Estati bollenti. Tropicalizzazione. Alluvioni. Ghiacciai umiliati. Barriere coralline morenti. Incendi indomabili. Non è allarmismo, è verità. Lo dicono gli scienziati, gli uomini di cultura e troppo poco i Media. E’ necessaria una presa di coscienza e un cambio di rotta collettivo perchè tutto ciò che facciamo ha un impatto, e agire per garantire un futuro ai nostri figli. E’ ancora possibile arginare il problema?
Clima fa rima con Emergenza. Non è allarmismo, è verità. Il pianeta è più caldo di 1°C rispetto al 1860. I disastri ambientali si stanno moltiplicando. Uragani mai visti prima. Estati bollenti. Desertificazione. Artico umiliato, barriere coralline morenti e incendi devastanti. Le nuove generazioni vedono un futuro sempre più oscuro. Un futuro in cui città come Venezia saranno sommerse, Ecositemi, Animali e Bellezze come la Grande Barriera Corallina, non esisteranno più.
Lo dicono gli scienziati, gli uomini di cultura e troppo, troppo poco i Media. Oltre l’ipnosi collettina da smartphone è necessaria una presa di coscienza e un cambio di rotta che parta dalle piccole cose, smettendo di soddisfare bisogni immediati senza orientare al futuro le nostre azioni. Dobbiamo riacquisire una coscienza, abituarci a pensare che tutto ciò che facciamo ha un impatto; agire secondo ciò che è bene per questo mondo, così bello.
E’ necessario un cambio di paradigma, che parte dall’acqua. Si perchè l’Italia è un Paese soggetto a forte stress idrico: le abitudini di singoli individui e aziende non aiutano ad alleviare il problema. La nostra Penisola si trova inoltre in una zona particolarmente vulnerabile nel bacino del Mediterraneo, in una sorta di sacca di riscaldamento. E nel corso del 2022, per la prima volta, ha contato oltre 2000 eventi climatici estremi.
Nell’ultimo trentennio climatologico – 1991/ 2020 – si è registrata una riduzione del livello di circa il 20 per cento, passando dai 550 mm a circa 440 attuali. L’analisi della situazione idrologica dell’Italia è stata effettuata attraverso il modello idrologico “Bigbang” dell’Ispra, che ha fornito un quadro completo e dettagliato della situazione delle risorse idriche nel paese dal 1951 al 2021.
Uno degli aspetti critici legati alla siccità è il deficit idrico, in cui l’acqua necessaria supera l’acqua disponibile. Questa situazione è particolarmente preoccupante perché influisce sulla disponibilità di risorse idriche essenziali per le necessità quotidiane e le attività agricole e industriali.
L’ULTIMO APPELLO DEGLI SCIENZIATI
L’ultimo rapporto IPCC afferma l’urgenza di contenere l’aumento della temperatura media globale entro +1,5 °C rispetto all’era pre-industriale. Per farlo, dobbiamo dimezzare le emissioni globali di CO2 entro il 2030, e azzerarle entro il 2050. Un compito titanico.
“Molte altre lotte sono legittime. Ma se questa verrà persa, nessun’altra potrà essere condotta.”
(Appello pubblico di scienziati e uomini di cultura – Le Monde, Agosto 2018)
CIRCA 7 ANNI PER AGIRE!
Perché tutti dovremmo sapere cos’è il CARBON BUDGET o bilancio di CO2? Al tasso di emissioni di CO2 di oggi, restano infatti circa 7 anni per agire e restare entro 1,5°C di aumento della temperatura media globale evitando così le peggiori conseguenze della Crisi Climatica. Per questo le azioni politiche che devono essere intraprese devono essere tempestive garantendoci un futuro sicuro.
COSA POSSIAMO FARE?
Serve una rivoluzione culturale, sociale, economica e politica. Un cambio di paradigma. Dobbiamo smettere di pensare ai bisogni immediati ed orinetare ogni nostra piccola azione al fututo. Dobbiamo pensare che tutto ciò che facciamo ha un impatto, e agire secondo ciò che è bene anche per gli altri e per questo mondo.
A fare il punto della situazione, ci ha pensato anche la IV Conferenza Nazionale sul Clima tenutasi a luglio 2023 all’Auditorium dell’Ara Pacis a Roma. Gli esperti della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile sono stati chiamati a discutere del rapporto del nostro Paese con l’acqua nell’era del cambiamento climatico per esporre le strategie più adatte ad affrontare la crisi. Il quadro scaturito dal congresso – che ha visto la partecipazione di enti pubblici e privati, mondo della politica e dell’impresa – è particolarmente preoccupante: l’Italia è in pericolo idrogeologico a causa dell’ innalzamento delle temperature globali. Un italiano su cinque abita in zone a rischio allagamento: 7 milioni di italiani, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici sono minacciati da pericolosità idraulica.
Barbabella: “l’80% degli impianti sciistici rischiano la chiusura”
Da un lato l’uso della risorsa idrica, dall’altro la questione legata al clima. “L’Italia consuma 40 miliardi di metri cubi all’anno (la Spagna al secondo posto con 30); è uno dei paesi europei con la più ampia disponibilità idrica – 130 miliardi di m3 annui – ma questo dato è in riduzione del 20% negli ultimi decenni – ha sottolineato Andrea Barbabella, responsabile scientifico di Italy for Climate, centro di studi scientifico della Fondazione – I ghiacciai, in vent’anni, hanno perso 25 metri di spessore e circa 50 miliardi di m3, influenzando la portata idrica nel bacino padano. Le precipitazioni nevose sono in calo del 64%: l’80% degli impianti sciistici rischiano la chiusura”.
Boscolo: “Le ondate di calore estremo sono passate da 1 ogni 10 anni a 1 ogni 2 anni”
A questo si aggiunge l’incremento delle temperature. Come sottolineato da Roberta Boscolo, responsabile clima ed energia della World Meteorological Organization, negli ultimi dieci anni la media annuale di innalzamento degli oceani è stata di 4,5, mentre le temperature sono aumentate di circa 1,15°C.
Ciò ha determinato l’aumento di precipitazioni violente, in quanto più l’aria è calda, più aumenta la portata di umidità; questo per colpa dei gas serra, che per definizione sono portati a trattenere più calore. In Italia l’aumento è vicino ai 3 gradi centigradi: le ondate di calore estremo sono passate da 1 ogni 10 anni a 1 ogni 2 anni con l’aumento di 1,5°C previsto dall’accordo di Parigi.
Da qui il “paradosso” per il quale coesistono periodi siccitosi e grandi eventi atmosferici, che rischiano di mettere in pericolo un quinto della popolazione italiana. Questo se i dati rimanessero fermi a quelli attuali. Se il trend dovesse rimanere tale, le previsioni per la seconda parte del secolo prevedono un aumento di 4°C, ovvero un evento catastrofico all’anno.
Lo stress idrico italiano
L’Italia è quindi un paese soggetto a forte stress idrico, dove le abitudini di singoli individui e aziende non aiutano ad alleviare il problema. Gli italiani consumano 220 litri pro capite all’anno – il doppio della media europea – mentre le imprese utilizzano quattro volte tanto l’acqua necessaria alla Germania per le proprie industrie. Gran parte dei nostri prelievi idrici sono dettati dal settore agricolo, che ne utilizza il 41% del totale (secondi solo alla Spagna).
La cementificazione non aiuta, anzi, aumentando i rischi di allagamento e alluvioni.
Le perdite economiche tra il 1980 e il 2020, in Italia, ammontano a 87 miliardi di euro, dietro a Germania e Francia.
Non ci resta che chiederci: quali azioni concrete saranno intraprese per ridurre le emissioni di gas serra e mitigare gli impatti dei cambiamenti climatici sulla disponibilità delle risorse idriche? Come sarà possibile incentivare l’adozione di pratiche sostenibili nell’uso delle risorse idriche sia nel settore agricolo che urbano? Quali nuove tecnologie e soluzioni innovative verranno implementate per affrontare la crisi idrica in modo efficace ed efficiente?
Un dossier in dieci punti
Per affrontare la crisi è stato presentato, durante la conferenza, un dossier in dieci punti.
Gli obiettivi riguardano il taglio delle emissioni di CO2 per raggiungere la neutralità climatica nel 2045, l’adozione di una legge per il clima, aumentare le conoscenze delle risorse idriche in Italia, rinnovare le infrastrutture, verificare i piani di gestione delle alluvioni e valorizzare i ruoli della città, in un contesto generale di economia circolare fondamentale per la decarbonizzazione e il raggiungimento degli obiettivi preposti per il 2050 (ciò grazie al supporto del Circular Economy Network).
Tali punti sono compresi nella Roadmap proposta da I4C e Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e presentata in chiusura da Edo Ronchi, presidente della Fondazione stessa: “Per ridurre l’impatto di alluvioni e siccità è necessario contribuire a rallentare il riscaldamento globale che le alimenta, tagliando le emissioni di gas serra, e aggiornare e rendere operative misure di adattamento. La Roadmap prevede obiettivi e target sfidanti al 2030 e al 2045 e specifiche strategie settoriali. Per l’Italia, Paese vulnerabile per i cambiamenti climatici, è più conveniente accelerare l’impegno e puntare su obiettivi avanzati di decarbonizzazione, per cogliere anche i vantaggi tecnologici, economici e occupazionali”.
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