Pomodoro, Carota, Anguria sono 3 esempi del lungo e attento lavoro di selezioni agroalimentari che nel tempo ha dato nuovo colore agli alimenti concentrando proprietà nutritive da un lato e attraendo lo sguardo dall’altra.
La vista è un senso dominante, ci permette di relazionarci agli oggetti che ci circondano, di scegliere in base all’aspetto estetico e/o cromatico predisponendoci o meno al consumo di un alimento, fornendoci informazioni istintive sulla qualità e la freschezza del prodotto.
Frutta e verdura contengono dei pigmenti fitonutrienti (flavonoidi, fenoli, terpeni, fitati, isotiocianati, indoli) che, esercitando una naturale funzione visivo-attrattiva sulle nostre scelte alimentari, producono effetti benefici sul nostro l’organismo e svolgono funzioni importanti per la salute del corpo.
E’ stato inoltre provato scientificamente che il nostro cervello associa al colore dei cibi sensazioni positive o negative secondo un “pregresso mentale” che ci lega a sensazioni gradevoli o spiacevoli vissute nel passato; quando un alimento si presenta di un colore diverso da quello a cui siamo abituati subito veniamo investiti da una sensazione di diffidenza.
Il rosso ha una forza stimolante che potrebbe sviluppare anche l’appetito, in altri soggetti, invece, lo stesso colore stimola anche le aree del pericolo e dell’attenzione trasmettendo un diverso influsso.
Il blu-violetto, grazie alle sue virtù calmanti, calma la fame: queste sono le tinte dell’equilibrio: i cibi che vanno dal viola all’indaco sono particolarmente ricchi di magnesio e di altri elementi fondamentali per le funzioni cerebrali, inoltre sono considerati i migliori antidoti alla fame nervosa, svolgono una benefica azione sul sistema nervoso, sul cervello e sulle facoltà intellettive superiori;
Chi mangia troppo velocemente dovrebbe consumare molti cibi verdi. Il verde, infatti, riporta alla stabilità ed è un buon colore antivoracità, tutta la verdura a foglia verde contiene clorofilla, luteina, carotenoidi, magnesio, folati (o vitamina B9) e vitamina C utili nel prevenire malattie del cuore e tumori e preziosi per sistema nervoso, vista e pressione sanguigna. Chi ha problemi di digestione dovrebbe orientarsi sull’arancione, colore energetico che favorisce l’assimilazione del cibo, e sul giallo, che agevola la produzione di succhi gastrici e riduce i gonfiori addominali. Il giallo sembra essere il colore preferito dai golosi. Trasmette energia, allegria, senso di benessere, estroversione e lucidità cosciente. Il bianco, il colore della semplicità e della depurazione, ci riporta a cibi basici come latte e riso. Finocchio, cipolla, e cavolo bianco, sedano rapa, indivia belga, mela, pera e banana contengono tra gli altri flavonoidi, vitamina C e selenio utili al cuore ed alle ossa. Il nero, ricco di mistero, ha una forte valenza erotica, nonostante il nero simbolicamente sia il colore che assorbe ed annulla l’energia. Negli ultimi anni i cibi di colore nero o comunque molto scuro sono stati riconosciuti come salutari.
Tenendo presente queste coordinate psico-cromatiche, quali sono gli alimenti che nel corso del tempo hanno dovuto modificare il loro colore naturale per mostrare maggiore appeal?
Primo tra tutti sua maestà il POMODORO. Già il suo nome dovrebbe fornirci delle indicazioni, basta scomporre la parola “pomodoro” in “pomo d’oro“. I pomodori infatti anticamente erano di colore giallo e hanno mantenuto il lusinghiero paragone con l’oro almeno nel nome, il riferimento alla bellezza del frutto non è casuale: si tratta di un nome coniato in Francia nel diciottesimo secolo, quando i pomodori erano utilizzati come specie ornamentale.
Se le selezioni varietali nei secoli lo hanno reso di colore rosso, garantendone la popolarità per la sua capacità di vivacizzare le vivande sulle quali viene utilizzato, è ormai accertato che il suo successo sia anche dovuto alla principale sostanza colorante contenuta nel pomodoro rosso (licopene) che svolge un’ azione positiva sulla nostra salute (è antiossidante, cioè agisce contro i radicali liberi) e quindi i selezionatori hanno lavorato e stanno ancora lavorando per ottenere delle varietà con elevato contenuto di questa sostanza.
Con il tempo i pomodori rossi sono diventati prevalenti rispetto a quelli gialli, che rappresentano oggi però tornano alla ribalta come “TREND FOOD”.
Non è l’unico ortaggio ad aver cambiato radicalmente tinta: le carote originariamente erano viola.
Le carote viola risalgono al 2000 a.C. Furono i commercianti arabi a esportarle in diversi paesi nei secoli. Si dice che le carote avessero anche diversi colori. In base alla zona in cui venivano coltivate, le carote assumevano colore diverso: bianche, gialle e addirittura color porpora, nere.
Le classiche carote arancioni comparvero nei Paesi Bassi durante il XVII secolo. In effetti, si tratta di un ibrido, cioè una combinazione fatta dagli agricoltori olandesi che vollero omaggiare la casa reale olandese (gli Orange).
L’anguria (per i botanici cucumis citrullus o citrullus vulgaris) è uno dei frutti più apprezzati nelle calde e assolate giornate estive. Oltre a questo nome, con cui è conosciuta nell’Italia settentrionale, troviamo il toscano cocomero, il napoletano melone d’acqua e poi le versioni dialettali: pateca in Liguria e zipangulu in Calabria. Se ci spostiamo oltreconfine troviamo: watermelon, wassermelon, melon d’eau e sandia.
Per quanto riguarda l’origine del nome abbiamo diverse spiegazioni: cocomero farebbe riferimento al colore del cetriolo mentre anguria avrebbe una derivazione bizantina (angouri, cioè frutto immaturo). Watermelon e melon d’eau, invece, si riferiscono all’elevato contenuto di acqua di questo frutto.
Ma questo frutto nel 17esimo secolo era decisamente diverso, come dimostra il quadro di Giovanni Stanchi detto “Dei Fiori”, che è stato pittore di stampo caravaggesco e naturalista dal decorativismo palesemente Barocco o baroccheggiante.
Le angurie di Stanchi, che sono state dipinte intorno al 1645-1672, ci permettono d’intravedere un tempo, prima che la coltivazione sistematica cambiasse i frutti per sempre.
Le angurie originariamente provenivano dall’Africa, ma dopo l’addomesticazione sono prosperate nei climi caldi del Medio Oriente e dell’Europa del sud. Divenne probabilmente coltura comune nei giardini e nei mercati attorno al 1600. I vecchi cocomeri, come quello dipinto dallo Stanchi, presumibilmente erano molto gustosi e il grado di zuccheri contenuto nel frutto avrebbe dovuto essere ragionevolmente alto dato che questi stessi meloni venivano consumati freschi e talvolta fermentati nel vino, eppure sembrano così diversi dal nostro attuale cocomero e questo perché nel tempo abbiamo cominciato a coltivarlo con l’intento d’ottenere quel rosso intenso che gli riconosciamo oggi.
Quella carnosa parte interna del frutto in realtà è la placenta che contiene i semi del cocomero il quale prima che fosse definitivamente addomesticato difettava, sempre nella medesima placenta, di quell’alta concentrazione di licopene che pigmenta del suo caratteristico rosso acceso gli stessi frutti così come li conosciamo noi oggi. Attraverso centinaia d’anni di domesticazione abbiamo modificato dei piccoli cocomeri la cui placenta era bianca, in frutti più grossi e carichi di licopene come nella versione che troviamo oggi.
Di certo non abbiamo solo cambiato il colore dei cocomeri, per esempio le Banane, coltivate già 7.000 anni fa, apparivano molto diverse rispetto ad oggi. Erano infatti ricche di semi di grandi dimensioni. Oggi invece la polpa è compatta e il sapore è più ricco.
Anche le Melanzane, provenienti dalla Cina, erano di molti forme e colori, come bianco, azzurro, viola o giallo. Avevano spine nel punto in cui il gambo era collegato ai fiori. Oggi non c’è traccia delle spine e le dimensioni sono maggiori, così come il colore dominante è il viola.
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