L’idea alla base è quella di replicare in tutto e per tutto format e identità vincenti. Sono “Pepe in Grani“, “50 Kalò”, “Pizzeria Sorbillo – Antica Pizza Fritta Zia Esterina”: 3 figli d’arte alla terza generazione, 3 stili di Pizza campana diversi tra loro, 3 insegne vincenti che vincono in casa e sfidano, senza timori, le Trasferte.
Ma come si fa quando cambiano i paradigmi di riferimento? Come si procede quando la scenografia territoriale è diversa, quando le materie prime non sono le stesse, quando ci si rivolge ad una clientela con gusti, abitudini e, spesso, pretese diverse, cercando di non deludere le aspettative, in un senso o nell’altro?
Lo abbiamo chiesto a tre Giganti della Pizza che hanno curato e stanno curando importanti aperture in Italia e/o in giro per il Mondo.
Maestri pizzaioli alle prese con le fedeli repliche identitarie del proprio collaudato format. Quali sono i punti di forza? Quali le difficoltà, i rischi, le soddisfazioni? Le versioni di Franco Pepe, Gino Sorbillo e Ciro Salvo.
Condividono radici antiche con questa professione affascinante che, come la vita, è in continuo mutamento, in continuo fermento, evoluzione. Figli d’arte tutti e tre, rappresentano la terza generazione dei gloriosi portavoce della PIZZA e del Made in Italy che ci mostra tre filosofie di pizza campana molto diverse tra loro, e comunque vincenti.
Tra talento personale, progetti ambiziosi e gradimento, sono sempre numeri impressionanti quelli del business della pizza in Italia che, secondo un’indagine condotta dal Centro studi Cna in collaborazione con Cna Agroalimentare, nel 2018 (in un mondo pre-Covid) raggiungeva un fatturato annuo di 15 miliardi di euro.
Il settore è stato di certo uno dei segmenti in maggiore ascesa, che tende sempre più alla ricerca della qualità e dell’innovazione, con l’obiettivo di stupire e soddisfare il gusto dei consumatori, che tendono a preferire le pizze tradizionali con la classica Margherita al vertice delle scelte, seguita Marinara, Napoletana e Capricciosa.
In linea generale, la Pizza rimane un prodotto di origine di nascita popolare e per tale ragione il mercato predilige pizze che non superino di molto i cinque euro, ma c’è un segmento degli amanti della pizza che consuma abitualmente pizze tonde da oltre dieci euro. La pizza “gourmet” o “pizza contemporanea” in pochi anni ha realizzato il 12.1% di ordinazioni, fiancheggiata dalle pizze speciali, biologiche o senza glutine che hanno raggiunto il 6% del totale, mentre la pizza con gusti fai-da-te si ferma al 2.9%.
Il successo è tutto nell’idea della sua semplicità, nella capacità di accontentare una gran varietà di palati e di poter essere un buon veicolo per raccontare territori diversi tra loro: un patrimonio della tradizione italiana da tutelare e preservare per le future generazioni.
C’è chi ne ha fatto una scelta di vita, dedicando anima, corpo e pensiero a realizzare una pizza di tradizione che portasse con sè il segno dell’evoluzione dei tempi. Approfondiamo i discorso con tre Giganti Buoni di questo settore: Franco Pepe, Ciro Salvo e Gino Sorbillo.
CIRO SALVO – 50 Kalò / Napoli – Londra
NAPOLI. Ciro Salvo. Terza generazione di una antica famiglia di pizzaioli.
La sua ricerca si concentra sull’impasto super idratato per ottenere leggerezza e la digeribilità. Soffice, morbida, cornicione basso, impatto “scioglievole”, Ciro Salvo ha sempre avuto il pallino per l’impasto: a 18 anni ha iniziato a studiarlo, a osservare da vicino acqua, farina e lievito maturando il concetto secondo il quale l’impasto deve essere frutto della volontà del pizzaiolo, che deve riuscire a governare tutte le variabili più importanti e cioè il clima, la temperatura dell’acqua e le condizioni della farina e il tempo, fondamentale per la digeribilità
“One of the best pizza in Italy” The New York Times, 2014. Premio Maestri dell’Impasto 2016 per il Gambero Rosso. Il Re dell’impasto per la Guida Ristoranti d’Italia de L’Espresso 2016. È tra “I 100 chef che hanno cambiato la cucina italiana” secondo Identità Golose. Ambasciatore della pizza napoletana nel mondo per Slow Food. La sua pizzeria 50 Kalò è tra le sei pizzerie italiane segnalate dalla Guida Michelin.
Ma la sua fama arriva fino a Londra e Ciro vince in casa e fuori casa con la sua “50 KalòLondon”, si posiziona infatti al primo posto di “50 Top Europe”, la speciale classifica dedicata alle migliori pizzerie del Vecchio Continente (Italia esclusa) di “50 Top Pizza”, tra le più esigenti guide online di settore.
Alla sede inglese di “50 Kalò” è andato anche il premio speciale per il miglior servizio di sala, “Best Service 2020”, mentre lo stesso Ciro Salvo si è aggiudicato il riconoscimento di miglior pizzaiolo europeo dell’anno, Pizza Chef of the Year 2020. Ma quale via ha seguito la definizione del progetto londinese? Ce lo racconta il suo ideatore, Ciro Salvo.
CIRO SALVO
A Londra ho portato la stessa pizza che faccio a Napoli, altrimenti non avrebbe avuto senso mettere la stessa insegna. Quando si apre un’altra pizzeria bisogna trasferire l’anima, l’identità della casa madre, altrimenti è meglio non farlo. Deve essere una copia il più possibile vicina, se non identica. La clientela iniziale era prettamente costituita da persone che italiane, a Londra vive circa un milione di italiani, gli italiani hanno portato gli amici inglesi e lì abbiamo cominciato a divulgare un altro concetto di pizza.
La Pizza fuori da Napoli è percepita più croccante, più asciutta, la mia invece è morbida, soffice, molto leggera, molto idratata. Io ho lavorato per estremizzare tutti i paramenti. E, conoscendo bene i reagenti dell’impasto, si riesce a calibrare, a governare il prodotto, e fare quello che tu hai in testa come pizza napoletana
Io cercavo un prodotto unico, riconoscibile, identitario, perché la pizza deve avere un impronta, e l’artigiano deve essere e riconoscibile attraverso quel prodotto. Io non sono per la pizza globalizzata.
Quando dicevo che ho trasferito a Londra l’anima di 50 kalò Napoli, mi sono preoccupato di portare l’atmosfera del mio locale tra forno Rosso e Marmi di Carrara ma, prima di tutto mi sono preoccupato di trasferire un’organizzazione, che io metto al primo posto.
Organizzazione significa saper fare impresa.La pizzeria non è fare pizza, è fare impresa Fare pizzerie non è solo fare una buona pizza, significa avere un servizio di qualità, accoglienza di livello, amministrazione che funzione, pagare fornitori e pagare bene i dipendenti, avere un locale pulito costantemente, e fare queste cose tutti i giorni: governare un locale a tanti km di distanza non è facile. La tua vita cambia, se vuoi fare bene le cose. Io mi divido tra Napoli e Londra, dove rimango almeno per una settimana ogni mese.
LA MARINARA
La pianificazione dell’apertura di Londra ha richiesto molti mesi. Ho dovuto prima di tutto convincere quella che oggi è la spina dorsale del locale. Ragazzi che hanno lavorato con me 6/7 anni, che conoscevano alla perfezione il mio modo di lavorare, cosa voglio o non voglio nella mia pizzeria. Senza il materiale umano, non si fa da nessuna parte.
Io ho avuto tante, tantissime occasioni per aprire, tante proposte. Ma io sono andato cauto, fino a quando non sono stato sicuro di una squadra. Già è difficile trovare l’equilibrio in uno staff, figuriamoci a distanza. Una squadra affiatata, collaudata è fondamentale.
La pizza che faccio a Londra è la pizza che faccio a Napoli. A Napoli chiaramente utilizzo materie prime diverse, piccoli produttori che non hanno grande distribuzione. Ma anche a Londra ho cercato realtà per portare la stessa qualità sulla mia pizza. L’unico prodotto che proprio non riesco a trovare è un “vaccino” di qualità. Ho trovato un piccolo caseificio che praticamente ormai destina a me tutta la produzione. Pomodoro , mozzarella e olio Evo sono imprescindibili per una pizza di qualità.
Il mio sogno per adesso è riprendere quello che stavo facendo. Le cose stavano andando talmente bene che a chi mi diceva “aprine un’altra” rispondevo: “Perchè dovrei? Sto tanto bene così!”
GINO SORBILLO
NAPOLI. Dalla pizza alla pizza fritta, Gino Sorbillo, famoso quanto mediatico pizzaiolo napoletano, si è fatto conoscere ovunque come Ambasciatore della Pizza Italiana nel mondo. Ma è anche segretario dell’Associazione Pizzaioli Napoletani ed è stato premiato da Mattarella come Maestro di arte e mestiere per il settore pizzeria.
Molto attivo sui social e il suo profilo Instagram è un vero e proprio portfolio di opere d’arte: infatti Gino è solito pubblicare foto delle sue creazioni per comunicare un pensiero o una posizione di pensiero rispetto ai grandi personaggi o ai temi di attualità. Volto noto della tv ha partecipato a diverse edizioni de La prova del Cuoco al fianco di Antonella Clerici, di Masterchef Italia, Australia e Israele, oltre che di Junior Masterchef. È anche autore di un libro autobiografico intitolato “Pizzamen” pubblicato nel 2017 dove racconta la sua storia e la sua passione per la pizza partendo dalla sua infanzia fino ad arrivare ai tempi recenti.
Infatti Gino Sorbillo, classe 1974, appartiene a una famiglia di pizzaioli da tre generazioni. Fu il nonno, padre di 21 figli tutti pizzaioli, ad aprire la storica Pizzeria Sorbillo a Napoli, in via dei Tribunali 32 nel lontano 1935.
Gino impara l’arte dalla zia Esterina. Ha solo 9 anni quando serve la sua prima pizza a un cliente. A 20 anni apre il suo primo locale sempre in via dei Tribunali che porta semplicemente il nome “Sorbillo“.
Questo è solo il primo passo della sua lunga e brillante carriera. Apre sempre a Napoli una seconda pizzeria sul Lungomare di Napoli – Sorbillo Lievito Madre a Mare (Napoli Via Partenope, 1 – Angolo P.zza Vittoria) per poi sbarcare a Roma, Milano e arrivare oltre oceano, a New York e Shangai. Al suo fianco, sempre il fratello Antonio, detto Totò.
PIZZA A PORTAFOGLIO GINO SORBILLO
La pizza di Sorbillo è caratterizzata da un cornicione meno pronunciato rispetto a quelli in gran voga. Questo perché si rifà direttamente alla tradizione della “Pizza a portafoglio”, celebre cibo da passeggio napoletano, che prevede 4 pieghe che trasformano la Pizza in un unico grande triangolo. Gli ingredienti poi sono quelli da copione: fiordilatte di Agerola e pomodoro di Gragnano. Poi c’è la Pizza Fritta, proprio quella di Zia Esterina, che è stata per Gino una figura importante nella sua crescita e nella sua formazione ed è per questo che ha deciso di dedicare a lei i nuovi locali di Pizza Fritta, perchè, come dice spesso, “la Pizza Fritta è più femminile. Bisogna essere gentili e decisi per lavorare il delicato e fragrante impasto che contiene gli ingredienti di una volta.”
Così nel 2015 nasce la “Antica Pizza Fritta da Zia Esterina Sorbillo” , tre sedi a Napoli e una a Milano dove accanto alla “classica” propone varianti varianti come “Il cappello di pulcinella” (con polpettine di manzo fritte) e “Tarallo napoletano” quella con con mandorle e pepe). Ma come si costruisce un impero così ampio e diversificato? La parola a Gino Sorbillo.
La mia formula per poter replicare il lavoro che faccio in altre città o in altri Paesi è quello di dare un tema particolare al tipo di attività che decido di aprire. Con la base della tradizione che ho, della conoscenza delle materie prime, della lavorazione dei prodotti e dell’impasto, cerco di “adattare” il mio prodotto pizza per farla sbarcare lì dove decido di aprire.
Ma non vivo mai con preoccupazione questo processo, ci possono essere delle varianti nel menu, lì dove c’è un prodotto è talmente legato ai gusti del suo popolo che posso decidere di inserirla nel menu.
Ma, in generale, non mi faccio prendere dal panico, non guardo la concorrenza, anche perchè credo che con la tradizione non ci sia concorrenza.
Il problema non sono i piccoli accorgimenti, l’errore è modificare l’essenza del proprio prodotto per renderlo piacente. Anzi, è il contrario, la pizza è uno spunto per trasmettere la storia vera di questo prodotto, come si lavora, come si mangia e si apprezza.
LIEVITO MADRE A MARE PIZZA FRITTA ZIA ESTERINA
Quando scelgo una città per la prossima apertura, mi guardo attorno, questo è il miglior segreto. Ricerco prodotti di quel territorio, le migliori materie prime, i migliori distributori, lì dove una rete di consegne e trasporti può essere garantita. Cerco di soddisfare le esigenze della clientela del territorio. In alcuni casi ho modificato gli orari di apertura per andare incontro alle abitudini di Miami o di Tokyo. Oltre alla ricerca l’utilizzo di prodotti identitari è fondamentale, come la Farine Molino Caputo, che mi segue e distribuisce in ogni angolo del mondo, così come il fiordilatte di Fattoria Sorrentina, il pomodoro “La Fiammante”, olio OLITALIA; non a caso, anche per i punti principali di Napoli io scelgo le aziende che nel frattempo si sono organizzate con una distribuzione capillare in tutto il mondo per poter offrire, anche a migliaia di km di distanza, un prodotto simile il più possibile a quello originale.
Per quanto riguarda i locali, si ispirano al luogo: Miami Beach è giocato sui toni del blu, per richiamare un clima estivo e vacanziero, mentre quello di New York ha toni più scuri, più in linea con la grande metropoli. Ma credo che a parlare debba essere il prodotto. Quello che conta è il contenuto, la Pizza: un prodotto che mette d’accordo gusti diversi, l’internazionalità e la trasversalità della nostra tradizione e dei nostri sapori.
FRANCO PEPE – PEPE IN GRANI / PROXIMA
Caiazzo (CA). Una storia di famiglia targata 1938. Anno in cui suo nonno avviò la prima attività dedicata al pane, poi ereditata dal padre e trasformata in Pizzeria. E qui che Franco Pepe impara i dettami dell’arte bianca. La sua vita prenderà altre direzioni fino a quando, ispirato da una nuova visione della pizza, nel 2012 apre il suo “Pepe in Grani” ristrutturando un rudere del ‘700 nel centro storico che ha trasformato in un Tempio a quattro piani di impasti e proposte diversificate, dove unire i tre capisaldi del suo progetto di vita e professione: Pizza, Ricerca e (grande) Accoglienza.
Luogo in cui si incontrano artigianalità, formazione, attenzione alle materie prime dello straordinario territorio dell’alto casertano, nel 2014 si aggiunge la sala Degustazione, in cui è possibile abbinare le pizze ai vini del territorio e allo champagne. Nel 2017 viene inaugurata Authentica: 8 posti, collaborazioni stellate e contatto diretto tra il pizzaiolo e l’ospite.
Il 2 giugno 2019 riceve l’onorificenza di Cavaliere al merito della Repubblica Italiana con decreto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Ambasciatore della Dieta Mediterranea nel Mondo dal 2017, Franco Pepe ha ricevuto tra gli altri premi: per il Gambero Rosso “Migliore impasto dell’anno”, “Tre Spicchi”, Premio “Margherita Sbagliata” e “Crisommola” come pizze dell’anno, “Buona Cucina” del Touring Club Italiano. 1° Classificato 50 Top Pizza (Guida delle migliori pizze italiane al mondo) nel 2017 e 2018, Maestro d’Arte e Mestiere della Pizza per Alma Scuola Internazionale di Cucina Italiana. Il nuovo progetto si chiama Proxima, e Franco Pepe, ce lo racconta così.
LA RITROVATA FRANCO PEPE
Il mondo cambia, la pandemia ce lo sta insegnando. Il cambiamento, se fatto con ragionamento, è un bene. Noi dobbiamo stare sempre alla finestra. C’è un’evoluzione in tutte le cose. Così come è stato nel prodotto pizza della famiglia Pepe.
Sono stato sempre un pizzaiolo con i piedi per terra. Da dieci anni a questa parte c’è stato il boom di pizzerie e di pizzaioli e progetti; Io ho aspettato un attimo. Ho fatto prima delle microcosulenze, come quella alll’Albereta con Gualtiero Marchesi, a Ginevra, Acciaroli, Hong kong, poi masterclass e continui confronti, piccole grandi esperienze in cui ho cercato di testare la mia capacità di saper portare il mio sapore altrove. Là dove verificavo un errore, lavoravo per correggerlo. Questo mi ha reso più forte.
Il primo lockdown, è stato un periodo in cui si è lavorato poco, ma ho pensato parecchio. “PROXIMA” è il prossimo passo, è un lavoro che dedico ai miei ragazzi, è quello che ci voleva dopo 8 anni di test e collaborazioni. La voglia di portare il mio prodotto altrove è un progetto che ho pensato per i miei figlie e per il mio collaudato e affiatato staff.
Un prodotto da asportare nel modo giusto, perchè mi conoscono non solo per la pizza ma per l’esperienza che faccio fare all’ospite da Pepe in grani, e perchè dietro ogni pizza, c’è un grande ragionamento.
PROXIMA è anche il mio modo per portare i fatti nel piatto e regalare le giuste emozioni. Ho iniziato a lavorare a questo progetto in senso ampio, con la comunicazione, con l’Architetto, con il Designer e con le figure professionali che mi stanno seguendo per replicare una parte delle esperienze, non solo il mio prodotto. Ci stiamo lavorando da un anno.
PROXIMA è un format modulare, che aderisce ai sapori del territorio ospitante. L’esperienza si calibra in base alla collocazione dei Proxima. Non è un franchising, non è tutto uguale. Il mio know how è sull’impasto, ma in ogni luogo lavoreremo sul territorio, lì dove il territorio offra materie prime interessanti e da valorizzare.
Proxima si adatta al territorio, al luogo, ai gusti, alle esigenze delle realtà ospitante. e’ una logica estremamente personalizzata. Ad esempio le ricette che realizzerò a San Barbato non le porterò nel mio menù di Pepe in Grani, come ho fatto in Franciacorta, dove abbiamo creato la “Corte Franca” valorizzando i prodotti tipici della zona, o come “Nativa”, la pizza al monococco, pizze che sono rimaste lì e che portano l’impronta di quella terra.
La Terrazza di PEPE IN GRANI
La prima “Proxima” sarà in Basilicata, a Lavello, all’interno del San Barbato Resort Spa e Golf, già sede del Don Alfonso 1890. Mi interessano sempre le collaborazioni con i grandi chef, dimensioni in cui porre l’accento sullo scambio, che è crescita, arricchimento. A Lavello porterò tre o quattro elementi che lavorano con me da tempo, perchè potranno a loro volta formare gli altri. Il lavoro deve essere fatto nel modo giusto sulla base della formazione.
La grande differenza la fa esattamente questo aspetto: la trasmissione dei saperi è la chiave per spostare l’identità della mia Pizza dalla persona fisica al piatto. La formazione ti permette di delegare. E per chi forma è una grande soddisfazione osservare la crescita del proprio staff. L’evoluzione è guardare al futuro, è trasmettere i saperi. E’ fare formazione, lavorare sul team, così come faccio dal 2012. La mia gioia sarà veder portare il mio concetto di pizza nel mondo: Proxima non ha obiettivi di guadagno, solo quelli di soddisfazione. Ci hanno già concattato realtà dove non avrei mai pensato potesse arrivare la mia pizza, ma questa è un’altra storia,una storia che vi racconto la “proxima” volta.
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