbonato

sale

Procedimento

Impastare nella planetaria la farina di castagne con lo zucchero, il sale il bicarbonatao, il latte e l’olio. Andare a formare un composto omogeneo e liscio. Aggiustare la densità aggiungendo dell’acqua calda. L’impasto deve essere simile a una pastella, liquida e morbida. Ungere una degli ada forno dai bordi bassi e versare il composto. Aggiungere quindi l’uvetta scolata e precedentemente ammollata, e poi i pinoli sgusciati. Cuocere in forno a 200° per 20 minuti.

Se non aveste tempo o volete assaporare la ricetta madre prima di riprodurla, Vi consigliamo di fare un salto all’Antico Forno Roscioli, in Via dei Chiavari 34 / 00186 ROMA – TEL. +39 06 686 4045

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La Guida Michelin 2023 ci ha regalato grande gioia accendendo finalmente a Roma 2 nuove Stelle che brillano accanto a quelle di “Enoteca La Torre Villa Laetitia” e di “Acquolina”.

Grande traguardo per gli Chef Domenico Stile e Daniele Lippi, entrambi giovani pieni di talento ed entusiasmo, con interessanti filosofie di cucina nei pensieri e tra le mani, importanti staff e prestigiose strutture alle spalle, che concorrono a fare di Roma una delle migliori destinazioni del Mondo per gli amanti del Lusso e dell’ Alta Ristorazione.

Sono due i ristoranti di Roma che, da una manciata di ore, posso di Due Stelle Michelin. Così ha deciso, dopo anni di lunghe attese, la Guida 2023 nel corso della cerimonia andata in scena nel Relais Franciacorta di Corte Franca (Brescia) e della quale abbiamo parlato qui.

Per la sua 68esima edizione, dicevamo, ha assegnato 4 nuove 2 Stelle all’Italia (Acquolina – Roma / Enoteca La Torre – Roma / St. George by Heinz Beck – Taormina / Locanda Sant’Uffizio Enrico Bartolini – Penango) ovvero a quei ristorante che, viaggiando viaggiando, “valgono la deviazione” per “la Rossa”.

E siccome tutte le strade portano a Roma, quella che si preannuncia essere la nuova meta del turismo internazionale, avrà due nuovi portoni spalancati sul lusso e sull’alta ristorazione e che vanno a fortificare le fila del fine dining affiancandosi alle consolidate 2 stelle del Ristorante Il Pagliaccio dello Chef Anthony Genovese (Direttore di sala e Sommelier Matteo Zappile) una delle tavole romane più significative e sensoriali della Capitale.

Ma la scena dello stupore quest’anno è stata tutta romana, con una meravigliosa, quanto attesa, doppia doppiettaEnoteca La Torre con lo chef Domenico Stile e Acquolina con Daniele Lippi, due cucine di grande qualità e precisione dove il Mediterraneo e le materie prime, la ricerca e l’atmosfera, la tecnica, la sperimentazione e la creatività finalizzate al sapore, divengono gli elementi di esperienze di altissimo livello.

Un’emozione grandissima che porterò per sempre con me

Domenico Stile

Ho lavorato tanto per arrivare fin qui, l’ho fatto con l’umiltà di chi parte dal basso e con la consapevolezza di avere molto da dire e da dare in cucina. E continuerò su questo percorso, sapendo di poter contare su una squadra fantastica. A partire dalla proprietà, due persone che mi hanno supportato in ogni momento, per proseguire con tutto il team di Enoteca La Torre Villa Laetitia, dalla brigata di cucina a chi, come Rudy Travagli e Alessandro Nocera solo per fare due nomi, svolge il proprio lavoro in sala.

Scrive la Michelin di Enoteca La Torre

I piatti dello chef campano celebrano la creatività con energia, esuberanza e sapori intensi tipicamente del Mediterrraneo della tradizione campana, l’amore per il proprio territorio accoglie tributi alla storia gastronomica della Capitale, e ai grandi classici della tradizione culinaria italiana, per un viaggio goloso e variegato che può portare anche oltre i confini del Bel Paese

Guida Michelin 2023

E commentano così i proprietari Silvia Sperduti e Michele Pepponi:
Un premio a vent’anni di carriera vissuti sempre alla ricerca della qualità estrema, un riconoscimento al lavoro del nostro gruppo

Enoteca La Torre Villa Laetitia – di cui ho scritto un paio di mesi fa QUI – è il suggestivo ristorante “incastonato” in uno dei palazzi considerati tra gli esempi più belli del Liberty della Capitale, dimora scrigno della famiglia Fendi Venturini sul Lungotevere delle Armi. Domenico Stile, classe 1989, è il suo chef nato a Castellammare di Stabia e cresciuto a Gragnano, che, lontano dalle mode, ha sempre perseguito il sogno di fare lo chef. Dopo una ferrea formazione in importanti cucine – da Gianfranco Vissani a Enrico Crippa, da Massimo Bottura ad Antonino Cannavacciuolo, fino a Nino Di Costanzo – nel 2016 assume il comando di Enoteca La Torre Villa Laetitia e nell’anno successivo ottiene la sua prima stella Michelin, all’età di 28 anni, tagliando anche il nastro dello Chef più giovane di Roma.
Ora, trentatreenne, assieme al suo staffa e forte una proprietà che ha continuato ad investire sulla qualità in ogni direzione (Enoteca La Torre Group) ha raggiunto l’ambito traguardo della seconda stella.

Risotto ai Limoni

E’ quasi impossibile descrivere la gioia di questo momento – hanno sottolineato Silvia Sperduti e Michele Pepponi, alla guida dell’Enoteca La Torre Group – e di questo riconoscimento che giunge alla vigilia del ventesimo anniversario dalla creazione del nostro gruppo e a dieci anni del nostro arrivo a Villa Laetitia.

E’ un premio che corona il nostro percorso da sempre votato alla ricerca della qualità estrema. Un riconoscimento al lavoro di tutto il Gruppo che trova in Enoteca La Torre Villa Laetitia il suo fiore all’occhiello ma che ormai si compone di tante realtà il cui fil rouge è quello di offrire sempre il massimo. Ed è evidente che questa seconda stella della Rossa più famosa al mondo ci porta ad alzare ulteriormente la nostra asticella.

ACQUOLINA e la Conquista della Seconda Stella

Era il 2009 quando Acquolina prendeva la prima stella Michelin. 13 anni dopo, conquista la seconda Stella, ambito premio per Ristoranti e Chef. E lo fa con tenacia e consvinzione. Oggi il suo paradigma è diverso le sue coordinate la vedono all’interno dell’Hotel The First Arte, a Via del Vantaggio.

Tra le prestigiose vie di Roma, il primo dei tre boutique hotel del gruppo The Pavilions Hotels e Resorts – gli altri due sono The First Dolce e The First Musica – e grazie a un dinamico lavoro di squadra nonchè alle scelte di qualità che da sempre distinguono questa esclusiva realtà, arriva la luce di nuovo traguardo raggiunto: la Seconda Stella Michelin.

Siamo emozionati, grati, orgogliosi e realmente felici. Dopo anni siamo fieri di portare a Roma , la nostra città, un riconoscimento così importante. Ci abbiamo creduto, abbiamo fatto squadra e trovato una continuità negli anni, tutti con lo stesso obiettivo di fare bene e di lavorare in armonia con passione e professionalità.

Scrive la Michelin di Acquolina

Al pian terreno del centrale e raffinato hotel The First Roma – dall’atmosfera impreziosita da opere d’arte originali, dipinti e sculture – ricette a base di pesce, ispirate alla cultura gastronomica del Bel Paese, sempre permeate da un guizzo creativo. La proposta si concretizza in tre menu degustazione che presentano varie visioni della cucina da parte dello chef: al centro domina il Mediterraneo, attraverso i suoi prodotti, profumi e tradizioni. Servizio di grande attenzione e un adiacente cocktail bar dove un bravissimo barman saprà consigliarvi il migliore pre e dopo cena.

Guida Michelin 2023


Un luminoso premio che consolida un progetto fortemente voluto, soprattutto dalla proprietà e dal team, e che ha collocato Acquolina come un’insegna di altissimo livello nel panorama capitolino. Acquolina è contemporaneità fatta cucina, quella voglia di oltrepassare i limiti per tornare alle origini: una filosofia di vita che il giovane chef Daniele Lippi ha sempre valorizzato nei suoi piatti.

Classe 1990, Lippi è cresciuto professionalmente con i fratelli Troiani al Convivio (1 stella Michelin) sempre nella capitale. Ha poi perfezionato la sua tecnica e ampliato il suo bagaglio con esperienze nell’olimpo di stellati internazionali (Piazza Duomo, Pavillion Ledoyen, Lasarte). Un’ottica di cucina, la sua, in cui ogni elemento rimanda ad altro, in cui tutto si supera le prime impressioni. Una cucina ossimorica, da ingadare, capire e dalla quale, infine, lasciarsi conquistare.


La vita è guardare oltre alle apparenze

Daniele Lippi

Ricerca, studio approfondito, fermentazioni, sperimentazioni, cultura, curiosità condensate in tre menu che già raccontano molto: 𝑷𝒆𝒓𝒊𝒑𝒍𝒐 – 𝑨𝒏𝒂𝒃𝒂𝒔𝒊 𝑪𝒂𝒕𝒂𝒃𝒂𝒔𝒊 – 𝑨𝒃 𝑶𝒓𝒊𝒈𝒊𝒏𝒆.

La nostra è un’idea di cucina che viene da molto lontano. Ad esempio le bacche, che sono state tra i primi alimenti ad essere assimilati dall’uomo, noi le abbiamo volute riproporre in uno dei nostri piatti del nuovo menu di Acquolina, esaltandone profumi e sapori con accostamenti insoliti.

Le bacche della rosa canina, una volta lavorate, ci hanno riportato ai sapori del pomodoro, acido e dolce allo stesso tempo.
Abbiamo quindi voluto omaggiare il classico spaghetto al pomodoro e basilico, simbolo della cucina mediterranea, con un’interpretazione più creativa e raffinata.


Acquolina che è anche un brand unico di cui fanno parte altri prestigiosi indirizzi ristorativi della stessa maison – Acquaroof Terrazza Molinari, Velo Pasticceria e Alto (Ristorante e Cocktail Bar), è l’insegna guidata dal Restaurant Manager Benito Cascone, il Bar ManagerCarlos Soriano, il Direttore di Sala Andrea Menichelli e l’Head SommelierFrancesco Aldieri. La squadra si completa alla perfezione con il General Manager del Gruppo, Andrea La Caita.


Questo importantissimo traguardo è il risultato di un lavoro fatto con la straordinaria dedizione di tutto il team. Ma è anche un sogno che avremmo tanto voluto condividere con il nostro amico e chef Alessandro Narducci, scomparso prematuramente nel 2018. Questa giornata e questo premio sono per lui”, afferma commosso Andrea La Caita.

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L’atteso ottavo Campionato Nazionale PIZZA DOC accende oggi 7 novembre forni e motori, e proseguirà fino al giorno 9 a sfornare pizze nell’ex tabacchificio di Cafasso (Capaccio – Paestum); data in cui verranno proclamati i 20 Campioni di categoria e il “Campione dei Campioni 2022”. Ma come è organizzato il grande evento? E quali sono le novità di questa Edizione?

Ogni anno si afferma sempre più globale e popolare questo Campionato che non è solo una competizione, ma un momento di confronto e di networking tra i pizzaioli e le aziende di settore. Saranno più di mille infatti i pizzaioli concorrenti provenienti da ogni angolo di Italia e dall’estero, oltre alle 30 aziende collegate al mondo pizza che poteranno le proprie produzioni in esposizione e degustazione all’interno dell’Ex Tabacchificio di Cafasso, a pochi passi di suggestivi templi di Capaccio – Paestum per l’ottava edizione del Campionato Nazionale Pizza DOC.

5000 euro in prodotti e servizi offerti dagli sponsor per i vincitori delle varie categorie dell’8° edizione del Campionato Nazionale Pizza Doc, mentre il vincitore assoluto diventerà testimonial di una campagna promozionale dell’ Accademia Nazionale Pizza DOC.

Molto attesi anche i “Pizza DOC Awards”, i riconoscimenti alle personalità di tutto il Mondo Pizza che si sono contraddistinte nell’anno, che saranno assegnati nella serata di martedì 8 novembre. Ad essere celebrati saranno personalità di spicco del settore come Francesco Martucci, Piergiorgio Giorilli, Gino Sorbillo, Alessandro Scuderi, Egidio “Puok” Cerrone, Piero Armenti e tantissimi altri pizzaioli, comunicatori, imprenditori ed influencer.

“Un’edizione enorme che rilancia l’intero settore in un contesto favoloso come il NEXT, a pochi passi dai bellissimi templi dell’antica Paestum – ha affermato Antonio Giaccoli, presidente dell’Accademia Nazionale Pizza DOC – Ben 4 mila metri quadri di area expò con circa 30 aziende espositrici, 10 forni accesi dalle prime ore del mattino, workshop tematici, approfondimenti e la ciliegina sulla torta: la seconda edizione dei Pizza DOC Awards”.

Un’edizione importante, supportata appieno dall’amministrazione comunale di Capaccio, dal sindaco Franco Alfieri e aziende leader del settore come Mulino Caputo con le sue farine, i prodotti conservieri di Carbone Conserve, i prodotti caseari di Latteria Sorrentina, i pelati ed i pomodori di Solania, i forni elettrici di Sacar Forni, le attrezzature meccaniche di Mecnosud, i forni da casa per amatori e professionisti di OONI, la grande distribuzione di Perrella Network, e tante altre.

Le categorie

Ben 20 le categorie, 4 di abilità e 6 nuove alle edizioni passate. A partire dai 16 anni di età, tutti i i pizzaioli/le possono iscriversi, anche durante il Campionato, a:

  • Pizza Classica, ovvero la pizza specialità del concorrente;
  • Pizza Margherita DOC, anche senza rispettare il disciplinare STG;
  • Pizza Contemporanea, realizzata con tutte le moderne tecniche di impasto;
  • Pizza in Teglia, ovvero la classica pizza a fette;
  • Pizza in Pala;
  • Pinsa Romana;
  • Pizza senza Glutine;
  • Pizza Chef, novità di quest’anno, dove il pizzaiolo può associarsi ad uno chef;
  • Pizza dolce Pastry Chef, novità di quest’anno, categoria in cui il concorrente può farsi accompagnare da un pasticcere;
  • Pizza Cilento, la migliore pizza realizzata con i prodotti cilentani per omaggiare la terra che quest’anno ospiterà il Campionato;
  • Pizza Social, novità di quest’anno, con le pizze dei concorrenti postate e votate sul sito;
  • Trofeo Forni OONI, novità di quest’anno, con i concorrenti che si sfideranno nella cottura della pizza all’interno di uno dei tipici forni OONI, ideali sia per professionisti che per amatori;
  • Pizza Food Blogger, una categoria che sarà interamente valutata da una giuria composta da food blogger, influencer e giornalisti food;
  • Pizza a squadra, novità di quest’anno, con più concorrenti che possono concorrere in team anche in categorie differenti;
  • Pizza Fritta;
  • Fritti, ovvero le 3 tipologie di fritto classico e contemporaneo come il crocchè di patate, arancino e frittatina di pasta.
  • Le categorie di abilità, invece, saranno:
  • Pizza più larga;
  • Free style;
  • Pizza più veloce;
  • Categoria Juniores con il premio “Marco Agnello”, riservata agli iscritti di età compresa tra i 15 ed i 18 anni.

Il Campione Nazionale Pizza DOC 2022 sarà scelto tra il primo classificato della pizza classica, della pizza margherita e della pizza contemporanea, in funzione di chi ottiene il punteggio più alto. Poi saranno assegnati: il premio “Pizza DOC in the World” riservato al miglior pizzaiolo italiano ed al miglior pizzaiolo straniero nel Mondo; “Miglior Pizzaiola DOC 2022” alla migliore concorrente pizzaiola; il “Premio Giudici di Forno”, ovvero il premio della critica.

Saranno circa 100 i giornalisti, food blogger, influencer, maestri pizzaioli e chef che si accomoderanno in giuria per valutare le oltre 1000 pizze sfornate nei 3 giorni di gara. Presidente della giuria di qualità sarà la giornalista Antonella Amodio. Per evitare di influenzare le votazioni, anche all’ottava edizione del Campionato Nazionale Pizza DOC i giudici non vedranno chi elabora il prodotto prima di aver votato la pizza. Al via del direttore di gara, il pizzaiolo avrà a disposizione circa 10 minuti per preparare la sua pizza, dopodiché essa verrà mostrata alla giuria da nostri collaboratori. I giudici assegneranno un punteggio da 50 a 100, basando la loro valutazione su tre principi: Gusto, Cottura e Aspetto. Il voto rimarrà segreto.

Direttore tecnico della gara sarà Marco Di Pasquale, maestro pizzaiolo coadiuvato dai docenti della Accademia Nazionale Pizza DOC.

Ospiti d’onore della kermesse saranno personalità di spicco dell’universo food e pizza in particolare, come i docenti della Accademia Salvatore Lioniello, Angioletto Tramontano, Raffaele Bonetta, Errico Porzio, Fabio Di Giovanni, Antonio Fiorillo, Armando Scalella, Alessandro Della Monica, Carlo Fiamma e tanti altri testimonial del settore.

Novità di quest’anno saranno i format di approfondimento. Tutti i giorni, a partire dalle 17, ci sarà una diretta streaming sui canali social del Campionato e su YouFood Tv durante la quale si parlerà della giornata di gara appena trascorsa. Durante i 3 giorni di gara, invece, ci sarà spazio per i DOC Talk, i workshop di approfondimento condotti da Luca Fresolone, meglio conosciuto sui social come “La cucina del Presidente”. Protagonisti del format saranno Alessandro Condurro della pizzeria “Da Michele”, Nanni Arbellini founder di “Pizzium”, il giornalista Luciano Pignataro, una folta delegazione del sud America, la presidente di giuria Antonella Amodio, i primi 2 bartender d’Italia secondo World Class Italy, ovvero Vincenzo Pagliara e Natale Palmieri, il dottor Carlo De Luca della giunta nazionale dei Giovani Dottori Commercialisti, e tanti altri ospiti d’eccezione.

Per maggiori informazioni:

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Aldo Padovano

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