Sara De Bellis

Autore: Sara

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Dalla Crescia valdostana all’Aceddu cu l’ova siciliano passando per Cimma e Fugassa, Mazzarelle e Coratelle, Pastiere e Scarcelle: 3 tappe per scoprire le prelibatezze d’Italia, i suoi piatti tipici pasquali, le simbologie, le leggende e curiosità legate alle preparazioni tradizionali delle nostre 20 regioni-scrigno. Prima tappa: Valle d’Aosta, Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Liguria.

La Primavera, così come la Pasqua, non la puoi fermare, non la puoi recintare. La natura si risveglia dal torpore invernale e, coincidendo con uno dei momenti fondamentali nell’anno liturgico cristiano, amalgama a sé quell’insieme di gesti agropastorali propiziatori per il raccolto della futura bella stagione che si sono fatti nel tempo cibo divenendo tradizioni gastronomiche che, ben oltre i dialetti, uniscono l’Italia tutta.

Con le dovute varianti da regione a regione, ma tutte inneggianti ai frutti della buona primavera, la tradizione di origine cattolica prevede che si festeggi con l’agnello o il capretto al forno, erbe di spontanee, verdure di stagione e formaggi spesso lavorati assieme e chiusi in fragranti torte rustiche, poi, chiaramente tante uova, simbolo di vita, rinascita, rinnovamento.

Dalle Alpi alle calde coste isolane sulle tavole di Pasqua e Pasquetta non possono così mancare pani poveri e saporiti, torte ricche e farcite, frittate e frattaglie, risotti e lasagne, carni da cortile, arrosti e brodi, dolci e brioche, colombe e cioccolati.

Le tradizioni di origine ortodossa vogliono inoltre che la Pasqua sia per eccellenza occasione per ritrovarsi in compagnia numerosa.

Ma se la Pasqua 2020 ci impone ci stare a casa e soli, ecco una ragione in più per cimentarsi nella preparazione di ricette meno note e sperimentare i sapori della primavera italiana superando così, almeno a tavola, i confini razionali e regionali. Buona Pasqua

– Val d’Aosta

La Crescia di Pasqua valdostana è un pane-focaccia perfetto per accompagnare i salumi, impastato con formaggi stagionati, uova, olio evo e abbondante pepe nero. Nel nome e negli ingredienti ci ricorda la “sorella marchigiana” con le uniche differenze che nella versione valdostana non compaiono il latte, il formaggio a pezzetti e gli albumi vengono montati a neve per donare alla crescia una consistenza più soffice.

Tra le prelibatezze annoveriamo anche la Torta Pasqualina, una torta rustica che protegge un tripudio di erbe primaverili e selvatiche come ortiche, foglie di papavero campestre e di primula, germogli di luppolo, tarassaco, piantaggine, erba cipollina, salvia, rosmarino, foglie di erba San Pietro e quelle che la natura offre, sempre perfetta accanto allo Spezzatino di agnellone in umido, una ricetta antica che lo rende gustoso eliminando il suo gusto “selvaggio”.

– Lombardia

Capretto ed erbe spontanee (nelle valli prealpine, come a Bergamo e in Valtellina), poi tante uova (simbolo di rinascita e che venivano benedette in Chiesa assieme agli agnelli), formaggi, focaccia dolce e torta salata pasquale lombarda, insolita e poco conosciuta, che è una deliziosa pasta sfoglia farcita con un impasto di pollo rosolato, prosciutto, parmigiano, asparagi, sale pepe, timo e prezzemolo.

Nel Pavese e nell’Oltrepò, insieme con l’insalata novella e al salame crudo sono indispensabili le torte: di erbe spontanee, di carciofi e di riso. Caratteristico il dolce a forma di cestino con dentro un uovo sodo che si offre ai bambini, il cavagnè dl’euv.

Nel lodigiano si riempiono le uova con tonno e insalata russa, poi c’è anche il brodo caldo, spesso con la stracciatella nuova e prezzemolo e il capretto arrosto. Tipico dolce pasquale è l’agnello di pasta sfoglia farcito con crema pasticciera o chantilly.

A Pavia, dove era tradizione sacrificare l’ultima gallina o il gallo per il brodo del risotto, si vanta l’invenzione della colomba, simbolo di salvezza e resurrezione, dolce ora diffuso in tutta la penisola. La colomba pasquale è un dolce simile al panettone, arricchito di una copertura di amaretto e mandorle. La storica azienda milanese Motta decise di confezionare questo prodotto nei primi del Novecento, ma la sua storia però ha origini ben più lontane.

LA LEGGENDA PAVESE
Si narra che verso la metà del VI secolo, il Re Alboino, sovrano dei Longobardi, dopo avere lungamente assediato la città di Pavia, riuscì ad occuparla il giorno della vigilia di Pasqua del 572.
Il sovrano prima di dare la città alle fiamme, decise di accettare i doni che i cittadini volevano offrirgli. Così ricevette in dono dodici meravigliose fanciulle che avrebbero dovuto deliziare le sue notti e, mentre rifletteva sulla sorte di Pavia, si presentò al suo cospetto un vecchio artigiano con dei pani dolci a forma di colomba:
“Sire, – disse il vecchio – io ti porgo queste colombe quale tributo di pace nel giorno di Pasqua”. All’assaggio i pani risultarono così buoni da spingere il sovrano ad una promessa: “In onore di queste colombe, rispetterò la città e i suoi abitanti”.
Ma in realtà, quel buonissimo dolce, nascondeva un sottile inganno: quando il Re Alboino iniziò a chiedere alle fanciulle quale fosse il loro nome, si vide rispondere sempre la stessa cosa, cioè ‘Colomba‘.
Alboino comprese il raggiro che gli era stato giocato, ma rispettò lo stesso la promessa di salvare Pavia e i suoi abitanti.

Oltre alla colomba pavese e lombarda, c’è quella diffusa in Sicilia, chiamata anche ‘palummedda’ o ‘pastifuorta’. Si tratta di piccole colombe in pastaforte, realizzate con zucchero, farina doppio zero e cannella. Hanno una forte consistenza, da qui il nome di pasteforti. Tramandata dai nonni ed ancora prima, si dice che fosse regalo di scambio tra i fidanzati. Ma questa è un’altra storia.

– Piemonte

Accanto alla frittata rognosa – con salame o salsiccia sbriciolati – tipica delle zone rurali, abbondano poi Agnolotti del Plin, vitello tonnato e agnello al forno con patate (con la particolarità che deve essere lasciato a marinare almeno per tutta la notte) arrosti di maiale o vitello, salsa verde obbligatoria (bagnet Verd) e la ciburea (sorella del Cibreo toscano?) preparata con con le parti meno nobili del pollo (frattaglie, ali, collo) cotte in umido con le patate, anche detta in “bagna”.

Altro piatto tipico della Pasqua in Piemonte sembra sia il Tonno di coniglio alla Piemontese: un piatto che si consuma freddo, ideale come antipasto del pranzo di Pasqua o come portata del pic-nic di Pasquetta. Potete accompagnarlo con crostini di pane rustico o usarlo per farcire panini integrali.

– Veneto

“Xe Pasqua! Xe Pasqua! Che caro che go, se magna ea fugassa, se beve el cocò.” È Pasqua! È Pasqua! Sono contento, si mangia la focaccia e si beve l’uovo.

Risi e Risotti con gli asparagi, capretto o agnello al forno con le erbette, mostarde di mele cotogne e semi di senape, insalata pasqualina (un’insalata mista con i fiori di primula, i cipollotti novelli, formaggio, uova sode, panna fresca, erbe aromatiche, erba cipollina e olio EVO) e sua Maestà la fugassa.

Sembra infatti che in Veneto “non è Pasqua se non c’è fugassa“, una “focaccia” dolce un tempo cotta a legna di antichissima tradizione risalente alle prime feste cristiane in onore della Resurrezione di Gesù celebrate sempre con grande solennità.

Si narra anche, oltre a Pasqua e proprio per la sua carica benaugurale venisse preparata in occasione dei fidanzamenti e donata alla famiglia della futura sposa con dentro l’anello.

– Friuli Venezia Giulia

Anche qui asparagi selvatici, agnelli al forno, brodi e pinza triestina, un particolare e amatissimo dolce non dolce tipico pasquale, una sorta di brioche perfetta sia con salumi e formaggi, sia con miele e confetture.

Sulla pinza è tradizione fare tre o quattro tagli sulla sommità dell’impasto. Questi taglio “a croce”, comune a molti pani, hanno per tutti un duplice significato: nella tradizione cristiana simboleggiano il martirio di Cristo, nella pratica servono a far lievitare meglio l’impasto. Oltre le erbe spontanee e agli ortaggi di primavera anche gli animali da cortile contribuivano a far ghiotta la Pasqua: alla gallina o al tacchino o al coniglio si univa anche carne di manzo per fare el brodo taià (misto), poi la minestra con il riso o con le tagliatelle fatte in casa.

Da segnalare la tradizione che ancora oggi si ripete a Timau, legata alla schultar, la spalla di maiale affumicata. La sua preparazione inizia con la salatura a secco e poi l’affumicatura con i legni profumati. Una volta cotta viene portata in chiesa per la benedizione insieme al salam cuet, salame affumicato. Le specialità vengono accompagnate dalla pinca o sirnica, tradizionale pane dolce pasquale croato con uvetta e scorza d’arancia.  

A Trieste e Gorizia, anche qui spalletta di maiale o prosciutto caldo cosparso di crema grattugiato o in salsa e, nella zona del Carso anche da fiori di finocchio selvatico, uova sode colorate e gelatina, il tutto accompagnato dalla tipica pinza. Della merenda goriziana sono tipiche anche lis fulis o fulje o fule, un dolce piuttosto curioso di origine medievale, che mischia insieme dolce e salato, si tratta di polpettine con pane raffermo grattugiato, zucchero uova, formaggio, scorze di agrumi, erba cipollina brodo di maiale. Alcune varianti prevedono canditi e pancetta o lardo, chiodi di garofano e diverse spezie.

– Trentino Alto Adige

Anche nel periodo pasquale si possono degustare dei piatti tipici, come le polpettine pasquali in Trentino fatte con polpa di agnello macinata, rosmarino, scalogno e prezzemolo, avvolte in una rete di maiale, fatte rosolare nell’olio caldo e poi infornate o lasciate cuocere nel sugo.

Ma la Pasqua coincide anche con il periodo della raccolta degli asparagi bianchi di Zambana, in Trentino, protagonisti di tortini di asparagi e risotto agli asparagi, capretto, e per dolce la Corona pasquale tipica del Trentino: un impasto di farina, latte, uova, zucchero, burro, panna fresca e succo di limone, a cui viene data la forma di corona e guarnita poi con uova sode.

Esiste e resiste poi un’usanza propiziatrice che vede regalare dai padrini e madrine ai figliocci un pane a forma di gallina o coniglio chiamato Fochaz che viene benedetto in chiesa. Questo pane in particolare accompagna il prosciutto Pasquale (osterschinken) tipico dell’Alto Adige, ricavato dalla coscia di maiale senza stinco, senza fesa e senza filetto.

– Liguria

La razza dei genovesi è come quella dei pellerossa, si sta spegnendo poco a poco. È un peccato per il mondo, cui abbiamo regalato due cose grandi come l’America e la torta Pasqualina”. Così scriveva il giornalista Giovanni Ansaldo nel 1930. L’origine di questo piatto tipico si perde nella notte dei tempi e la paternità è contesa. Ma i liguri possono vantare di avere dalla loro parte un documento del 1500 di Ortensio Lando, che cita la pasqualina genovese nel “Catalogo delli inventori delle cose che si mangiano et si bevano”, apprezzandola a tal punto da scrivere: “A me piacque più che dell’orso il miele”.

La Torta pasqualina è la celebre torta rustica della Pasqua genovese realizzata con un ripieno ricco di bietole, uova e prescinseua (più spesso sostituita con la ricotta) e maggiorana fresca: la vera tradizione vuole sia fatta con ben 33 sfoglie in riferimento all’età del Messia. Esiste anche una variante molto diffusa che prevede l’aggiunta di carciofi, cipollotti e piselli,.

Poi c’è la Cima ligure (Cimma in diletto, un suggestivo piatto povero realizzato con la pancia di vitello lavorata come una tasca e farcita da diversi ingredienti, spesso un impasto di formaggio, piselli e carote, poi cotta in un brodo vegetale e fatta riposare sotto un peso),

Il metodo e la grande cura nella preparazione di questa specialità popolare e tradizionale sono ben raccontati e descritti nella canzone in dialetto genovese cantata da Fabrizio De Andrè e scritta con Ivano Fossati, A Cimma, dedicata proprio alla ricetta tipica ligure. (il link del brano qui).

Grandi protagonisti anche le interiora d’agnello – il cosiddetto Giancu e neigru d’agnelletto (una sorta di “sorella coratella” di cuore, fegato, milza, polmone, rognone, tagliati a strisce e cotti con olio, aglio, prezzemolo, vino bianco, sale e pepe, da mangiare il sabato santo) – uova a barchetta e Agnello al forno con le patate. 

Tra i dolci spiccano invece i Cavagnetti di Brugnato dalla forma di un piccoli cestini con il manico, dal quale deriva il nome, dentro ai quali viene posizionato un uovo intero, guscio compreso. L’impasto a lunga lievitazione, realizzato con farina e lievito di birra, zucchero, burro anice e buccia di limone grattugiata cuoce con il suo uovo in forno per circa mezz’ora.

Il Cavagnetto, ovvero cestinetto, è considerato il dolce pasquale tipico del Comune di Brugnato in quanto un tempo veniva preparato il giorno della vigilia e portato in chiesa dai bambini per la benedizione, quindi mangiato in famiglia il giorno successivo.

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Italia blindata fino a dopo Pasqua. Nonostante questo la voglia di pensare al dopodomani è più forte, e già si cominciano a fare previsioni per le riaperture. Con la fine dell’emergenza però non tornerà immediatamente tutto come prima, nè a livello territoriale, nè per tutte le attività lavorative. Si prevede una graduale riapertura delle imprese, ma per negozi, aziende, ristoranti, bar e pub ci vorranno ancora settimane e bisognerà osservare alcune misure di contenimento per molto, molto tempo. 

Difficile dare una data certa per vedere rialzate le serrande italiane. Nonostante il previsto futuro attenuarsi delle misure di contenimento e la possibilità di usare lo “stop and go” degli inglesi, le prime attività a riaprire potrebbero essere quelle della filiera alimentare e farmaceutica, mentre in fondo alla lista rimangono i luoghi che creano assembramento come pub, discoteche, sale eventi, bar e ristoranti. E anche quando verranno riaperti, norme straordinarie rimarranno in vigore per molto tempo ancora, tra cui il famoso metro di distanza tra i clienti e servizio al tavolo. 

Anche la domanda, a quel punto, sarà profondamente modificata nella struttura psicologica e nella capacità economica; sarà diversa e limitata ai confini nazionali, crescerà gradualmente, soprattutto in ambito internazionale, mentre i segmenti e i canali di vendita classica si stanno già modificando. E come e quanto cambieranno la percezione del benessere, le esigenze, i consumi dei cittadini in tempo di post-pandemia? Come si andrà a riconfigurare l’enogastronomia italiana e il turismo? Come reagirà il mondo gourmet? Quanto inciderà sulla ristorazione classica il passaggio dall’offline all’online, i servizi di food delivery e la consegna cibo a domicilio? 

Come, in sintesi, e da dove si ripartirà per ricostruire la nostra Italia? E come la Ristorazione deciderà di ottimizzare le tante possibilità di una crisi che, letta al contrario, potrebbe essere un’occasione più unica che rara per cambiare il mondo in meglio e recuperare i valori tradizionali in cucina come nella vita? 

Cosa dicono, cosa ne pensano i nostri Chef, Pizzaioli, Ristoratori, Imprenditori, Produttori, Albergatori, Psicologi e Giornalisti? Ogni settimana rispondono 7 Protagonisti e Intellettuali del Settore sul tema “Ristorazione e Futuro”.

Sandro Serva, Patron – La Trota dal ‘63, Rivodutri (RI) – 2 stelle Michelin

I consumi seguiranno di più la bussola della qualità e dell’autenticità del prodotto. Prevedo una crescita della spesa a dettaglio da parte delle famiglie, ma anche il mondo della ristorazione non si sottrarrà a questa tendenza, anzi ne sarà uno dei principali promotori. 

Smetteremo di parlare di percezione e inizieremo a parlare di “primato del benessere” in tutte le sue declinazioni, in nome di un principio-guida, quello della prevenzione. Cibo e alimentazione ne sono e ne saranno i simboli più rappresentativi. 

La fisicità fa parte del nostro modo di interagire, è un tratto caratterizzante della nostra italianità. Per qualche tempo, dovremmo metterla da parte. L’allenamento di queste settimane è duro, ma sono certo che quando ripartiremo saremo in grado di rivalutare alcune attitudini e gesti comportamentali che spesso abbiamo lasciato indietro, anche con i nostri più vicini e storici collaboratori, colleghi e clienti. 

Il turismo esperienziale sarà la chiave per ripartire. Ma questa volta dobbiamo farlo mettendo al centro l’ambiente, costruendo un modello di sostenibilità in grado di dialogare con tutte le altre sfere dello sviluppo economico. Il mondo dell’enogastronomia non deve rimanere indietro, ma cercare nuove e costanti sinergie con il territorio e i servizi turistici sostenibili che esso può offrire. Qui il lavoro di squadra farà la differenza. 

Come reagirà il mondo gourmet? I clienti gourmet non avranno timori a fare spostamenti o a spostarsi, ma crescerà anzitutto attenzione e sensibilità su tutti gli aspetti, ovviamente anche quelli legati alla sicurezza. Spetta a tutti gli operatori gourmet farsi trovare pronti: tavoli distanziati si ma non vorrei vedere personale di sala con la mascherina. Ovviamente ci adegueremo se necessario! Il primo ingrediente di qualità rimane l’ospitalità, unica quella italiana. 

Quando inciderà sulla ristorazione classica la vendita all’online?Inciderà più di prima, soprattutto nel breve periodo e soprattutto nelle metropoli dove ci sono sistemi e procedure più organizzate. Ma l’alta ristorazione non verrà toccata da questo processo, seppure già offre servizi di qualità anche in questo campo. La nostra azienda per esempio da tempo organizza banchetti e cene a domicilio ma tutto viene realizzato in loco con cotture espresse: non possiamo permetterci di stravolgere la nostra cucina portando cibi già precotti

Come si rimetterà in piedi la nostra Italia?Ci vuole tempo. Un anno e poco più per riorganizzarsi e ripartire, dobbiamo ricavare il bene da questo male. Abbiamo tutte le carte in regola per farlo, ma serve onestà intellettuale e memoria: anche nel nostro settore alcune mode estemporanee hanno generato, spesso tra i giovani, illusione e falsi miti. Questi ultimi faranno più fatica a ripartire e dovranno mettersi in discussione se vogliono diventare competitivi. La mia generazione ha sfidato ingenuamente la natura e oggi sta perdendo. Chiedo alla nuova generazione di convivere con essa, costruendo un futuro migliore. Io sono molto fiducioso. Viva l’Italia! Viva la cucina italiana ! 

Gabriele Muro, Executive Chef – ADELAIDE al Vilòn, Roma

Oggi, come in tutto il pianeta, il ristorante Adelaide al Vilòn è fermo. Si cerca però di non restare fermi con la mente, studiando nuove soluzioni per quando si ripartirà. Sono sicuro che tutto questo sconvolgerà per sempre la ristorazione italiana ma noi chef, ristoratori, camerieri, abbiamo il dovere e, quindi dobbiamo essere pronti, di rilanciare le attività di ristorazione, più carichi che mai. 

Saranno tutte nuove aperture, è per questo che sarà una seconda occasione,  per poter magari aggiustare il tiro e migliorare, allargare la propria fascia di mercato, aprirsi ad orizzonti magari sottovalutati. Di sicuro la strada è in salita, sarà dura e ricca di ostacoli, ma ricordiamoci sempre che noi abbiamo il vantaggio di vivere nel Paese più bello del mondo, dove da sempre la cucina e il cibo sono al centro della vita. 

Quindi quando tutto questo passerà, ritorneremo ad essere “invasi” da viaggiatori curiosi affamati della cultura del nostro amato Paese più che mai, perché puoi fare a meno di visitare altri posti, ma l’Italia no. E poi ci siamo noi, gli italiani, che tanto abbiamo amato cucinare a casa in questi giorni ma che desideriamo anche tanto tornare a mangiare fuori, a vivere un’esperienza al ristorante con lo stesso spirito di un viaggio: curiosità ed emozioni, il sapore della vita. 

Angelo Lucarella, imprenditore – Pasticceria Le Gourmandise, Bari

Non è un momento facile per tutti noi, ma dobbiamo essere fiduciosi. In questi giorni il più grande obiettivo deve essere quello di sconfiggere il “nemico” e tornare alla normalità. Quando tutto sarà passato avremo tanta grinta e i nostri clienti, sono sicuro, non ci faranno mancare il loro supporto tornando a gustare la nostra pasticceria da banco.

Qualche preoccupazione in più ci viene dal catering per cerimonie. Per esempio, quando ripartiranno matrimoni ed eventi? In tanti stanno decidendo di rinviare le proprie feste al 2021 e il nostro settore potrebbe soffrire: noi guardiamo oltre perché dopo la pioggia arriva sempre il sole. Siamo sicuri che la gente tornerà a festeggiare e noi ad accompagnare i loro momenti di gioia. Finirà presto. Da parte nostra un piccolo contributo alla risoluzione del problema: stare a casa; facciamolo e tutto, presto, ricomincerà e sarà più bello di prima.

Cristiano Iacobelli, chef – micro birrificio artigianale Atlas Coelestis, Roma

Sarebbe bello pensare che queste difficoltà ci possano donare la forza di migliorare ma non ci credo fino in fondo. Sarà un post pandemia critico per molti, si ridisegnerà il tessuto sociale e si vedrà ancor più marcatamente il divario tra chi potrà continuare a vivere con la consueta normalità e chi non lo potrà più fare. 

Comunque vada questo momento metterà a disposizione di tutti nuovi strumenti per valutare la vita a 360 gradi. Enogastronomia e turismo sono da sempre un pilastro della nostra economia, e penso che soprattutto il turismo dopo un periodo di difficoltà riprenderà la sua performance solita; la ristorazione e l’enogastronomia non legata al turismo per intenderci bisognerà adeguarsi alle nuove esigenze di un popolo colpito duramente che avrà forse nuove priorità con cui confrontarsi.

Se per gourmet si intende per mondo la ricerca da parte del consumatore del “buono pulito e giusto” questa non potrà che premiare chi in questi anni ha investito tempo risorse e cuore nel proporre già tutto questo perlomeno lo spero perché sarà per noi l’unica speranza di salvezza professionale.

Dovremo poi valutare attentamente la situazione, capire la tendenza e forse destinare qualche risorsa anche per questi canali online e delivery, ma onestamente penso che questo potrà continuare a funzionare per alcuni micro settori della ristorazione, perchè il fascino di una cena non può essere sostituito e il ristorante dovrà tornare ad essere un momento di gioia svago e perché no, di cultura.

Per noi la strada, da questo punto di vista, era già tracciata. Da tempo scrivo sui miei menù la sintesi di ciò che cerchiamo di essere “sapore, sostanza, sentimento, ricerca, pensiero, semplicità” e questo non è uno slogan pubblicitario, se abbiamo lavorato bene in passato il futuro ci verrà incontro perché per noi ieri era già domani.

Giuseppe Marchese, Direttore Generale di Ragosta Hotels Collection – Palazzo Montemartini Rome, A Radisson Collection Hotel + Hotel Raito e Relais Paradiso a Vietri sul Mare + La Plage Resort a Taormina

Il momento che stiamo attraversando dobbiamo necessariamente viverlo come un’occasione per guardare al futuro e dovremo investire tutte le nostre energie per interpretare le nuove esigenze dei nostri ospiti. 

Le nostre destinazioni rappresentano per antonomasia il nostro Paese – Roma, la Costiera Amalfitana, Taormina – e ripartiremo proprio da questo. 

Sarà la chiave che ci permetterà di far tornare in Italia quanto prima il mercato internazionale: la bellezza inconfondibile di location uniche, l’attenzione nella scelta delle materie prime e l’impegno di tutti, abbiamo già tutto quello che serve per far si che quando sarà il momento, sarà più bello di prima.

Chiara Magliocchetti, imprenditrice – Pianostrada – Pizza Amerina, Roma

Nel giro di poche ore, nel giro di pochi attimi si è passati dal rumore fragoroso delle chiacchiere dei clienti, dai profumi invadenti pieni di golosità al totale silenzio, alle luci spente. Ristorazione sospesa in attesa del rientro in gioco della “normalità”. Che nulla sarà come prima ce l’abbiamo ben stampato nella nostra mente.

Quando arriverà il momento della riapertura per i ristoranti? La strada sarà ancora lunga e piena di slalom tra minuziosi ostacoli. Dovremo esser pronti a muoverci in un nuovo scenario che ci spingerà ad un compromesso tra la realtà economica e l’importanza di mantenere la propria identità.

Gli italiani avranno belle energie da utilizzare, ma con un chiaro filtro economico e, alla nostra riapertura dovremo fare i conti con una parte mancante, l’energico turismo enogastronomico straniero, per citarne uno, che si affaccerà timidamente almeno verso il prossimo settembre.

Restare uniti. Questo è il semplice imperativo. Non perdere l’entusiasmo , che è ciò che da la carica a questo lavoro ed e’ ciò che questo lavoro ti restituisce. L’Italia tornerà a spendere e dovremo dare vitalità alle nostre materie prime, ai nostri artigiani con il valore del loro lavoro, filosofia da noi già adottata nel nostro piccolo. La spinta sarà tutta per riaccendere il motore del nostro Paese.

Per muovermi con ottimismo in uno scenario spettrale, direi che potremmo prendere questa occasione per ottimizzare le nostre possibilità, per imparare a tirar fuori il meglio di noi. Il Governo dovrà fare la sua, sostenendo le Nostre attività per non vanificare le famose energie che sostengono il famoso entusiasmo. Di tempo ne servirà, ma noi, pazientemente, ci ricostruiremo.

Luca Mastracci Pupillo, imprenditore e Pizza Chef – Pupillo Pura Pizza, Frosinone e Priverno (LT)

Io non sono made in Italy, di più, sono made in Ciociaria, made in Agropontino, e appena  saremo pronti per tornare alla normalità, si procederà su questa strada. Credo che sia proprio in momenti come questi che si evidenzia quanta forza ci sia nel nostro Paese, quanto sia importante il nostro Made in Italy e quanto valgano i nostri artigiani. 

Andare a comprare un prosciutto o un formaggio estero per me non ha mai avuto molto senso perchè abbiamo prodotti straordinari sotto il naso ma, in questo momento, ne ha ancora meno.  Quando tutto tornerà alla normalità, tutti dovremmo necessariamente tornare a lavorare con il nostro territorio, rifornirsi dagli artigiani locali che si stanno trovando in grande difficoltà  per ripartire e riattivare in modo sano l’economia italiana.

In questo periodo di “crisi” io sto riscoprendo la falia, un pane antico di Priverno, il nome deriva dal nome della signora che lo produceva e sfornava, la Signora “Lia””. La notizia della bontà del suo pane-pizza si sparse presto e, a chi chiedeva “chi lo fa questo pane”, la risposta era “lo-Fa-Lia”; da lì “FaLia”.

In questo momento ho attivato una doppia produzione, in pizzeria e per le persone che non possono permettersi molto alle quali lo distribuisco gratuitamente. Ecco, la riscoperta della tradizione e la solidarietà concreta sono le vere vocazioni di questo momento.

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Dal Revenge Spending – ovvero la “spesa della vendetta”- alle previsioni su come la Ristorazione d’Italia si rimetterà in piedi facendo leva sugli innumerevoli punti di forza di un Paese unico al mondo, ripensando la propria offerta enogastronomica in modo oculato, sano e lungimirante, ottimizzando le possibilità di una tabula rasa inattesa, sofferta e, proprio per questo, preziosa più che mai. La parola ai protagonisti del Settore. Ogni venerdì.

Lo chiamano Revenge Spending, ovvero la “spesa della vendetta” che sembra seguirà la quarantena da coronavirus e che già in piena corsa in Cina. Così come riporta l’articolo di Bloomberg News di qualche giorno fa, che include i pareri degli analisti, “gli acquirenti cinesi stanno lentamente tornando negli sfarzosi centri commerciali e boutique dove hanno guidato la crescita dell’industria del lusso globale mentre le misure di quarantena del coronavirus si rilassano”. 

Anche il quotidiano China Daily ha recentemente pubblicato un altro articolo per inquadrare quello che sarà l’umore post-quarantena dal titolo Recovery wish list being drawn up, ovvero: “Lista dei desideri post-crisi in fase di elaborazione”, sul podio proprio andare al ristorante, viaggiare, festeggiare e fare shopping.

Dopo la Cina anche in Italia, dopo una prima fase di ansietà e spaesamento, si passerà all’azione che terrà necessariamente conto di abitudini, esigenze e possibilità economiche decisamente modificate dalle circostanze attuali. E come cambieranno i consumi, la percezione del benessere, i comportamenti e le tendenze dei cittadini in tempo di post-pandemia? Come si andrà a riconfigurare l’enogastronomia italiana e il turismo? Come reagirà il mondo gourmet? Quanto inciderà sulla ristorazione classica il passaggio dall’offline all’online, i servizi di food delivery e la consegna cibo a domicilio? Come, in sintesi, si rimetterà in piedi la nostra bella Mamma Italia della Ristorazione, e come deciderà di ottimizzare le tante possibilità di una crisi che, letta al contrario, potrebbe essere un’occasione più unica che rara per cambiare il mondo in meglio e recuperare i valori tradizionali? Cosa dicono, cosa ne pensano i nostri Chef, Pizzaioli, Ristoratori, Imprenditori, Produttori, Albergatori, Psicologi e Giornalisti? Ogni settimana rispondono 7 Protagonisti e Intellettuali del Settore sul tema “Ristorazione e Futuro”.

Riccardo Di Giacinto – Chef Patron, All’Oro – Roma – 1 Stella Michelin

Questa che ci si presenta è una chance per ripartire con eccellenza e qualità, questa è l’unica chiave di lettura possibile.

Noi siamo l’Italia, abbiamo il Paese più bello del mondo, abbiamo delle frecce importantissime al nostro arco e dobbiamo ricominciare a piccoli passi, riconquistare una clientela ripartendo da Roma e dai romani, pian piano allargando il cerchio alla regione, poi all’Italia; da ottobre i primi a tornare saranno i cinesi, poi il turismo ricomincerà ad essere dinamico e mondiale.

Il problema non è oggi, né a 60 giorni, lo Stato è intervenuto in maniera rapida con ciò che poteva permettersi, ma la strada è lunga. La vera ripresa la vedo dal 2021, ma non so se potrà essere paragonata al “Boom Economico” del Dopoguerra, le persone sono diverse, la vera Guerra e la vera povertà noi non l’abbiamo vissuta come i nostri nonni; ci manca lo spirito di vero sacrificio che ha permesso, in quegli anni, la rinascita di un Paese. Ma il popolo italiano è forte e pieno di risorse. Vedremo.

Francesco Apreda –  Chef, Idylio – Roma – 1 Stella Michelin

Abbiamo fiducia e coraggio di ripartire, sappiamo che tutto cambierà e dobbiamo sicuramente ridimensionarci e riposizionarci su un’offerta diversa con nuove idee. Consapevoli di avere la forza giusta dobbiamo ripartire con la giusta energia ma ottimizzarla lentamente per capire come reagirà il mercato. 

Sicuramente siamo consapevoli di essere un motore giusto per la ripartenza, la ristorazione sarà il punto di unione per unirci intorno ad un tavola, quindi sicuramente ripartire con prezzi più accessibili, tante materie italiane per aiutare il Paese e avere un processo di marketing ad hoc per parlare della nostra bellezza, della storia di un Paese che ha pochi rivali ed è pronto a farsi nuovamente conoscere al mondo per quello che vale: è ancora tantissimo quello che possiamo fare. 

Questo periodo di lunga riflessione ci aiuterà ad avere il giusto slancio per ripartire più uniti di prima, consapevoli di avere al nostro fianco l’appoggio del nostro team che ci aiuterà con stimoli ancora più incisivi. Forza Ragazzi non vedo l’ora di rivedervi in cucina!

Francesco Martucci, Pizza Chef e Patron – I Masanielli, Caserta 

Per ripartire tutti, le prime azioni riguardano le decisioni dello Stato, che dovrà permettere alla gente di avere tempo e modo di rialzarsi (visto che il decreto cura Italia è inutile) ed abolire tutte le tasse almeno per i primi tre mesi.

Il Paese uscirà a pezzi da questa situazione, non riusciremo a contare le aziende che avranno dovuto chiudere, purtroppo. Rimarrà solo chi ha spalle larghe abbastanza (e ce ne sono pochissimi nella ristorazione). Rimarrà chi è stato virtuoso sacrificando per il lavoro i risparmi di una vita (se mai basteranno). Io la sto vivendo come una sorta di selezione naturale, cinica e spietata.

Valerio Salvi, Ristoratore e Sommelier – Taverna Cestia, Roma

La Taverna Cestia è aperta dal 1967. Io sono la terza generazione al timone ma nessuna delle precedenti ha dovuto fare i conti con una situazione così. 

Parlo da ristoratore, da commerciante: quando torneremo al lavoro, dovremo confrontarci con una clientela nuova, diversa e sostenere una domanda che non avrà più la capacità economica di spendere come prima. 

Noi dovremo saper offrire lo stesso un’offerta enogastronomica valida e di contenuto, con intelligenza, attenzione al food cost, sostenendo le spese e facendo quadrare i conti.  Il mio auspicio, il mio desiderio, la mia promessa sarà quella, Stato permettendo, di dare il massimo facendo spendere il minimo; fare insomma la mia parte perchè si riattivi l’ingranaggio ristorativo e sociale.

Antonio Gentile, Chef – 47 Circus Roof Garden, Roma

La ripresa sarà dura e lenta per tutti i settori. Noi, che lavoriamo con il soprattutto con il turismo, avremo maggiori difficoltà. Credo che il centro di Roma soffrirà di più rispetto alla periferia, gireranno pochissimi stranieri e sarà complicato tenere in vita tante piccole realtà del centro storico.

Dovremo essere bravi adesso a ricordare agli italiani quanto sia bella l’Italia! È vero la tabula rasa può non essere negativa, ma nel ripartire poi bisogna essere forti e decisi, ci sarà poco spazio per i preziosismi e si punterà tutto sulla sostanza.

Proprio per questo, credo che bisognerà puntare a tutti i costi sul made in Italy, soprattutto in cucina. Dare spazio ai piccoli produttori, allevatori e soprattutto noi Chef dobbiamo cercare di creare piatti con un food cost più bassi, dando così la possibilità a tutti di muoversi con maggiore tranquillità. 

Perché, sicuramente, usciti da questa crisi sanitaria dovremo affrontare quella economica ma, nonostante tutto, penso che le persone avranno voglia di concedersi qualche piccolo sfizio e, una volta usciti dal periodo di reclusione, magari perché no, venire a cenare su una delle terrazze più belle di Roma.

Caterina De Angelis, Albergatrice – Hotel Diana Roof Garden, Roma

Per ripartire punteremo principalmente sui nostri pilastri:

1 – location: terrazza/giardino pensile con piante e fiori, che sono curati anche in questo periodo di quarantena, che sono per noi la giusta cornice per una location di effetto, calda ed accogliente in particolare all’aperto;

2 – accoglienza e servizio al cliente, insistendo in particolare sul giusto equilibrio tra professionalità e cordialità; 

3 – ricerca della qualità dei cibi. Selezione ed esplorazione di prodotti anche di nicchia. Con la ripartenza è nostra intenzione procedere selezionando prodotti locali di qualità per valorizzare particolari aziende del territorio della nostra regione nella condivisione e nel sostegno reciproco;

4 – scelta di vini in  abbinamento ai piatti proposti  selezionati sul tutto il territorio nazionale, anche qui con particolare attenzione verso le piccole aziende di valore e da valorizzare.

Angelo Troiani, Chef Patron – Il Convivio Troiani, Roma, 1 Stella Michelin

Qui è il mondo che si deve curare, che deve guarire. Credo che la questione sarà lunga, soprattutto per il nostro settore che vive di turismo e clientela internazionale. Tutto questo avrà un costo molto alto in termini aziendali, molti non riapriranno, molti dovranno inventarsi nuove formule. 

Noi rimaniamo positivi e stiamo continuando a lavorare con un servizio di “delivery non esclusivo”: la qualità del Convivio e un’offerta di ricette tradizionali più semplice, a prezzi medi che potranno apprezzare tutti. Alcuni di questi piatti credo inoltre che rimarranno nella futura proposta de “Il Convivio” così come il Delivery, che adesso è un’esigenza, ma nelle grandi città affianca di norma l’offerta ristorativa. E la clientela, romana dapprima, poi sempre più ampia, appena potrà tornare, ci troverà pronti ad accoglierli. 

Questo momento di fermo per molti è anche un momento di riflessione. Il mondo vive di equilibri. Nessuna cosa è casuale e molto dipende da noi. E mangiare bene fa bene a noi e fa bene al mondo, potenzia le difese immunitarie, salvaguarda la natura, protegge l’ecosistema. Credo che il futuro sarà fatto di una cucina più vera, di una cucina di prodotto e cucinata bene.

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Come sta reagendo l’Italia della ristorazione? Quali sono le riflessioni, le polemiche, le speranze, le paure degli imprenditori del settore? Cosa cambierà, cosa lascerà dietro sé questa profonda crisi e come ripartiremo?

Abbiamo raccolto le opinioni di giornalisti del settore, ristoratori, chef e patron, abbracciando le preoccupazioni, gli sfoghi, gli avvilimenti, gli stati d’animo noir; rispettando la posizione di chi ha preferito non sbilanciarsi in un momento così delicato, ma comunque cercando di definire un quadro incredibile quanto reale che delinea i contorni di una crisi che coinvolge l’Italia intera e che, forti di una ritrovata identità nazionale, l’Italia intera dovrà affrontare per guardare nuovamente con fiducia il domani. Questa volta insieme.

Tanti punti di vista, ci chi la ristorazione la vive, la ama, la costruisce; tante le considerazioni sociali, economiche, umane. Come e da cosa ripartiremo? E quali sono i concetti che dovremmo tenere a mente perché i sacrifici di questo lungo tempo non siano stati vani?

Licia Granello, Giornalista e Scrittrice – La Repubblica, Vanity Fair

“Niente sarà più come prima”, dicono. Ristorazione compresa. Come una iattura. Facciamo che niente sarà più come prima, ma in meglio? Più attenzione a come coltiviamo e alleviamo, più rispetto nei rapporti (quanto si detestano sala e cucina?), più sensatezza nel pensare e praticare il cibo, non come un giocattolino – Dio stramaledica il foodporn – ma come parte essenziale e sacra delle nostre vite.”

Peppe Guida, Chef Patron – Osteria Nonna Rosa, Vico Equense (NA) – 1 Stella Michelin

“Aldilà di ciò che si dice che il virus potrebbe essere stato prodotto in laboratorio – e tutto può essere vista l’idiozia dell’uomo –  questo è un piccolissimo assaggio che la natura ci sta dando per farci capire che siamo al punto di non ritorno o quasi.

Si fa una corsa spasmodica ad armamenti e varie, e non si pensa seriamente alla ricerca scientifica, si investe sul “calcio”, per esempio, e non alla salvaguardia del pianeta e dei suoi abitanti umani e animali.

Si dovrebbero creare dei movimenti in continuazione, il mondo dovrebbe essere la nostra Missione prioritaria. Detto questo la crisi secondo me avrà effetti devastanti sul mondo del food nulla sarà come prima. Ci vorrà tempo molto tempo prima che si metta in assetto tutto e questo spero che lo capiscano gli italiani di spendere e rimanere in Italia insomma lasciare i soldi qua. Tanto abbiamo visto dall’Europa e dagli Stati Uniti che considerazione hanno di noi. Io da oggi farò di tutto anche per non usare termini di altre lingue, tipo  “Crumble” sarà “Croccante”, e basta.

Siamo italiani orgogliosi e fieri  di esserlo, tutto il mondo ci invidia, per questo dobbiamo “pretendere” di aver il nostro “Made in Italia”.”

Marco D’Amore, Ristoratore – Ristorante D’Amore, Capri (NA)

“La situazione è complessa sia a Capri che in tutta Italia, fino in Europa e nel resto del mondo. In questi giorni stiamo imparando come il tempo diventi sempre più veloce: quello che pensavamo il 23 febbraio 2020 è, ormai, preistoria. L’ottimismo dell’epoca, infatti, nonostante fosse supportato dall’analisi matematica (bassi tassi di cancellazione degli hotel nel medio-lungo periodo) ci faceva supporre che ci sarebbe stato un solo “momento difficile”; ma oggi sappiamo che non è così: siamo di fronte ad una situazione unica, eccezionale, mai affrontata prima, soprattutto nel nostro settore, quello del turismo e della ristorazione moderna.

Tutti, me compreso, siamo sempre alla ricerca di una “comfort zone” nella quale collocarci e fare delle previsioni, ma ora, purtroppo, con uno shock economico e sociale così importante, e prolungato, non sarà più così: bisogna cambiare il modo di pensare. Nessuna ricetta, infatti, vecchia o prefabbricata, può essere applicabile. Non abbiamo paragoni con il passato e la storia,  in questo caso, non ci può aiutare.

Si sente, quindi, parlare di: Piani Marshall;  sarà meglio la FIS (Fondo Integrazione Salariale) o la CIGD (Cassa Integrazione Guadagni in deroga)? Diamo 500 o 600 euro ai disoccupati del turismo? (ma poi a quali lavoratori? Solo turismo o anche pubblichi esercizi e commercio?); e così via. Sicuramente servono azioni a breve termine per mettere in sicurezza il reddito delle fasce più deboli, non affievolire la liquidità delle aziende e stimolare la domanda, ma ci sarà bisogno di un nuovo modo di pensare, non convenzionale, circa gli interventi strategici da attuare. Bisognerà ripartire tutti insieme per capire come reperire al meglio le giuste (ribadisco giuste e non infinite) risorse finanziarie necessarie: Governi locali, Stato, Europa, Banche, investitori ma soprattutto i cittadini privati che siano imprenditori, lavoratori, consumatori, tutti dovranno lavorare per creare questo “contro shock economico”. Ripeto, noi cittadini per primi.

Per favore, niente finanziamenti a pioggia stile IRI; niente MES, niente Piani Marshall  “aglio e olio” o peggio “aumm aumm”, (tanto per restare in ambito gastronomico). Piuttosto ragionare in modo post Covid 19: la competenza deve tornare centrale, la passione, la dedizione, l’innovazione devono essere messe in risalto perchè questi saranno gli ingredienti alla base di una rinascita, insieme ad interventi economici “shock” da attuare per il prossimo futuro per rilanciare la domanda in quanto è sarà l’obiettivo principale che dovremo proporci. Ultima cosa: competenza, passione, dedizione ed innovazione sono veri e propri pilastri che a noi Italiani non mancano di sicuro! Ci riprenderemo.”

Mauro Mattucci, imprenditore – Ape 50- Tivoli (RM)

“La situazione del nostro ristorante è nel bel mezzo di una grande evoluzione con l’ ampliamento significativo della cucina, il completo stravolgimento del grande bancone, cuore pulsante del locale e pronto ad essere trasformato in parte zona show cooking e panini a vista e in parte cocktail bar di tendenza.

Abbiamo uno staff di 10 persone e dobbiamo necessariamente pensare positivo. D’altra parte siamo abituati al cambiamento; lo abbiamo fatto subito con la nostra apertura 8 anni fa puntando alla qualità estrema e ai fatti veri più che pubblicitari.

Ricordo con orgoglio il commento, dopo alcuni anni della nostra apertura, di un concittadino importante e dai bianchi capelli; lui che aveva avuto per tanti anni a Tivoli una importante concessionaria Alfa Romeo di quando il marchio incuteva rispetto e ammirazione pura mi disse “ voi non avete cambiato una via ma, avete cambiato un paese” . Intendeva dire che con il nostro approccio ad una ristorazione diversa avevamo radicalmente cambiato le regole.

Ecco noi di Ape 50 saremo pronti, se servirà, a ricambiare le regole. In Cina in questo momento , come cita un articolo del “ Il Sole 24 Ore” è già l ora del “revenge spending”,  letteralmente, spendere per vendicarsi. Negozi, ristoranti, catene riaprono, con le giuste precauzioni, e fuori si formano già le prime code.

Qualche giorno fa un articolo del quotidiano “China Daily” si descriveva il senso dell’ umore post-quarantena: si (ri)cominciano a scrivere le liste delle cose da fare per riprendersi. Ai primi posti ci sono: andare al ristorante, viaggiare , festeggiare e fare shopping. Ape 50 è positiva: forza e coraggio.”

Angelo di Masso, Pastry Chef – Patron – Pan dell’Orso, Scanno (AQ)

“In questi giorni di chiusura forzata per una giusta causa comune, ho rispolverato le mie passioni che passano da un disegno ad un pentagramma, sempre in bianco e nero. Così com’è la vita. Bianca e candida come il suono di un nuovo giorno. Nera come uno sguardo cupo che non conosce la luce. Ma, per affrontare qualunque ostacolo dobbiamo avere questi due colori. Perché essi sono la lancetta del metronomo che scandisce il tempo, il suono e ci fanno percepire quanto sia importante il contatto umano.

Ecco, questo è quello che mi manca. Ho sempre amato stringere la mano ad ogni nuova o vecchia conoscenza, perché attraverso un gesto noi doniamo noi stessi ed allo stesso tempo arricchiamo l’animo dell’altro. Penso sempre a chi è meno fortunato, a chi vive questa quarantena come una prigionia. Certo che ce la faremo, e torneremo più forti di prima. Ma solo se tutto ciò che sta accadendo ci avrà insegnato che l’umanità è un dono che dobbiamo preservarlo con cura e amore.

Sul fronte imprenditoriale credo ci sarà un grande entusiasmo, una rinascita, una grande voglia di Italia, di grade unione, di grande forza e coinvolgerà tutto, la ristorazione, la pasticceria, il turismo italiano, tutto.”

Nausica Ronca, Chef Patron – Osteria Nonna Nannina, Cava dè Tirreni  (SA)

“La ristorazione è stata colpita duramente, come il resto dell’Italia. Noi soffriamo di più perchè patiamo una nazione mal amministrata.

E’ vero, il nostro settore è totalmente fermo, ma credo che questa imprevedibile situazione non abbia solo generato difficoltà, credo anzi, a volerne dare una lettura più ampia, che abbia fatto del bene a chi già non navigava acque facili, perchè agli stipendi ci penserà la cassa integrazione e/o potrà usufruire di qualche agevolazione, anche bancaria, che sarà messa in atto per favorire la ripresa.

Chi invece cavalcava l’onda e andava bene, si è riposato un pò, perchè non penso che un mese di fermo possa inficiare una buona gestione economica, organizzata con lungimiranza per poter far fronte agli imprevisti.

In ogni caso si può ripartire e si può ripartire in modo intelligente, cercando di far fronte a quelle che sono le esigenze di una popolazione provata, senza aumentare i prezzi. Anche perchè questo periodo ha fatto riscoprire alle persone i valori, lo stare in famiglia e desidera cose semplici come una pizza marinara, una margherita, un fritto di paranza che fanno bene anche al food cost.

Credo inoltre che bisogna ripartire da zero ma in modo oculato, cercando di fare chiarezza e fare delle riflessioni su ciò che andava o non andava bene nei nostri locali. Adesso che stiamo a casa, abbiamo tutto il tempo per trovare delle soluzioni migliorative. Quindi se tutti facessero questa riflessione potremmo avere una ristorazione innovativa e sana. “

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E’ a cura di SmartFood il programma di ricerca e divulgazione scientifica dedicato per un nuovo approccio nutrizionale alla prevenzione.

La vitamina C, o acido ascorbico, appartiene al gruppo delle vitamine cosiddette idrosolubili, quelle cioè che non possono essere accumulate nell’organismo, ma devono essere regolarmente assunte attraverso l’alimentazione. Oltre a sciogliersi nell’acqua, la vitamina C e sensibile alle alte temperature, per cui si perde del tutto in caso di cottura in acqua.

A che cosa serve la vitamina C?

La vitamina C, o acido ascorbico, partecipa a molte reazioni metaboliche e alla biosintesi di aminoacidi, ormoni e collagene.

Grazie ai suoi forti poteri antiossidanti, la vitamina C innalza le barriere del sistema immunitario e aiuta l’organismo a prevenire il rischio di tumori, soprattutto allo stomaco, inibendo la sintesi di sostanze cancerogene. Il suo apporto, inoltre, è fondamentale per la neutralizzazione dei radicali liberi.

SmartFood, il programma di comunicazione in scienze della nutrizione dello IEO (Istituto Europeo di Oncologia di Milano) sostenuto dalla Fondazione IEO-CCM, tiene alta l’attenzione sulla sana alimentazione e risponde a una delle tante domande che circolano in questo periodo di emergenza sanitaria: è possibile raggiungere il fabbisogno di vitamina C solamente attraverso gli alimenti?

Secondo la Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) il fabbisogno giornaliero di vitamina C corrisponde a 105 mg per gli uomini e 85 mg per le donne. Queste quantità sono facilmente raggiungibili seguendo un’alimentazione sana che prevede, tra le altre cose, la regolare assunzione di verdura e frutta fresche. Come indicato da SmartFood non è quindi assolutamente necessario ricorrere all’utilizzo di integratori di vitamina C che, al contrario, a eccessivi dosaggi, possono generare fastidiosi effetti collaterali.

Alimenti ricchi di Vitamina C

Tra gli alimenti più ricchi di vitamina C troviamo i peperoni crudi, 100 grammi di questi vegetali, infatti, coprono più del 100% del fabbisogno giornaliero. Anche due kiwi di dimensioni medie, pari a una porzione di frutta, consentono di superare ampiamente il fabbisogno giornaliero di questa vitamina; mentre un’arancia ne copre il 70% per l’uomo e il 90% per la donna. Va tenuto presente, inoltre, che la scorza degli agrumi è molto più ricca di vitamina C di quanto lo sia la polpa. Sebbene non si consumino abitualmente e in grandi quantità, l’impiego in cucina delle scorze di agrumi rappresenta un’ottima strategia per insaporire i nostri piatti, diminuendo, in questo modo, l’impiego del sale. Altre fonti interessanti, e poco note, di vitamina C sono rappresentate dalle verdure a foglia verde e dai broccoli crudi, una ciotola di lattuga e mezzo piatto di broccoli, coprono circa il 50% del fabbisogno giornaliero. Sebbene le quantità normalmente utilizzate in cucina non siano tali da permettere la copertura di una grande percentuale del fabbisogno, tra gli alimenti più ricchi di vitamina C troviamo anche il peperoncino fresco.


Vitamina C a tavola: consigli pratici

Nella pratica, accompagnare un piatto unico di lenticchie e riso integrale, aromatizzato a crudo con fettine sottili di peperoncino fresco e scorza di limone, con un’insalata mista di lattuga, rucola e peperoni crudi e terminare il pasto con due kiwi, ci permette di superare abbondantemente le necessità giornaliere di vitamina C. Questa associazione alimentare aiuta, inoltre, a rendere più facilmente biodisponibile il ferro contenuto nelle lenticchie. La vitamina C, infatti, è in grado di aumentare l’assorbimento intestinale di questo minerale. È bene precisare che non tutti gli alimenti ricchi di vitamina C devono far parte di un unico pasto. Ottimo, quindi, anche iniziare la giornata con una spremuta di arance e coprire la seconda porzione di frutta della giornata con due kiwi, o una coppetta di fragole quando di stagione, come spuntino. Non va dimenticato che l’eccessivo calore e la cottura prolungata determinano una perdita parziale o totale di vitamina C, quindi: aggiungiamo condimenti ricchi di vitamina C come peperoncino fresco, succo e scorza di agrumi, sempre a crudo. Alcune verdure ricche di vitamina C, come broccoli e cavolo cappuccio, se consumate crude, sono una buona fonte. Se decidiamo di cuocerli è preferibile la cottura a vapore per pochissimi minuti (meno di 10). Non conserviamo troppo a lungo frutta e verdura ricche di vitamina C, il suo contenuto diminuisce progressivamente con il passare del tempo.
 
Vitamina C e salute

Sicuramente, l’assunzione di vitamina C attraverso l’alimentazione è importante per la salute generale e per la corretta funzionalità del sistema immunitario. Tuttavia, né una semplice spremuta d’arancia né, tantomeno, gli integratori di vitamina C, possono consentire all’organismo di affrontare le infezioni con minori rischi, se, oltre ad una corretta alimentazione, non si conduce uno stile di vita sano che prevede una regolare attività fisica, l’astensione dal fumo e da un eccessivo consumo di bevande alcoliche.

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I Castelli Romani Food & Wine si stringono in una rete solidale gastronomica dal nome #nonsietesoli attivata dal desiderio di portare pasti pronti negli ospedali, sostenere il personale medico e ricordare a tutti che “Cucinare è un atto d’amore”.

Stiamo vivendo giorni di forte preoccupazione e crescente inquietudine, giorni in cui la fragilità umana e la presa di coscienza della vulnerabilità della presunta “sicurezza dei tempi moderni” si sono insidiate a livello mondiale. Di fronte ad un nemico invisibile, tutte le attività più significative si stanno piegando . Il mondo è fermo. I confini sono chiusi. E le domande sul futuro rimbombano come echi chiusi in stanze vuote. Ma l’essere umano è resiliente, pieno di inventiva, capace di grandi gesti e sa ripartire da se stesso, magari riscoprendo la bellezza di sentirsi membro di una comunità.

Sono infatti tante e buone le iniziative di solidarietà e beneficienza, di tutte le tipologie, dalla moda ai centri di sostegno telefonico per donne e anziani passando per la ristorazione e le iniziative degli chef (ne parliamo qui), che stanno nascendo giorno dopo giorno per sostenere gli italiani, ognuno a proprio modo, in lotta contro il Covid-19. In prima linea, sicuramente, il comparto medico è quello che sta facendo più sacrifici, affrontando giornate infinite, ritmi e turni intensissimi;

Per dare un sostegno concreto ai reparti di terapia intensiva delle strutture sanitarie locali, in modo che possano assistere e curare la popolazione colpita, ristorati dal piacere di un buon piatto caldo, nonchè alle Comunità, come quella di Sant’Egidio, che ogni giorno assiste anziani e senza tetto, la bella iniziativa di Dario Rossi, suo promotore, mastro gelatiere e proprietario di Greed, Avidi di Gelato a Frascati (RM), sta stringendo attorno a sé chi ha deciso di fare della solidarietà un atto concreto puntando sul potere del cibo. Gli abbiamo chiesto com’è nata e come si fa ad aderire.

L’iniziativa è partita quando ho deciso di chiudere la gelateria. Avendo del gelato ho pensato quale fosse il modo migliore di utilizzarlo ed ho voluto portarlo al reparto pronto soccorso del Policlinico Di Torvergata. Da un semplice gesto è nata questa bellissima iniziativa che ha coinvolto tutta l’associazione dei Castelli Romani Food and Wine ed ha preso il nome di “non siete soli” (#nonsietesoli).

La prima azienda ad aderire è stata Tenuta Santi Apostoli, agriturismo di Frascati. Simona Blasi, una dei due titolari, ha preparato delle lasagne e dei biscotti fatti da lei. Io ho portato tanto altro gelato.

Poi l’iniziativa si è allargata dal Policlinico di Tor Vergata al Policlinico Casilino. Qualche giorno fa abbiamo consegnato l’Arista de Il Norcino di Bernabei Vitaliano cucinata da Alain Rosica, chef patron del Ristorante Belvedere dal 1933, insieme alle patate al forno, oltre ai Ravioli ripieni di ramoracce, caciocavallo e salsiccia al pomodoro, e agli Gnocchi al pomodoro e Polpette di carne di Pastart Frascati. Io, ho portato dei dolci fatti da me.

Ogni giorno, sulla nostra pagina facebook (Castelli Romani Food&Wine), potrete trovare molti e nomi di chi sta collaborando. Prossimamente porteremo altre eccellenze del nostro territorio dei Castelli Romani a chi sta combattendo questo nemico invisibile in prima linea mettendo a rischio la propria vita per tutelare la nostra salute e la nostra vita. Vedere i loro occhi lucidi, colmi di gratitudine, è stata la più grande delle soddisfazioni

Abbiamo poi chiesto ad Alain Rosica quale sia stata la reazione da parte del personale medico.

“Si sono emozionati, sono stati felici e molto riconoscenti. Sono stanchi ma non agitati o nervosi, anzi, gentilissimi. Abbiamo respirato un’aria di tranquillità, nonostante tutto.

Non sappiamo ancora quando finirà tutto ma dobbiamo essere vicini ed operativi, i ristoratori hanno la possibilità di fornire ed organizzare iniziative come questa, coinvolgendo la comunità e rinforzando i rapporti locali, necessario per una buona ripartenza.”

Com’è possibile partecipare e dare attivamente il proprio contributo?

E’ possibile aderire con una comunicazione alla protezione civile in cui si indica cosa si porta e il percorso con partenza e destinazione. I Pasti devono essere etichettati e naturalmente prodotti da ristoranti, laboratori e attività autorizzate. Tutto deve essere concordato prima con il personale addetto al pronto soccorso.

Se quindi volete dare il vostro contributo o ricevere maggiori informazioni scrivete in privato a DARIO ROSSI (su facebook) o un’email a Castelli Romana Food & Wine // castelliromanifoodandwine@gmail.com 

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Un luogo del cibo nato nel cuore di una realtà vitivinicola. Una barricaia di grande pregio per custodire il vino valorizzata dalla proposta di alta cucina di Oliver Glowig dove confluiscono ingredienti del territorio, signature dishes, suggestive tradizioni e moderne tecnologie. Un progetto ambizioso e reale che sfugge all’ordinarietà e ci immerge in un’esperienza non convenzionale quanto emozionale.

Varcare la soglia di Barrique, la nuova maison gastronomica dello Chef Oliver Glowig, induce a credere che il mondo possa essere ancora pensato, inventato, progettato. Da qui, da questa galleria di legno e terra, oro e pietra, vocata alla custodia del vino, lo sguardo si poggia sui lunghi, ordinati filari e abbraccia i tesori di una terra devota alla vite.

Siamo a Monte Porzio Catone, piccolo borgo sopra la più nota Frascati, che si erge su una collina al centro di un territorio ricco di storia. Le sue vestigia costituiscono elementi caratterizzanti del bellissimo paesaggio dei Castelli Romani che si fonde con la montagna e i boschi di castagni. Qui la Cantina vitivinicola Poggio Le Volpi, guidata dal patron Felice Mergè, dal 1996 vinifica su trentacinque ettari di terreno vulcanico cercando di esprimere sempre al meglio il concetto di terroir.

“Se puoi sognarlo puoi farlo” (If you can dream it, you can do it). Questa è la frase di Walt Disney che accoglie fin dall’ingresso gli ospiti di Barrique e che descrive la filosofia di questo luogo e la suggestione di questa favola. 

“In questa favola ci sono due principi azzurri: uno è Felice Mergè, vignaiolo alla terza generazione, imprenditore con una smisurata passione per il buon vino e per il buon cibo, che ha reso tutto questo possibile; l’altro è Oliver Glowig, che da subito ha fatto suo il progetto e, giorno dopo giorno, ha costruito con noi l’idea di un luogo unico al mondo. Oggi questa è la sua casa”, racconta raggiante Rossella Macchia, direttore generale di Poggio Le Volpi.

E come nelle favole, facciamo un passo indietro. Oliver Glowig nasce in Germania. Mi piace pensare a lui come un Riesling, vitigno tedesco più antico, nella regione della Mosella-Saar-Ruwer, introdotto proprio dai romani e che, idealmente parlando, si è innestato qui, tra il Trebbiano e la Malvasia del Lazio.

Vino dal corpo leggero, con una spiccata acidità bilanciata da una media dolcezza e intensi sentori floreali e di frutta verde, il Riesling possiede quelle caratteristiche che ritrovo anche in chef Glowig, che se da un lato si porta dietro l’austerità di una lingua dai toni duri, dall’altra mitiga l’impatto con una gentilezza nei modi che delineano i contorni di un uomo dalla grande umiltà e dal raro spessore umano.

Oliver, come è nata questa favola?

Oliver si innamora dell’Italia 20 anni fa, e lo fa totalmente sposando una donna, i prodotti e i profumi di questa terra, ingredienti di vita che ha fatto suoi e che porta con sé ogni giorno. Il primo arrivo in Italia è al Grand Hotel Quisisana di Capri, con Gualtiero Marchesi. Dopo aver conquistato la sua prima stella Michelin al Ristorante Acquarello di Monaco di Baviera ritorna sull’isola campana al Capri Palace Hotel & Spa, dove in pochi anni ottiene la prima e poi la seconda stella Michelin. Nel 2011 approda a Roma, all’Hotel Aldrovandi di Villa Borghese. Anche lì il successo è immediato, fino alla conquista delle 2 stelle Michelin. Dal 2017, dopo l’avventura all’interno del Mercato Centrale di Roma, cui seguono importanti consulenze, decide di tornare al fascino della cucina d’autore e farsi di nuovo ambasciatore della grande varietà della cultura gastronomica italiana e del territorio castellano proponendo da Barrique una cucina creativa, dagli ingredienti multipli e di grande pregio.

Ho accolto con entusiasmo la proposta di Felice Mergè e Rossella Macchia. Loro cercavano uno chef per condividere un progetto ambizioso, io ero alla ricerca di un qualcosa di stimolante, in cui credere. La prima cosa che Felice mi ha chiesto è stata: “Dove vedi un ristorante gourmet?” Io mi sono subito innamorato di questo luogo, di questa vista sulle vigne, perché qui si è veramente parte del territorio. Poi sono stati coinvolti gli architetti e ognuno ha portato le sue idee: questo posto è cresciuto intorno a noi.

Il ristorante si trova all’interno di una vera barricaia con vista sul vigneto.

Com’è possibile poter mangiare tra le barrique visto che il vino deve riposare in un ambiente a umidità controllata per garantirne le qualità organolettiche? 

È possibile grazie alla tecnologia e a un impianto di temperatura e umidità controllata. Durante il servizio la temperatura è confortevole, mentre a fine servizio si abbassa notevolmente. Questa alternanza fa in modo che il vino all’interno non si alteri e che vengano ugualmente garantite la composizione organolettica e chimica. Ovviamente tutto questo è frutto di molti test e prove.

Una costruzione corale, tra uomini e territorio. Una collina che guarda verso oriente, uno spazio dove interno ed esterno si compenetrano, prendono forma attraverso una fusione di elementi naturali e materiali reinterpretati artisticamente per raccontare una storia, quella del rapporto tra terra e vite, alta cucina e design, saperi antichi e moderne tecnologie. Un luogo che si fa largo tra la vigna, una lunga galleria con tre nicchie dedicate alle etichette più importanti del panorama internazionale tra bollicine, vini fermi bianchi e rossi, e le etichette storiche di Poggio le Volpi; mentre nelle Barrique riposa l’edizione limitata Roma DOC 2017.

La tradizione di questi luoghi vuole inoltre che le mamme e le nonne regalino alle figlie femmine il cosiddetto corredo o dote, composto da asciugamani e lenzuola di valore, stoffe e tovaglie ricamati a mano. Un’accurata selezione di pizzi e merletti è stata utilizzata come base per opere ornamentali dorate. I tessuti sono stati così messi in bagno di colla e poi informati, passati nell’oro e una volta rigidi applicati sulle pareti come elemento decorativo e di celebrazione della storia di un territorio, che dona ricchezza. Anche i tavoli con la terra dentro ne sono riprova.

La filosofia di Poggio Le Volpi è quella di valorizzare la ricchezza del territorio, i cui elementi territoriali sono stati riportati all’interno di Barrique. Qui infatti le pareti sono state lavorate con la terra del vigneto a calce e con degli stencil realizzati con le foglie della vite.

“L’idea è quella di scendere in vigna, scalzare il terreno e trovare un tesoro. Abbiamo voluto inglobare e raccontare un territorio. E la Cucina di Oliver è stata la scelta perfetta per chiudere questo progetto di recupero e valorizzazione”, spiega Rossella Macchia.

Dal canto suo la sofisticata cucina di Oliver Glowig, colorata, essenziale, moderna, giocata sulle consistenze e sulla determinazione del sapore, può fare affidamento su selezioni di carni, salumi e formaggi ricercati, freschissimo pescato di mare, così come la frutta e la verdura. Mentre un grande pane fatto in casa con farine di qualità inaugura la tavola e viene servito caldo con un bottone di burro di Normandia timbrato Barrique e un ottimo Olio EVO.

Chef, come iniziano le tue giornate qui a Poggio Le Volpi?

Le mie giornate iniziano con una passeggiata in vigna, un luogo perfetto per pensare ai miei piatti e ispirarmi.

Quali sono gli elementi territoriali sui quali stai lavorando? Raccontami un piatto nato qui.

Spaghetti con le erbe di campo con anguilla affumicata e costine di aglio” è un piatto pensato per questo luogo, che ho immaginato una mattina camminando tra i filari. Ho cominciato a lavorare sull’idea della campagna romana, mi sono ispirato alle erbe spontanee, poi ho aggiunto l’anguilla per dare sostanza, grassezza e dolcezza, oltre alla piacevolezza della nota affumicata. Qualcuno dice questo piatto sia addirittura superiore alle mie “Eliche Cacio e pepe con ricci di mare”.

Un piatto ben rappresentativo di questa nuova fase espressiva affinata in Barrique. In quale fase espressiva ti senti oggi?

È molto importante per un cuoco non fermarsi mai. Non c’è una fase specifica, sono all’interno di un percorso creativo e speculativo che tiene conto di tutto il mio passato e degli stimoli di questo territorio.

Come reagisce la clientela a una proposta così sofisticata?

I riscontri sono molto positivi. Barrique piace a tanti. Certo, è un concetto di cucina diverso, offerto a chi voglia vivere un’esperienza unica e regalarsi un momento speciale, lontano dall’ordinario. Qui propongo un viaggio che è, da una parte, un colpo d’occhio sulla mia vita e sul mio passato, sugli ingredienti mediterranei che hanno conquistato il mio cuore e la mia cucina da oltre 20 anni. Dall’altra voglio mostrare la mia riflessione sulle prospettive future della cucina.

E non è finita, perché ai piani superiori si trova EPOS, bistrot con un’offerta molto più tradizionale, una grande brace e un’ottima selezione di carne. Piatti preparati con la stessa cura ma in un ambiente molto diverso e disteso. Qui posso essere più creativo, sperimentare e lavorare materie prime di eccellente qualità.

Tornando a Barrique cosa propone il percorso degustazione da te ideato?

In questo menu c’è il territorio dove mi trovo, ma anche alcuni dei miei piatti classici come lo “Scampo crudo con burrata e cuore di carciofo”, un piatto nato a Capri e che rinsalda il mio legame con pesce e crostacei. Immancabili le “Eliche cacio e pepe con ricci di mare”, un piatto che è sulla mia tavola da vent’anni e rappresentano un successo senza tempo, un vero signature dish.

Il mare non è distante, a volte ne arriva la brezza fin qui. Mi piace utilizzare il pescato nelle ricette, soprattutto crudo, anche per sottolineare le differenze con l’offerta di EPOS.

Il vino è presente solo come abbinamento o lo utilizzi anche come ingrediente in qualche tuo piatto?

Sì, lo utilizzo in particolare in un piatto, la “Terrina di pollo ruspante al “Baccarossa” con capesante crude e misticanza di erbe”: il pollo, le sue cosce, vengono appunto marinate nel Baccarossa Lazio Igp, il rosso di punta di Poggio Le Volpi, per poi essere pressate e chiuse come un culatello. Ne deriva un sapore molto interessante. Lo servo con le capesante per dare una chiusura rotonda al piatto.

Chef, a Poggio Le Volpi ti senti davvero come a casa tua?

Bella domanda, la risposta è sì, qui mi sento a casa e spesso, quando sono lontano, non vedo l’ora di tornare. Perché è bello viaggiare, ma avere un posto dove fare ritorno è ancora meglio.


PHOTO: Alberto Blasetti / www.albertoblasetti.com


POGGIO LE VOLPI – EPOS – BARRIQUE / Via Fontana Candida, 3/c
00078 Monte Porzio Catone (Roma) Italia
www.poggiolevolpi.com
info@poggiolevolpi.com
Tel: +39(06)94.26.980
Fax: +39(06)94.26.988

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Alla luce di un nuovo decreto dalle maglie ancora più strette, come sta reagendo l’Italia della ristorazione? Quali sono le riflessioni, le polemiche, le paure degli imprenditori del settore? Cosa cambierà e cosa lascerà dietro sé questa mietitrebbia economica fuori stagione?

Abbiamo raccolto le opinioni di giornalisti del settore, ristoratori, chef e patron, abbracciando le preoccupazioni, gli sfoghi, gli avvilimenti, gli stati d’animo noir; rispettando la posizione di chi ha preferito non sbilanciarsi in un momento così delicato, ma comunque cercando di definire un quadro incredibile quanto reale che delinea i contorni di una crisi che coinvolge l’Italia intera e che, forti di una ritrovata identità nazionale, l’Italia intera dovrà affrontare per guardare nuovamente con fiducia il domani.

Luigi Cremona, Giornalista – Touring Club / Porzioni Cremona

“Il settore della ristorazione è il vero settore trainante dell’Italia, quello che più ci distingue nel mondo. Mettendolo in crisi va in crisi parte dell’Identità nazionale stessa. Io non sono un tecnico, c’è una preoccupazione immensa, ma credo che la strada sia quella giusta. E il sacrificio è di tutti. Sono passati giorni dalla chiusura delle prime attività, e più si allarga la forbice tra il “bastone e la carota”, più la paura aumenta. Per adesso “Nessuno perderà il lavoro” è una rassicurazione che aspettiamo tutti possa diventare realtà, sempre tenendo presente che in Italia non c’è un Potere forte e che dalla guerra non c’è più stata una crisi così profonda, così dura, oltre ai terremoti, chiaramente. Siamo stati una generazione fortunata e il Governo si sta movendo anche bene, ma abbiamo bisogno di segnali chiari.

E vorrei aggiungere due riflessioni: una di ordine umano, su come cambia la vita da un momento all’improvviso, e sul fatto che il cambio può anche essere salutare, perchè si stanno riscoprendo nuovi valori, apprezzando le piccole cose; stiamo perfino imparando a fare la fila.

L’altra sulla ristorazione, perchè avremo due conseguenze: l’avanzata del Delivery, che andrà sempre più avanti a discapito della ristorazione classica; e il recupero dei valori tradizionali che questa psicosi sta facendo riscoprire, incluse le tendenze verso una cucina familiare e la preparazione dei piatti di casa.”

Walter Regolanti, Chef Patron – Romolo al Porto, Anzio (RM)

“Qui ad Anzio siamo stati i primi a chiudere. Ci siamo resi subito conto della situazione e ci siamo subito uniti. L’unione fa la forza. Ed è per questo che noi ristoratori laziali, insieme a quelli lombardi, già firmatari di una lettera aperta, a quelli toscani, ci siamo uniti in un gruppo coeso per chiedere a chi ci governa delle risposte. Esorto tutti i ristoratori a seguirci, anche via social, per alzare una voce e farci sentire. Non abbiamo bandiere politiche ma un obiettivo comune: chiedere al Governo delle risposte. È il comandante che guida la nave, è lui che deve prendere decisioni e trovare soluzioni. Noi chiediamo sgravi fiscali, incentivi alle aziende. Vogliamo una risposta contributiva e salariale e la vogliamo subito. Soluzioni per evitare di licenziare i nostri dipendenti. Non è facile per un imprenditore dover lasciare a casa chi negli ultimi anni ha lavorato con noi ma non possiamo permetterci di fallire. Abbiamo dei fornitori da pagare, delle attrezzature, abbiamo gli affitti, i mutui…
Vi assicuro, non è stato facile all’inizio mettere d’accordo tutti i ristoratori di Anzio. Fortunatamente, fin dalle prime ore mi hanno dato ascolto perché sono anche il Presidente dell’Associazione Commercianti locali.
Sono mesi che ripeto che il governo avrebbe dovuto chiudere immediatamente l’Italia. E invece hanno fatto entrare tutti. Poi hanno fatto i tamponi e ora siamo il secondo paese al mondo col virus. Gli altri ci guardano come degli appestati. Sono stati fatti gravissimi errori, che pagheremo tutti ma ora devono darci delle risposte e prendere misure per il futuro. Noi ristoratori ora ci stiamo organizzando con una campagna di crowdfunding e se la chiusura dovesse proseguire, cercheremo di attrezzarci con il servizio delivery che comunque ha molte problematiche igienico sanitarie”.

Arcangelo Dandini, Chef Patron – L’Arcangelo, Roma

“E’ il momento che tutti capiscano che se non facciamo rete, che se non c’è complicità tra di noi non se ne uscirà. Dobbiamo essere collaborativi. Per la prima volta il momento storico ci impone di fare sistema, cosa che in questo Paese non è mai stata fatto. E il sistema è quello di proteggerci l’uno con l’altro. Ci vuole un Governo che dica “ok, ricominciamo da zero, tutti quanti, nessuno escluso. Perchè nessuno può pretendere di vivere come se non fosse successo nulla. Nessuno di noi ha più nulla. La maggior parte di questo Paese è fallito.

E’ inutile che ci giriamo intorno, è inulte che ci promettono cifre astronomiche di cui vedremo si e no il 30%. Come fa chi paga un affitto? Per I proprietari delle mura non posso pretendere lo stesso canone. Qui ci dovrebbe esser un Governo, qualcuno che prenda in mano il Paese e metta in atto soluzioni concreta, e forse quei due risparmi in banca basterebbero per pagare tutto.

Noi siamo, esclusi noi titolari, siamo 1 milione e mezzo di addetti ai lavori e muoviamo più di 83 miliardi di Euro l’anno. Bisogna tutelare tutti. Perché siamo tutti nella stessa barca. Se non cominciamo a sentirci tutti nella medesima situazione e a pretendere risposte concrete, andremo a picco tutti insieme. Io invece voglio vivere e voglio poter lavorare.”

Alain Rosica, Chef Patron – Il Belvedere 1933 – Frascati (RM)

“Il quadro della situazione non era molto chiaro sin dai primi giorni, qui ai castelli abbiamo avuto direttive sommarie ed eravamo un pò confusi, dopo pochi giorni però tutti i ristoratori hanno deciso di chiudere la propria attività e di restare a casa, per evitare i contagi, incorrere in sanzioni e limitare i danni economici. Tanti di noi già affrontavano una situazione difficile, per il momento alcuni dei nostri hanno pensato di fornire aiuto al personale degli ospedali vicini, portandovi del cibo, Dario Rossi ieri ha fatto partire questa idea che ci ha coinvolto tutti. Il problema ora è creare una rete di raccolta, produzione e distribuzione che sia autorizzata sia sanitariamente che legalmente per poter arrivare almeno agli ospedali più vicini. Detto questo, non credo ne usciremo né facilmente né rapidamente, considerando gli altri paesi che verranno inesorabilmente investiti dopo di Noi. Potrebbero essere scenari di ripresa nel caso gli italiani decidano di non viaggiare all’estero quest’anno e di tornare ai mercati locali e al made in Italy”

Giovanni Milana, Chef Patron – Sora Maria e Arcangelo, Olevano Romano (RM)

“Da ristoratore mi trovo in un momento di grande spaesamento. Sto a casa, cerco di spezzare il tempo leggendo qualche libro e passo più tempo con i miei due bambini, ma è molto dura convivere con tutto ciò perché le preoccupazioni legate all’economia del mio locale la fanno da padrone.

Ho 6 dipendenti che comunque dovrò aiutare  in qualche modo, gli affitti del locale, gli investimenti che avevo appena fatto in cucina e che dovrò comunque pagare, per non parlare della migliaia di € di investimento che avevo fatto su i vini della mia cantina, ad ogni modo la mia speranza è che tutto passi al più presto ma la vedo dura. Il mio pensiero va a tutti i mie colleghi che in questo momento stanno vivendo questo dramma e gli dico coraggio e forza che tutto andrà bene!”

Eleonora Spagnoli e Renzo Valeriani, Imprenditori – Madre/Verve, Roma

“È l’incertezza quello che ci preoccupa di più in questa situazione. Incertezza del futuro e di quello che accadrà dopo il 3 aprile. Sinceramente, dubito che potremo riaprire così presto. Sarebbe bello ma temo che la cosa si protrarrà ancora a lungo. Siamo molto preoccupati. Stiamo aspettando notizie e risposte dalla classe dirigente. Potremmo esser costretti a licenziare, a mettere in cassa integrazione i nostri dipendenti ma non sappiamo cosa fare. Veniamo da un periodo di bassa stagione che si è fatto sentire più del solito e non sappiamo se, o quando, potremo riaprire”.

Emilia Branciani, Ristoratrice – Livello 1, Roma

“La chiamiamo desolazione. Io sono un imprenditore giovane, non sono passati nemmeno 4 anni dalla nostra apertura che ci ha coinvolto con un investimento notevole: i primi anni si impara, si aggiusta il tiro. Questo sarebbe dovuto essere l’anno dei risultati, ma ahimè e’ arrivato il coronavirus.

Già da gennaio tirava un’aria poco felice, la gente non usciva di casa, si lavorava solo il fine settimana; poi il colpo finale, dopo San Valentino, i primi di Marzo, ancor prima dell’uscita del decreto, io già avevo abbassato le serrande. Non ho pagato i fornitori, li ho avvisati, sono riuscita a malapena a pagare gli stipendi e tutti a casa, in ferie, che sono sempre pagate da noi.

Adesso speriamo negli aiuti del governo: la mia è disperazione, ho 2 mutui  affitto abbastanza importante (8.000€/mese) e 15 dipendenti, senza contare me e Claudio. La vedo dura per tutti: mettiamo il caso che ci diano sostegno per 2 mesi , secondo loro , in un batter d’occhio ci rialziamo? Secondo m dovrebbero abbattere i mutui almeno per un anno, finanziamenti, affitti, personale in cassa integrazione in deroga per almeno 6 mesi. Per un anno niente tasse, iva, pagamenti vari ed accesso ad un credito agevolato con le banche. Ora l’importante e’ sconfiggere il virus e stare a casa. Io avrei chiuso completamente tutti i negozi per 15 giorni.

Come vedo il futuro ? Che faranno come con i terremoti e ci lasceranno per terra. Se non ci daranno un aiuto concreto, parecchi ristoratori non rialzeranno le serrande. Volendo essere positiva, ora sconfiggiamo il virus e poi ci rimboccheremo le maniche, sarà dura ma ce la faremo; sarebbe meglio con un governo più presente più vicino all’esigenze dei commercianti già ammazzati precedentemente da tasse troppo alte.

Rossella Macchia, Imprenditrice – Poggio le Volpi / Epos / Barrique, Monte Porzio Catone (RM)

“Noi abbiamo chiuso da prima del decreto, anche se avevamo già messo in atto le misure di sicurezza sia per quanto riguarda la disposizione dei tavoli e il rispetto del metro di distanza tra i commensali sia per quanto riguarda il personale e la pulizia di superfici e tessuti. Il nostro è stato semplicemente senso civico, finalizzato a proteggere i nostri dipendenti, i clienti e tutta l’umanità. Perché la diffusione di questo virus non è un problema dei singoli, ma di tutto il mondo. Come ristoratrice, mi auguro di ricevere presto delle risposte ferme e decise alle richieste che, insieme ai tutti i ristoratori di Lazio, Lombardia e Toscana, abbiamo mosso a chi ci governa. Il problema, infatti, non è lasciar a casa i dipendenti ora ma si presenterà tra qualche settimana o mese quando, con gli incassi ridotti praticamente a zero, dovremo pagare gli stipendi”.

Giancarlo Casa, Patron – La Gatta Mangiona, Roma

“La situazione non è ancora stabilizzata. Ritengo sia presto per affrontarla. Prima c’è l’emergenza sanitaria e dei senza reddito. Poi si vedrà”.

Benny Gili, Chef Patron – Benny alla Baia, Fregene (RM)

“Secondo me è ancora presto per avere un quadro futuro. Non sappiamo ancora cosa succederà fino al 3 aprile, e se basterà come scadenza. Io provo una sensazione di abbandono, non ho nemmeno la voglia di fare programmi. La salute collettiva in questo momento mi preoccupa di più, anche perché se non ci lasciamo indietro questo virus sarà un problema ripartire.”

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Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha firmato il nuovo Dpcm recante ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 sull’intero territorio nazionale.

Ritenuto necessario adottare, sull’intero territorio nazionale, ulteriori misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;

Considerato, inoltre, che le dimensioni sovranazionali del fenomeno epidemico e l’interessamento di più ambiti sul territorio nazionale rendono necessarie misure volte a garantire uniformità nell’attuazione dei programmi di profilassi elaborati in sede internazionale ed europea; 

Su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze, nonché i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dello sviluppo economico, delle politiche agricole alimentari e forestali, dei beni e delle attività culturali e del turismo, del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblica amministrazione, e per gli affari regionali e le autonomie, nonché sentito il Presidente della Conferenza dei presidenti delle regioni; 

DECRETA:

ART. 1
(Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale)

Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 sono adottate, sull’intero territorio nazionale, le seguenti misure:

  1. Sono sospese le attività commerciali al dettaglio, fatta eccezione per le attività di vendita di generi alimentari e di prima necessità individuate nell’allegato 1, sia nell’ambito degli esercizi commerciali di vicinato, sia nell’ambito della media e grande distribuzione, anche ricompresi nei centri commerciali, purché sia consentito l’accesso alle sole predette attività. Sono chiusi, indipendentemente dalla tipologia di attività svolta, i mercati, salvo le attività dirette alla vendita di soli generi alimentari. Restano aperte le edicole, i tabaccai, le farmacie, le parafarmacie. Deve essere in ogni caso garantita la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
  2. Sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ad esclusione delle mense e del catering continuativo su base contrattuale, che garantiscono la distanza di sicurezza interpersonale di un metro. Resta consentita la sola ristorazione con consegna a domicilio nel rispetto delle norme igienico-sanitarie sia per l’attività di confezionamento che di trasporto. Restano, altresì, aperti gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande posti nelle aree di servizio e rifornimento carburante situati lungo la rete stradale, autostradale e all’interno delle stazioni ferroviarie, aeroportuali, lacustri e negli ospedali garantendo la distanza di sicurezza interpersonale di un metro.
  3. Sono sospese le attività inerenti i servizi alla persona (fra cui parrucchieri, barbieri, estetisti) diverse da quelle individuate nell’allegato 2.
  4. Restano garantiti, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie, i servizi bancari, finanziari, assicurativi nonché l’attività del settore agricolo, zootecnico di trasformazione agro-alimentare comprese le filiere che ne forniscono beni e servizi.
  5. Il Presidente della Regione con ordinanza di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legge 23 febbraio 2020 n. 6, può disporre la programmazione del servizio erogato dalle Aziende del Trasporto pubblico locale, anche non di linea, finalizzata alla riduzione e alla soppressione dei servizi in relazione agli interventi sanitari necessari per contenere l’emergenza coronavirus sulla base delle effettive esigenze e al solo fine di assicurare i servizi minimi essenziali. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute, può disporre, al fine di contenere l’emergenza sanitaria da coronavirus, la programmazione con riduzione e soppressione dei servizi automobilistici interregionali e di trasporto ferroviario, aereo e marittimo, sulla base delle effettive esigenze e al solo fine di assicurare i servizi minimi essenziali.
  6. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 1, comma 1, lettera e), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020 e fatte salve le attività strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza, le pubbliche amministrazioni, assicurano lo svolgimento in via ordinaria delle prestazioni lavorative in forma agile del proprio personale dipendente, anche in deroga agli accordi individuali e agli obblighi informativi di cui agli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 e individuano le attività indifferibili da rendere in presenza.
  7. In ordine alle attività produttive e alle attività professionali si raccomanda che:
    1.  sia attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza;
    2.  siano incentivate le ferie e i congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva;
    3.  siano sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione;
    4.  assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale;
    5.  siano incentivate le operazioni di sanificazione dei luoghi di lavoro, anche utilizzando a tal fine forme di ammortizzatori sociali;  
  8. per le sole attività produttive si raccomanda altresì che siano limitati al massimo gli spostamenti all’interno dei siti e contingentato l’accesso agli spazi comuni;
  9. in relazione a quanto disposto nell’ambito dei numeri 7 e 8 si favoriscono, limitatamente alle attività produttive, intese tra organizzazioni datoriali e sindacali.
  10. Per tutte le attività non sospese si invita al massimo utilizzo delle modalità di lavoro agile.

ART. 2
(Disposizioni finali)

1. Le disposizioni del presente decreto producono effetto dalla data del 12 marzo 2020 e sono efficaci fino al 25 marzo 2020.

2. Dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto cessano di produrre effetti, ove incompatibili con le disposizioni del presente decreto, le misure di cui al  decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 marzo 2020. 

3. Le disposizioni del presente decreto si applicano alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.

Allegato 1
COMMERCIO AL DETTAGLIO

Ipermercati
Supermercati
Discount di alimentari
Minimercati ed altri esercizi non specializzati di alimentari vari
Commercio al dettaglio di prodotti surgelati
Commercio al dettaglio in esercizi non specializzati di computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici
Commercio al dettaglio di prodotti alimentari, bevande e tabacco in esercizi specializzati (codici ateco: 47.2)
Commercio al dettaglio di carburante per autotrazione in esercizi specializzati
Commercio al dettaglio apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni (ICT) in esercizi specializzati (codice ateco: 47.4)
Commercio al dettaglio di ferramenta, vernici, vetro piano e materiale elettrico e termoidraulico
Commercio al dettaglio di articoli igienico-sanitari
Commercio al dettaglio di articoli per l’illuminazione
Commercio al dettaglio di giornali, riviste e periodici
Farmacie
Commercio al dettaglio in altri esercizi specializzati di medicinali non soggetti a prescrizione medica
Commercio al dettaglio di articoli medicali e ortopedici in esercizi specializzati
Commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l’igiene personale
Commercio al dettaglio di piccoli animali domestici
Commercio al dettaglio di materiale per ottica e fotografia
Commercio al dettaglio di combustibile per uso domestico e per riscaldamento
Commercio al dettaglio di saponi, detersivi, prodotti per la lucidatura e affini
Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet
Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato per televisione
Commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto per corrispondenza, radio, telefono
Commercio effettuato per mezzo di distributori automatici

Allegato 2
Servizi per la persona

Lavanderia e pulitura di articoli tessili e pelliccia
Attività delle lavanderie industriali
Altre lavanderie, tintorie
Servizi di pompe funebri e attività connesse

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La firma del Presidente del Consiglio Conte del Decreto del 9/3/2020, recante nuove misure per il contenimento e il contrasto del diffondersi del virus Covid-19, ha suscitato non poche polemiche da parte di molte categorie di lavoratori, in primis i ristoratori. Loro stessi ci spiegano il perché.

Se la voglia di non fermarsi era tanta credendo che resistere fosse la soluzione, quella di ricominciare, di tornare alla normalità, di riprendere le attività quotidiane, di uscire con gli amici per un cinema, un teatro, un concerto, un aperitivo o di andare a cena fuori lo è e lo sarà ancora di più.

Nel frattempo la ristorazione capitolina e quella di provincia abbassa (o quasi) le serrande attenendosi al decreto dell’8 marzo (in vigore fino al 3 Aprile) che introduce un arco orario di apertura consentito dalle 6 alle 18 per Bar e Ristoranti, sempre che il gestore sia in grado di rispettare “l’obbligo” di assicurare la distanza di sicurezza interpersonale nei locali.

E, per evitare contagio e assembramenti, mentre raddoppiano, triplicano i controlli alle insegne che resistono, alcuni ristoranti optano per la conversione ad un servizio di asporto e delivery (ne parliamo qui), altri per per cene gourmet consegnate a domicilio in guanti bianchi, la maggior parte chiude attenendosi alle norme di buonsenso – anche rispetto ad un decreto che non tiene molto conto delle dinamiche ristorative e delle preoccupanti conseguenze di un settore trainante fino a qualche giorno fà – tutti, di certo, attendono che passi la buriana osservando un cielo denso di quesiti, soprattutto economici.

Nella fiduciosa attesa che l’emergenza Coronavirus rimanga un (brutto) ricordo, come sta reagendo la nostra amata ristorazione? Quali sono le riflessioni, le polemiche, le misure, le scelte e le (sofferte) decisioni degli imprenditori del settore? Cosa cambierà e cosa lascerà dietro sé questa mietitrebbia economica fuori stagione?

Abbiamo raccolto le opinioni di una rosa di ristoratori, chef e patron, abbracciando stati d’animo noir e rispettando la posizione di chi ha preferito non sbilanciarsi in un momento così delicato, ma cercando comunque di definire un quadro quanto mai surreale, una crisi che coinvolge l’Italia intera e che sta creando un effetto domino inatteso e devastante.

Gastone Pierini, Ristoratore – Moma Ristorante, Roma, 1 Stella Michelin

La Presidenza del Consiglio ha firmato un decreto di urgenza per il contenimento del contagio dal Coronavirus per “tutelare” la salute dei cittadini italiani e, per quanto ci riguarda, nello specifico… scrive candidamente: sono consentite attività di ristorazione e bar dalle ore 6:00 alle ore 18:00… etc. etc. Ma io dico: “vogliono prenderci in giro?” Il nostro lavoro, nella maggior parte dei casi, si sviluppa per tutti nella fascia serale. Sembra ci facciano quasi un “favore” consentendoci di rimanere aperti, ma in realtà, così facendo, ci stanno fregando tutti. Sarebbe stato meglio e più onesto obbligare la chiusura di tutti i pubblici esercizi di somministrazione, cioè bar/ristoranti/tavole calde e simili. Ma naturalmente, così facendo, il nostro Governo si sarebbe dovuto assumere la responsabilità di un tale provvedimento e attivare subito una serie di manovre mirate a sostenere economicamente le Piccole Imprese e i loro dipendenti, magari con lo sgravio degli oneri contributivi, Cassa Integrazione o altro. La maggior parte delle nostre aziende, non dispone di riserve economiche in grado di affrontare una simile situazione e un tale provvedimento ci condanna inesorabilmente a chiedere aiuto alle banche (laddove sia possibile) o ancora peggio a chiudere. invito tutti gli esercenti, i clienti dei pubblici esercizi di somministrazione ad aiutarci in questa campagna di sensibilizzazione affinché vengano prese in considerazione urgenti e adeguate misure di sostegno al nostro settore. Detto questo, noi preferiamo rimanere chiusi.

Ornella De Felice, Chef – Coromandel, Roma

In merito all’attuale situazione di legittime restrizioni attuate responsabilmente dal governo, mi trovo d’accordo su una ipotetica chiusura definitiva delle attività “non-essenziali”. Il momento è veramente delicato e ciascuno di noi deve fare del suo meglio per tutelare se stesso e gli altri. C’è pure da dire che le normative in vigore non sono ancora chiare, e molti punti sono lasciati alla libera interpretazione, soprattutto per quanto riguarda il settore ristorativo, e questo adesso non c’è lo possiamo permettere. A mio avviso, il governo dovrebbe prendere una posizione definitiva e chiara, rafforzando controlli e soprattutto pianificare da subito delle misure di compensazione e ammortizzamento per le aziende piccole e medie, che di tutto questo subiranno delle conseguenze gravissime. Molte aziende ristorative di Roma, già vessate da un mercato in crisi, ora subiscono l’ennesima bastonata, che non è esito di questi ultime politiche di restrizione.
Quello che possiamo fare noi degli addetti ai lavori, cuochi, ristoratori e imprenditori è di fare finalmente rete, di chiedere con forza al governo di istituire delle politiche di tutela per un settore che in Italia rappresenta una reale forza e che ha un potenziale enorme di attrattiva e di professionalità. Sento sempre parlare di misure cautelative per il settore amministrativo e per le grandi realtà operaie, ma l’Italia tutta si regge anche e soprattutto sul settore turistico, culturale ed enogastronomico, che è una vera realtà! Noi Cuochi siamo assimilati ai contratti collettivi nazionali senza alcun distinguo, rispetto alle criticità del nostro mestiere. E questo va cambiato! La forza dell’Italia, cioè di chi veramente paga le tasse, sono le piccole e medie realtà produttive, che però non sono valorizzate, e soprattutto non sono tutelate. Io confido che in questo momento abbiamo tutti noi del settore ristorativo la possibilità di farci sentire, di essere solidali, e finalmente dimostrare quanto importante sia il ml ostro contributo all’economia del paese. Mi auguro che da tutto questo finalmente emerga una nuova consapevolezza in noi e nelle istituzioni.

Angelo Pezzella, Pizzaiolo – Angelo Pezzella, Roma

Abbiamo deciso di chiudere perché le ordinanze emesse per il nostro settore sono incoerenti e distruttive per tali motivi: non tutelano il dipendente ai fini dello svolgimento del servizio, perché sappiamo bene che è praticamente impossibile mantenere la distanza di un metro nel servire al tavolo. Ci viene chiesto di restare aperti dalle 6 fino alle 18, ma che senso ha per noi che lavoriamo principalmente di sera? Ma soprattutto se viene chiesto ai cittadini di restare GIUSTAMENTE in casa e di mostrare un’autocertificazione per i propri spostamenti, come si potrebbe scegliere di uscire di casa per venire al locale? Non sono stati presi dal governo adeguati provvedimenti economici e finanziari a sostegno delle imprese; la conversione ad un servizio di asporto non copre i costi aziendali vista la totale mancanza della domanda. Per questo motivo a tutela dei dipendenti e dell’attività aziendale vorremmo invitare tutti i ristoratori e i fornitori ad unirsi alla protesta con l’obiettivo di sensibilizzare il Governo a prendere le misure adeguate a sostegno del nostro settore.

Dario Asara, Imprenditore – Pesciolino / Ginger, Roma

Siamo aperti dalle 9 alle 18, inutilmente, visto che nessuno può uscire di casa e la necessità dell’ autocertificazione non comprende, chiaramente “andare al ristorante”. Quindi, va da sé, che il provvedimento del Governo è stato un pò leggero, molto lontano da quelle che sono le vere dinamiche della ristorazione. La distanza di un metro, per esempio, è ridicola e di difficile attuazione. Tanta è la confusione. Mi aspetterei una cassa integrazione in deroga. Dovranno per forza prevedere qualche aiuto economico, perchè l’alternativa è il licenziamento generale. Credo quindi che la convenienza per lo Stato sia dare la cassa integrazione almeno per 3-4 mesi, perchè la ripresa sarà lenta. Un po’ perché non ci saranno i turisti perché il virus attaccherà gli altri Stati, un po’ perché gli italiani non avranno molta disponibilità economica. Salteranno tante aziende. Spero di non essere tra quelle. Rimango positivo. Il delivery non l’ho neanche valutata come opzione a tutto tondo, mi è sembrata più una mossa disperata di molti e, sinceramente, già lavorando con le piattaforme di consegne a domicilio, non ho visto questa impennata di ordini.

Emanuele Reali, Ristoratore – Hosteria Amedeo, Monte Porzio Catone (RM)

Noi dell’Hosteria Amedeo abbiamo scelto di chiudere definitivamente fino al 3 aprile. È il massimo che possiamo fare, e lo abbiamo fatto, per tornare ad una situazione di normalità. Lavorare come l’ultimo weekend con l’ansia da contagio non era possibile. Siamo favorevoli alla chiusura, ora aspettiamo dalle autorità una volta finita questa emergenza un aiuto per l’altra emergenza, il danno economico. Siamo fiduciosi, possiamo risorgere come sempre, anche se questa volta sarà più dura.

Federico Esposito, Imprenditore – Da Francesco / Da Francesco Su, Roma

Stiamo facendo il massimo rispettando le condizioni di sicurezza. Ora anche guanti e mascherine per operatori di sala. Rimaniamo aperti per non far precipitare da momento che abbiamo costi e impegni economici da rispettare. Faremo il possibile in attesa di fondi statali per aiutare noi e i nostri dipendenti. Siamo una voce fuori dal coro in questo momento me ne rendo conto ma non abbiamo alternative. Navighiamo a vista.

Carlo Maddalena, Imprenditore – Giulia Restaurant, Roma

Al dramma sanitario e sociale che stiamo vivendo si aggiunge inevitabilmente quello economico che sta mettendo definitivamente in ginocchio la nostra economia già malconcia. Le piccole aziende non hanno la forza per poter sostenere da sole un momento del genere senza un un intervento importante di liquidità, cassa integrazione, tributi e sostegni per i proprietari degli immobili che ospitano le nostre attività e che ci consentano di sospendere gli affitti, si innescherà un meccanismo a catena dal quale sarà impossibile uscirne vivi.

Iside De Cesare, Chef patron – La Parolina, Trevinano (VT), 1 Stella Michelin

Essere ristoratori è rendere un servizio pubblico e in questo momento, il miglior modo per farlo è aderire ad uno stile di vita che tuteli collaboratori e consumatori. Pertanto abbiamo deciso di chiudere. Dal punto di vista economico ci saranno conseguenze importanti ed è troppo presto per poter dare una valutazione, il problema è molto grande e serio. Sarà importante cambiare il modo di fare impresa cercando di fare squadra per contenere i costi e incrementare i ricavi. Dobbiamo cambiare mentalità. La ricetta? Torniamo a tavola a parlare e cuciniamo tutti insieme.

Alessandro Camponeschi, Ristoratore – Ristorante Camponeschi / Camponeschi Wine Bar, Roma

Io vivo per le regole, pertanto, quando mi vengono imposte cerco di rispettarle al massimo. Immediatamente, appena ricevuto il comunicato decretale del Presidente del Consiglio, la sera stessa ho mandato tutti i collaboratori in ferie e sono rimasto aperto con il bar, categoricamente fino alle 17:55. La mia è stata una scelta, dalle 6 alle 18, per è stato difficile perché le persone sono abituate ad associarmi ad un servizio serale e convertire tutto al pranzo, sarebbe stato troppo macchinoso. Il wine bar è stata l’unica chiave di lettura possibile visto il provvedimento, perché con il bar Dobbiamo rispettare quelle che sono le norme di distanza, non viene effettuato servizio al bancone, ma solo al tavolo, anche solo un caffè. Sto facendo quello che ritengo opportuno fare, anche per dare un segnale di presenza, perché questa chiusura serrata è psicologicamente pesante e non giova alla nostra immagine internazionale, visto che quel poco di turismo c’è e siamo nel cuore di Roma. Se poi domani dovessero imporci la chiusura, chiuderemo. Quello che posso dire nel frattempo è di non mollare, di attenerci alle regole e di fare quel poco che ci è stato consentito di fare, senza disfattismi e senza dare un segnale di resa.

Ciro Scamardella, Chef – PIPERO, Roma, 1 Stella Michelin

Purtroppo siamo tutti con le spalle al muro. Una situazione brutta e surreale che nessuno sa come affrontare. Speriamo che presto dalla parte dello stato ci sia una soluzione, o quanto meno far capire che ci tendono la mano e che ci siano incentivi. Abbiamo chiuso come gran parte dei nostri colleghi. Il ristorante aprirà il 3. Sperando che passi presto questo scenario assurdo.

Marco Pucciotti, Imprenditore – Epiro, Eufrosino, a Rota, Umami, Blind Pig, Sbanco, Hop&Pork – Roma

La nostra coscienza e il nostro senso civico ci obbligano a tenere chiusi i locali per dare modo al nostro Paese di rialzarsi. Il nostro dispiacere è enorme, ma speriamo che questi provvedimenti possano portarci presto a tornare alla normalità che tanto amiamo, alla condivisione di cibo, del vino e delle esperienze.”

Claudio e Fabrizio Gargioli, Chef Patron – Armando al Pantheon, Roma

Momento drammatico. Si naviga a vista. Oggi siamo ancora aperti perché avevamo delle prenotazioni e non siamo riusciti ad avvisare tutti i clienti. La situazione è cambiata in modo repentino. Finché siamo certi di poter garantire la sicurezza dei clienti e dei dipendenti e nostra, andremo avanti, anche se sarà difficile rimanere aperti oltre questa settimana. Rispettiamo tutte le norme imposte quindi facciamo solo il servizio a pranzo allungandolo leggermente alle 15:30 invece che alle 15:00. Aspettiamo una risposta da parte dello Stato, aiuti reali a fronte di un calo di lavoro evidente e per motivi straordinari. Speriamo passi presto e torni tutto alla normalità. In questi momenti dobbiamo pensare alla salute di tutti”.

Fundim Gjepali, Chef – Antico Arco, Roma

Noi qui all’antico arco, abbiamo chiuso già ieri, abbiamo rispettato le regole imposte dal governo e non ci è sembrato giusto stare aperti fino alle 18, e quindi resteremo chiusi direttamente fino al 3 Aprile per evitare occasioni di contagio. Per il momento i dipendenti sono tutti a casa. Speriamo bene, anche se la situazione non è rassicurante. Ma quando sarà tutto finito sarà ancora più bello festeggiare con una bella bottiglia e del buon cibo.

Mario Bauzullo, Ristoratore – Peppino a mare, Ostia (RM)

Nei primi giorni di allerta, avevo preso veramente sottogamba questo virus, a volte denigrandolo e giudicando frettolosamente e negativamente chi allarmava tutta la nazione. Poi il cambiamento: ho capito che ho delle responsabilità forti, rimanendo reperibile è come se invitassi i cittadini a trasgredire. Vedendo la fatica dei veri eroi di questa situazione nel contenere l’espandersi del virus come dottori, infermieri, volontari e forze dell’ordine, mi sembra inevitabile e indiscutibile dire: “io mi fermo, io sto a casa”. Aiutiamoci tutti a ripartire, ognuno di noi nel suo piccolo può fare la differenza.

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