Sara De Bellis

Autore: Sara

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W Rome, prima sede italiana del «W Hotels Worldwide» di Marriott, è una combinazione esplosiva di elementi con un indirizzo preciso, Via Liguria 26/36, che mostra con sicurezza tutta la passione esclusiva – inclusiva del Luxury Brands Marriott International per la bellezza, per il design e moda, fitness e musica, atmosfere, buona cucina, top mixology e vibrante socialità.

Un blend di ingredienti da vivere, un’offerta enogastronomica pensata da un dream team di gran pregio e un obiettivo con epicentro il Rione Ludovisi, quello di riportare tra queste gloriose vie nuovi fasti, energie e dinamicità da condividere, diventando caleidoscopica meta di kalokagathia, informale quanto impeccabile, in moderno stile “Whatever / Whenever”. Emanuele Broccatelli, Bars Manager, ci racconta il W Rome.

Bellezza, classe, energia magnetica, spazi da vivere, atmosfere da respirare. E’ il W Rome, in via Liguria, a ridosso di via Veneto, che ridefinisce la scena degli hotel di lusso della Città Eterna attraverso il suo concetto di ospitalità e lusso scanzonato, il suo servizio informale quanto impeccabile, la sua classe da vivere e respirare in ogni ambiente.

Riporta con nuovo smalto e verve nella Capitale le suggestioni della Joy de vivre nel suo personale e poliedrico mix di divani e arredi colorati, pareti in pietra, superfici in marmo, pavimenti in legno e motivi a spina di pesce, interni e panorami, fitness e dolcezze, cibi e cocktails d’autore.

Non potendo infatti trascurare gli elementi identitari della cultura italiana divisi tra forchetta e bicchiere, per celebrare la tavola il W Rome ha chiamato alla sua corte il grande Ciccio Sultano (Ristorante Duomo di Ragusa Ibla – 2 stelle Michelin), Chef siciliano di grande capacità ed estro, che ha personalizzato l’offerta gastronomica ritagliata sul suo “Giano Restaurant” (di cui vi parleremo più avanti), Fabrizio Fiorani, Pastry Chef del team di Ciccio Sultano che torna nella sua Roma (dove aveva lavorato alla Corte di Heinz Beck) e, tra poco in terrazza, all’ Otto rooftop bar, farà capolino l’acclamato pizzaiolo capitolino Pier Daniele Seu che, con la sua pizza sotto le stelle, completerà l’offerta outdoor di Sultano di crudi e griglia e quella del Bubble bar di Emanuele Broccatelli tra Champagne, spumanti, sidri, kombuche e una lista di 8 cocktail creati sul concetto di leggerezza.

Ma non esiste attesa senza calice o tumbler che sia, così, nel frattempo, a piano terra, il W Lounge, con rilucente Bancone Bar e Giardino Clandestino annesso, non teme il confronto con “Giano bifronte” e si prepara ogni giorno ad accogliere la vita serale e notturna romana con musica dal vivo, dj set e vibranti miscelazioni d’autore.

A tal proposito abbiamo intervistato Emanuele Broccatelli, Bars Manager per capire e carpire i segreti di un Cocktail che fanno del W Lounge un Regno di grande piacevolezza, comfort vivace e vibrante.

Emanuele, bartender eclettico e giramondo, cosa ha rappresentato per te questa nuova sfida all’interno del tuo articolato percorso professionale?

Il W sicuramente mi ha dato modo di poter esprimere al meglio il mio concetto di Hospitality, dove l’Hotel si apre alla città e crea un mood completamente nuovo, che si distacca dal passato, raccontando il presente e guardando al futuro.

Così, questa Libertà, ha fatto in modo di spingere ancora di più al limite un concetto di Hospitality Inclusiva, creando nuovi trend nel mondo degli hotel in Italia.

Quali sono le maggiori differenze tra essere Bars Manager di un locale, Bars Manager di un Hotel e Bars Manager del W Rome?

In un locale, devi concentrarti su un solo bar, un solo timing di servizio e guest che entrano dalla strada.

In Hotel vuol dire rapportarsi con tutti i dipartimenti, cercando di accomodare tutte le loro richieste: è una meccanismo più strutturato in quanto vanno gestite guest in house ed esterni, e far in modo che ci sia sempre una giusta energia.

Al W hotel significa creare contenuti innovativi , che rompono gli schemi, creare nuove modalità di bar programming; fare in modo che l’hipe del locale sia sempre alta e che renda i nostri ospiti continuamente interessati a quello che stiamo facendo; essere inclusivi e con mood che guarda al futuro.

Chi sono i tuoi compagni di avventura?

Christian Zandonella – GM; Emanuele Aspromonte – FnB Director; Nicola Zamperetti – Executive Chef; Beatrice Mano – Director of Rooms

Quali sono/sono stati gli aspetti più stimolanti di questa esperienza nel suo complesso?

Ad oggi aver creato nella mia città un luogo dal respiro internazionale è un grande risultato. Il W è un luogo dove ci si può sentire a casa, dove tutto è basato sull’empatia, sul sorriso e sulla grande voglia di fare creando sempre cose nuove, con un accento sulla qualità e sulla dinamicità, cosi da non avere mai un end goal ma un cammino che creativo volto al futuro dove la diversità inclusiva è al centro di tutto e fonte di stimoli.

Whatever / Whenever  (ovvero qualunque cosa / in qualsiasi momento) è la filosofia che permea ogni spazio del W Rome, qual è il concetto che ha ispirato la tua Drink List?

Il Tempo per me è il vero lusso, è l’unica cosa che non siamo ancora in grado di controllare e comprare, quindi avere il tempo di fare e la libertà di farlo in qualsiasi momento credo sia The New Luxury.

Al W tutto è permeato di questa cultura e quindi ho deciso che tutto dovesse avere un fil rouge.

Cosa annovera la W Drink list? Quali sono le sue peculiarità?

Al W lounge attraverso il concetto di Perpetual Nature, esprimiamo le nostre origini italiane con produttori di liquori e cocktail caratterizzati da Mix di Fitoterapia.

Anche grazie a DRINK IT DRINK IT, nel nostro laboratorio abbiamo creato dei liquori speciali per questa cocktail list: Gli ETHICAL LIQUORS. Abbiamo 8 cocktail dedicati al ciclo naturale di vita della pianta tra cui Radici – amaro perfetto / the Unfiltered; Foglie – Raizes; Fiori – Hay Yah; Frutti – Bloem.

Seduti da Giano, raccontiamo invece l’Aperitivo all’Italiana, altro elemento importante del nostro heritage e della nostra cultura che abbiamo esportato in tutto il mondo e di cui sono particolarmente orgoglioso.

Cosa rende uniche le atmosfere del W Lounge?

La rottura delle regole e l’innovazione dela visione dell Hospitality in generale.

Adesso stiamo pensando al futuro, creando trend e setting nuovi, è come se fossimo il “perfect MIX” tra un locale e un hotel 5 stelle lusso, che lo rende molto diverso perché va creato un servizio informale ma impeccabile, e questa è un filo ancora più sottile su cui camminare, gestendo tutto il servizio, coniugando guest e staff che devono creare un energia unica, valorizzando al massimo l’esperienza dell’ospite.

Con cosa possiamo accompagnare i buonissimi Drink?

Al piano terra ad una serie di bites in stile Siciliano che, grazie allo Chef Ciccio Sultano e a Nicola Zamperetti, sono piccoli capolavori di gastronomia classica quanto innovativa. Ci sono anche i dolci di Fabrizio Fiorani, icona della pasticceria moderna.

Qual è stato il feedback di Roma?

Dopo tanti anni credevo che fosse il momento per Roma di avere un luogo così e le mie intuizioni mi hanno dato ragione.

Roma era pronta e noi pronti per lei ed è stato ed è una relazione unica, esclusiva, che ci sta portando tanta gioia e grande soddisfazione professionale.

Dopo più di un anno di festeggiamenti rinviati – così come ha affermato Candice D’Cruz, Vice President di Luxury Brands Marriott International -, tra poco si leveranno in alto i calici all’Otto Rooftop Bar. Oltre il panorama che si godrà da lassù, di cosa si tratta? Ci sveli qualche anteprima da bere?

All’ OTTO Roof Top arriveranno, oltre alla cucina outdoor di Sultano di Crudi, Griglia e la Pizza di Pier Daniele Seu, una selezione di 8 cocktail creati sul concetto di leggerezza (low% abv) utilizzando prodotti quali i Sidri di Live Barrels, gli Slushy daiquiris con Rum Haitiani di Clarin. Chiaramente non mancheranno Aperitivi italiani, grandi Bollicine e Champagne. Vi aspettiamo.

W Rome via Liguria, 26-36,

Rione Ludovisi, Zona Via Veneto, Roma

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È tutto pronto per festeggiare il Carbonara Day il 6 aprile, una giornata che, come da consuetudine, accende i riflettori su uno dei piatti d’attribuzione romana più noti e apprezzati dai buongustai, sempre in voga e di sicuro appeal popolare e gourmet.

Tante le iniziative, i solidi indirizzi, le interessanti variazioni sul tema “carbonara” e un evento #foodporn su Roma, Napoli e Milano; scopriamoli insieme.

Fa della semplicità e del gusto genuino i suoi punti di forza, la sua popolarità è sconfinata, è uno dei piatti cardine della cucina di Roma, è amata in tutto al mondo, la sua origine è contesa, i suoi ingredienti pochi e di spessore, la scelta della loro qualità, è direttamente proporzionale al gusto. Parliamo della sua Maestà la Carbonara. Pasta, Uovo, Guanciale, Pecorino e Pepe nero. Tutto il resto è “manico” e personalità. Rimane infatti tra i banchi di prova più condivisi e difficili per gli chef, perchè i suoi estimatori, non fanno sconti.

Tante le iniziative per il Carbonara Day che vedrà protagoniste realtà che fanno del mangiare bene la loro cifra stilistica. Nella moltitudine di indirizzi romani, reali o virtuali:

  • un link con i consigli di Virginia di Falco su dove mangiare la migliore carbonara a Roma, dai mostri sacri alle osterie;
  • 5 tavole romane che la celebrano in versione creativa;
  • l’iniziativa di Matteo Di Cola di ItalyFoodPorn che, assieme a CarboGang e Golocius hanno unito le forze per celebrare assieme questo inimitabile piatto della tradizione romana.

Churchill e le “Carbonare Special Edition


In occasione del National Carbonara Day, la “Churchill 1795” ha deciso di rendere omaggio all’iconico piatto romano con un’iniziativa speciale che evidenzia lo stretto legame tra la ricetta e la mise en place, coinvolgendo cinque ristoranti romani che realizzeranno delle “ Carbonare Special Edition” servite nei piatti della nuova collezione primaverile 2022 di Churchill 1795.

Protagonisti dell’iniziativa i ristoranti romani Aqualunae Bistrot, Cuoco e Camicia, Osteria Fratelli Mori, Roberto e Loretta, 53 Untitled


“Per lanciare la nostra nuova collezione di primavera in Italia e in particolare a Roma, abbiamo pensato di celebrare la carbonara, un piatto simbolo della cucina romana apprezzato in tutto il mondo, la cui festa si tiene proprio agli inizi della stagione primaverile. La carbonara si presta ad essere realizzata in molteplici declinazioni e così per ogni ricetta ideata dagli chef, abbiamo ricercato il piatto Churchill più adatto.  dichiara  Francesca Tartara, Business Development Manager di Churchill 1795. 

Per il Carbonara Day, lo chef Emanuele Paoloni del ristorante Aqualunae Bistrot realizzerà i Paccheri alla carbonara con spuma di carciofo e caviale di salmone che saranno serviti sul piatto Homespun Accents nella nuova nuance Aquamarine; 

 un dolce davvero particolare che sarà esaltato dall’iconica forma Walled del piatto della collezione Kintsugi nel nuovo colore Coral.

L’Osteria Fratelli Mori farà per l’occasione le Costolette di agnello avvolte nel guanciale, servite con salsa alla carbonara, cipollotto e asparagi, un secondo piatto che ben si abbina al mood della linea Stonecast Raw nella nuova tonalità Teal; 

lo chef Riccardo Loreni di Cuoco e Camicia darà vita a un primo piatto composto da Bottoni di carbonara in vignarola, i colori di questa ricetta saranno messi in risalto dalla linea Kintsugi nel nuovo colore Coral.

Il ristorante Roberto e Loretta servirà nei piatti Stonecast Raw colore Grey il Raviolone con cuore di carbonara fatto con pasta tirata a mano ripiena di crema di pecorino e tuorlo d’uovo di canapa dell’Azienda Agricola Silvia O. completato con crumble di guanciale.

GOLOCIOUS e il Carbonara Day

lo scorso anno la sua festa ha visto decine di milioni di persone che hanno partecipato, a vario titolo e con vari risultati, sui social a cucinare la propria “Pasta alla Carbonara”. Quest’anno potete seguire l’evento di Golocius a Milano, Roma e Napoli e partecipare assieme ai ragazzi di ItalyFoodPorn e Carbogang.

Golocious che nasce dal mondo di Vincenzo Falcone punta sul #foodporn con un motto che non lascia spazio a fraintendimenti: “iniziamo a godere”. Presente a RomaMilano Napoli ed in altre piazze lungo tutto lo Stivale (come potete consultare qui), assieme ai ragazzi di ItalyFoodPorn, capitanati da Matteo Di Cola e di Carbogang vi faranno fare faville e carbonare!

Per l’occasione, tra l’altro, verrà anche offerto un menu speciale, al costo di 50 euro per due persone, comprensivo di: 2 tranci di pizza carbonara, 1 frittata alla carbonara, 1 Sbamburger® alla carbonara, 2 rigatoni alla carbonara e 2 soft drink.

Curiosità sulla Carbonara

Pietanza romana che, pur essendo relativamente giovane, vuoi per la bontà genuina di cui ne è caratterizzata, vuoi per l’essere ormai conosciuto in ogni angolo del globo (provare per credere) è un punto fermo del “made in Italy”.

Carbonara che gode di assoluta popolarità e che, come un’autentica star, è portatrice anche di alcuni misteri che ne aumentano l’allure. Sono infatti un paio le maggiori teorie riguardo la sua nascita; una sostiene come la carbonara sia una sorta di evoluzione della “Cacio e pepe” in quanto nata grazie ai carbonari che portavano gli ingredienti principali della ricetta nei propri tascapani. L’altra teoria è che sia nata per mano di uno sconosciuto cuoco il quale, durante la Seconda Guerra Mondiale, utilizzò bacon e uova dei soldati americani per condire la pasta.

Ma i misteri, se così vogliamo chiamarli, non si esauriscono qua poiché è risaputo come sia abituale argomento di scontro nelle nostre cucine l’utilizzo della pancetta o del guanciale. Ad onore del vero nelle prime edizione la carbonara veniva preparata usando sempre e solo la pancetta fino a quando, a metà degli anni ’60, per merito di Luigi Carnacina e Luigi Veronelli, viene usato come migliore alternativa il guanciale. Scelta la loro che viene anche statuita ne “La Grande Cucina”. Ma anche la panna ha destato non poche diatribe; ed anche qua i due mostri sacri della cucina di cui sopra ne contemplano “qualche cucchiaiata, di quella freschissima e molto cremosa”. Panna e carbonara di cui si fece portavoce anche l’illustre Renato Rascel il quale, da romano DOC quale era, si riteneva portatore della tradizione capitolina e quindi aggiungeva anche un po’ di panna.

Uso della panna che anch’esso affonda le radici nel periodo storico in cui nasce la carbonara ovvero nel secondo Dopoguerra quando le uova usate erano spesso in polvere (erano quelle delle razioni americane) e così vi era la necessità di una parte liquida e grassa per dare la giusta consistenza. O forse, e qui arriva un’altra teoria, perché i gastronomi di quel tempo guardavano con ammirazione i colleghi d’Oltralpe la cui cultura vedeva utilizzare di più la panna che noi latini.

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Saranno 12 i ristoranti del Portico d’Ottavia protagonisti, dal 6 all’8 aprile, della Prima Edizione del Festival del carciofo romanesco che vuole rilanciare il turismo agroalimentare, coinvolgendo turisti e appassionati del genere attraverso il celebre ortaggio dalla lunga storia, dai mille poteri nutrizionali e dalle innumerevole gustose ricette nate proprio nel Ghetto ebraico di Roma.

Inizia mercoledì 6 aprile alle 11 nel quartiere ebraico di Roma che per tre giorni, fino all’8 aprile, sarà il perfetto palcoscenico della Prima Edizione del Festival del Carciofo Romanesco.

Alimento cardine della dieta mediterranea, base di un corretto stile di vita per preservare la nostra salute partendo dalla prevenzione, da sempre il carciofo è il gran protagonista degli orti del territorio laziale dove viene, ancora oggi, valorizzato e interpretato da cuochi e chef; oltre ad essere un ingrediente fondamentale della tradizione culinaria romana e giudaico-romanesca, che ne ha declinato l’uso in numerose ricette divenute icone gastronomiche.

La manifestazione vuole evidenziare i diversi significati legati a questo ortaggio dai molteplici poteri nutrizionali e simbologie culturali, erede di una lunga storia che giunge in Italia grazie agli Etruschi. Già nel “Naturalis Historia” di Plino e dal “De Re Coquinaria” di Apico, sappiamo infatti che i romani, da bravi buongustai, amassero i carciofi lessati in acqua e vino, o cucinati con il garum.

FESTIVAL DEL CARCIOFO ROMANESCO – Come funziona

Semo romani, ma romaneschi di più” è lo slogan, mutuato dai versi del cantautore romano Lando Fiorini, volto a rendere il carciofo punto di riferimento del territorio romano.

A distinguere l’iniziativa da altre fiere o sagre sarà proprio il luogo dove si terrà l’evento, il ghetto ebraico di Roma, dove il carciofo ha trovato le sue prime ricette, per poi diventare orgoglio per i romani e attrattiva per i turisti.

Il 6, 7 e 8 aprile ogni giorno, a pranzo e a cena, presso 12 ristoranti del quartiere ebraico aderenti accoglieranno la rassegna gastronomica offrendo un menù speciale tutto a base di carciofo, a 35€.

Ad accompagnare i piatti il vino bianco Fiano di Terre di Petrara. A chiudere la degustazione il gelato al carciofo e al vino creato dal gelatiere di Cocciano Roberto Troiani, tra sperimentazione e creatività.

Il menù è a sorpresa ed ogni ristorante lo proporrà il giorno stesso: tra gli antipasti immancabile il carciofo alla romana e quello alla giudia, poi Carbonara di carciofi, fettuccine cernia e carciofi, abbacchio con i carciofi, coratella con i carciofi, baccalà con i carciofi e chi più ne ha, più ne metta!

Ci saranno anche delle bancarelle che venderanno l’ortaggio. Ci saranno attività collaterali, come ad esempio le lezioni di cucina, dove degli esperti chef mostreranno la realizzazione di ricette revisionate e classiche.

Il programma, i locali partecipanti e le offerte dei menù sono consultabili sui siti web: www.festivaldelcarcioforomanesco.com e www.romaincampagna.it.

Ad accogliere i visitatori ci saranno due grandi totem a forma di carciofo con la scritta: “La storia è tutta mia, gusto e fantasia, solo qui c’è la magia del carciofo alla giudia”.

L’iniziativa è promossa da Confesercenti Roma e Lazio; sponsorizzata dal Centro Agroalimentare Romano e dalla Camera di Commercio di Roma – AgroCamera; patrocinata dalla Regione Lazio, da ARSIAL – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura del Lazio, dall’Assessorato all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti del Comune di Roma, dal I Municipio, con la collaborazione di Coldiretti Lazio.

Carciofo alla Giudia: quando il rilancio dei servizi e della ristorazione passa per l’identità di un piatto

Sono molto orgoglioso di questa manifestazione, promossa da Confesercenti Roma e Lazio, in quanto credo sia molto importante valorizzare le eccellenze del nostro territorio, i prodotti di qualità e la professionalità degli operatori del settore della ristorazione – sottolinea il Presidente di Confesercenti Roma e Lazio, Valter Giammaria.

Il carciofo romanesco è un prodotto che fa parte della cultura culinaria di Roma e del Lazio ed è giusto che noi, come Associazioni, attraverso questi eventi, facciamo conoscere ai nostri concittadini e ai turisti le materie prime che la nostra regione offre, la loro importanza a livello nutrizionale e il lavoro che gli chef e tutti gli operatori della filiera svolgono ogni giorno per far arrivare sulle nostre tavole queste prelibatezze. Il 1° festival del carciofo romanesco è un punto di partenza per organizzare nella nostra città sempre più eventi di questo genere che legano sempre più i cittadini e il territorio attraverso il cibo. Siamo già al lavoro per organizzare la seconda edizione che non si svolgerà solo in una zona della città, ma coinvolgerà tutto il territorio della Capitale”.

Evidenzia Claudio Pica, Presidente Fiepet Confesercenti Roma e Lazio:

Il 1° Festival del Carciofo Romanesco sarà dunque una grande occasione per riscoprire uno dei prodotti di eccellenza della nostra tradizione gastronomica e far scoprire ai turisti italiani e stranieri il forte legame che esiste tra cibo e cultura identitaria di un popolo; il tutto con uno sfondo d’eccezione, il quartiere Sant’Angelo di Roma con il complesso del Portico d’Ottavia”.

Commenta Angelo Di Porto, Vicepresidente Fiepet Roma:

Il valore aggiunto di questo festival è nel luogo stesso dove si svolge, il quartiere ebraico nel cuore di Roma, laddove le ricette del carciofo alla romana e alla giudia sono nate e si conservano attraverso tradizioni secolari tramandate di generazione in generazione.

Sottolinea l’Assessore Alessandro Onorato:

Creare un appuntamento che valorizzi la tipicità della cucina romana è fondamentale per sviluppare l’identità di Roma nel mondo. I turisti cercano sempre di più prodotti di qualità tipici della nostra città per vivere un’experience da ricordare

L’inaugurazione del Festival del Carciofo Romanesco avverrà mercoledì 6 aprile alle ore 11, con la partecipazione delle istituzioni partner e della Presidente del I Municipio Lorenza Bonaccorsi.

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Il termine “Tuscia” sta ad indicare il viterbese e l’Alto Lazio. “Stay in Tuscia” è invece il nuovo modo di pensare il turismo nel viterbese: un nuovo progetto associativo nato per facilitare l’accoglienza e il turismo.

Presentato presso lo Spazio Attivo Lazio Innova di Viterbo, “Stay in Tuscia” è un unico portale in cui è possibile trovare la migliore proposta di ospitalità per i soggiorni in Tuscia grazie alla partecipazione di diverse strutture e numerosi filtri per trovare e prenotare il soggiorno perfetto!

Dagli etruschi ad oggi il tempo ha lasciato in questi luoghi tracce storico-artistiche importanti, dalle necropoli agli anfiteatri, passando dai borghi ai monumenti medievali e rinascimentali in cui vivere atmosfere quasi incantate.

Alle bellezze architettoniche e archeologiche si aggiungono poi quelle del paesaggio, che abbraccia dalla collina al mare, offrendo colori, natura, panorami dei più variegati dove camminare, fare escursioni di ogni tipo e praticare sport.

Impossibile non citare l’offerta enogastronomica e il folklore, tradizioni popolari e sagre, prodotti tipici che hanno reso importante il territorio, come la Macchina di Santa Rosa o l’olio o le nocciole della Tuscia.

Questo patrimonio comune è in mano a chi vive e lavora in questi luoghi e che punta a far crescere la loro conoscenza. Per questo Stay in Tuscia, l’associazione che rappresenta chi gestisce in forma diretta attività di ricezione turistiche regolarmente autorizzate, quali B&B, Case vacanza e Dimore d’epoca, ha lanciato un progetto di valorizzazione e promozione del territorio attraverso una serie di servizi per il turismo. Un progetto diretto ai fruitori ed anche agli host della città e della provincia che sentono la necessità di un supporto organizzato in questo periodo ricco di incertezze.

Progetto Stay in Tuscia


Presso lo Spazio Attivo di Lazio Innova (via Faul 20/22) a Viterbo, alla presenza degli ideatori e curatori del progetto, degli associati di “Stay in Tuscia” sono stati presentati gli obiettivi, la forma, ma soprattutto le strategie e le prospettive future che il progetto stesso vuole mettere in atto.


“Stay in Tuscia vuole far crescere il territorio, creando un circuito virtuoso anche economico, che sia di stimolo per gli imprenditori di zona e che porti Viterbo e la sua provincia a crescere sotto ogni punto di vista. Vogliamo essere partecipi e protagonisti di una Tuscia polo attrattivo turistico della nostra regione” – spiega Francesco Aliperti, responsabile dell’associazione che con Lazio Innova.

L’attività rientra nell’ambito del Laboratorio di Microinnovazione LAB TURISMO gestito da Lazio Innova e che ha fornito strumenti teorici, consulenze e formazioni per “confezionare” un progetto identitario, usabile e soprattutto efficace.

Tra gli obiettivi che l’associazione cerca di perseguire c’è quello di far conoscere e vivere al meglio il meraviglioso territorio della Tuscia. 

In quest’ottica Stay in Tuscia si è voluta creare un’immagine e una identità propria, con tanto di logo, sito internet e profili social istituzionali per raccontare dal suo punto di vista ciò che il territorio offre e ciò che il turista può fare.
Per rendere veloce e fruibile questa offerta, è stato presentato anche il sito internet di Stay in Tuscia – www.stayintuscia.com – dove sono presenti tutte le strutture che partecipano all’associazione, dal quale si può prenotare direttamente il proprio soggiorno, trovare informazioni, curiosità, percorsi, idee per costruire la propria vacanza nella Tuscia.

Le strutture che fanno parte di “Stay in Tuscia”

Comune denominatore per tutti è l’ospitalità di qualità e l’affidabilità del servizio. Inoltre tutte le strutture sono a disposizione del turista per fornire informazioni, curiosità e consigli e costruire un percorso sui desideri del turista, che non vuole solo soggiornare ma visitare, scoprire e conoscere il territorio.

In un unico portale è possibile trovare la migliore proposta di ospitalità per la Tuscia, grazie alla partecipazione di diverse strutture, che dal centro storico di Viterbo più caratteristico come il quartiere di San Pellegrino alla campagna alle porte del capoluogo, rispondono a diverse esigenze, dal b&b per motivi di lavoro alle dimore di charme per una vacanza rilassante, offrendo stili e atmosfere diverse.

Fanno parte di Stay In Tuscia: Il Peperino, L’Frantoro, B&B Orchard, Compasso Suite, Le Apette, B&B Anna Zelli, Il Mandorlo, Agriturismo La Corte, Palazzo Verdi (Gruppo Holiday Viterbo), Vigna Clara, Antico Loco Commodo, Alloggio S. Pellegrino 45, Il Melograno, Casa Viterbo, La Piazzetta, Al Cardinale, Al libro letto, Torre di Vico, Il Giglio, L’Incontro Residenza Medievale, Le Moline Vetralla, Antica Dimora San Pellegrino, La Dimora delle Terme, B&B Le Pozze, Maya House, La Fontana di Nonna Checchina, EMC 2 Viterbo, Residenza Villa Lante, La Paloma, Casaletto del Pellegrino

In copertina ricette di pesce d’acqua dolce, Lago di Bolsena

photocredits al link

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Sono sempre più numerosi, e rappresentano un nuovo modo di vivere i Musei che passa per le privilegiate vie dell’enogastronomia. Da un lato si riscopre il piacere di visitare i luoghi della cultura di Roma lasciandosi sedurre dalle grandi bellezze del passato, dall’altra ci si accomoda per lasciarsi conquistare dal piacere dei buoni sapori.

Apre così Livia, che è al tempo stesso un bistrot, un ristorante con terrazza, una caffetteria con zona relax e coworking, una bakery con gastronomia da banco e asporto, ovvero un sistema all day long tutto pensato all’interno della Sede del Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo in quel di Roma Termini, nevralgica e brulicante crocevia di vite e direzioni.

Si chiama Livia, in onore a Livia Drusilla, una delle grandi protagoniste della storia antica di Roma, potentissima moglie di Augusto e imperatrice di fatto. Le sue stanze e la sua nuove tavola sono semplicissime da raggiungere perchè siamo a Roma Termini, negli spazi di Palazzo Massimo, prestigiosa sede del Museo Nazionale Romano (in via Giovanni Amendola 6).

La Caffetteria Massimo ha qui moltiplicato i suoi ambienti integrandoli con quelli museali per costruire un’unica identità con il nuovo Ristorante Livia che offre ai suoi ospiti una terrazza gioiello dalle insolite prospettive capitoline e sguardi su luoghi dimenticati come “la casa del passeggero“, albergo diurno per i viaggiatori in transito.

Il design dei locali è ispirato alle opere d’arte ospitate a Palazzo, mentre il menu all-day accompagna i diversi momenti della giornata con un’offerta che accoglie e ristora dal primo caffè del mattino al piacere di una elegante cena accanto alle meraviglie archeologiche custodite della collezione permanente del Museo Nazionale Romano, passando per pranzi leggeri e agili merende fino al gusto di un aperitivo.

CAFFETTERIA MASSIMO

Caffetteria Massimo, a due passi dalle Terme di Diocleziano, accende il grande bancone delle colazioni dolci e salate da gustare al volo, da godere senza orario o da sbocconcellare accanto al pc nell’area relax dedicata al coworking.

Ma, Caffetteria Massimo, è anche una bakery sofisticata, con laboratorio interno che sforna lievitati, icone di pasticceria, decine di varietà di pizza e pane fresco in ogni declinazione di forme, aromi e farine: dai Pizzotti cotti a legna ai Pan tasca di grano duro, dai Quadrotti pugliesi ai Massimini, ossia panini in formato mignon farciti di carne, pesce o verdure.

Non solo, Caffetteria Massimo è anche un delizioso bistrot con cucina, per piatti espressi – caldi e freddi – come la Burratina in foglia con le alici del Mar Cantabrico, i burger, le bowl e le zuppe del giorno e dessert al bicchiere.

LIVIA, il Ristorante

Caffetteria Massimo e Livia rappresentano un format multidimensione di ristorazione italiana, declinata in chiave moderna e aperta alle contaminazioni, che prende corpo in uno spazio esteso su due piani.

Su strada ci sono la Caffetteria con il suo lungo bancone, la bakery e il riservato dehor. Si salgono le scale e, al primo piano, c’è Livia, il ristorante dedicato a Livia Drusilla (imperatrice moglie di Augusto) e decorato da piccoli fregi e riproduzioni degli affreschi del ninfeo della villa imperiale di Livia, “ad Gallinas Albas”, di cui Palazzo Massimo custodisce le stanze.

Ad amalgamare queste dimensioni con sapore e coerenza c’è Fulvio Penta, classe ’83, alle spalle esperienze variegate tra cui l’Hotel De Russie, Labico con Antonello Colonna, Pastificio San Lorenzo, Porto Fluviale ed Enoteca Verso, e davanti a sé un poliedrico format per far vivere le gioie della cucina e riscoprire luoghi di Roma agli stessi romani, così come a turisti e viaggiatori.

Mentre Fulvio da sfogo alla creatività nella bakery e nel bistrot, dalla “pizza e mortazza” con aggiunta di stracchino al pollo con i peperoni pensati versione chutney, la sua ricerca culinaria, la sua attenzione si fa più sofisticata tra piatti curati nell’estetica ma con un bel piglio familiari, come per le fettuccine fatte in casa con ragù bianco d’agnello tagliato al coltello e carciofi, dal gaudente spessore, e scelte che abbracciano ampi gusti come la tagliata di manzo o il polpo rosticciato con pappa al pomodoro e stracciata

La scelta degli ingredienti pone attenzione alle produzioni laziali e alle eccellenze regionali del Belpaese: dalla pasta fresca del Pastificio Pica alle verdure nobili dell’Azienda agricola Agnoni di Latina, dai latticini affinati di De’ Magi Formaggi al celebre prosciutto cotto San Giovanni del Salumificio Capitelli, dall’olio extravergine del Frantoio Quattrociocchi alla pasta Mancini e poi i salumi dei Fratelli Bardini, il pomodoro biologico Paglione e il guanciale della Norcineria Sensi.

Le molte anime di Livia e Caffetteria Massimo sono strette da un’unica identità: il nuovo progetto di ristorazione contemporanea firmata dal Gruppo Camst, azienda leader nei servizi di ristorazione in Italia e all’estero.

Caffetteria Massimo e Ristorante LIVIA – INFO

Via Giovanni Amendola 6

Aperto tutti i giorni dalle 7 alle 24

Contatti: tel. 06.4885617 – info@caffealmassimo.it

PALAZZO MASSIMO – INFO

Palazzo Massimo, Largo di Villa Peretti 2

Orari: dal martedì alla domenica dalle 11 alle 18

www.museonazionaleromano.beniculturali.it/palazzo-massimo/#

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Gli appassionati dei lievitati delle feste saranno felici di scoprire che l’11-12-13 Aprile il Maestro Pasticcere Salvo Leanza, presso la WhiteAcademy di Roma, terrà per 3 giorni un corso dedicato alla preparazione delle Colombe, in tempo perfetto per vederle atterrare con grande soddisfazione sulle Vostre Tavole di Pasqua.

Nello sconfinato panorama di Grandi nomi, Mastri Pasticceri, Chef e Pizzaioli 3.0 alle prese con Colombe Sopraffine, il vecchio detto “impara l’arte e mettila da parte” è sempre un buon monito da tenere a mente, a patto che si impari dai migliori.

Il Panettone di Salvo Leanza mi aveva già sorpreso e convinto per sapore, profumo, consistenza e fragranza; la sua colomba, di tradizione molto simile nell’impasto, non potrà essere certo da meno. Quindi non perdete tempo e, se la vostra passione è mettere le mani in pasta, fatelo e fate lievitare le vostre passioni bianche!

Chi è Salvo Leanza

Per chi non lo conoscesse, Salvo Leanza, Chef Pasticcere con gli occhi vispi, grande cuore, professionalità e padronanza della materia, muove i suoi primi passi in ambito professionale in Sicilia tra gelati, granite e dolci di mandorla, ricotta e agrumi.

Lavora nelle più note pasticcerie Siciliane approfondendo il mestiere e, mosso da un bisogno di accrescere la propria professionalità, si trasferisce a Roma dove, nel 1993, fa la conoscenza dello Chef Mauro Mafrici dell’Hotel Hassler che segna la sua svolta professionale. Quest’ultimo lo porta con sé all’Harris Bar di Roma, quindi al Felidia di Lidia Bastianic a New York.  Al rientro in Italia vive altre esperienze formative, segue corsi ed esegue stage presso importanti scuole di pasticceria, L’étoile, Cast Alimenti.

Lavora all’Hotel Hassler, al Cafè de Paris, alla Casina Valadier in occasione della sua riapertura, presso la Pasticceria Mondi, il Gruppo Vanni, Cristalli di Zucchero, e cura l’apertura della gelateria Vice alla quale fa ottenere il riconoscimento da parte del Gambero Rosso come “gelateria innovativa”, Rosticcerì Catering e svariate aperture di Street food.

Dal 1998 è consulente e docente di gelateria, pasticceria e pasticceria da ristorazione in importanti strutture, ed è costantemente chiamato presso prestigiosi festival di pasticceria in tutto il mondo.

WHITEACADEMY

E’ una scuola di pasticceria e gelateria di eccellenza che offre corsi di formazione di vari livelli.

Tutti i docenti e lo staff sono professionisti del settore ed è dotata di una sala corsi / laboratorio attrezzato con macchinari all’avanguardia dove ogni allievo ha una propria postazione di lavoro per garantire ad ogni partecipante un elevato ed immediato livello di apprendimento.

Info Sul Corso

l’11-12-13 aprile Salvo Leanza porterà in aula la sua arte per un corso su “VIENNOSERIE e GRANDI LIEVITATI PASQUALI”

Il corso, che si svolgerà dalle 9-18 con pausa pranzo veloce organizzata dalla scuola, prevede le “mani in pasta” ed arricchito da una parte teorica sulle farine e varie tecniche d’impasto: diretto, biga, poolish, pasta madre.

Durante il corso, pratico e teorico, verranno realizzati i seguenti prodotti: cornetti all’italiana, cornetti integrali al miele e frutti di bosco, cornetti bicolore, croissant Parigini, croissant salati, 10 tipologie di danesi di varie forme e impasti, veneziane, brioche, treccine, prodotti con pasta sfoglia veloce, sfogliatine di mela, pan brioche, burger buns al burro, bagel Bombe e ciambelle, Croidonut, Croimuffin; Gestione del lievito madre; Impasti diretti, con biga, poolish, pasta da riporto, focus sulle farine, e relaizzazione dei Grandi Lievitati delle feste come la Colomba classica, albicocche e cioccolato o mandarino cioccolato bianco

Il costo 300 compreso di tutto il materiale e dispensa e grembiule

WHITEACADEMY
V. Emilio Brusa 248 – 00173 ROMA
Tel. 068547998 – Cell. 3388714547
info@whiteacademy.it – www.whiteacademy.it

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GUSTO! Gli italiani a tavola. 1970-2050“, curata da Massimo Montanari e Laura Lazzaroni, è la prima di una trilogia di mostre che M9 – Museo del ‘900 dedica ai luoghi comuni italiani, per un confronto con la storia tra ricerca scientificaesperienza pop, gioco, indagine critica, prospettive e ipotesi future. Un validissimo motivo in più per organizzare un viaggio a Venezia, fino al 25 settembre 2022.

Oltre alla mostra una serie di approfondimenti. Il mese di aprile sarà dedicato a Il Gusto del Futuro con il Convegno “Veneto biologico | Persone, modelli e politiche per un’agricoltura sostenibile“, che ruoterà attorno a domande come: cosa mangeremo nei prossimi decenni? Quali sono le nuove forme di coltivazione? Che direzioni sta prendendo la ristorazione?

Massimo Montanari, oltre ad essere docente all’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e docente ordinario di Storia medievale all’Università di Bologna, dove insegna anche Storia dell’alimentazione e dirige il Master europeo “Storia e cultura dell’alimentazione”, è giustamente, sacralmente, considerato a livello internazionale, uno dei maggiori specialisti di storia della storia dell’alimentazione.

Bellissimi i suoi libri. Approfondite le sue ricerche. Sempre coinvolgente la sua scrittura, il suo eloquio. i suoi studi sulla storia dell’alimentazione, intesa come storia a tutto campo che coinvolge i piani dell’economia, delle istituzioni e della cultura. Alla domanda, che spesso gli pongono, se esista o meno un gusto italiano, risponde così.

Qualcuno si ostina a sostenere che no, non si può definire “italiano” l’insieme composito di particolarità locali che caratterizzano la nostra cucina.

La scommessa di questa mostra è sostenere il contrario: che una cucina e un gusto italiano esistono, perché proprio quelle particolarità ne costituiscono l’ossatura. Esse non sono isolate e autoreferenziali ma costituiscono – da secoli – una rete di saperi e di pratiche che si conoscono, si confrontano, si integrano.

La cucina e il gusto italiano non sono la semplice somma, ma la moltiplicazione delle diversità locali, condivise in un comune sentimento della cucina. Nel nome di una straordinaria e irriducibile biodiversità culturale.

Presidente del comitato scientifico promotore della candidatura de “La cucina di casa italiana” quale patrimonio culturale immateriale UNESCO, assieme a Laura Lazzaroni, biologa, scrittrice e giornalista, hanno lavorato assieme ad un progetto italiano appassionante dal titolo “GUSTO! Gli italiani a tavola. 1970-2050 “, ovvero la prima di una trilogia di mostre che M9 – Museo del ‘900 dedica ai luoghi comuni italiani, per un confronto con il passato, il presente e il futuro, tra ricerca scientificaesperienza pop, gioco, indagine critica e ipotesi future.

L’esposizione racconta come la relazione tra gli italiani e il cibo sia profondamente mutata in questi ultimi decenni, con un cambio di paradigma decisivo tra l’immagine tradizionale della cucina nazionale e una relazione sempre più complessa, segmentata e contraddittoria di un Paese che si sta trasformando nelle proprie abitudini, nei propri consumi e nella composizione sociale.

Al centro della riflessione, la parola gusto, che meglio rappresenta il rapporto tra individuo e società, quell’insieme inscindibile tra piacere individuale e condivisione collettiva, meccanismi nutrizionali e fenomeni culturali, capace di rappresentare la complessità dei temi legati al cibo. Racconta Laura Lazzaroni:

Abbiamo lavorato con un comitato scientifico di eccellenza, con scuole di design e laboratori, agenzie spaziali, istituzioni e associazioni, fotografi ed editori, artisti e artigiani.

Curare questa mostra con Massimo Montanari è stato molto emozionante! Per chi come me ama le parole, l’esercizio di cesellarle nel corso di interminabili “partite di ping pong” (abbiamo chiamato così i nostri scambi di testi in lavorazione, avanti e indietro, un colpo io, un colpo lui, via email, anche di notte) è stato fondamentale.

Ho imparato moltissimo, non solo dalla sua cultura e sensibilità (maniacale) applicata allo scritto gastronomico, ma anche dalla sua brillante ironia e garbo inscalfibile.

La mostra è accompagnata da un calendario di workshop, show cooking, convegni, talk e iniziative che coinvolgeranno il pubblico con il contributo di cuochi, scienziati e artisti che, fino al 25 settembre, esploreranno una serie di temi chiave.

Il mese di aprile sarà dedicato a Il Gusto del Futuro e ruoterà attorno a domande come: cosa mangeremo nei prossimi decenni? Quali sono le nuove forme di coltivazione? Che direzioni sta prendendo la ristorazione?

Ad inaugurare il palinsesto sarà il convegno Veneto biologico | Persone, modelli e politiche per un’agricoltura sostenibile, in programma nel pomeriggio del 7 aprile dalle ore 17.30. Organizzato dalla Regione Veneto e dall’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’incontro si propone di dialogare sul presente e sul futuro del settore biologico in Veneto, dei suoi modelli di business e degli impatti del biologico sulla alimentazione di ciascuno.

Il convegno sarà anche occasione per la presentazione ufficiale dello studio Atlante dei modelli di business delle imprese del biologico, nato dalla convenzione tra la Regione del Veneto e l’Università Ca’ Foscari Venezia nel quadro del Programma di Sviluppo Rurale del Veneto 2014-2020. La ricerca, condotta dall’Agrifood Management & Innovation Lab del Dipartimento di Management di Ca’ Foscari, ha perseguito l’obiettivo di cogliere la varietà delle strategie delle imprese di questo importante comparto dell’economia regionale per individuare le sfide del futuro e meglio orientare le politiche pubbliche a sostegno.

Al termine dell’incontro è previsto un aperitivo biologico, riservato ai partecipanti all’evento. Per partecipare, iscrizioni qui. E qui il Programma dell’evento.

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“Fish-Butcher” ad Anzio è il nuovo spin-off di Romolo al Porto, ovvero un “Ristorante di Mare Norcino” dove poter gustare salumi di pescato locale, primi e secondi, ma anche tartare, selezioni di caviale Giavieri e ostriche, tutto accompagnato da straordinari Champagne protetti da una cantina a vista.

 

Ammiro le persone affamate di sapere, che non perdono tempo, ma lo moltiplicano, che sfidano i proprio limiti, che si spingono oltre, che guardano il mondo con continua curiosità e continua voglia di imparare.

Walter Regolanti, istrionico chef di Romolo al Porto, solida insegna ansiate tra i lustri del litorale romano, avrebbe potuto continuare comodamente a governare, assieme alla sua affiatata ciurma, l’ammiraglia di famiglia che solca generosi mari. E invece no. Sfrutta il vento della pandemia, vive la sfida e torna a studiare anzi, ad approfondire una materia che già possiede bene ma che gli avrebbe riservato sorprese, sapide soddisfazioni e aperto nuove rotte.

Perchè una “Norcineria di Mare” ad Anzio?

Fish-Butcher arriva dopo tanti anni di lavoro di studio. E’ un percorso che raccoglie le tante esperienze di vita e professionali, quella mia, di mio fratello Marco, di Umberto del meraviglioso staff di Romolo al porto.

Durante il lockdown ho avuto il tempo di fare ciò che raramente noi chef abbiamo il tempo di fare, il tempo di studiare, di leggere, di guardarmi intorno. Così ho avuto modo di fare sfogo alla mia curiosità e interessi, tra cui le fermentazioni, l’alta cucina, la cucina popolare, la cucina etnica.

Tra questi temi e libri, mi ha folgorato il ‘Grande libro del pesce‘ di Josh Niland, che mi ha illuminato sulla possibilità di recuperare il pesce come non avevamo fatto prima.

Nonostante veniamo dal mondo dell’ittica, questo testo mi ha mostra un modo nuovo di pensare a ogni aspetto della cucina di pesce.

 

Un libro che sprona a considerare il pesce per quello che è e ben oltre, ovvero una ricca fonte di proteine che merita, per ogni taglio, lo stesso rispetto reverenziale dedicato alla carne. Dalla scelta del prodotto alla sua lavorazione, dalle tecniche di frollatura e stagionatura fino ai trucchi per ottenere una pelle croccante, Josh Niland mette in discussione tutto ciò che pensavamo di sapere sull’argomento.

Nel panorama anziate, cosa rappresenta Fish-Butcher?

Fish-Butcher è un modo nuovo e antico di mangiare il pesce, una valida alternativa al solito aperitivo ma anche una cena impostata su parametri totalmente diversi per quel che ha riguardato la “ristorazione marinara” fino a questo momento.

In carta tartare, selezioni di caviale Giavieri, ostriche, primi come “amatriciana di mare” e secondi come “ombrina, agretti e fondo bruno”, oltre ai dolci fatti in casa, e tutto da accompagnare con straordinari Champagne.

 

Come hai costruito questo nuovo concetto di mare che poggia sull’ esperienza centenaria della famiglia Regolanti?

Ho mandato lo staff a fare i corsi da Marco Claroni, chef amico che ammiro, ho osservato il lavoro di altri grandi chef come Lele Usai, Gianfranco Pascucci, Pasquale Palamaro. Professionisti che hanno iniziato questo studi prima di me e dai quali ho potuto attingere per migliorare, e senza prendere meriti che non mi spettano.

 

In cosa si distingue Fish-Butcher?

L’unica differenza, l’unico step in più che abbiamo compiuto, è stato quello di creare un luogo, un ristorante interamente dedicato a questo concetto, proprio accanto a Romolo al Porto per offrire una completezza di idee sul pescato che ci mancava con un design diverso, meno popolare e più moderno nell’ arredo.

 

Qual è il pesce che ti ha dato maggiori soddisfazioni tra lavorazioni norcine e stagionature?

Uno su tutti il Morone, la ricciola di fondale o centrolofo nero, che offre una qualità di carne che, se ben speziata, ti permette di spaziare e ottenere risultati meravigliosi, come il lardo di Morone, che è tra le nostre lavorazioni di punta; poi il tonno per la sua molteplicità di usi, per la bresaola che si riesce ad ottenere, che stupisce per le affinità con quella di manzo, così come per le salsicce al coltello e quelle di crostacei.

Noi, come sempre, lavoriamo solo pescato locale. Questo farà la differenza nella nostra offerta, che è dettata dal mare. Ci sono periodi con più varietà e pesci più piccoli e periodi, come questo, con pesci più grandi, ma in minori quantità.

 

L’apertura, da questo punto di vista, è andata benissimo, e i feedback ci stanno aiutando a calibrare la sapidità per ogni preparazione, che va dosata, controllata e capita. E tutto ci sta aprendo un mondo nuovo e questo è molto bello.

 

Oltre alle preparazioni artigianali, avete dovuto introdurre qualche macchinario specifico per raggiugere questi risultati?

Noi abbiamo un macchinario che da questo punto di vista ci aiuta tantissimo.

Il Pesciugatore, che è l’unico armadio per il Dry Age del Pesce a pH controllato, per l’affumicatura, cottura e cura dei salumi di mare. Controlla parametri specifici e ci da la possibilità di frollare, maturare e affumicare il pesce. Un macchinario di vitale importanza per chi voglia avvicinarsi a questa tipologia di preparazioni in totale sicurezza per l’ospite.

 

Oltre la passione, la ricerca e la competenza, cosa ha reso davvero possibile il tutto?

Lo Staff. La squadra, sempre propositivo e al passo con le nostre. La collaborazione e il sostegno sono stati determinati per l’apertura e lo saranno0 per il proseguimento di questa avventura.

 

Fish-Butcher Salumaria

Via del Molo Innocenziano 21, Anzio

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Riapre il Ristorante Reale, 3 stelle Michelin d’Abruzzo a Castel Di Sangro, con un nuovo menù che racconta il viaggio di Niko Romito nella sperimentazione vegetale, sempre nel segno di una semplicità solo apparente.

Proposto assieme ad una carta di grandi classici e piatti inediti, la degustazione è il nuovo manifesto di sapori dove materia, ricerca, essenzialità e gusto dialogano per creare o ricreare una cucina italiana orientata al futuro e che sfida il percepito comune.

Il Ristorante Reale, tre stelle Michelin, cuore pulsante di un ex Monastero del ‘500 Casadonna a Castel di Sangro nel Parco Nazionale d’Abruzzo – e che comprende un vigneto sperimentale, un frutteto, un giardino di erbe aromatiche e spontanee, 9 camere di charme e l’“Accademia Niko Romito” – riapre il prossimo mercoledì 23 marzo con un menu vegetale orientato al futuro, che rivoluziona e riposiziona percezioni e gradimento del sentito comune in materia verde.

Quello di Niko romito è un nuovo lavoro sulle strutture vegetali, sulle texture, sulle maturazioni, che animano e stimolano lo chef da molti anni. Un processo creativo che si pone come obiettivo quello di estrarre da verdure e ortaggi nuove sensazioni e sentori, fino agli aromi sopiti all’interno delle materie prime, attraverso ricerca e sperimentazione continua, tradotta nella volontà di nobilitare ingredienti “semplici” attraverso creatività e intuizioni.

“Quest’anno più che mai, mi sono reso conto che i piatti vegetali sono quelli in cui la nostra creatività si è espressa in maniera tanto dirompente quanto assolutamente spontanea e proprio da qui nasce il nuovo menu degustazione vegetale; una tavola di colori, di gusti e sapori, che hanno sfumature gustative che altri ingredienti non hanno.

La chiave di volta è la preparazione, perché il processo creativo che guida la trasformazione dell’ingrediente, esaltando la sua forza gustativa, preservandone la purezza intrinseca e intervenendo sulla struttura e le sue sfumature, diventa, paradossalmente, più importante dell’ingrediente in sé.

L’esercizio creativo è stimolato dall’obbligo che la materia prima stessa impone di seguire delle regole, di sottostare a delle costrizioni che, nel vegetale sono rigidissime ma che se rispettate e interpretate, lo portano in un’altra dimensione.” 

Carota. Carciofo. Broccolo. Cavolfiore. I suoi piatti assegnano spesso la parte ad un attore protagonista in cerca di autore, un monoingrediente frutto della generosa terra, e che attende all’uomo, al cuoco, allo chef di pensiero ricollocare e valorizzare.

E Niko lo fa una poetica assolutamente personale, nel segno di una semplicità solo apparente. Una semplicità che è sintesi complessa, che nasconde strati di uno studio sperimentale finalizzato all’estrazione concentrata di sapore puro, in consistenze cotte e crude, ricercate e ricreate.

Un piatto ben preparato è un piatto che soddisfa chi lo mangia e una carota o un cavolfiore possiedono la stessa dignità di un grande piatto di carne o di pesce.

Il nuovo menu degustazione è frutto di un lavoro di applicazione e impegnata riflessione sul mondo vegetale, che gli restituisce la complessità e la completezza che merita.

Ben oltre i retaggi culturali che legano le categorie verdi a derive di benessere ipocalorico e regimi dietetici, la bontà di un vegetale è un mondo da indagare, valorizzare, e dal quale lasciarsi sorprendere.

Oggi più che mai il lavoro del cuoco è quello di indicare una vita, oltre che stimolare e stupire palato, per aprire un orizzonte su un linguaggio sempre più attuale, che rispetta le esigenze di un mondo che sta cambiando e lascia un messaggio importante, specialmente ad un pubblico giovane che sarà chiamato ad affrontare le sfide e i cambiamenti che tutti noi stiamo già vivendo.

DEGUSTAZIONE REALE

Gelato di piselli

Carota

Cipolla rossa, Vermouth e pepe rosa

Pane

Foglia di broccolo e anice

Sedano rapa, nocciola e cardamomo

Verza arrosto

Infuso di bosco con ravioli di mandorla

Fagioli e bieta

Linguine e peperone

Arrosto di indivia con patate e rosmarino

Radicchio e arachidi

Cavolfiore gratinato

Arancia

CARTA REALE

Trota, mandorla e alloro

Anguilla, limone, aglio arrostito e peperoncino

Calamaro arrosto, pompelmo rosa e olive nere

Costine di agnello e maionese di patate

Insalata di pollo e lattuga

Assoluto di cipolle, parmigiano e zafferano tostato

Ravioli con ricotta di pecora e acqua

Fettuccelle di semola, gamberi rossi e pepe rosa

Fusilli, pollo, rosmarino e polvere di peperone verde

Piccione fondente e pistacchio

Manzo torbato e patate

Anatra fredda e acqua affumicata di anatra

Spigola, lattuga e capperi

Granita di liquirizia, aceto di vino, cioccolato bianco e aceto balsamico

Essenza

Meringa, lampone e mou

“Della mia cucina si dice spesso che è semplice. È verissimo, nel senso che manca di complicazione, eppure sottintende una notevole complessità. La complessità in cucina può essere vantaggiosa, la complicazione mai”.

La degustazione prevede 14 portate a 170 euro, a cui l’ospite può aggiungere altre tre portate a 30 euro/cad dalla Carta reale.

Ristorante Reale*** – Casadonna

Contrada Piana Santa Liberata, 67031

Castel di Sangro, AQ

0864 69382

photocredits

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Si chiama Ievgen Klopotenko, ha 35 anni, è lo chef del Ristorante “100 rokiv tomu vpered” di Kiev, è stato il vincitore di MasterChef Ucraina, ed è l’unico ucraino nella lista “50 Next”, ma non ha esitato un attimo a trasformare il suo ristorante in un rifugio per militari e a lanciare un appello internazionale ai cuochi per sentire e stimolare sostegno e vicinanza: «Make Bortsch not War».


Per i primi tre giorni abbiamo utilizzato gli ingredienti stoccati nelle celle frigo, ora sono i fornitori che ci aiutano con quello che possono. Un giorno pollo, un altro orate congelate, a volte solo verdure… Non sappiamo cosa cucineremo domani, dipende da quello che ci viene fornito. I negozi sono quasi vuoti e il poco che si trova è destinato alla popolazione. È già un problema trovare farina e cereali, perché sono i primi prodotti che tutta la gente ha accumulato in dispensa all’inizio degli attacchi. Il ministro dell’agricoltura sta cercando di ripristinare le forniture.

Così racconta lo Chef Yevgeniy Klopotenko unico ucraino nella lista ’50 Next’, i talenti del futuro prossimo in cucina, patron del ristorante “100 Rokiv Tomu Vpered”, tradotto dall’ucraino “100 anni fa nel futuro”, che distingueva la sua cucina con aggiornamenti moderni sui piatti tradizionali ucraini e che, anche negli arredi, seguiva il tema della “creazione di una connessione tra il passato storico e il presente innovativo dell’Ucraina”.

Abbiamo dovuto adattare il nostro modo di cucinare alle grandi quantità. Eravamo abituati alla cucina fine dining, menu creativi per poche persone ogni sera. Ora cuciniamo per migliaia di persone, i piatti devono essere gustosi e nutrienti, e devono restare caldi e buoni anche dovendoli trasportare. Vorrei che la comunità internazionale capisca chi siamo, che l’Ucraina esiste, che non siamo parte della Russia, abbiamo la nostra cultura, anche gastronomica. Quando tutto questo finirà, vorrei invitare tutti a vedere chi siamo, un Paese che non ha paura, che ha combattuto per difendere la propria libertà. 

Il ristorante è suddiviso su due livelli. Una sala da pranzo, un bancone bar, una sala banchetti utilizzata per feste private e masterclass tenuti dallo chef Klopotenko, mentre una sala da pranzo più piccola e una cucina si trovano al primo piano, dove, grandi finestre facevano entrare la luce del futuro. Adesso ci sono circa 30 persone, la metà per proteggersi dalle bombe, mentre gli altri cucinano per i militari. Poi dipende dai giorni, quando suonano le sirene il numero aumenta.


L’appello: «Make Bortsch not War»

Sto chiedendo a tutti i cuochi internazionali di cucinare il Bortsch e di servirlo nel proprio ristorante, di postarlo sui social, perché è un piatto Ucraino. A volte basta poco, “Make Bortsch not War” ci aiuterebbe a sentirci meno soli – sottolinea infine Klopotenko – e ci farebbe sentire il sostegno dei nostri colleghi nel mondo.

Ora il presente è (purtroppo) molto diverso da come lo si poteva immaginare. Un presente strappato al presente stesso. Con un futuro da ricostruire partendo e ripartendo dalla propria identità forte e fiera, dalla propria cultura, dalle proprie radici che, quando sono profonde, non gelano mai.

Photodredits interior design @Yevhenii Avramenko

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