Considerazioni sostenibili tra Cucina e Futuro, Comunicazione, Ristorazione, Editoria, Giornalismo e Tempi Umani tratte da LSDM 2019 (Congresso Internazionale di Cucina / 1-2 ottobre, Paestum) perchè “Il tempo della cucina non c’entra nulla con il tempo della comunicazione. Bilanciare questi due aspetti è fondamentale per uno chef.“
“Tutte le strade portano a Roma” recita un vecchio detto popolare, ma se sulle strade vedete mozzarelle probabilmente vi avranno portato a Paestum, nel cuore della Piana del Sele e del golfo di Salerno, 97km a sud di Napoli, nel Parco nazionale del Cilento, Patrimonio dell’Umanità, nonché Riserva della Biosfera.
Paestum. Conosco questo luogo fin da piccola, dal tempo in cui mi ci portò mio padre. Oltre la bellezza degli scavi e l’unicità dei templi, ricordo con chiarezza lo stato di affascinata contemplazione di fronte all’affresco della “tomba del tuffatore” il quale, gettandosi oltre le colonne d’Ercole – simbolo del confine del mondo noto – si tuffava, senza timore, verso l’ignoto.
Ogni viaggio, ogni scelta, ogni bivio, con le sue incognite e le sue continue scoperte, da un certo punto di vista potrebbe essere ben rappresentato da questa immagine.
Così, con le mie piccole, e poche, consapevolezze in tasca, sono approdata a LSDM* 2019 (acronimo evolutivo e definitivo de *Le Strade Della Mozzarella) sulla strada della curiosità. Si perché questo Congresso Internazionale di Cucina -andato in scena gli scorsi martedì 1 e mercoledì 2 ottobre negli spazi del Savoy Beach Hotel di Paestum- per la sua dodicesima edizione ha deciso di cambiare anima e si è presentato al suo pubblico in una veste completamente nuova.
“Sin dagli inizi di LSDM – dichiarano Barbara Guerra e Albert Sapere, ideatori e curatori della manifestazione – abbiamo cercato di uscire dai confini, seppur nobili, della cucina pura e semplice. Giunti alla 12esima edizione abbiamo deciso di imprimere un’ulteriore svolta, offrendo uno spazio importante a personaggi e temi che, pur apparendo in qualche modo solo collaterali al tema centrale, rivestono invece un ruolo assolutamente centrale nell’alta ristorazione del ventunesimo secolo”.
Una veste, dicevo, in cui i banchi d’assaggio sono stati sostituiti dai banchi di scuola; chef e pizzaioli sono saliti in cattedra senza cucinare portando ciascuno la propria visione orientata al futuro di cucina italiana, prodotto ed esperienza sostenibile; gli argomenti sollevati hanno rimbalzato dalla ristorazione alla sala passando per la pizzeria fino agli sguardi sulla ristorazione stellata all’estero, e poi tecnologia, Istituzione, Antropologia dell’alimentazione e food marketing fino agli effetti del troppo lavoro.
Le pause tra una lezione e l’altra sono state scandite da acqua, caffè, sigarette (poche) e tante considerazioni a caldo, perché il tema di questa edizione, volutamente accademica, è stato “Etica, Estetica e Sostenibilità”; argomenti quotidiani quanto ampi e controversi che toccano da vicino i ramificati aspetti della ristorazione, sempre contesa tra gusto, soddisfazione del cliente e reperimento delle materie prime, delle scelte etiche a tavola, delle stagioni, dei prodotti e dei produttori, e più in generale della natura e dei sistemi di coltivazione, ovvero delle scelte che riguardano tutti noi e il mondo in cui siamo immersi, più o meno come baccalà in oliocottura.
“Molteplici le visioni, le diverse sensibilità. Ma alla fine riteniamo che davvero LSDM 2019 abbia offerto un’immagine forte della cucina, intesa anche come atto politico, per una volta nel senso più nobile del termine”, queste le parole conclusive di Albert Sapere e Barbara Guerra per LSDM 2019.
Estero, futuro, comunicazione, editoria, stress in ambito lavorativo, corretta alimentazione, farine naturali, carne si carne no, cucina circolare e dichiarata sensibilità, diffusa e vissuta a più livelli, nei confronti dei problemi etici e ambientali;
dal groviglio di opinioni, riflessioni ed angolazioni di pensiero si evince che “Sostenibilità e Stagionalità” non sono soltanto due parole buone e giuste, ma anche un trend sempre più apprezzato da un pubblico nuovo alla ricerca di esperienze autentiche, naturali ed immersive.
Sul tema Comunicazione un interessante focus su cui riflettere a lungo è stato fornito dall’incontro/confronto tra Guide e Editoria Enogastronomica con Giuseppe Cerasa, Luigi Cremona, Federico De Cesare Viola, Antonella De Santis, Paolo Marchi e Carlo Ottaviano, moderati da Guido Barendson.
Al centro del dibattito il ruolo e, soprattutto i doveri, del giornalista del XXI secolo. Per converso o assonanza di pensieri nuovamente affiora tanta (troppa?) mancanza e relativo bisogno di parlare di informazione più che di comunicazione, la necessità di assumersi la responsabilità del proprio giudizio critico, di intercettare traiettorie e tematiche vincendo conformismo e pigrizia.
Ritrovare avere il coraggio di rischiare, di uscire della comfortzone pubblicando ciò che è importante, ciò che può essere utile, non solo ciò che è d’impatto al momento ma ciò dovrebbe essere formativo a lungo rilascio, uscendo dalla logica dell’immediatezza e del comunicato stampa a tutti i costi, lontani dal giornalismo da scrivania, dai favoritismi, dal buonismo dilagante, preservando il più possibile la propria autonomia di critica e pensiero. E ancora la sostenibilità economica dell’editoria, le guide che vincono, quelle che restano, la formazione all’interno del settore, l’etica dei compensi, e più in profondità, quella lontana prospettiva di un contratto/miraggio che possa orientare scelte e vita in una società liquida.
Sulla scia spiccano le parole dense e dirette di Antonia Klugmann (L’Argine a Vencò) che, a mio avviso, ha accarezzato con grazia una tematica scottante, anch’essa preoccupante, nonché in esatta opposizione alla sostenibilità umana prima di essere ambientale. Una tematica che getta luce sull’insostenibile invisibile gabbia costruita attorno alla ristorazione che non lascia più il tempo di apprendere, consolidare la propria filosofia gastronomica, e non lascia soprattutto il tempo di sbagliare: “il tempo della cucina non c’entra nulla con il tempo della comunicazione. Bilanciare questi due aspetti è fondamentale per uno chef. Io ho cominciato in tempi diversi, ho potuto elaborare autonomamente la mia visione di cucina senza l’angoscia di dover dimostrare. Quei sei anni passati da sola con uno stagista ed un lavapiatti sono stati fondamentali. Questo correre così veloce non ci appartiene”.
Il rischio infatti è dietro l’angolo ed è rappresentato dal fatto che in questa corsa senza traguardo fisso sempre più cucine siano copie di copie altro aspetto sottolineato da Salvatore Tassa (Le Colline Ciociare) che si è schierato contro le distribuzioni di prodotti che creano omologazione e che, lontani da territorio e sostenibilità, sempre più menu vengano fatti sui cataloghi in netta opposizione alla viva necessità e rinnovata consapevolezza di una figura del cuoco che sappia interpretare e dare sapore ai cambiamenti che investono l’ambiente e la società.
Consapevolezza ambientale che va farcita di creatività secondo Alain Passard (L’Arpège) al quale è stato affidato la chiusura del Congresso e che ha regalato un momento poetico e carico di prospettive. Lui, pioniere in tempi non sospetti di un movimento attento alle problematiche dell’ambiente, che ha operato scelte drastiche e che, una volta conosciuta e studiata bene la materia prima, getta luce su quanto sia importante, fondamentale, essere creativi ai fornelli: “Il più bel libro di cucina è stato scritto dalla natura, dobbiamo ritrovare quello che ha scritto con le sue stagioni. Un pomodoro impiega 5 mesi per crescere naturalmente e, arrivata la sua stagione, dovremmo ritrovare il gusto di mangiare quel pomodoro. Ho tolto quasi totalmente la carne dal mio menu. Abbiamo perso molti clienti, ma non sono tornato indietro. In questo genere d’avventure bisogna sempre guardare avanti”.
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