Sara De Bellis

Autore: Sara

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Introduzione di Sara De Bellis

Se qualcuno fosse ancora convinto si tratti della stessa cosa, è in tempo per fare ammenda. Perchè in Italia dal 1939 esiste un decreto Regio che bene chiarisce la loro differenza: Castagne e Marroni sono espressioni dello stesso ceppo, ma ben distinte tra loro. Mi spiego meglio.

La castagna è l’irregolare seme dello spinoso riccio, frutto della pianta selvatica chiamata Castanea Sativa, ovvero l’imponente e antichissimo Castagno, noto anche come “albero del pane”;

il marrone, più paffuto, è nato invece quando l’uomo, convinto dalla bontà della castagna e delle sue ghiotte applicazioni culinarie, ha deciso di addomesticare il Castagno ottenendo un prodotto simile ma diverso per colore, grandezza, forma e sapore.

Selezionato nel tempo dai coltivatori al fine di migliorarne i tratti distintivi, il marrone presenta caratteristiche ben diverse rispetto al seme commestibile del frutto del castagno selvatico, alla vista e soprattutto al gusto.

Più comodo nel suo “riccio per tre” rispetto alla cugina castagna, che invece abita nella casetta dei “sette nani”, la superficie del Marrone è più chiara, talvolta striata. Le dimesioni più generose, la buccia meno spessa, la membrana più sottile e omogenea, raramente inserita nel frutto e facile da portar via, la sua polpa più dolce e compatta, più semplice da lavorare.

Da sempre salvifico cibo per i popoli di montagna, bosco o collina, nutriente pane vegatel offerto dalla natura per arginare la grama vita; Castagne e Marroni sono entrambi ricchi di amidi, carboidrati, fibre e sali minerali. Potature, innesti e selezioni, hanno prodotto cultivar di ottima qualità.

Bollite, arrostite o lavorate secche in nutriente farina, vengono utilizzate per preparare il famoso Castagnaccio, e ancora in creme, composte torte e crepes. Per arrcchire patti salati o farcire tacchini e polli al forno, ma anche per preparare pasta fresca come tagliatelle, ravioli, gnocchi, minestre e zuppe d’autunno.

I marroni, invece, più zuccherini e caratterizzati dalla forma a cuore, hanno la corsia preferenziale verso le pasticcerie per essere trasformati interi in deliziosi e morbidi Marron glacé o tritati in composta per il goloso Montblanc, o ancora nelle cucine gourmet dove vengono applicazione dei piatti creativi.

Per gli amanti delle prepaparazioni più cassiche e conviviali, come le caldarroste, ecco una selezione delle Sagre del Lazio che festeggiano il prezioso dono di stagione.

Cenni storici

Difficile stabilire precisamente dove si sia originato il primo Castagno, ma quello che si sa certamente è che ha circa 10 milioni di anni e che si è diffuso prima in Asia, in Europa e nelle Americhe.

Numerosi scritti confermano, già nell’antichità, la presenza della castagna in Grecia: Ippocrate nel IV sec. a.C. parla di “noci piatte”, Senofonte, nei suoi scritti parla della “noce piatta senza fessure”. Ma le castagne erano conosciute anche nell’antica Roma, le testimonianze sono di Catone il censore (II sec. a.C.) che nel suo trattato De Agricoltura parla di “noci nude” e di marco terenzio Varrone (I sec.a.C.)  che nel suo manuale De re rustica menziona la castanea, che venduta nei mercati frutticoli della Via Sacra a Roma, veniva donata dai giovani innamorati alle donne amate. Persino Virgilio, nelle Bucoliche, elogia le qualità e il gusto della “castanea”.

Proprietà 

Tantissime le proprietà delle castagne. Naturalmente senza glutine, possono essere consumate da intolleranti o celiaci. Da un punto di vista nutrizionale, la castagna contiene un’alta percentuale di amidi e sono una buona fonte di proteine, sali minerali (soprattutto potassio, fosforo, zolfo, magnesio, sodio, calcio, ferro) e vitamine (C, B1, B2 e PP). Contengono molte fibre alimentari che inibiscono l’assorbimento del colesterolo. Insieme alla fibre agiscono bene i grassi presenti in questo frutto che abbassano il colesterolo LDL (il cattivo) e alzano l’HDL (il buono) e corrispondono all’ di 80% grassi insaturi (44% di acido oleico, più omega 3 e omega 6).

Sagre e Province in Festa

di Benedetta Ferrari

Nel Viterbese: celebri sono le castagne della Tuscia, prodotto tipico di tradizione millenaria. Le castagne dei Monti Cimini si producono dai 500 ai 900 metri sul livello del mare nei comuni della Comunità Montana dei Cimini, che sono Caprarola, Canepina, Capranica, Carbognano, Ronciglione, Soriano nel Cimino, Vetralla, Vignanello, San Martino al Cimino e Vitorchiano. Qui, le vaste estensioni di castagneti secolari che si sono formate in questo terreno di origine vulcanica, dove esistono esemplari imponenti, consentono di ottenere castagne e marroni di elevata qualità. Ma una menzione d’onore la ottiene ovviamente la castagna viterbese di Vallerano, dove il prodotto DOP si può raccogliere ma anche gustare in questa località, particolarmente attiva nell’organizzare grandi feste popolari per i visitatori.


Tra le sagre laziali dedicate alla castagna a cui non mancare, c’è sicuramente la lunga Festa della Castagna di Vallerano, che è diventato uno dei cibi D.O.P d’Europa dal 2009. La festa si svolgerà fino al primo weekend di novembre (1 novembre) all’interno del caratteristico borgo viterbese con le sue antiche case di tufo, mura medievali e chiese assolutamente da visitare.


Da non perdere sempre in provincia di Viterbo, la XXXIX° edizione, delle “Giornate della Castagna” di Canepina. Qui il 30 e 31 ottobre è ancora possibile gustare questo prodotto tipico tra i tanti eventi musicali e artistici organizzati in occasione della manifestazione. E la storica, giunta alla 55esima edizione, edizione, quella di Soriano nel Cimino
In provincia di Frosinone invece, la castagna DOC si trova nel Comune di Terelle e si divide in tre qualità di prodotto tra la Primutica, grande e di colore marrone chiaro, la Pelosella piccola e di colore marrone scuro, e la Pizzutella piccola di color marrone rossastro. Il castagneto di Terelle è  un meraviglioso castagneto secolare, dichiarato “monumentale”, vanto del paese e senz’altro tra i più belli di tutto il Lazio. Il più grande castagno ha una circonferenza di 12 metri e il più “anziano” ha 800 anni.

A Rocca di Papa, sui Colli Albani, al via la 41esima sagra delle castagne che si svolge ogni anno la terza domenica di ottobre, sin dal 1979. La Sagra è dedicata alla tipica castagna locale, detta Rocchicianella, dalle piccole dimensioni e dal gusto dolce: prodotta in più di 2000 ettari di castagneti, rappresenta uno dei più grandi vanti del paese.


Per cercar castagne in provincia di Rieti, è invece bellissimo percorrere la Valle del Turano. Oltre al comune di Pescorocchiano, in quasi 4 chilometri di boschi intorno al comune di Collegiove, si possono trovare le tipiche castagne rossastre dal gusto delicato (Castagna Rossa del Cicolano). Rinomato è poi il Marrone Antrodocano, un prodotto d’eccellenza con Denominazione d’origine comunale, che si trova nei castagneti tra i comuni di Antrodoco, Borgovelino, Castel S. Angelo, Città Ducale e Micigliano.


Il 31 ottobre e 1 novembre ad Antrodoco, è possibile gustare una vera prelibatezza del reatino, il Marrone Antrodocano, nella “Sagra del Marrone Antrodocano” della “Festa d’Autunno” di Antrodoco.
Dal 29 Ottobre al  1 Novembre 2022 si svolge ad Antrodoco la “Festa d’Autunno” che comprende la settima edizione delle vie del  Marrone Antrodocano con mercatini e stand gastronomici.
Il Marrone Antrodocano. Antrodoco ed i paesi limitrofi (Borgovelino, Castel S. Angelo e Micigliano ) sono circondati da castagneti che producono i tipici Marroni Antrodocani con marchio DE.CO. Il Marrone ha delle differenze sostanziali che lo distinguono dalla castagna; i frutti sono più grandi con una buccia chiara e con striature scure, la pellicina interna è molto sottile e non penetra nel frutto quindi, più facile da staccare. Il sapore è zuccherino. La pianta del marrone è più delicata di quella della castagna comune ed è meno produttiva rendendo i suoi frutti qualitativamente superiori, quindi più ricercati ed apprezzati

In provincia di Latina, splendidi e ricchi castagneti si trovano sui Monti Lepini. Nei comuni di Sezze e Bassiano, ma anche nei boschi tra Lenola e Norma, per festeggiarli il 21-23 ottobre si svolgerà a Rocca Massima, nel più alto paese della provincia di Latina, la nuova edizione della “Sagra dei Marroni”

Se ci fosse sfuggito qualcosa o per maggiori informazioni su date, orari e programmi delle Feste di Provincia cliccate Qui e Buon WeekEnd!

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Promosso da Mastri Birrai Umbri nell’ambito dell’Umbria Beer Festival, che si è tenuto a Gualdo Cattaneo il 23-24 settembre 2022, il 1° Convegno internazionale sul malto ha fatto il punto sul confronto tra gli stati produttivi e la crescita prorompente della dimensione artigianale e qualitativa del prodotto italiano.

Si parte da una filiera agricola che comincia sul campo e, attraverso abilità professionali, tecnologie moderne, contributo del mondo scientifico e accademico, arriva su scaffali, tavole o banconi. Scopriamo di più sulla nuova dimensione della Birra.

La produzione Italiana annuale di birra è pari a 15,6 milioni di ettolitri. La produzione italiana di malto è pari a 78 mila tonnellate, mentre importiamo circa il 60% del malto utilizzato. Le prime due malterie italiane producono il 98% del malto nazionale (pari al 38% del fabbisogno italiano). Mentre la Malteria Italiana Artigianale di Gualdo Cattaneo, collegata al birrificio Mastri Birrai Umbri, produce circa l’1% del malto italiano con una capacità di 850 tonnellate all’anno. Una realtà straordinaria inserita in una regione, l’Umbria, che rappresenta da sola il 20% di tutta la produzione dell’orzo italiano da birra.

Quest’anno però la siccità ha tagliato del 20% il raccolto di orzo per la produzione del malto da birra sui trentamila ettari coltivati a livello nazionale (dati Crea). Il primo semestre 2022 si configura come l’anno più caldo di sempre con +0,76°C rispetto alla media storica: lungo la penisola le precipitazioni si sono praticamente dimezzate (-45%).

Questi alcuni dei numeri emersi da “Malti d’autore”, il 1° Convegno internazionale sul malto e l’orzo da birra in Italia, promosso da Mastri Birrai Umbri e da Malteria Italiana Artigianale nell’ambito dell’Umbria Beer Festival del 23-24 settembre 2022.

È la prima volta che si svolge in Italia un momento di riflessione sullo sviluppo della birra artigianale italiana. Di grandissima rilevanza per i contenuti scientifici e per il respiro internazionale. Siamo soddisfatti del confronto svolto tra i vari operatori della filiera, dal campo dove si coltiva l’orzo, alla malteria dove l’orzo si trasforma in malto, al birrificio dove i malti diventano birra”. A parlare è Marco Farchioni, owner e manager di Mastri Birrai Umbri, che spiega così le ragioni del convegno internazionale sul malto e l’orzo da birra in Italia.

A 10 anni dalla fondazione, Mastri Birrai Umbri, da sempre ispirata alla filosofia della sostenibilità contadina, ha cercato di fare il punto non soltanto sul proprio percorso nel mondo brassicolo, ma anche sulla crescita prorompente della dimensione artigianale e qualitativa del prodotto italiano, a partire da una filiera agricola che comincia sul campo e, attraverso abilità professionali e tecnologie moderne, arriva sulla tavola dei consumatori. Per farlo ci siamo affidati anche al contributo del mondo scientifico e accademico. Con il loro aiuto vogliamo che si faccia finalmente luce sulla filiera italiana della birra e che venga valorizzato il contributo di tutti i soggetti che partecipano alla filiera.

La prima produzione della Malteria Italiana Artigianale (M.I.A.) risale al gennaio 2015, appena quattro anni dopo l’inizio dell’attività del birrificio agricolo Mastri Birrai Umbri, uno degli impianti di birra artigianale più grandi d’Italia.

Oggi MIA è la più grande malteria di un microbirrificio in Italia se non in Europa. “La Malteria ha una capacità produttiva annua di 850 tonnellate di malto, con un potenziale che può arrivare fino a circa 1300 tonnellate. Trasforma orzo e frumento in malti pils, pale, monaco, caramello e altri speciali convenzionali e biologici in proprio e per conto terzi, ovvero a vantaggio di altri microbirrifici artigianali”. Così Gianfranco Regnicoli di Malteria Italiana Artigianale snocciola i numeri dell’impresa. “La Malteria Italiana Artigianale combina la germinazione e l’essiccamento in un recipiente unico: il tamburo di germinazione/essiccamento. Una innovazione che consente di razionalizzare i costi di impianto con un processo completamente automatizzato e tracciato, pertanto agevola la tutela della qualità e la sicurezza del prodotto, garantendo la rintracciabilità”, spiega ancora Regnicoli.

Il progetto nasce dalla terra: oltre mille ettari di proprietà, infatti, sono coltivati a seminativo con cura e attenzione per fare crescere le migliori materie prime.

L’obiettivo era creare una filiera non solo a chilometro zero, ma a metro zero”, dice Regnicoli. Grazie alla partnership della Malteria Italiana Artigianale con Mastri Birrai Umbri si realizza la filiera della birra più corta di Europa.

Il malto è prodotto da orzo di campi che circondano gli impianti, fino a massimo 25 km di distanza. Oggi la materia prima per le produzioni di Mastri Birrai Umbri è costituita per oltre il 95 % da malto umbro della filiera prodotto dalla Malteria Italiana Artigianale.

Aggiunge Regnicoli:

per noi è centrale l’attenzione alla promozione del Made in Italy. In quest’ottica siamo impegnati nella ricerca di cereali da genetica Italiana (Progetti UHT, Malti d’autore, BeerNova) per il recupero di varietà antiche di orzo umbro o del centro Italia e alla loro valorizzazione come cereale da maltare per produzione di birra.

La Malteria Italiana Artigianale consente di maltare orzi di piccole aziende, un plus fortemente apprezzato dai birrifici agricoli. Da una parte, la Malteria Italiana Artigianale crea valore aggiunto alla coltivazione e alla birra in cui tale malto è ingrediente, poiché ne garantisce univocamente la provenienza (garanzia di rintracciabilità). Dall’altra, la maltazione per conto terzi mira a dare una risposta alla richiesta di maggiore tipicità e località della materia prima per differenziazione delle birre e valorizzazione del territorio. “Abbiamo dimostrato che è possibile ottenere un malto italiano di qualità con il quale produrre ottime birre. Lo dimostra anche la Medaglia d’argento per il Malto Pils ottenuta al concorso internazionale Malt Cup 2021”, conclude Regnicoli.

Paola Fioroni, vicepresidente dell’assemblea legislativa della Regione Umbria, ha dichiarato che “momenti come questi sono una ricchezza per l’Umbria e la Regione vuole supportarli. Il comparto brassicolo finora è stato sottovalutato. Viceversa, la fioritura di produttori agricoli nella nostra regione è un motivo di vanto e merita di essere sostenuto dalla Regione. È importante puntare sulla territorialità e sul prodotto umbro: anche per questo stiamo lavorando a una legge di tutela del prodotto brassicolo”.

Come ricorda Federico Pallottino rappresentante del CREA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, “quest’anno la siccità ha tagliato del 20% il raccolto di orzo per la produzione del malto da birra sui trentamila ettari coltivati a livello nazionale. Il primo semestre 2022 si configura come l’anno più caldo di sempre con +0,76°C rispetto alla media storica: lungo la penisola le precipitazioni si sono praticamente dimezzate (-45%). La conseguenza è stata una perdita dell’89% dell’acqua piovana annua, pari a circa 270 miliardi di metri cubi. Il caldo anomalo, alternato ad eventi estremi come grandinate e bufere di vento e pioggia, provoca una riduzione delle rese che possono raggiungere i 55 quintali per ettaro”.

A questo quadro si aggiunga che i cambiamenti climatici e il conflitto in Ucraina hanno provocato un aumento dei costi energetici e delle materie con il risultato che i costi produttivi della birra sono aumentati del 30%. Secondo Pallottino, “non c’è più uno schema preciso di emergenza delle malattie e ci si aspettano cambiamenti sempre maggiori e differenti in termini di forza, capacità e tempistiche di proliferazione. Servono screening più estesi nel tempo e nello spazio. Da qui la necessità di un uso sempre più importante delle tecnologie: per esempio, l’uso di droni low-cost per l’analisi fenolica varietale di parcelle di grano duro e grano tenero e perimetro di orzo e per la stima dell’allettamento, ovvero il ripiegamento fino a terra di piante erbacee, per l’azione del vento o della pioggia”. Tra i vantaggi dell’uso dell’optoelettronica, secondo il Crea, ci sono l’aumento delle superfici analizzate, la riduzione dei tempi di screening tradizionalmente impiegati in laboratorio, la riduzione dei costi di analisi per campione/unità di superficie e la riduzione del lavoro umano.

Stefano Ravaglia, della Società Italiana Sementi, dopo aver sottolineato l’impegno della Sis, in collaborazione con Bonifiche Ferraresi, nel miglioramento genetico delle colture, ricorda che “per la realizzazione di una nuova varietà serve un tempo molto lungo: circa 14 anni. Sei anni per l’incrocio e la stabilizzazione dei caratteri, 4 per la valutazione delle performance qualitative e produttive, 2 anni per realizzare il dossier per l’iscrizione all’Ense, 2 anni per la messa a punto di tecniche agronomiche per ottimizzare i risultati”.

La Sis, attenta alla qualità tecnologica dell’orzo per la produzione della birra e alla studio dell’orzo distico, quello più adatto produzione della birra, è stata protagonista del progetto Uht (Umbria Hordeum Typi) per la reintroduzione di varietà di orzo antiche da birra. Tra gli obiettivi: conoscere lo status di coltivazione dell’orzo in Regione e le capacità di adattamento delle diverse varietà presenti ai microclimi regionali.

Con riguardo alla biodiversità degli orzi italiani, Ravaglia dice : “il presupposto è la sostenibilità economica, servono attività condivise con scambio di informazioni. Abbiamo tanto da capire, nel frattempo abbassiamo i costi della ricerca con le tecnologie”.

Antonio Catelani, di Adriatica spa (che produce e commercializza fertilizzanti in tutto il mondo) a proposito dei cambiamenti climatici osserva: “Ormai si va verso un’agricoltura sempre più ingegnerizzata. Una volta le siccità segnavano il tempo ora sono cose che diventano quotidiane. Oggi ci vuole pertanto un’agricoltura condotta per ammortizzare questi stress abiotici”.

Continua Catelani: “La filiera della birra è la prima filiera industriale in italia. Caratterizzata da una continua ricerca di equilibrio della materia prima, sulla base della collaborazione tra agricoltore, maltatore e birraio. A dispetto di questa grande capacità di innovazione, la filiera della birra è stata sempre discriminata. Le sue domande non hanno mia avuto risposta. Basti pensare che la birra è un prodotto alcolico gravato per il 30% del costo dalle accise. Sul seme dell’orzo da birra insiste il 10% di iva.

I fondi vanno solo alla filiera del grano duro. Insomma, la filiera della birra è avanzata ma discriminata, forse perché si pensa che è un prodotto industriale. Adesso, dopo 30 anni di battaglie, serve un sostegno agli agricoltori”. Catelani sottolinea un altro elemento chiave della filiera: “la particolarità dell’industria birraria è che i birrai condividono la ricerca. Vogliono solo un determinato malto e questo ha regolato tutto ciò che c’è a valle: per 7-8 milioni di tonnellate di orzo da birra ci sono 15 varietà al massimo. Viceversa, nel mondo della pasta, per un milione 200mila tonnellate di grano esistono 150 varietà perché i pastai non sanno fare sintesi e non governano la filiera. Ecco perché gli agricoltori dell’orzo non devono essere figli di un dio minore”.

Mauro Pellegrini, presidente Unione degustatori birre, presentando la prima parte dei lavori, ricorda che “investire su orzo e malto italiano deve diventare la strada maestra per il movimento della birra artigianale italiana. In particolare, i birrifici artigianali dovrebbero lavorare su tre linee di sviluppo. Investire sul prodotto italiano, consapevoli che ne possono derivare birre di grande qualità e piacevolissime da bere. Fare squadra tutti insieme (e con i produttori agricoli e le malterie esistenti sul territorio) per rafforzare l’impatto della filiera artigianale italiana e il movimento brassicolo nazionale. Imparare a concepirsi come aziende a tutto tondo, capaci non soltanto di realizzare ottime birre, ma anche di fare marketing e comunicazione di qualità, raccontando le caratteristiche del territorio di riferimento, proprio come sta facendo ormai da un decennio Mastri Birrai Umbri”.

Fabio Scappaticci della Malteria Saplo (dove l’orzo viene trasformato in malto per la produrre la birra Peroni), racconta: “Gestiamo dei campi sperimentali con varietà già approvate ma la malteria le deve valutare. Copriamo la fascia centrale dal Tirreno all’Adriatico: si tratta di areali con condizioni pedoclimatiche molto diverse, ecc. L’Umbria rappresenta il 20% di tutta la produzione dell’orzo da birra”.

E continua: “l’orzo italiano è molto sano. Saplo sceglie tutto dall’inizio alla fine, dalla scelta varietale alla semina alle coltivazioni. Tra agronomo-maltatore-birraio deve esserci un dialogo necessario in vista del prodotto finale. Nel team di Saplo abbiamo 3 agronomi su 6. Noi maltatori siamo ancora molto pochi in Italia ma il maltatore è il pivot della filiera”.

Ombretta Marconi, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari ed Ambientali Università di Perugia e ricercatrice del CERB, (Centro di ricerca per l’eccellenza della birra) di Perugia ha raccontato il progetto Malti d’autore orientato all’utilizzo di ozi antichi umbri ispirato a principi di base come dil legame con il territorio, la sostenibilità e la qualità. Il progetto ha ottimizzato il processi di produzione della birra da malti ottenuti da orzi antichi locali.

Michele Sensidoni, mastro birraio di Mastri Birrai Umbri, racconta:

Mastri Birrai nasce nel 2011 e, a partire dal 2015, abbiamo anche una malteria interna. Noi siamo un birrificio agricolo: una azienda integrata nella produzione e nella vendita diretta di birra agricola e nella produzione di malto come attività connessa. Per questi motivi siamo legati alla stagionalità della produzione agricola che richiede pianificazione e capacità di stoccaggio e che è legata alla variabilità della qualità media del raccolto. In presenza dei cambiamenti climatici siamo chiamati a salvaguardare il nostro territorio, la fertilità dei campi e le risorse idriche. Tutto il nostro lavoro è organizzato sulla base di processi sostenibili.

In 12 anni sono nate numerose aziende in Italia che producono non solo il loro orzo o il loro luppolo, ma che in alcuni casi trasformano l’orzo in malto, sviluppando vere e proprie filiere. Poter contare sul malto d’orzo a km0 ci offre una serie di vantaggi: produzione in base alla necessità, “freschezza” del malto, feedback immediato, tracciabilità e rintracciabilità, originalità del gusto, valore del brand e possibilità di story telling. Per me avere il maltatore come vicino di casa è un grandissimo pro”. E gli svantaggi? “Ovviamente il cambiamento e la risposta al mercato può essere più lento, così come l’adattamento e la sostituzione della ricetta”.

Carlo Schizzerotto, direttore del Consorzio Birra Italiana, avverte: “Birrifici artigianali a rischio con il crollo del 34% del raccolto 2022 dell’orzo per il malto rispetto all’ultimo anno prima della pandemia a causa di siccità ed eventi meteo estremi, mandando in crisi una delle filiere più importanti per la produzione Made in Italy, mentre esplodono i costi dell’energia aumentati del 180% a causa della guerra in Ucraina”. Secondo Schizzerotto, “negli ultimi 4 anni (2019-2022) c’è stata una diminuzione della coltivazione e della resa, passando da 36 mila ettari di orzo del 2019 ai 30mila ettari di quest’anno. In questo scenario, è necessario sostenere i produttori di birra artigianale italiana con la stabilizzazione del taglio delle accise per non mettere a rischio un’intera filiera di alta qualità del Made in Italy con effetti sulla produzione, i posti di lavoro e sui consumi. La filiera della birra artigianale italiana conta infatti 1085 attività produttive in tutto il territorio nazionale che, dal campo alla tavola, danno lavoro a circa 93.000 addetti, per una bevanda i cui consumi sono destinati quest’anno a superare il record storico di oltre 35 litri pro capite per un totale di 2 miliardi di litri generando un volume di fatturato che, considerando tutte le produzioni, vale 9,5 miliardi di euro“.

Conclude Schizzerotto:

Pensare sempre più pensare la birra con un sistema italiano. Le risorse ci sono: basti pensare che due grandi aziende che producono malto in Francia e in Germania lo fanno grazie all’acquisto di orzo dall’Italia. Serve valorizzare il prodotto italiano artigianale da filiera agricola italiana: creare birra usando solo materia prima italiana con un percorso virtuoso che può sostenere l’intera filiera.

Eventi come questi sono fondamentali per creare comunità”, ammette Hannah Turner, rappresentante dell’Amba, l’American Malting Barley Association, l’associazione che offre sostegno alla filiera produttiva e alla qualità della birra negli Stati Uniti. Secondo Turner,

l’impatto economico della filiera in America è pari a 685 milioni di dollari, il 60% dell’orzo coltivato usato per la birrificazione è una percentuale molto importante. Sono molti i programmi di ricerca per la birrificazione dell’orzo e sempre più numerosi i birrai che cercano di attingere all’orzo locale”. Quest’anno la siccità ha colpito anche gli Usa, dunque, dice Turner, “ci stiamo concentrando sulla sostenibilità e sulle varietà capaci di resistere alle condizioni più difficili nella logica della sostenibilità e della resilienza”. In generale, nel 21° secolo la crescita della birra artigianale ha creato nuovo interesse nel malto.

I produttori chiedono info sulle materie prime e riprendono le tecniche di produzione artigianale di una volta. La mia associazione nasce da questo movimento. Ci sono 8 malterie che producono malto secondo la tradizione e sono venute in Europa per imparare e riscoprire i segreti della tradizione. L’Amba cerca di aumentare conoscenza, qualità e innovazione e definisce la categoria di maltatore professionale. Le piccole malterie rispondo a questi parametri: la produzione è inferiore alle dieci tonnellate di orzo, il 50% dei cereali proviene da un raggio di massino 804 km e la fabbrica deve essere indipendente”. L’obiettivo di Hannah Turner? “Vorrei creare una maggiore congiunzione tra maltatori e birrai. Il malto artigianale cresce e arriva alla birrificazione artigianale, ma siamo ancora indietro di 15 anni rispetto all’altra filiera industriale. Intanto, i membri dell’associazione aumentano: sono 67 nell’America del Nord, con 35 malterie funzionanti. Siamo alla ricerca di un connubio tra esigenze della maltazione della birrificazione e vogliamo creare un senso di comunità tra maltatori e birrai.

Interessante la testimonianza di Luca Tassinati del birrificio artigianale Liquida: “Siamo partiti due anni fa e abbiamo variato i fornitori per offrire una varietà di prodotti. Facciamo soprattutto birre luppolate e ci appoggiamo a Weyermann, Mastri Birrai Umbri e MrMalt. Per noi importante che la materia prima si fresca, buon profumo, buon aroma e che sia costante senza dover riaggiustare i metodi produttivi durante l’anno. Non abbiamo creato una linea di birre standard e così possiamo sperimentare nuovi prodotti: potrebbe essere uno svantaggio ma anche un vantaggio. Puntiamo a prodotti di qualità elevata ma differenziati. Vogliamo spaziare da una materia prima all’altra senza esser legati a una linea base. Stiamo passando dal malto al malto italiano: abbiamo fatto un test e piano piano anche in blend riusciamo a ottenere risultati molto soddisfacenti anche più di prima”.

Manfredi Guglielmotti, consulente tecnico di MisterMalt (azienda che seleziona e distribuisce ingredienti e attrezzature ai produttori di birra artigianale), analizza il 2022: “Il raccolto è nella media: alcune zone di Francia e Germania ha offerto rese inferiori e contenuto di proteine basso, altre zone invece molto bene (UK, nord Europa, Canada), con rese sopra la media. Da registrare gli aumenti di prezzo dovuti principalmente ai costi dell’energia (in particolare in Germania e Belgio) e l’aumento dei costi dei prodotti chimici”. Quali saranno le nuove tendenze? Secondo Guglielmotti, soprattutto tre: la riscoperta delle varietà antiche, l’aumento della richiesta di prodotti Bio e la creazione di malti speciali da altri cereali. “Il confronto continuo tra i vari componenti della filiera – coltivatori, malatatori, birrai e distributori – è sempre più importante. I birrai chiedono soprattutto qualità del malto ((buone rese, profilo aromatico, e performance), mentre la costanza del prodotto resta una sfida per tutti gli operatori della filiera”, conclude Guglielmotti.

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Per la sesta edizione de “La Fiera dei Sapori”, dal 14 al 16 ottobre a Frascati, il gusto dei Castelli Romani dara mostra di sè sulla passeggiata panoramica con oltre 100 specialità tra fromaggi, salumi, primi e secondi piatti tipici, fritti, pizza, dolci, birre e buon vino.

Con la migliore selezione dei prodotti tipici del basso Lazio e la partecipazione esclusiva della regione Campania, la Fiera dei Sapori sarà caratterizzata da un intenso programma di laboratori – con particolare attenzione ai bambini per tramandare tradizioni di valore – e showcooking organizzati dall’Associazione Castelli Romani Food & Wine con i protagonisti della Cucina Castellana contemporanea. Leggiamo il programma!

Torna La fiera dei Sapori ad irradiare con la sua voglia di buono il corso panoramico della “bella dei Castelli Romani”. Da venerdì 14 a domenica 16 ottobre, saranno oltre 25 le realtà presenti sul Viale Vittorio Veneto, tra produttori, aziende vinicole, storiche e nuove insegne tutte pronte a mettere in mostra più di 100 tra i migliori prodotti enogastronomici e piatti dei Castelli Romani, del Lazio e non solo.

Tra le tante bontà laziali, special guest di questa sesta edizione sarà infatti la Campania, con un’area dedicata ad alcune tipicità del suo territorio meno note tra cui i Cicatielli di grano duro con passata di pomodori di colline irpine e poleggio di Sturno e lo straordinario Soffritto di maiale nero al Taurasi, con peperoni tondi all’aceto di Fiano.

Un appuntamento irrinuciabile, un fine settimana dedicato al gusto e alla scoperta che mette in primo piano la tradizione da tramandare, il territorio come risorsa da valorizzare e teatro perfetto delle sue eccellenze. Francesca Sbardella, Sindaco della città, sottolinea:

Anche quest’anno la Fiera dei Sapori farà tappa nella nostra città. L’evento, dedicato alla gastronomia, ai vini e ai cibi di produzione locale, e curato da Valica, ci farà vivere un weekend all’insegna della convivialità, dei sapori di casa nostra, della degustazione di prodotti tipici, dal cuore della terra al cuore del centro storico.

Sarà un’occasione di incontro per tutta la cittadinanza: ci saranno momenti di assaggio e conoscenza dei prodotti enogastronomici, guidati dai produttori del nostro territorio, che quotidianamente si impegnano per valorizzare le eccellenze e i cibi della tradizione, traghettando le loro conoscenze verso un futuro che vede come protagonista la qualità.

Specialità e laboratori: la ricetta di Fiera dei Sapori per conquistare ogni età

Ogni area di degustazione è dedicata ad una categoria di prodotti specifica tra: primi piatti, secondi piatti, sfizi, dolci, vini e birra. Ogni gusto sarà accontentato, ogni palato potrà conoscere ed assaporare una grande varietà di ricette, specialità e sapori autentici dalla Carbonara special, Cappellacci ripieni agli Strozzapreti ai funghi porcini. Tra i secondi l’immancabile Trippa alla romana e Polpette; per i più smart pizza, panini gourmet e sfizi fritti di ogni sorta. Spazio ai dolci con il tiramisù, la sbriciolata, le ciambelline al vino e i tradizionali Brutti ma Buoni. Tutto rigorosamente accompagnato da vini tipici, birre artigianali e cocktail come lo spritz castellano che ben si presta ad accompagnare il cibo da strada e le passeggiate di gusto tra i sapori della tradizione.

Gli ShowCooking dei “Castelli Romani Food&Wine”

Il lungo weekend de “La Fiera dei Sapori” è anche Cucina, approfondimento sul territorio, intrattenimento ed eventi dedicati a grandi e bambini, grazie alla collaborazione con l’Associazione Castelli Romani Food & Wine.

Largo spazio anche ai Grandi showcooking degli chef protagonisti del territorio che intrepretano la tradizione con piglio moderno e personale come Eleonora Masella de “la Credenza” di Marino; ca Piacente di “Osteria San Rocco Piacente” a quattro mani con Vitaliano Bernabei de “il Norcino Bernabei dal 1912”; Jacopo Ricci di “DLR – Dopolavoro ricreativo”, Claudio Carfagna de “La Galleria di Sopra”, Alain Rosica di “Belbevdere dal 1933” e Paolo Cacciani del “Ristorante Cacciani”.

Laboratori, Quiz e Attività

Per i bambini ci saranno i laboratori di artigianato e riciclo, ma anche la possibilità di mettere le “mani in pasta” e realizzare insieme dolci e biscotti. Gli adulti potranno invece partecipare ai laboratori botanici-culturali e ai tour esperienziali nell’enogastronomia dei Castelli Romani.

Ampio spazio anche al divertimento con il quiz indoVINO, un gioco a premi con Degustazione e Quiz sui Vini a cura dell’Associazione Castelli Romani Food&Wine che si svolgerà Domenica 16 Ottobre alle 17,00. E poi “il Bosco nel Piatto” venerdì 14 alle 20: un incontro/laboratorio di conoscenza botanico-culinaria delle erbe spontanee e fiori eduli, risorsa alimentare antica da riscoprire per portare a tavola sapori inaspettati e importanti virtù nutrizionali; il laboratorio di artigianato e riciclo creativo – Sabato 15 Ottobre e domenica 16 Ottobre dalle 13.00 alle 15.00; le degustazioni sulle birre artigianali e sulle grappe; la Masterclass sui Vini a cura de Le Donne del Vino Sabato 15 Ottobre dalle 17,00 alle 18,00. Tutto il nutrito programma al Link.

Fiera dei sapori ha l’ambizione di promuovere e far conoscere i piatti e i prodotti del territorio a turisti e appassionati di enogastronomia. L’evento nasce a Frascati in collaborazione con aziende e ristoratori locali. Questa edizione avrà ospiti dalla regione Campania oltre a importanti aziende dei Castelli Romani e del Lazio. Lo spirito dell’evento è crescere aggregando sempre più territori e diventare espressione dei sapori d’Italia.

Luca Cotichini, marketing manager Valica, organizzatore dell’evento

Come funziona Fiera dei Sapori e come partecipare

L’evento che si svolge lungo “La Passeggiata di Frascati” è aperto a tutti ed è possibile acquistare, come ogni anno, dei carnet di gettoni (ogni gettone vale €1) per consentire le varie degustazioni. I gettoni possono essere acquistati online sul sito della manifestazione o direttamente in loco.

Fiera dei Sapori vi aspetta a Frascati (RM) in Viale Vittorio Veneto, nelle giornate di venerdì 14 ottobre dalle 18 alle 23, sabato 15 Ottobre dalle 12 alle 23 e domenica 16 Ottobre dalle 12 alle 22.

Per maggiori informazioni consultate il sito ufficiale , inviate una email a info@fieradeisapori.it o telefonate allo 06 – 9499884

L’evento, in collaborazione con Magnolia Eventi e il patrocinio del Comune di Frascati, è organizzato da Valica, prima tourism marketing company in Italia con all’attivo numerose manifestazioni su tutto il territorio nazionale, come ad esempio Borgo diVino in Tour.

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E’ successo qualche sera fa a Barcellona, in occasione della cerimonia di premiazione dei World’s 50 Best Bars. Il Drink Kong di Patrick Pistolesi ha scalato la classifica afferrando la posizione numero 16 e confermandosi come il bar italiano più sofisticato e premiato su scala globale. Oltre alla più alta posizione assegnata all’Italia nell’edizione 2022, tanti gli italiani del buon bere del mondo. Scopriamo insieme quali sono i nostri fiori all’occhiello!

Un bar affollato da romani e visitatori internazionali che sanno di trovare da Drink Kong alcuni dei cocktail più visionari della città. È Patrick Pistolesi l’uomo che ha dato forma a questa visione così particolare, e il suo nuovo menu «Perimetro», lanciato nel 2022, fa un ulteriore passo avanti verso nuovi territori. Segue l’acclamato menu «New Humans» (…)

Scrive così la World’s 50 Best Bars del Drink Kong di Roma.

Lei è la classifica che celebra il top della mixology internazionale. Loro sono Patrick Pistolesi e il suo golden team: Massimo Palmieri, Richard Ercolani, Claudia Gianvenuti, Ilaria Valeri e uno staff di fuoriclasse composto da Livio Morena, Davide Diaferia, Alessio Zaccardo, Federico Usai e Andrea Pace.

E’ accaduto qualche sera fa a Barcellona: il locale romano di Patrick Pistolesi – che a soli quattro anni dall’apertura ha già fatto incetta di riconoscimenti nazionali e internazionali – non solo è rimasto saldo nella top 20 del prestigioso award, ma ha salito 3 gradini rispetto al 2021 accomodandonsi alla posizione numero 16 la quale, oltre ad essere la più alta assegnata all’Italia in questa edizione, vede tanti i bravissimi italiani al bancone del buon bere del mondo.

Basta scorrere la cronistoria dei suoi successi al World’s 50 Best Bars, un award che ha acceso i riflettori sull’«Instinct Bar» capitolino sin dalla sua inaugurazione nel 2018 e ne ha riconosciuto da subito l’eccellenza nel settore hospitality & beverage: a pochi mesi dall’apertura Drink Kong era infatti già all’82° posto della classifica 2019 dei migliori 100 bar del mondo, aggiudicandosi anche il «Campari One to Watch Award»; nel 2020 ha scalato ben 37 posizioni ed è entrato nei 50 Best Bars attestandosi al 45° posto; nel 2021 è salito addirittura di altre 26 posizioni e raggiunto il 19° posto. Infine quest’anno ha continuato la sua ascesa fino alla posizione numero 16.

Drink Kong (del quale abbiamo raccontato recentemente qui) è un «Instinct Bar». La carta dei drinks serviti indica solo il distillato di partenza, ma non gli altri ingredienti. Ne viene invece descritta una suggestione proprio per consentire all’ospite di affidarsi al proprio istinto nella scelta del drink e all’immaginazione di ciò che andrà a bere, senza essere influenzato da ricette già conosciute.

Ma il riferimento del buon bere mondiale nella classifica dei The World’s 50 Best Bars parla italiano già dalle prime battute. Il migliore bar del mondo per il 2022 è infatti il Paradiso di Barcellona, guidato dall’italiano Giacomo Giannotti; Tayēr + Elementary di Londra, in seconda posizione; e con Sips, sempre a Barcellona, un’altra medaglia di bronzo va ad un italiano: Simone Caporale. Al 16° c’è Roma con il Drink Kong  di Patrick Pistolesi ( +tre posizioni rispetto al 2021), seguono il 1930 Cocktail Bar di Milano, Locale a Firenze e L’Antiquario di Napoli.

Dietro questo successo c’è un grande lavoro di squadra e di concetto guidato da Pistolesi, come si legge nelle motivazioni dei World’s 50 Best Bars, ha dichiarato Patrick Pistolesi ieri a Barcellona ricevendo il riconoscimento.

«Situato in una piazza verdeggiante a poca distanza dal centro di Roma, Drink Kong probabilmente non è il bar che ti aspetteresti di trovare. Attingendo al futurismo degli anni ’70, a King Kong e ad influenze giapponesi, si amalgama un concept che prende vita in uno spazio avvolto nel nero delle decorazioni da nightclub, illuminato da nient’altro che neon.

Un bar affollato da romani e visitatori internazionali che sanno di trovare da Drink Kong alcuni dei cocktail più visionari della città. È Patrick Pistolesi l’uomo che ha dato forma a questa visione così particolare, e il suo nuovo menu «Perimetro», lanciato nel 2022, fa un ulteriore passo avanti verso nuovi territori. Segue l’acclamato menu «New Humans», con cui ha guidato audacemente l’ospite nel profilo del gusto attraverso colori, aggettivi e stile svelando ben poco delle sue parti costitutive, oltre all’ingrediente principale dei cocktail. Prendi gli echi di banana o mele. Metti tutto insieme – l’arredamento, l’atmosfera e i drink – e non c’è nessun posto nel mondo dei bar come Drink Kong».

Pubblicata per la prima volta nel 2009 The World’s 50 Best Bars fornisce una classifica annuale dei bar votati da 650 esperti di bevande di tutto il mondo. L’elenco rappresenta la guida internazionale definitiva ai migliori bar e destinazioni per bere nel mondo.

The World’s 50 Best Bars 2022 – la classifica

  1. Paradiso, Barcellona
  2. Tayēr + Elementary, Londra
  3. Sips, Barcellona
  4. Licorería Limantour, Città del Messico
  5. Little Red Door, Parigi
  6. Double Chicken Please, New York
  7. Two Schmucks, Barcellona
  8. Connaught Bar, Londra
  9. Katana Kitten, New York
  10. Alquimico, Cartagena
  11. Handshake Speakeasy, Città del Messico
  12. Jigger & Pony, Singapore
  13. Hanky Panky, Città del Messico
  14. BKK Social Club, Bangkok
  15. Salmon Guru, Madrid
  16. Drink Kong, Roma
  17. Coa, Hong Kong
  18. Floreria Atlantico, Buenos Aires
  19. The Clumsies, Atene
  20. Baba au Rum, Atene
  21. Cafe la Trova, Miami
  22. Attaboy, New York
  23. Satan’s Whiskers, Londra
  24. Tropic City, Bangkok
  25. Kumiko, Chicago
  26. Sidecar, Nuova Delhi
  27. Tres Monos, Buenos Aires
  28. Argo, Hong Kong
  29. Maybe Sammy, Sydney
  30. Swift, Londra
  31. Line, Atene
  32. Baltra Bar, Città del Messico
  33. Manhattan, Singapore
  34. Overstory, New York
  35. 1930, Milano
  36. Dante, New York
  37. A Bar with Shapes for a Name, Londra
  38. Zuma, Dubai
  39. Locale Firenze, Firenze
  40. Red Frog, Lisbona
  41. Cantina OK!, Sydney
  42. CoChinChina, Buenos Aires
  43. Himkok, Oslo
  44. Carnaval, Lima
  45. Galaxy Bar, Dubai
  46. L’Antiquario, Napoli
  47. Employees Only, New York
  48. Bar Benfiddich, Tokyo
  49. Lucy’s Flower Shop, Stoccolma
  50. Bulgari Bar, Dubai

DRINK KONG: una proiezione temporale in un futuro indefinito

Fondato nel 2018 da Patrick Pistolesi, tra i barman che più hanno contribuito a rivoluzionare l’universo della mixology negli ultimi vent’anni in Italia, Drink Kong è subito balzato agli onori della critica internazionale: nel 2019 Drink Kong è già nella classifica dei migliori 100 bar del mondo, all’82° posto, e si aggiudica il Campari One to Watch Award; nel 2020 scala ben 37 posizioni ed entra nell’Olimpo dei 50 Best Bars attestandosi al 45° posto; nel 2021 sale di altre 26 posizioni e raggiunge il 19° posto proiettando Roma in cima all’elenco dei locali italiani premiati. Infine oggi occupa la posizione numero 16 della classifica mondiale.

L’atmosfera del locale rimanda ai vicoli fumosi di una metropoli orientale, fatta di neon improvvisi miscelati al rigore dell’essenziale: oltre 300mq di labirintici spazi che attraversano stilisticamente questo concetto, ruotando attorno al bar e alla sua imponente bottigliera al centro dell’occhio del ciclone. Ci sono elementi che arrivano da un retrofuturo in stile «Blade Runner», fatto di atmosfere dark, luci neon e poltrone in velluto: epoche diverse che si sovrappongono e si mischiano creando uno scenario unico. C’è l’Oriente, che tiene insieme l’estetica minimal e rigorosa del Giappone e quella più calda e caotica della New York degli Anni 80 fino alla Londra dei giorni nostri, con la loro ineguagliabile carica di innovazione e di qualità dell’ospitalità.

Drink Kong

  • Piazza San Martino ai Monti 8 – Roma
  • www.drinkkong.com
  • Orari: tutti i giorni dalle 18.30 alle 2.00
  • Contatti: info@drinkkong.com – 06.23488666
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E’ accaduto tutto nei primi mesi di sole del 2022. Lo stabilimento balneare Albos Club, meta di habitué di Fregene e assidui di buone tavole, è stato completamente rinnovato nello spirito, rimodulato negli spazi e ripensato nel sapore. Con un concept solido e dinamico, di mare e brace, ben orchestrato da Fabrizio Lancia e Andrea Dolciotti, l’Albos Club si prepara a vivere le sue nuove quattro stagioni.

Ci vogliono capacità, coraggio, idee chiare, un pizzico di pazzia (indispensabile per questo mestiere) e tanta prospettiva. Dopo l’abbrivio, vento a favore e quotidiana costanza orientata al meglio: ingredienti essenziali di ogni impresa che voglia affermarsi. Qual è l’obiettivo della nuova proprietà che ha rilvato il famoso lido di Fregene? Rendere l’Albos Club la meta quattrostagioni di riferimento del litorale romano allinenando 3 concetti: uno stabilimento balneare con cabine e piscina; l’intraprendenza di un polo sportivo in grado offrire attività anche durante la stagione invernale; una ristorazione trasversale, divertente, di qualità, mare e brace.

Così l’Albos Club, come un gladiatorie reziario (che combatteva nell’arena romana equipaggiato come un pescatore) utilizza una rete di interessi per avvolgere l’ospite e richiamarlo in una dimensione energica e dinamica, un tridente (la fuscina) per portare in cucina il meglio di questo generoso tratto di costa e un pugnale (il pugio) per sfilettare, carpacciare, “tartarizzare” le bontà del pescato più local che questo mare porta.

La Cucina di Acqua e di Fuoco di Andrea Dolciotti

Abbiamo tutti bisogno di un pranzo vista mare, anche tutto l’anno. Di quelli così vicini alla sabbia da poterne sentire il calore e lo sguardo rivolto all’infinito blu per non smettere di sognare ad occhi aperti. Un bicchiere in mano per sorseggiare effervescenze di felicità e l’altra con una posata, per avvicinare la gioia al palato.

Perchè, ad ogni latitudine, la cucina è il regno dei sensi. Meglio ancora se per equalizzare le frequenze di mente e corpo non ci si affida al potere incantatore di magici miscugli o pozioni, ma alla schiettezza di una cucina che parla bene e diretta. E questo è il caso di Andrea Dolciotti, chef che ho avuto il piacere di ritrovare in questo luminoso lido e che ha dato alla cucina di questa terra di mare di mezzo un’impronta di acqua e di fuoco.

Si perchè nel rinnovato Albos Club di Fregene tutto, o molto, ruota attorno al concetto di brace. Una brace evoluta, che si avvale del forno Pira, combinazione di barbecue e forno a carbone, perfetto per sperimentare cotture e servire il pescato locale con quel twist di affumicato che conquista e non stanca mai.

Fronte mare. Affaccio aperto sullo stabilimento e il suo arenile. Crudi, tartare e carpacci, primi piatti di mare, tradizione marinara e creatività, pesce alla brace e variazioni sul tema. La regola per tutti piatti proposti? Materia prima in purezza, cotture ancestrali, esaltazione delle consistenze della varietà della carni marine locali, scelte personalmente ogni giorno.

Oltre la carta, alla location e alla leggiadria dell’atmosfera, anche il piacere di affidarsi allo chef non è da meno, così come quello di apprezzare nuove qualità di un pescato di margine reso protagonista da idee e tecniche.

E’ il caso del Cefalo labbrone (chelon labrosus) conosciuto anche come Cerino, e riconoscibile per il labbro superiore molto grande e la taglia mediamente inferiore rispetto agli altri esemplari. Noto per la bontà delle sue carni, Dolciotti, anche con spirito didattico, lo lavora crudo, servito in carpaccio, assieme a fiocchi di prosciutto, fichi freschi e perle di aceto balsamico.

Si prosegue con un Bao al vapore con tartare di Cerino, mentre si fa largo il Pastrami di Salmone, alga Wakame e uno strepitoso Gelato alla senape che da uno slancio goloso al piatto e conferma, ancora una volta, la spiccata abilità di Dolciotti nell’arte di condensare i sapori nel freddo.

Notevole il Tonnetto alla brace con Scarola. A spezzare i toni, come un tè, arriva la Bouillabaisse in tazza, con mela annurca cotta al forno e trigliette da inzuppare. Dalla Provenza a Fregene questa zuppetta, oltre il divertissement, è gobile, saporita, comfortevole, ludica.

Rispettare quello che offre il mare, senza tentare scorciatorie o scekte d’allevamento. No agli orpelli tecnichi, a ciò che copre invece di esaltare. Ciò che è importante è la materia prima. Ora, per esempiuo, in carta abbiamo il tombarello, un tonnetto locale molto ematico, ma molto buono. Basta saperlo lavorare. Infatti ci sta portanto grande soffisfazione.

Executive Chef Andrea Dolciotti

Poi i mari incontrano la terra e il cortile nel nido di Tagliatelle di patate mantecate al burro, colatura d’acciughe fatta in casa, brodo di pollo e Canocchia. Ottimo. Un piatto di gran gusto che rilegge la grammatica associata al “pomo di terra”, più spesso contorno di pollo o pesce al forno. Qui invece sono protagoniste: lavorate in un nido di pasta diventano croccante consistenza da masticare. Il loro calore amplifica le golose note di burro che scivola nello specchio di brodo. Avvolgente e in equilibrio tra la sapidità della colatura d’alici e la morbida dolcezza del brodo di pollo. dal quale si staglia la freschezza delle carni bianche, sfumatamente dolci, della cicala di mare.

Anche Tartare di Calamaro, tentacolo alla bace e Finger Lime richiede la sua attenzione e mette sul piatto la varietà delle consistenze del calamaro, arricchite dalla fresca acidità aromatica del lime in “microperlage”. Arriva poi il pesce, cotto nella sua semplicità e nella schiettezza. Come da copione.

Chiudono i dolci. Tra gli ultimi in carta Crema caffè crumble e sorbetto alla carota.

C’è molto oltre il calamaro fritto, si può fare tartare, griglia, abbiamo la fiamma, usiamo la fiamma. E le erbe spontanee del nostro litorale, senza per forza cercare il tè matcha o il Garam masala. Abbiamo il rosmarino? Mettiamo il romasrino!

Executive Chef Andrea Dolciotti

Il ristorante dell’Albos Club, che associa piatti più ricercati ad un menu più tradizionale, rimarrà aperto per proporre un menu incentrato su una maggiore elaborazione della materia prima e con una tipologia di offerta, più sofisticata e adeguata alle stagioni meno calde.

A questo si aggiungerà anche lo spazio ristorante al primo piano – la bellissima palafitta sul mare eriditiera di 15 anni di raffinate atmosfere di cucina firmate da Rosario Malapena e quelle briose di Cristina Sebastiani – ripensato negli spazi e nell’estetica, per essere una perfetta location per eventi privati e cucina di mare evoluta, grazie alla sua luminosa posizione dirimpettaia del grande amico blu.

La struttura

Lo stabilimento è stato completamente ristrutturato per migliorarne efficienza ed estetica. Nuove cabine per gli abbonati e gli avventori giornalieri, uno spazio spiaggia totalmente rivisto, così come i punti ristoro che diventano quattro differenti: il bar tavola calda, il chiosco vista mare, il cocktail bar e il ristorante sea front. Anche l’area piscina è stata rinnovata così come il ristorante posto al primo piano della struttura che oggi, con la sua splendida terrazza vista mare, è luogo ideale per eventi privati e cerimonie. Gli spazi sportivi, da sempre ampi e curati all’interno del club, si sono moltiplicati e oltre ai campi da Beach Volley si possono trovare anche quelli di Beach Tennis, Beach Soccer e di Tqball sulla sabbia.

L’offerta è ampia e abbraccia spazi diversi, ognuno con una propria connotazione. Si va dal bar – tavola calda dove, durante la bella stagione, poter gustare colazioni, gelati, pokè e piatti del giorno caldi e freddi proposti dalla cucina; al chiosco vista mare per caffetteria, gastronomia e beverage durante tutta la giornata e il bancone per il servizio cocktail bar curato da Matteo Moiani, giovane talento della mixology romana.

Albos Club – Fregene

Lungomare di Levante, 52 | 00054 Fregene (RM)

Martedì venerdì
12.30-15.00
Sabato domenica
12.30 -16.00

Tel 06 6656 0539 / Sito

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Materia prima di ricerca, attenzione al dettaglio, sorriso e piacere dell’accoglienza rendono Gualdo Catteneo la meta perfetta per la riscoperta di un piccolo borgo italiano e per gli affamati di territori di qualità. Sospeso nel tempo sulle pendici dei Monti Martani, è piccolo scrigno di bellezza, storia e cultura. Hosteria il Grottino, è il suo gioiello.

Siamo nelle Terre dei filari del Sagrantino, e in quelle degli uliveti di Frantoio, Moraiolo e Leccino; tra boschi di funghi e tartufi, di carni e selvaggina; siamo sulle strade della tradizione norcina, della torta al testo, degli stringozzi e dei legumi. Tra queste colline di sapori, un borgo medievale signoreggia. È quello di Gualdo Cattaneo, tra la valli umbre e tiberine. Quella che subito si scorge, è la rocca quattrocentesca, chiamata “Dei Borgia”.

Da sempre contesa tra Foligno e Spoleto per la sua posizione strategica e così ricca di vestigia del passato, è del suo generoso presente che ci piace raccontare. Perchè questa è una bella storia innestata sulla voglia di dare nuovo futuro ai borghi italiani e su quella di rigenerare tasselli del territorio nazionale.

Questo concetto da vivere fatto di Ospitalità e Ristorazione è opera degli imprenditori romani Giorgiana Guidi e Raffaele Tomaino, che hanno recuperato un palazzetto in pieno centro storico e lo hanno rivitalizzato con stanze, salotti, spazi per la lettura, profumi di brace e cucina, ricerca, sapori umbri e gusto dell’accoglienza.

Il Grottino Hosteria e Residence è un palazzetto del gusto, meta ideale per chi voglia nutrirsi di una dimensione autentica, accogliente e di classe.

Mentre le stanze ai primi piani sono frutto della ristrutturazione dell’ex canonica della Chiesa del paese, con vista sulla piccola piazza e sul campanile; al pianostrada l’Hosteria introduce gli ospiti ai sapori intensi dell’Umbria proposti in chiave moderna.

LA BRACE

Nessuna flessione sulla qualità delle materie prime. Nessuna concessione alla banilità. Nel menu abbondano ricercati salumi e formaggi, tartufi e cacciagione, prodotti e carni di allevamenti locali. Ma la vera scoperta è nella selezioni delle carni che annoverano Agnello Suffolk alla scottadito, Fassona Piemontese, Bistecca di Tomahawk, una selezione di Jolanda de Colò di Manzetta Prussiana allevata tra Germaia e Polonia. Da provare le Costine marinate alla senape e miele, cotte a bassa temperatura nel vino e finite sulla griglia. La Manzetta si può scegliere anche in versione Tagliata, Cuberoll, Costata, Fiorentina; scenografici tagli da condividere anche di Vaca Starj – Manzetta invecchiata – per chi non fosse ancor sazio di sapori e marezzature. Tutto magistralmente alla brace con cotture specificate e (finalmente) rispettate.

Bracerista d’esperienza, Damiano Morici si destreggia tra tempi e modalità di cottura perfetti, in grado di esaltare al meglio la qualità della materia prima scelta e proposta. La frollatura arriva anche ai 60/70 giorni, in modo da renderla il più tenera possibile.

IL MENU

Panorami belli da mozzare il fiato, natura incontaminata, prodotti della terra a Km Zero, architetture storiche, cultura, tradizioni: questo è ciò che un borgo italiano può offrire. Un’esperienza di vita nel solco della qualità, lontana da ogni forma di stress cittadino.

Qui, il ristorante Il Grottino, offre agli avventori un’esperienza che fonde il piacere dell’ospitalità ad una cucina in grado di conquistare avventori e viaggiatori.

L’attenzione per l’accoglienza è sottolineata dal sorriso della responsabile Luisa Minrath, che guida la squadra di sala con freschezza e giovilità. In I piatti dello chef Marco Micucci, perugino doc e da sempre impegnato dietro ai fornelli, portano in tavola una cucina dinamica che si condensa nell’Uovo soffiato al tartufo, ovvero una doppia cottura che fissa la sofficità di una meringa salata e che protegge un cuore liquido di tuorlo da una pioggia di tartufo nero. Contemporaneo, divertente, diretto nel suo dialogo con il palato che gioca bene sull’acclamato binomio uovo-tartufo.

Micucci esprime la sua creatività in una proposta che coniuga la conoscenza della tradizione umbra a tavola alla voglia di novità. La carta si compone così di piatti dai sapori genuini che vanno dal Tagliere di salumi dell’azienda Torre Brado (in località Giano dell’Umbria e specializzata nell’allevamento di suini in stato semi-brado) al Tortino di patate con cremoso di parmigiano e tartufo nero di Norcia; tra i primi Maltagliati di farina di farro e canapa con ragù rosso di cinghiale; Strangozzi a mano con ragù bianco di Manzetta Prussiana Extra 30 mesi; Canestrelli ai funghi porcini, con crema di caprino, porro croccante e crumble di noci, che sottolineano la collaborazione con il pastificio La Spiga di Santa Maria degli Angeli e la voglia di costruire una rete tra produttori e attività del territorio.

Tra i secondi di cucina spicca il Maiale abbracciato sfumato al Sagrantino e guanciale croccante e un’inattesa citazione esterofila che sorprende: Cuore di baccalà portoghese, con panatura al panko, perle di mango e salsa yogurt. il pesce dell’azienda Jolanda De Colò, viene dissalato, asciugato, passato in uovo, farina e fiocchi di panko. Perle di mango per la dolcezza che contrastare la sapidità del baccalà e l’acidità della salsa yogurt per pulire il palato. Chiudono i dolci della casa: il Tiramisù del Grottino e lo Scrigno di pasta frolla, con pere e cannella su crema inglese calda.

IL PROGETTO

Raccontano Giorgiana e Raffaele:

Questo progetto è nato come una sfida. Arriviamo da Roma e abbiamo scoperto in Gualdo Cattaneo un luogo magico e bellissimo, dove però mancava un’attività in grado di accogliere e offrire una proposta gastronomica di livello.

Il nostro obiettivo è animare questo spettacolare borgo, rendendolo una meta dove trascorrere una piacevole serata per i visitatori locali e un luogo di cui innamorarsi per i turisti. Facciamo vivere ai nostri clienti un’esperienza di bellezza a 360 gradi, a partire dal soggiorno nelle nostre camere, passando per l’aperitivo, fino alla cena con proposte dalla cucina e dalla brace.

Vogliamo che la vita scorra tra i vicoli di questo paese che è un piccolo gioiello: per questo il venerdì e il sabato offriamo anche intrattenimento musicale, con spettacoli di musica jazz live, di cui l’Umbria è patria d’elezione. Gualdo Cattaneo è un borgo magnifico da vivere e lavoriamo con l’obiettivo di farlo conoscere: già nei primi periodi di attività, nonostante il contesto storico, le risposte sono state entusiaste.

Diversi ambienti accolgono gli ospiti. Al piano terra griglia a vista e all’esterno, sulla terrazza, sorge una struttura di cristallo luminosissimo che rende confortevole mangiare immersi nel cuore medioevale in tutte le stagioni del borgo. Nella stessa piazzetta, un secondo dehors permette inoltre di pasteggiare circondati dalle bellezze storico-naturalistiche del luogo e di godere di Concerti Jazz en plein air. Ai piani superiori il residence, composto da quattro camere (due matrimoniali, una tripla e una quadrupla su due livelli) che offrono la possibilità di soggiornare e vivere giornate rilassanti dove la macchina viene dimenticata e il relax è d’obbligo.

LA BOTTEGA

Poco distante dalla struttura e nel cuore del borgo, sorge anche La Bottega. Una sorta di dispensa a vista dove si possono acquistare tutti i prodotti adoperati nella cucina del ristorante, dalle eccellenze locali a quelle provenienti da fuori: immancabili le linee di Urbani Tartufi, le selezioni di olio extravergine di oliva Locci, le paste e le conserve Bertini’s, e ancora le amarene del Trentino, le marmellate e le composte Morelli, un’ampia selezione di vini umbri e non, su tutti il Sagrantino, ma anche di distillati, liquori e spiriti.

Il Grottino – Hosteria & Residence

Piazza Beato Ugolino, 5 – 06035 Gualdo Cattaneo (PG)
Tel. 0742 760228 – Cel. 344 2648124
Orari: martedì-giovedì 19:00-23.30; venerdì-domenica 12:00-15:00 e 19:00-23:30.
Lunedì chiuso

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La Fondazione Cotarella, motore propulsor e partner dell’evento “Orvieto, Città del Gusto, dell’Arte e del Lavoro”, ha creato un nuovo terreno per generare sinergie capaci di valorizzare t tanti contenuti dello “scrigno Umbria”, ma anche quello per affrontare temi delicati legati al mondo del cibo.

È per questa via che Orvieto si è colorata di lilla per accogliere il Convegno “Alimentarsi di vita: il rapporto con l’ambiente, con la natura e con il cibo”. Un coinvolto approfondimento sui disturbi dell’alimentazione che ha offerto diverse angolazioni di lettura e molteplici spunti di riflessione. Cerchiamo di capire insieme come lottare e a chi rivolgersi per vincere.

L’evento interdisciplinare “Orvieto, Città del Gusto, dell’Arte e del Lavoro”, che ha animato la bella città umbra dal 24 Settembre al 3 Ottobre, ha avuto il grande merito di favorire l’incontro e l’armonizzazione tra bellezze artistiche, enogastronomia, tematiche di attualità e mondo del lavoro.

Grazie all’impegno di Fondazione Cotarella – fortemente voluta Dominga, Marta ed Enrica Cotarella per rendere il mondo un luogo migliore anche attraverso la ri/conquista di un sano rapporto con cibo e natura – l’articolata manifestazione ha preso le mosse di un Rinascimento umbro e di una fedele, quanto concreta, volontà e affermazione della vita proattiva su quella contemplativa. Di passare quindi dalle parole ai fatti.

Tanti i temi affrontati, anche difficili, delicati, spigolosi, come quelli inerenti ai disturbi alimentari (Dca). Una patologia che accomuna non solo giovani donne ossessionate dallo specchio, ma ha cominciato ad essere una terra “abitata” da oltre tre milioni di persone impegnate a combattere la propria battaglia quotidiana con la tavola.

Disfunzioni complesse, sempre più diffuse, caratterizzate da un rapporto inquinato con il cibo e da un’eccessiva preoccupazione per il peso con relativa percezione alterata dell’immagine corporea che abbraccia, o meglio respinge, la solidità dell’autostima, colonna portante di ciascuno di noi.

Fondazione Cotarella nasce da un’esperienza che mi ha toccato da vicino in qualità di mamma. La malattia di un figlio è sempre un evento difficile da affrontare e per me è stato uno stimolo, una nuova energia che deriva dalla presa di coscienza di come si possano affrontare a viso aperto anche i momenti più complicati.

Fondazione è il mio modo per non dimenticare e aiutare chi deve affrontare una malattia come quella dei disturbi alimentari. 

Dominga Cotarella – Fondatrice e Consigliere di Amministrazione di Fondazione Cotarella

Orvieto, tutta decorata con fiocchetti color lilla, simbolo della lotta all’anoressia, alla bulimia, ai disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, ha ospitato nel Palazzo del Popolo il partecipato convegno che è “stato un viaggio a più voci, tra condivisioni e sfumature di vita che hanno regalato al pubblico presente molti spunti su cui riflettere” commenta Paolo Vizzari, narratore gastronomico che ha moderato gli stimati relatori sul palco, ognuno con un tema da approfondire e storie personali da raccontare.

A dare il via al convegno i saluti del Sindaco Roberta Tardani, orgoglioso di una città colorata di lilla e di dare attenzione ad un tema molto sentito.

Era importante e coerente inserire un workshop del genere in una manifestazione che parla di bellezza ed enogastronomia perché parliamo di qualità di vita di cui questo territorio si può fregiare.

Con Fondazione Cotarella vogliamo dare un messaggio importante ai giovani che devono trovare nei loro luoghi di vita uno degli strumenti per superare le difficoltà.

Il primo intervento “Paura del cibo, paura del mondo” ha visto la Dott.ssa Laura dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta – che ha fondato e dirige la rete per i disturbi del comportamento alimentare della USL 1 dell’Umbria – ha specificato come i disturbi alimentari siano una malattia dell’anima e un attacco al corpo perché si ha paura di vivere nel mondo.

In questo momento ci sono 3.000.000 di persone malate di disturbi alimentari e la pandemia ha aggravato la situazione con un 30% in più di nuovi casi, abbassato l’età alla fascia pre adolescenziale (10-14 anni), si sono manifestati esordi tardivi di chi non è più un ragazzino, e alzato la percentuale di soggetti maschili (+20%).

È fondamentale fare prevenzione, diagnosi precoci e curarsi. Dobbiamo continuare a sensibilizzare come abbiamo fatto oggi grazie a Fondazione Cotarella e l’Associazione Animenta.

Dott.ssa Laura Dalla Ragione

“La cura infinita” è stato invece il tema della Prof.ssa. Anna Ogliari -membro associato di psicologia clinica, responsabile del servizio di psicopatologia dello sviluppo presso il centro disturbi del comportamento alimentare dell’ Ospedale San Raffaele Turro – che ha ribadito il concetto dell’importanza della cura e quella di trovare delle strutture rispettose della patologia che includano un approccio empatico, di alleanza e alchimia tra l’equipe medica e paziente.

Margherita Viccardi, membro del Direttivo dell’Associazione “Mi Nutro di Vita”, ha raccontato la propria esperienza di mamma e capovolto la prospettiva. Perchè le patologie alimentari sono difficili da affronatre anche per i genitori, spesso spaesati di fronte alla profondità emotiva tradotta dai disturbi. Per affrontarli con serenità è fondamentale conoscerla al meglio e ricordarsi sempre che guarire si può.

Non c’è un manuale, non ci sono risposte, alcune Asl non sono preparate e non sai dove trovare risposte e quale strada prendere. Bisogna, in questo caso, avere il coraggio di chiedere aiuto a chi può dartelo. Queste associazioni, come quella di cui faccio parte, ti aiutano ad accettare la patologia ed affrontarla malgrado la rabbia. Con il supporto e il confronto si deve poter guarire.

In collegamento video Valentina Dallari, DJ e autrice di “Non mi sono mai piaciuta” e “Uroboro”, ha voluto parlare del Kintsugi – L’oro delle cicatrici:

In Giappone, quando un oggetto in ceramica si rompe, lo si ripara con l’oro, poiché si è convinti che un vaso rotto possa divenire ancora più bello di quanto già non lo fosse in origine. Questa filosofia, molto distante da noi, vuole dare la possibilità a chi, come me, si è ammalato di disturbi alimentari, di comprendere più a fondo sé stesso e di reinventarsi ridisegnando la propria esistenza.

Uscire dalla malattia mi aiuta a curare le mie ferite più profonde perché sono convinta che dal dolore ne uscirà un fiore meraviglioso. Mi sento rotta e con una crepa dorata che simboleggia il mio percorso.

“Un racconto di speranza attraverso i social media”. Così un’emozionata Martina Domenicali, content creator e attivista per la salute mentale, ha raccontato di quanto i social siano stati per lei uno strumento importante perché mi hanno permesso di raccontare la mia storia. Ho sofferto di disturbi alimentari per 6 anni, dai 14 ai 20, e sono guarita recentemente ribellandomi alla cronicità della malattia che ti limita, mentre io volevo essere un soldato in prima linea per combattere, ripartire e vivere una vita viva e piena.

I media sono un megafono per diffondere informazioni e i social possono essere usati per lanciare un messaggio importante di speranza. Ho deciso di usarli, visto che ho 100.000 follower, per aiutare i ragazzi e le ragazze a non sentirsi soli, per dimostrare che è possibile chiedere aiuto e ricominciare a vivere una vita meravigliosa malgrado le cicatrici.

Una storia di speranza che si ricollega anche alle parole di Federica Bartolini, vicepresidente Uisp Umbria APS, che ha ribadito quanto siano essenziali i progetti di inclusione e quanto sia importante un corpo sano e in salute, e a quelle di Aurora Caporossi, founder & presidente dell’Associazione Animenta, un luogo in cui ogni storia è accolta e il giudizio è bandito.

Un’associazione nata dalle storie di chi è guarito e che dà speranza a chiunque di potercela fare, perché chi soffre di disturbi alimentari ha un profondo senso di solitudine.

Fondamentale è riappropriarsi di un rapporto sano con il cibo e su proncipio è nato il rapporto con Fondazione Cotarella.

Da questa uninone di intenti è nato un progetto di laboratori di cucina presso alcuni ristoranti italiani dove, grazie al supporto di Paolo Vizzari, i ragazzi malati di disturbi alimentari posso compiere un viaggio nel gusto attraverso ingredienti e assaggi dei piatti creati dallo chef. Perchè guarire dalle malattie del comportamento alimentare si può, la strada è lunga, difficile e piena di insidie, ma la ricompensa è molto più grande, la ricompensa è una nuova Vita!

Una domenica intensa e ricca di racconti, letture, numeri, dati e grandi emozioni dedicate alle famiglie che vivono intorno a chi soffre di queste malattie e a chi ha voglia di ascoltare qualcosa di più su un disturbo da cui si può guarire.

Fondazione Cotarella

Fondazione Cotarella nasce nel 2021 dalla passione e dalla determinazione di tre donne, Dominga, Marta ed Enrica Cotarella, terza generazione della famiglia Cotarella. Fondazione è consapevole della grande sfida: far conoscere i disturbi alimentari, costruire attività per prevenirli e soprattutto lavorare con i giovani, con le famiglie, con i professionisti per costruire una fitta rete di relazioni che abbiano come obiettivo la condivisione di valori e la csotruzione di un nuovo sano equilibrio tra cibo, persone e territori.

L’obiettivo è fare rete con serietà e costruire percorsi che possano supportare nel momento pre e post cura le famiglie e i malati di disturbi alimentari. Così ha detto Ruggero Parrotto, direttore di Fondazione Cotarella, che ha spiegato come Fondazione Cotarella voglia realizzare progetti reali di prevenzione e formazione con bambini, ragazzi e genitori, creando connessioni e sinergie, centri di accoglienza che parlino di natura, lavoro, argomenti altri dalla malattia.

Vincere la sfida è l’unico modo per rendere la nostra vita illuminante e l’obiettivo di Fondazione Cotarella è illuminare la vita dei giovani. Sono certa che ci riusciremo al 100%.

Dominga Cotarella

Per maggiori informazioni:

https://www.instagram.com/fondazione_cotarella/

https://www.facebook.com/fondazionecotarella

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Aperto nel 2004, “Obicà Parlamento” è il primo Mozzarella concept restaurant nato al mondo. Per il suo Diciottesimo compleanno ha deciso di potenziare design e menu, di rinnovarsi come punto di convivio mediterraneo tra colonne di bellezza di Roma e di diffondere oltre i confini i concetti di Italian Style a tavola.

Mangiare nel centro di Roma, tra vere colonne doriche romane. Respirare un’atmosfera fresca e di design, ritrovare nel piatto il gusto della saporita semplicità mediterranea. Perchè Obicà è prima di tutto un luogo dove stare con il gusto di sostare.

Pochi passi dal Pantheon e Montecitorio. Tra strade e vicoli di eterna bellezza, la storia di Obicà inizia nel 2004 nella sede di Via dei Prefetti a Roma.

18 anni è un bel traguardo e Obicà Mozzarella Bar Parlamento per festeggiarsi ha deciso di potenziare le proprie skills con un ricercato restyling cosmopolita degli ambienti che si inserisce all’interno di un progetto di rebranding ancora più ampio che punta all’esportazione dei concetti di accoglienza, trasversalità e di un Italian Style da vivere e condividere a tavola.

Questo restyling rimarca quindi non solo la storicità del marchio, ma anche la sua solidità: dopo 18 anni, Obicà è tuttora emblema di qualità della proposta gastronomica e di stile contemporaneo, sia in Italia che nel mondo, in tutte le città in cui siamo presenti – da Londra a Porto, da New York a Tokyo.

Così ha dichiarato Davide Di Lorenzo, CEO del Gruppo.

Se l’intuizione di base è stata quella di portare la Mozzarella all’interno del Concetto di Sushi bar, di disporla in bella vista nelle vetrine puntando su lavorazioni a vista e pluralità di abbinamenti senza la formalità di un ristorante – i feedback hanno premiato la scelta del brand che oggi internazionale si fa portavoce della genuinità mediterranea e delle icone di produzione italiana.

Italia, UK, USA, Giappone, Portogallo. Gli interni del locale di “Obicà Parlamento”, capostipite della catena internazionale, sono stati curati dallo studio di architettura capitolino LABICS, che ha mescolato uno stile minimal all’intensità degli elementi romani di imponenti le colonne doriche, tra neon e nude mise en place, poltroncine di design che coniugano uno stile urbano, contemporaneo e dinamico, negli spazi interni così come nel dehor.

Dal Menu

In dialetto napoletano Obicà significa “Eccolo qua!” ed è un’espressione di stupore e apprezzamento, le stesse pulsioni che si provano davanti ad una mozzarella, morbida e lattea ceramica traslucida.

Da Obicà tutto ruota attorno alla Mozzarella di bufala Campana Dop che qui è Regina di una versatile proposta gastronomica adatta a tutti i momenti della giornata. Bufala Campana Classica o Affumicata, Treccia, Bocconcini e Ricotta. Ma anche la Mucca pugliese, in versione Burrata e Stracciatella.

Largo spazio anche alle selezioni di Salumi, come Prosciutto di Parma Dop, Bresaola di Chianina IGP e il Salame Piacentino Dop.

Tra le novità per prima la Pizza, che torna ad essere tonda per sottolineare la provenienza partenopea e porta in tavola leggerezza d’impasto, lunghe lievitazioni, cotture su pietra refrattaria. Dal menu “Bufala DOP” e “’Nduja di Spilinga” con Stracciatella, Pomodoro Bio, Parmigiano Reggiano e Basilico; “Filetti di Alici” con Mozzarella di Bufala, Pomodoro Bio, Stracciatella, Pomodori Datterini Gialli, Frutti del Cappero e Basilico; “Burrata e Zafferano” con Mozzarella di Bufala, Ricotta di Bufala, Cialde di Parmigiano Reggiano al Basilico e Pepe.

Per inizire, intenso lo Sformatino di Scarola con patate, Alici, crema di mozzarella di Bufala affumicata e l’Hummus di Peperoni con peperone crusco di Seninse Igp e focaccia ai Semi. Tra i primi piatti in carta i Tortelloni Freschi di Mozzarella e Limone con Melanzane, Pomodori Datterini, Scaglie di Parmigiano Reggiano DOP Vacche Rosse; i secondi variano dalle ricche Insalate al sotanzioso Burrata Burger con Angus, Pancetta Affumicata, Cavolo Viola Marinato, Peperoni, Salsa di Avocado e Patate Arrosto. Per concludere, una selezione di Dolci tra cui la Torta di Ricotta di Bufala e Cocco con Salsa ai Frutti di Bosco e il Buonissimo Babà.

Sfiziosa anche la scelta tra piccoli piatti e lievitati, crostini e degustazioni tematiche da accompagnare a Cocktail, Vini e Bollicine, al bancone o nel piacevole spazio esterno. Menzione per i Vini bianchi e rossi della Cantina “Abraxas” e le sue radici di Pantelleria, perla nera del Mediterraneo.

Obicà e le Nuove Aperture del Brand

La filosofia alla base dell’insegna – fondata nel 2004 da Silvio Ursini e attualmente di proprietà della Famiglia Scudieri – intreccia e porta in tavola l’italian style con un twist di moderna convivialità e l’obiettivo di offrire agli ospiti un’esperienza di lusso informale, accessibile a tutti.

Obicà Mozzarella Bar è il Gruppo portavoce dell’autenticità e della genuinità dei migliori prodotti italiani nel mondo e conta, ad oggi, 20 ristoranti tra Italia ed estero.

Nel corso degli ultimi mesi il Gruppo ha infatti inaugurato un nuovo locale a Milano, in via Cusani 1, nel cuore di Brera, uno all’aeroporto di Malpensa e un punto vendita in franchising all’aeroporto di Istanbul, cui seguirà una seconda apertura. Sono inoltre in programma due inaugurazioni all’interno dei due store Rinascente di Torino e Cagliari e l’opening di un franchising a Lisbona entro la fine dell’anno, mentre il 2023 vedrà il restyling dei tre locali di Rinascente Duomo Milano, di Firenze e di Poland Street a Londra.


Obicà Mozzarella Bar – Parlamento

Via dei Prefetti 26a
(angolo Piazza di Firenze)
00186 Roma 

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Oggi, domenica 2 ottobre e domani lunedì 3 Ottobre, l’ Urban Resort A.Roma Lifestyle Hotel ospiterà per due giorni l’attesa ottava edizione della manifestazione dedicata alla degustazione dei migliori Rum e Cachaça. Parliamo dello ShowRUM – Italian RUM Festival che, tra Grandi professionisti e Masterclass gratuite, porta nella Capitale oltre 400 etichette e le peculiarità di 70 produttori provenienti da tutto il mondo.

Prende il via oggi l’attesa ottava edizione dello “ ShowRum Festival”, il più grande evento italiano dedicato ai Rum e Cachaça, con i migliori produttori della scena nazionale e internazionale.

Per due giorni – domenica 2 ottobre, dalle 14.00 fino alle 21.00, e lunedì 3 Ottobre dalle 11.00 fino alle 19.00 – negli spazi dell’Urna Resort A.Roma Lifestyle Hotel (in zona Villa Pamphili) si potranno degustare le migliori versioni dei celebri distillati da canna da zucchero tra suggestioni caraibiche e brasiliane.

Oltre 70 brand, circa 400 etichette in degustazione provenienti da tutto il mondo, la possibilità di conoscere piccoli produttori e varianti territoriali, 10 masterclass gratuite tenute da grandi professionisti e la ShowRUM Tasting Competition, Vi aspettano.

Questa ottava edizione infatti, curata in ogni dettaglio dal “Rum Searcher” Leonardo Pinto – tra i massimi esperti del settore, trainer, consulente e appassionato ricercatore di Rum classici e oltre la tradizine – è stata arricchita dal notevole contributo di Francesco Pirineo della Compagnia dei Caraibi, noto importatore di Rum, con ben ventisei anni di attività sul campo distillato.

Durante la due giorni di Festival, tanti i temi, tantissimi i contenuti, inclusa un’area miscelazione curata da Paolo Sanna in collaborazione con il Singita Miracle Beach. Grande attesa anche per la ShowRUM Tasting Competition, sfida che si svolge tutti gli anni in occasione di ShowRUM e che si configura come la prima competition al mondo in cui i prodotti vengono divisi per tipologia di alambicco, per invecchiamento e per tipologia di materia prima. 

In sintesi un appuntamento da non perdere tra approfondimento ed assaggio. Clicca QUI per conoscere il programma e prenotare il tuo biglietto.

Info Evento

  • Il festival sarà aperto al grande pubblico nella giornata di domenica, dalle ore 14:00 alle ore 21:00, mentre il lunedì sarà completamente dedicato al trade e alla stampa, con apertura dalle ore 11:00 alle ore 19:00 / Richiedi Accredito al Link
  • Presso Centro Congressi dell’A.Roma Lifestyle Hotel
  • Via Giorgio Zoega 59 00164 Roma

Contenuti Extra

La presentazione Stampa & i Rum raccontati da Paolo Carpino

Durante la presentazione alla Stamoa sono stati degustati quattro tipi di Rum selezionati. Il primo è stato il “Koloa”, di origine Hawaiana, invecchiato dodici anni, con quarantasei gradi di gradazione alcolica, dal gusto di Vaniglia, anice, caramello, con una chiusura leggermente pepata.

Il secondo “El Dorado”, proveniente dalla Guayana Olandese, quindici anni di maturazione, sicuramente più robusto del precedente, con un retrogusto al sapor di legna da camino, ed una gradualità alcolica di quarantatre gradi.

Di seguito, con la stessa gradualità alcolica ed invecchiamento, “il Diplomatico”, distillato di provenienza Venezuelana, proveniente da un’azienda a conduzione familiare e con importanti riferimenti storici fin dal 1880. Il sapore è molto intenso ma piacevole, si sentono note di cioccolato al latte, il miele e l’arancio.

La quarta proposta arriva dalla Giamaica, il “Canerock Spiced Rum”, blend proveniente da due distillerie – la Clarendon Distillery e la Long Pond Distillery – con quaranta gradi di gradazione alcolica e dieci anni di maturazione. Aromatizzato con baccelli di vaniglia ed altre spezie delicate e naturali, affinato in botti di sherry. Piacevole il finale, con una nota di Tamarindo.

In copertina Leonardo Pinto e Mario Farulla, Edizione ShowRUM 2019

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Sono New York e Caserta a dare residenza alle Migliori Pizzerie nel Mondo. Così ha decretato 50 Top Pizza World 2022, classifica che raccoglie le migliori 100 pizzerie della sfera terrestre. Segue Parigi e una doppietta firmata Napoli.

A una settimana dal verdetto le parole di Francesco Martucci, le emozioni e le considerazioni del pluricampione in carica, quattro volte al vertice della classifica 50 Top Pizza Italia e primo ex aequo nell’attesa edizione World.

Quaranta pizzerie italiane, venticinque in Europa, quindici negli Stati Uniti d’America, quindici dell’area Asia – Pacifico, quattro del Sud America e una dell’Africa. Questo il quadro 2022 che fotografa i continenti accomunati dalla parola PIZZA.

Per la prima volta nella storia di 50 TOP, è stata presentata, nelloprestigioso scenario di 50 Top Pizza World, la classifica che raccoglie le migliori 100 pizzerie del mondo.

Una prima edizione di prestigio quella di 50 Top Pizza World svoltasi all’interno del Palazzo Reale di Napoli che, con la sua mole grigia e rossa affacciata su piazza Plebiscito e sul golfo, costituisce una vera e propria porta della città verso il mare, rappresentando per oltre tre secoli Napoli come centro del potere su tutta l’Italia meridionale.

Un’edizione prestigiosa si, summa delle hit-parade di Europa e Mondo, condita da emozione e soddisfazione da tutti i pizzaioli partecipanti e dai tre curatori di 50 Top Pizza World 2022.

È una sfida molto importante. Dopo aver presentato le guide di Europa, USA, Italia, Asia – Pacifico, la selezione del Sud America e quella africana, abbiamo invitato i capi classifica a Napoli e siamo arrivati alla classifica finale per il 2022.

La prima edizione della classifica delle “migliori pizzerie del mondo” – stilata da 50 Top Pizza, la guida online ideata e curata da Barbara Guerra, Albert Sapere e dal giornalista Luciano Pignataro – ha portato in vetta “I Masanielli” di Francesco Martucci di Caserta in ex aequo con “Una Pizza Napoletana” di Anthony Mangieri a New York. Terzo Posto a Parigi per “Peppe Pizzeria” di Giuseppe Cutraro, cui va anche il titolo di Pizza Maker of The Year. Napoli protegge il suo dominio sul tema con i bravissimi Ciro Salvo di “50 Kalò” e Diego Vitagliano di “10 Diego Vitagliano Pizzeria“, rispettivamente in quarta e quinta posizione.

Una guida che nel suo insieme vede presenti tanti stili di pizza diversi, anche se ovviamente a farla da padrone è lo stile napoletano, classico e contemporaneo.

Sesto posto per Simone Paoan e I Tigli, a San Bonifacio (VR), settima la pizzeria di Francesco & Salvatore Salvo a Napoli, ottavo posto per Daniele Seu di Seu Pizza illuminati a Roma, nono posto per La Notizia 94 a Napoli, e chiude la top ten, Tony’s Pizza Napoletana a San Francisco.

Napoli su tutti, poi New York, Tokyo e San Paolo sono le grandi città della pizza nel mondo, in termini di qualità. Siamo particolarmente soddisfatti, perché questo giro del mondo della pizza ci ha davvero regalato grandi soddisfazioni.

Ho alzato il telefono e, placato il turbinio delle emozioni, ho scambiato considerazioni e riflessioni con Francesco Martucci, instancabile ricercatore con trenta anni di gavetta, sperimentatore, innovatore del classicismo italiano sul tema pizza. Abbiamo parlato delle sue vittorie e dello spirito da mettere in gioco per raggiungere gli obiettivi; abbiamo parlato delle sue prospettive e di questo settore in continua espansione, dei concetti di crescita ed evoluzione, del sacrificio e del severo tempo, unico grande burattinaio; abbiamo parlato di perseveranza e di futuro, non solo quello della sua iconica Marinara.

Francesco Martucci racconta

Francesco Martucci, PluriCampione in carica. 5 titoli per 50 Top Pizza, quattro volte al vertice del podio italiano, ora sulla vetta del mondo. Come ci si sente lì su in cima?

Come ci sente in cima? Non si sente mai in cima chi vuole continuamente arrivare e migliorare, migliorare e arrivare. E’ una questione di mentalizzazione: stare in cima ma non sentirsi in cima, è questo il segreto. (Parlandomi, sorride)

50 Top Pizza ha acceso un faro su un settore in grande evoluzione. Qual è, a tuo avviso, il merito più grande della Guida?

50 top pizza è il premio più ambito per un pizzaiolo. Chi dice il contrario dice una bugia. 50 top pizza sta diventando sempre più importante, sta diventando il motivo per il quale le pizzerie si danno da fare per alzare il livello della propria qualità: locali belli, più cura negli impasti, nelle ricette proposte. Ecco, 50 top pizza ha il grande merito di far alzare continuamente l’asticella a pizzaioli e pizzerie.

È molto comune che le persone viaggino in tutto il mondo per mangiare nei Ristoranti con stelle Michelin, credi che anche la Pizza abbia questa forza attrattiva?

Credo che la pizzeria sia in forte crescita ed espansione. E lo dico da gourmand, da appassionato di Ristoranti Stellati. Ma è sempre più comune che le persone viaggino per andare in pizzeria, grazie alla qualità e personalità sempre maggiori. Al contrario ogni giorno da “I Masanielli” puoi incontrare gente da ogni dove: America, Asia, Africa e Nord Europa. Ed è bellissimo che sia così.

Secondo numerosi sondaggi la pizza più amata e ordinata in Italia è la Margherita. Qual è quella in vetta alla classifica de I Masanielli?

Sicuramente le iconiche, ovvero il Futuro di marinara su tutte con le sue 3 cotture e l’evoluzione di un classico, è la pizza simbolo de I Masanielli; poi Mani di Velluto e Futuro di Margherita poi diventata Doc. Ma ogni menu che esce, le persone sono sempre più curiose. Per esempio “la parte croccante della parmigiana” questa’estate ha spopolato, ha vinto con la sua semplicità di crema di pomodoro arrosto, melanzana fritta, fiordilatte, parmigiano di vacca bianca modenese e chiusura croccante.

Sappiamo che sei orientato verso un continuo miglioramento, fatto di riflessione, studio e ricerca. Che hai la “fissazione di piacere sempre di più, ma non quella di piacere per forza”, che hai innovato quel disco di pasta in tutte le direzioni. Cosa prevede il tuo domani?

Io ho cerato semplicemente di fare il mio lavoro e cerco ancora di farlo nel miglire dei modi. Il mio futuro, per adesso, prevede di continuare a pensare e fare le mie pizze, e di insegnare il mestiere ai ragazzi, non le scorciatoie. Insegnare l’arte della pizza, questo vedo nel mio futuro.


Qual è stata la prima cosa alla quale hai pensato al momento della tua proclamazione?

Ero molto sereno fino a quelche minuto prima, nelle ultime batturte della premiazione ho iniziato ad emozionarmi. Sai, 1 volta è fantastico, due volte sensazionale, 3 volte è impossibile, 4 volte è sulla luna, 5 volte è cosa che non è mai successa. Era impensabile anche per me riuscirci. Eppure è accaduto.

Cosa cosa ho pensato? Ho pensato “Tu vinci perchè lotti e lotti tutti i giorni dalla mattina alla sera e lotti, lotti e, comunque vada, non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta”.

A chi dedichi questo premio?

Dedico questo premio ai miei 3 figli, Lorenzo, Giulia e Paolo, l’ultimo di casa, perchè per raggiungere certi risultati, per fare il mio lavoro a questo livello sacrifichi tanto, perdi il tempo, che non torna e che nessuno ti ridà più indietro.

Quindi lo dedico a loro, e spero che un giorno mi perdoneranno per la mia assenza.

I premi Speciali di 50 Top Pizza World 2022

A condurre la serata è stato Federico Quaranta, volto noto di Rai Uno, coadiuvato da Vittoria Dell’Anna, capo panel dell’area Asia – Pacifico. C’è stata grande attesa per i Premi Speciali, che hanno messo in luce aspetti diversi del mondo pizza, riconoscendo meriti ai pizzaioli e alle pizzerie che si sono distinte nel 2022 oltre al “disco pizza”.

• Giuseppe Cutraro, di Peppe Pizzeria a Parigi, è il Pizza Maker of the Year – Ferrarelle Award;

• Ciro Salvo di 50 Kalò, a Napoli e a Londra, si aggiudica Performance of the Year – Goeldin Award, per essere l’unico ad avere due pizzerie presenti in classifica;

• Tony Gemignani, di Tony’s Pizza Napoletana a San Francisco, si aggiudica Source of Inspiration – Latteria Sorrentina Award;

• Alla pizzeria I Tigli, di Simone Padoan a San Bonifacio, va il Consistent Quality – Robo Award;

Con i premi speciali – continuano Barbara Guerra, Albert Sapere e Luciano Pignataro – abbiamo voluto dare risalto ad alcuni pizzaioli e pizzerie che si sono messi in luce per il loro lavoro, ed è davvero bello vedere tutti e cinque i continenti rappresentati anche in questi premi”.

• Fratelli Figurato, a Madrid, si aggiudica Made in Italy – Pastificio Di Martino Award;

• 48h Pizza e Gnocchi Bar, a Melbourne, si aggiudica il Best Wine Advocate – Prosecco DOC Award;

• The Pizza Bar on 38th, di Tokyo, conquista il Best Customer Welcome 2022 – Solania Award;

• Sartoria Panatieri, a Barcellona, si aggiudica il Best Format 2022 – Birrificio Fratelli Perrella Award;

• A Ti Amo, Buenos Aires, va One to Watch – Mammafiore Award;

• What the Crust, al Cairo, si aggiudica il Pioneer in Field Award 2022.

Questa classifica è frutto del lavoro annuale degli ispettori che collaborano a questo progetto e che hanno esaminato un enorme numero di pizzerie in tutto il mondo, rispettando sempre la forma dell’anonimato così come da policy della guida.

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